R.D. 16 marzo 1942 n. 267 - Legge fallimentare

Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa
(G.U. n. 81 del 06.04.1942).

INDICE

TITOLO I

Disposizioni generali

art. 001 - 004

TITOLO II

Del fallimento

 

 Capo I

 Della dichiarazione di fallimento

art. 005 - 022

 Capo II

 Degli organi preposti al fallimento

 

 - Sezione I

 - Del tribunale fallimentare

art. 023 - 024

 - Sezione II

 - Del giudice delegato

art. 025 - 026

 - Sezione III

 - Del curatore

art. 027 - 039

 - Sezione IV

 - Del comitato dei creditori

art. 040 - 041

 Capo III

 Degli effetti del fallimento

 

 - Sezione I

 - Degli effetti del fallimento per il fallito

art. 042 - 050

 - Sezione II

 - Degli effetti del fallimento per i creditori

art. 051 - 063

 - Sezione III

 - Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori

art. 064 - 071

 - Sezione IV

 - Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti

art. 072 - 083

 Capo IV

 Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari

art. 084 - 091

 Capo V

 Dell'accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi

art. 092 - 103

 Capo VI

 Della liquidazione dell'attivo

 

 - Sezione I

 - Disposizioni generali

art. 104 - 105

 - Sezione II

 - Della vendita dei beni mobili

art. 106

 - Sezione III

 - Della vendita dei beni immobili

art. 107 - 109

 Capo VII

 Della ripartizione dell'attivo

art. 110 - 117

 Capo VIII

 Della cessazione della procedura fallimentare

 

 - Sezione I

 - Della chiusura del fallimento

art. 118 - 123

 - Sezione II

 - Del concordato

art. 124 - 141

 Capo IX

 Della riabilitazione civile

art. 142 - 145

 Capo X

 Del fallimento delle società

art. 146 - 154

 Capo XI

 Del procedimento sommario

art. 155 - 159

TITOLO III

Del concordato preventivo

 

 Capo I

 Dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo

art. 160 - 166

 Capo II

 Degli effetti dell'ammissione al concordato preventivo

art. 167 - 169

 Capo III

 Dei provvedimenti immediati

art. 170 - 173

 Capo IV

 Della deliberazione del concordato preventivo

art. 174 - 178

 Capo V

 Dell'omologazione del concordato preventivo

art. 179 - 184

 Capo VI

 Dell'esecuzione, della risoluzione e dell'annullamento del concordato preventivo

art. 185 - 186

TITOLO IV

Dell'Amministrazione controllata

art. 187 - 193

TITOLO V

Della liquidazione coatta amministrativa

art. 194 - 215

TITOLO VI

Disposizioni penali

 

 Capo I

 Reati commessi dal fallito

art. 216 - 222

 Capo II

 Reati commessi da persone diverse dal fallito

art. 223 - 235

 Capo III

 Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, di amministrazione  controllata e di liquidazione coatta amministrativa

art. 236 - 237

 Capo IV

 Disposizioni di procedura

art. 238 - 241

TITOLO VII

Disposizioni transitorie

art. 242 - 266

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TITOLO I
Disposizioni generali

1. Imprese soggette al fallimento, al concordato preventivo e all'amministrazione controllata.
     Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull'amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori.
     Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un'attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini della imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l'accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti una attività commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a lire novecentomila. In nessun caso sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali.

2. Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.
     La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l'autorità competente a disporla.
     Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.
     Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell'art. 196.

3. Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata.
     Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell'art. 195.
     Le imprese esercenti il credito non sono soggette all'amministrazione controllata prevista da questa legge.

4. Rinvio a leggi speciali.
     L'agente di cambio è soggetto al fallimento nei casi stabiliti dalle leggi speciali.
     Sono salve le disposizioni delle leggi speciali circa la dichiarazione di fallimento del contribuente per debito d'imposta.

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TITOLO II
Del fallimento

Capo I - Della dichiarazione di fallimento.

5. Stato d'insolvenza.
     L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito.
     Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

6. Iniziativa per la dichiarazione di fallimento.
     Il fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d'ufficio.

7. Stato d'insolvenza risultante in sede penale.
     Quando l'insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore, il procuratore della Repubblica che procede contro l'imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento.

8. Stato d'insolvenza risultante in giudizio civile.
     Se nel corso di un giudizio civile risulta l'insolvenza di un imprenditore che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento.

9. Competenza.
     Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa.
     L'imprenditore, che ha all'estero la sede principale dell'impresa, può essere dichiarato fallito nel territorio della Repubblica anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all'estero.
     Sono salve le convenzioni internazionali.

10. Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa.
     L'imprenditore che per qualunque causa, ha cessato l'esercizio dell'impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo.

11. Fallimento dell'imprenditore defunto.
     L'imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell'articolo precedente.
     L'erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l'eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.
     Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.

12. Morte del fallito.
     Se l'imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario.
     Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.
     Nel caso previsto dall'art. 528 del c.c., la procedura prosegue in confronto del curatore dell'eredità giacente e nel caso previsto dall'art. 641 del c.c. nei confronti dell'amministratore nominato a norma dell'art. 642 dello stesso codice.

13. Obbligo di trasmissione dell'elenco dei protesti.
     I pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono trasmettere ogni quindici giorni al presidente del tribunale, nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, un elenco dei protesti per mancato pagamento levati nei quindici giorni precedenti. L'elenco deve indicare la data di ciascun protesto, il cognome, il nome e il domicilio della persona alla quale fu fatto e del richiedente, la scadenza del titolo protestato, la somma dovuta ed i motivi del rifiuto di pagamento.
     Eguale obbligo hanno i procuratori del registro per i rifiuti di pagamento fatti in conformità della legge cambiaria.

14. Obbligo dell'imprenditore che chiede il proprio fallimento.
     L'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili, il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite per i due anni precedenti ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

15. Facoltà del tribunale di sentire il debitore.
     Il Tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti.

16. Sentenza dichiarativa di fallimento.
     La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.
     Con la sentenza il tribunale:
     1) nomina il giudice delegato per la procedura;
     2) nomina il curatore;
     3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora eseguito a norma dell'articolo 14;
     4) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni trenta dalla data dell'affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande;
     5) stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si procederà all'esame dello stato passivo.
     La sentenza è provvisoriamente esecutiva.
     Con la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale ordina la cattura del fallito o degli altri responsabili a carico dei quali sussistano le circostanze indicate dall'art. 7 o altri indizi di colpevolezza per i reati previsti in questa legge. La sentenza o il decreto è comunicato al procuratore della Repubblica, che ne cura l'esecuzione.

17. Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.
     La sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo alla sua data. L'estratto deve contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della sentenza.
     Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero, all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu costituita. Si osservano inoltre le disposizioni del Codice di procedura penale, relative al casellario giudiziario.
     L'estratto della sentenza è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.

18. Opposizione alla dichiarazione di fallimento.
     Contro la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni dall'affissione della sentenza.
     L'opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento.
     L'opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente.
     L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza.

19. Sentenza nel giudizio di opposizione e gravami.
     La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se questi non è opponente, e deve essere pubblicata, comunicata, affissa ed iscritta a norma dell'art. 17.
     La sentenza che rigetta l'opposizione è notificata all'opponente.
     In entrambi i casi il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza.
     Alla sentenza d'appello si applicano le disposizioni del primo e secondo comma.

20. Morte del fallito durante il giudizio di opposizione.
     Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell'art. 12, osservate le disposizioni degli artt. 299 e seguenti del Codice di procedura civile.

21. Revoca della dichiarazione di fallimento.
     Se la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento.
     Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato.
     Le spese di procedura e il compenso al curatore sono a carico del creditore istante che è stato condannato ai danni per avere chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa. In caso contrario il curatore può ottenere il pagamento, in tutto o in parte, secondo le modalità stabilite dalle speciali norme vigenti per l'attribuzione di compensi ai curatori, che non poterono conseguire adeguate retribuzioni.

22. Gravami contro il provvedimento che respinge l'istanza di fallimento.
     Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato.
     Contro il decreto il creditore istante può, entro quindici giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il creditore istante e il debitore.
     Se la corte d'appello accoglie il ricorso, rimette d'ufficio gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento.

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Capo II - Degli organi preposti al fallimento.

Sezione I - Del tribunale fallimentare.

23. Poteri del tribunale fallimentare.
      Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall'intera procedura fallimentare; provvede sulle controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato; decide sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
      Il tribunale può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori, e surrogare un altro giudice al giudice delegato.
     I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciati con decreto non soggetto a gravame.

24. Competenza del tribunale fallimentare.
     Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano qualunque ne sia il valore e anche se relative a rapporti di lavoro, eccettuate le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza.

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Sezione II - Del giudice delegato.

25. Poteri del giudice delegato.
     Il giudice delegato dirige le operazioni del fallimento, vigila l'opera del curatore, ed inoltre:
     1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
     2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;
     3) convoca il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e quando lo ritiene opportuno;
     4) autorizza il curatore a nominare le persone la cui opera è richiesta nell'interesse del fallimento, salvo che la nomina sia a lui riservata per legge;
     5) provvede nel più breve termine sui reclami proposti contro gli atti del curatore;
     6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto; nomina gli avvocati ed i procuratori; autorizza il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione, salvo quanto disposto dall'articolo 35. L'autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati, e per i giudizi deve essere data per ogni grado di essi;
     7) sorveglia l'opera prestata nell'interesse del fallimento da qualsiasi incaricato, revocandogli l'incarico se occorre, e ne liquida i compensi, sentito il curatore;
     8) procede con la cooperazione del curatore all'esame preliminare dei crediti, dei diritti reali vantati dai terzi, e della relativa documentazione.
     I provvedimenti del giudice delegato sono dati con decreto.

26. Reclamo contro il decreto del giudice delegato.
     Contro i decreti del giudice delegato, salvo disposizione contraria, è ammesso reclamo al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto, sia da parte del curatore, sia da parte del fallito, del comitato dei creditori e di chiunque vi abbia interesse.
     Il tribunale decide con decreto in camera di consiglio.
     Il ricorso non sospende l'esecuzione del decreto.

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Sezione III - Del curatore.

27. Ruolo degli amministratori giudiziari.
     Presso ogni tribunale è istituito il ruolo degli amministratori giudiziari, fra i quali è scelto il curatore di fallimento. Il tribunale tuttavia, per motivi da enunciarsi nella sentenza dichiarativa di fallimento, può scegliere il curatore nel ruolo degli amministratori di un altro tribunale del distretto della Corte di appello.
     In casi eccezionali, il tribunale, per motivi da enunciarsi nella sentenza dichiarativa di fallimento, può scegliere il curatore fra persone idonee anche non iscritte nel ruolo degli amministratori giudiziari.
     Le norme relative alla formazione del ruolo e alla nomina e disciplina degli amministratori giudiziari saranno emanate con decreto reale.

28. Requisiti per la nomina a curatore.
     Non può essere nominato curatore e, se nominato, decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
     Non possono inoltre essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha prestato comunque la sua attività professionale a favore del fallito o in qualsiasi modo si è ingerito nell'impresa del medesimo durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

29. Accettazione del curatore.
     Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, comunicare al giudice delegato la propria accettazione.
     Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d'urgenza alla nomina di altro curatore.

30. Qualità di pubblico ufficiale.
     Il curatore, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale.

31. Poteri del curatore.
     Il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato.
     Egli non può stare in giudizio senza l'autorizzazione scritta dal giudice delegato, salvo in materia di contestazioni e di tardive denunzie di crediti e di diritti reali mobiliari.
     Il curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento.

32. Intrasmissibilità delle attribuzioni del curatore.
     Il curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio e non può delegarle ad altri, tranne che per singole operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.
     Può essere autorizzato da questo, previo parere del comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto la propria responsabilità.

33. Relazione al giudice.
     Il curatore, entro un mese dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell'esercizio dell'impresa, sul tenore della vita privata di lui e della famiglia, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini dell'istruttoria penale.
     Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto.
     Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte intorno alla responsabilità degli amministratori, dei sindaci, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.
     Nei primi cinque giorni di ogni mese il curatore deve presentare al giudice delegato una esposizione sommaria della sua amministrazione ed esibire, se richiesto, i documenti giustificativi.

34. Deposito delle somme riscosse.
     Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il giudice delegato con decreto dichiara necessario per le spese di giustizia e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque giorni presso l'ufficio postale o presso un istituto di credito indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite.
     Il deposito deve essere intestato all'ufficio fallimentare e non può essere ritirato che in base a mandato di pagamento del giudice delegato.
     In caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il tribunale dispone la revoca del curatore.

35. Integrazione dei poteri del curatore.
     Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
     Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore a lire duecentomila, l'autorizzazione deve essere data, su proposta del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, dal tribunale con decreto motivato non soggetto a gravame.
     In quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito.

36. Reclamo contro gli atti del curatore.
     Contro gli atti d'amministrazione del curatore il fallito e ogni altro interessato possono reclamare al giudice delegato, che decide con decreto motivato.
     Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto medesimo. Il tribunale decide con decreto motivato, sentito il curatore e il reclamante.

37. Revoca del curatore.
     Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d'ufficio, revocare il curatore.
     Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed il pubblico ministero.

38. Responsabilità del curatore.
     Il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio. Egli deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese dal giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
     Durante il fallimento l'azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato.
     Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell'art. 116.

39. Compenso del curatore.
     Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la grazia e giustizia.
     La liquidazione del compenso è fatta dopo l'approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l'esecuzione del concordato. È in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi.
     Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale, se vi è luogo.

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Sezione IV - Del comitato dei creditori.

40. Nomina del comitato.
     Il comitato dei creditori deve essere costituito entro dieci giorni dal decreto previsto dall'articolo 97; può essere costituito in via provvisoria anche prima di detto termine, se il giudice lo ritiene opportuno.
     Il comitato è nominato con provvedimento del giudice delegato ed è composto di tre o cinque membri scelti fra i creditori, fra i quali lo stesso giudice nomina il presidente del comitato.
     Il giudice delegato può sostituire i membri del comitato.

41. Funzioni del comitato.
     Il comitato può essere richiesto del suo parere, oltre che nei casi previsti dalla legge, quando il tribunale o il giudice delegato lo ritiene opportuno.
     Il presidente convoca il comitato ogni qualvolta ne sia richiesto il parere o quando lo crede opportuno.
     Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di voti dei suoi membri.
     Il comitato ed ogni membro possono sempre ispezionare le scritture contabili e i documenti del fallimento, ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.
     I membri del comitato hanno diritto solo al rimborso delle spese.

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Capo III - Degli effetti del fallimento.

Sezione I - Degli effetti del fallimento per il fallito.

42. Beni del fallito.
     La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.
     Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi.

43. Rapporti processuali.
     Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.
     Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento è previsto dalla legge.

44. Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
     Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
     Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.

45. Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento.
     Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori.

46. Beni non compresi nel fallimento.
     Non sono compresi nel fallimento:
     1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
     2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
     3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli ed i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto è disposto dagli artt. 170 e 326 del codice civile;
     4) i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati, salvo quanto è disposto dall'art. 188 del codice civile;
     5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
     I limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con decreto del giudice delegato.

47. Alimenti al fallito e alla famiglia.
     Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia.
     La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.

48. Corrispondenza diretta al fallito.
     La corrispondenza diretta al fallito deve essere consegnata al curatore, il quale ha diritto di trattenere quella riguardante interessi patrimoniali.
     Il fallito ha diritto di prendere visione della corrispondenza. Il curatore deve conservare il segreto sul contenuto di questa estraneo agli interessi patrimoniali.

49. Obbligo di residenza del fallito.
     Il fallito non può allontanarsi dalla sua residenza senza permesso del giudice delegato, e deve presentarsi personalmente a questo, al curatore o al comitato dei creditori ogni qualvolta è chiamato, salvo che, per legittimo impedimento, il giudice lo autorizzi a comparire per mezzo di mandatario.
     Il giudice può far accompagnare il fallito dalla forza pubblica, se questi non ottempera all'ordine di presentarsi.

50. Pubblico registro dei falliti.
     Nella cancelleria di ciascun tribunale è tenuto un pubblico registro nel quale sono iscritti i nomi di coloro che sono dichiarati falliti dallo stesso tribunale, nonché di quelli dichiarati altrove, se il luogo di nascita del fallito si trova sotto la giurisdizione del tribunale.
     Le iscrizioni dei nomi dei falliti sono cancellate dal registro in seguito a sentenza del tribunale.
     Finché l'iscrizione non è cancellata, il fallito è soggetto alle incapacità stabilite dalla legge.
     Le norme per la tenuta del registro saranno emanate con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Fino all'istituzione del registro dei falliti le iscrizioni previste dal presente articolo sono eseguite nell'albo dei falliti attualmente esistente.

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Sezione II - Degli effetti del fallimento per i creditori.

51. Divieto di azioni esecutive individuali.
     Salvo diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.

52. Concorso dei creditori.
     Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
     Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.

53. Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili.
     I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.
     Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative.
     Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.

54. Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell'attivo.
     I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell'attivo.
     Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un'utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l'importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari.
     L'estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli artt. 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all'atto di pignoramento.

55. Effetti del fallimento sui debiti pecuniari.
     La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell'articolo precedente.
     I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
     I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli artt. 95 e 113. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.

56. Compensazione in sede di fallimento.
     I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento.
     Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore.

57. Crediti infruttiferi.
     I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione di fallimento sono ammessi al passivo per l'intiera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del cinque per cento all'anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.

58. Obbligazioni.
     Le obbligazioni emesse dalle società per azioni si valutano al prezzo nominale detratti i rimborsi.
     Quelle rimborsabili per estrazione a sorte, con somma superiore al prezzo nominale, sono valutate nell'importo equivalente al capitale che si ottiene riducendo al valore attuale, sulla base dell'interesse composto del cinque per cento, l'ammontare complessivo delle obbligazioni non ancora sorteggiate. Il valore di ciascuna obbligazione è dato dal quoziente che si ottiene dividendo questo capitale per il numero delle obbligazioni non estinte. Non si può in alcun caso attribuire alle obbligazioni un valore inferiore al prezzo nominale, detratto ciò che è stato pagato a titolo di rimborso di capitale.

59. Crediti non pecuniari.
     I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento.

60. Rendita perpetua e rendita vitalizia.
     Se nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua, questa è riscattata a norma dell'art. 1866 del codice civile.
     Il creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma equivalente al valore capitate della rendita stessa al momento della dichiarazione di fallimento.

61. Creditore di più coobbligati solidali.
     Il creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di quelli tra essi che sono falliti, per l'intero credito in capitale e accessori, sino al totale pagamento.
     Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l'intero credito.

62. Creditore di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto.
     Il creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa.
     Il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata.
     Tuttavia il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il creditore rimane parzialmente insoddisfatto.

63. Coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia.
     Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha un diritto di pegno o d'ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno.
     Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.

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Sezione III - Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori.

64. Atti a titolo gratuito.
     Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d'uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.

65. Pagamenti.
     Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

66. Azione revocatoria ordinaria.
     Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
     L'azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.

67. Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie.
     Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
     1) Gli atti a titolo oneroso compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso;
     2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento;
     3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
     4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
     Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati, se compiuti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
     Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di credito fondiario. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

68. Pagamento di cambiale scaduta.
     In deroga a quanto disposto dall'art. 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l'azione cambiaria di regresso. In tal caso, l'ultimo obbligato in via di regresso, in confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore.

69. Atti compiuti tra coniugi.
     Gli atti previsti dall'art. 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava una impresa commerciale, sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d'insolvenza del coniuge fallito.
     Se il marito esercitava un'impresa commerciale al tempo della celebrazione del matrimonio o se ha iniziato l'esercizio di un'impresa commerciale nell'anno successivo, l'ipoteca legale per la dote della moglie non si estende ai beni pervenuti al marito durante il matrimonio per titolo diverso da quello di successione o donazione.
     Nei casi suddetti la moglie non può esercitare nel fallimento alcuna azione per i vantaggi derivanti a suo favore dal contratto di matrimonio e i creditori non possono valersi dei vantaggi derivanti dallo stesso contratto a favore del marito.

70. Beni acquistati dal coniuge del fallito.
     I beni, che il coniuge del fallito ha acquistato a titolo oneroso nel quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, si presumono di fronte ai creditori, salvo prova contraria, acquistati con danaro del fallito e si considerano proprietà di lui. Il curatore è legittimato ad apprenderne il possesso.
     Se i beni stessi furono nel frattempo alienati o ipotecati, la revocazione a danno del terzo non può aver luogo se questi prova la sua buona fede.

71. Effetti della revocazione.
     Colui che per effetto della revoca prevista nelle disposizioni precedenti ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimento per il suo eventuale credito.

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Sezione IV - Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti.

72. Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti.
     Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo.
     Se egli non intende valersi di tale diritto, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con la autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.
     Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore ad otto giorni, decorso il quale il contratto s'intende sciolto.
     In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.
     Qualora l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.

73. Vendita a termine o a rate.
     In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l'autorizzazione del giudice delegato; ma il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell'interesse legale.
     Nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.

74. Contratto di somministrazione.
     Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'art. 72.
     Tuttavia il curatore che subentra deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute.

75. Restituzione di cose non pagate.
     Se la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimento di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché egli non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.

76. Contratto di borsa a termine.
     Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, è risolto alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.

77. Associazione in partecipazione.
     La associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell'associante. L'associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico.
     Egli è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico.Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall'art. 150.

78. Conto corrente, mandato, commissione.
     I contratti di conto corrente, di mandato e di commissione si sciolgono per il fallimento di una delle parti.

79. Possesso del fallito a titolo precario.
     Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso il giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l'avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento.
     Se il possesso della cosa è cessato dopo l'apposizione dei sigilli, l'avente diritto può chiedere l'integrale pagamento del valore della cosa.
     Sono salve le disposizioni dell'art. 1706 del codice civile.

80. Contratto di locazione di immobili.
     Il fallimento del locatore, salvo patto contrario non scioglie il contratto di locazione d'immobili, ma il curatore subentra nel contratto.
     In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un giusto compenso, che nel dissenso fra le parti è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per il compenso è privilegiato a norma dell'art. 2764 del codice civile.

81. Contratto di appalto.
     Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l'autorizzazione del giudice delegato, non dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.
     La prosecuzione del rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell'appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stato un motivo determinante del contratto.
     Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.

82. Contratto di assicurazione.
     Il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l'applicazione dell'art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.
     Se il contratto continua, il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.

83. Contratto di edizione.
     Gli effetti del fallimento dell'editore sul contratto di edizione sono regolati dalla legge speciale.

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Capo IV - Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari.

84. Apposizione dei sigilli.
     Dichiarato il fallimento, il giudice delegato o per sua delegazione, in caso d'impedimento, il giudice di pace, procede immediatamente, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all'apposizione dei sigilli, sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa e sugli altri beni del debitore. All'apposizione dei sigilli nella sede principale dell'impresa deve assistere, salvo legittimo impedimento, il curatore.
     Per i beni che si trovano in altre località il giudice delegato richiede, per mezzo del cancelliere, i giudici di pace competenti di procedere all'apposizione dei sigilli. Il verbale redatto dal giudice di pace è trasmesso immediatamente al giudice delegato.
     Il giudice che procede all'apposizione dei sigilli può emettere i provvedimenti provvisori e conservativi che ritiene necessari compreso quello della vendita delle cose deteriorabili.

85. Apposizione dei sigilli da parte del pretore.
     Anche prima di ricevere la richiesta prevista dal secondo comma dell'articolo precedente, il giudice di pace che abbia certa notizia della dichiarazione di fallimento, può procedere all'apposizione dei sigilli nei luoghi compresi nella sua giurisdizione.

86. Cose non soggette all'apposizione dei sigilli.
     Non sono poste sotto sigillo, oltre le cose che ne sono escluse dal codice di procedura civile.
     1) le cose che servono all'esercizio dell'impresa, se questo, a giudizio del giudice, non può essere immediatamente interrotto;
     2) le scritture contabili;
     3) le cambiali e gli altri titoli scaduti o di imminente scadenza, che devono essere consegnati al curatore per la riscossione;
     4) il danaro contante, da consegnarsi ugualmente al curatore, il quale provvede a depositarlo a norma dell'art. 34.
     Di tutti questi oggetti si fa la descrizione nel processo verbale.
     Le scritture contabili, dopo essere state vidimate dal giudice che procede, devono essere depositate nella cancelleria del tribunale. Tuttavia il giudice delegato può autorizzare il curatore a trattenerle temporaneamente con l'obbligo di esibirle ad ogni legittima richiesta.

87. Rimozione dei sigilli e inventario.
     Il curatore deve chiedere nel più breve termine possibile al giudice l'autorizzazione a rimuovere i sigilli ed a fare l'inventario. A tali operazioni procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se esiste, con l'assistenza del cancelliere del tribunale o della pretura, che ne redige processo verbale. Possono intervenire i creditori.
     Il giudice delegato può prescrivere speciali norme e cautele per l'inventario e, quando occorre, nomina uno stimatore.
     Prima di chiudere l'inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall'art. 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione.
     L'inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.

88. Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore.
     Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.
     Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.

89. Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio.
     Il curatore, con la scorta delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, con l'indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
     Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell'art. 14.

90. Esercizio provvisorio.
     Dopo la dichiarazione di fallimento il tribunale può disporre la continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa del fallito, quando dall'interruzione improvvisa pu derivare un danno grave e irreparabile.
     Dopo il decreto previsto dall'art. 97, il comitato dei creditori deve pronunciarsi sull'opportunità di continuare o di riprendere in tutto o in parte l'esercizio della impresa del fallito, indicandone le condizioni. La continuazione o la ripresa può esser disposta dal tribunale solo se il comitato dei creditori si è pronunciato favorevolmente.
     Se è disposto l'esercizio provvisorio a norma del comma precedente, il comitato dei creditori e convocato dal giudice delegato almeno ogni due mesi per essere informato dal curatore sull'andamento della gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare l'esercizio. Il tribunale può ordinare la cessazione dell'esercizio provvisorio se il comitato dei creditori ne fa richiesta, ovvero se in qualsiasi momento ne ravvisa l'opportunità.
     Il tribunale provvede in ogni caso con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentito il curatore.

91. Anticipazioni delle spese dall'erario.
     Se fra i beni compresi nel fallimento non vi è danaro occorrente alle spese giudiziali per gli atti richiesti dalla legge, dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura, l'erario anticipa tali spese.
     L'anticipazione delle spese si esegue quanto alle tasse di bollo e alle imposte di registro mediante prenotazione a debito in forza di decreto del giudice delegato per ogni singolo atto della procedura e quanto alle altre spese mediante pagamento eseguito direttamente dai ricevitori del registro agli aventi diritto indicati nel decreto del giudice delegato.
     Le spese anticipate dall'erario per le procedure fallimentari sono annotate in un registro apposito, che è tenuto dal cancelliere.
     Il cancelliere provvede al recupero delle spese anticipate mediante prelevazione dalle somme
     ricavate dalla liquidazione dell'attivo, anche prima della chiusura della procedura fallimentare appena vi siano disponibilità liquide.

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Capo V - Dell'accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi.

92. Avviso ai creditori per la verifica.
     Il curatore comunica, mediante raccomandata, ai creditori e agli altri interessati compresi negli elenchi indicati nell'articolo 89 il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa di fallimento, che riguardano la formazione dello stato passivo.
     Per i creditori e per gli altri interessati non residenti nel territorio della Repubblica l'avviso è rimesso a chi li rappresenta.
     Se manca un loro rappresentante nel territorio della Repubblica, il giudice può prorogare il termine e della proroga è data notizia a tutti gli altri creditori e interessati.

93. Domanda di ammissione al passivo.
     La domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e il nome del creditore, l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
     Se il creditore non è domiciliato nel comune in cui ha sede il tribunale, la domanda deve inoltre contenere l'elezione del domicilio nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni posteriori si fanno al creditore presso la cancelleria del tribunale.
     I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati prima dell'adunanza di verifica.
     Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all'ordine presentati e li restituisca con l'annotazione dell'avvenuta domanda di ammissione al passivo.

94. Effetto della domanda.
     La domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale ed impedisce la decadenza dei termini per gli atti che non possono compiersi durante il fallimento.

95. Formazione dello stato passivo.
     Il cancelliere forma un elenco cronologico delle domande di ammissione al passivo e lo rimette al giudice delegato. Questi con l'assistenza del curatore, sentito il fallito ed assunte le opportune informazioni, esamina le domande e predispone in base ad esse lo stato passivo del fallimento. Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di ammettere, specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca, e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi dell'esclusione totale o parziale di essi o delle relative garanzie.
     I crediti indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 e quelli per i quali non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi sono compresi con riserva fra i crediti ammessi.
     Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l'imputazione se non si vuole ammettere il credito.
     Lo stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato in cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall'art. 16, n. 5. I creditori possono prenderne visione.

96. Verificazione dello stato passivo.
     Nell'adunanza prevista dall'art. 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del curatore e con l'intervento del fallito, lo stato passivo predisposto dal giudice. Sono inoltre esaminate le domande di ammissione al passivo pervenute successivamente o presentate nell'adunanza stessa.
     Il giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni degli interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti, apporta allo stato passivo le modificazioni e le integrazioni che ritiene necessarie.
     Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza che occorra altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
     Il giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo fino a quindici giorni dopo che l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni.

97. Esecutività dello stato passivo.
     Lo stato passivo del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal cancelliere e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara esecutivo a decorrere dalla data in cui l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista nel quarto comma dell'articolo precedente.
     Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, ove i creditori possono prenderne visione.
     Se vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono state accolte in tutto o in parte o che sono state accolte con riserva, il curatore ne dà immediatamente notizia ai creditori esclusi o ammessi con riserva mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

98. Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva.
     I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione, entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato.
     Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui tutti i creditori opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché il termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto.
     Almeno cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l'opposizione si reputa abbandonata.
     Possono intervenire in causa gli altri creditori.

99. Istruzione dell'opposizione e sentenza relativa.
     Il giudice delegato provvede all'istruzione delle varie cause di opposizione e quindi fissa l'udienza per la discussione davanti al collegio a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile.
     Quando alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre richiedono lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza con la quale separa le cause e rimette al collegio quelle mature per la decisione.
     Il tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono rimesse, con unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall'articolo 279, primo comma, del codice di procedura civile, il tribunale può ammettere provvisoriamente al passivo tutto o in parte il credito contestato.
     La sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale entro otto giorni dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente esecutiva. Il cancelliere da immediato avviso dell'avvenuta pubblicazione ai procuratori delle parti, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile.
     Il termine per appellare è di giorni quindici dall'affissione della sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le disposizioni dei commi precedenti in quanto applicabili. Il termine per il ricorso in cassazione decorre dal giorno dell'affissione della sentenza ed è ridotto della metà.
     [comma abrogato]

100. Impugnazione dei crediti ammessi.
     Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al giudice delegato.
     Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui le parti e il curatore devono comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i cui crediti vengano impugnati. Le parti si costituiscono a norma dell'art. 98, terzo comma.
     Se all'udienza le parti non raggiungono l'accordo, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile che in caso di ripartizione siano accantonate le quote spettanti ai creditori contestati.
     Per l'istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano le disposizioni dell'articolo precedente e il giudizio deve essere riunito a quello sulle opposizioni.

101. Dichiarazioni tardive di crediti.
     Anche dopo il decreto previsto nell'art. 97, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, i creditori possono chiedere con ricorso al giudice delegato l'ammissione al passivo.
     Il giudice fissa con decreto l'udienza in cui il richiedente e il curatore devono comparire davanti a lui nonché il termine perentorio per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto. Le parti si sostituiscono a norma dell'art. 98, terzo comma. Possono intervenire gli altri creditori.
     Se all'udienza il curatore non contesta l'ammissione del nuovo credito e il giudice lo ritiene fondato, il credito è ammesso con decreto; altrimenti il giudice provvede all'istruzione della causa a norma degli artt. 175 e seguenti del codice di procedura civile.
     Il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile.

102. Istanza di revocazione contro crediti ammessi.
     Se prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l'ammissione di un credito o d'una garanzia è stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, il curatore o qualunque creditore può proporre domanda di revocazione del decreto del giudice delegato o della sentenza del tribunale, relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell'impugnativa.
     L'istanza si propone con ricorso al giudice delegato. Il giudice fissa con decreto l'udienza per la comparizione davanti a sé delle parti, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti e al curatore. Quindi provvede all'istruzione della causa.
     Il curatore può intervenire in giudizio.
     Finché la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può disporre che siano accantonate in caso di ripartizione le quote spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati.
     Se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale.

103. Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili.
     Le disposizioni degli artt. da 93 a 102 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
     In base all'elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli artt. 95, 96 e 97.
     Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell'art. 101, il giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza.
     In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in quanto possibile, sentire il fallito.
     Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire.

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Capo VI - Della liquidazione dell'attivo.

Sezione I - Disposizioni generali.

104. Inizio della liquidazione.
     Il curatore deve procedere, sotto la direzione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, se questo è stato nominato, alla vendita dei beni dopo il decreto previsto dall'art. 97, salve le esigenze dell'esercizio provvisorio della impresa, quando questo sia stato autorizzato.
     Il curatore può essere autorizzato con decreto motivato dal giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, a procedere alle vendite anche prima del termine indicato nel primo comma.

105. Norme applicabili.
     Alle vendite di beni mobili od immobili del fallimento si applicano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione, in quanto compatibili con le disposizioni delle sezioni seguenti.

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Sezione II - Della vendita dei beni mobili.

106. Modalità della vendita dei beni mobili.
     Per i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative, sentito ove occorra uno stimatore.
     In caso di necessità o di utilità evidente può autorizzare la vendita in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo speciali misure di pubblicità.

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Sezione III - Della vendita dei beni immobili.

107. Espropriazione in corso.
     Se prima della dichiarazione di fallimento è stata iniziata da un creditore l'espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si sostituisce nella procedura al creditore istante.
     In caso d'ingiustificato ritardo da parte del curatore il creditore procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a norma dell'art. 36, al giudice delegato.
     Se era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il procedimento deve essere integrato con l'intervento del curatore.
     Il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.

108. Modalità della vendita degli immobili.
     La vendita degli immobili deve farsi con incanto. Il giudice delegato tuttavia, su proposta del curatore, sentito il comitato dei creditori e con l'assenso dei creditori ammessi al passivo, aventi un diritto di prelazione sugli immobili, può ordinare la vendita senza incanto, ove la ritenga più vantaggiosa.
     Le vendite sono disposte con ordinanza dal giudice delegato, su istanza del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto disposto dall'articolo 578 del codice di procedura civile.
     Il giudice che procede può sospendere la vendita, quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
     Un estratto dell'ordinanza che dispone la vendita è notificato dal curatore a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull'immobile, nonché ai creditori ipotecari iscritti.

109. Procedimento di distribuzione della somma ricavata.
     Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente.
     Il giudice delegato stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in conto del compenso finale da liquidarsi a norma dell'art. 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.

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Capo VII - Della ripartizione dell'attivo.

110. Progetto di ripartizione.
     Il curatore, ogni due mesi a partire dalla data del decreto previsto dall'art. 97, salvo che il giudice delegato stabilisca un termine diverso, deve presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura.
     Il giudice, sentito il comitato dei creditori, apporta al progetto le variazioni che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in cancelleria disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
     I creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall'avviso le loro osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato, tenuto conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il piano di riparto, rendendolo esecutivo.

111. Ordine di distribuzione delle somme.
     Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente ordine:
     1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato;
     2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;
     3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.
     I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice delegato.

112. Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente.
     I creditori ammessi a norma dell'art. 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se però dalla sentenza pronunciata a norma dell'articolo 101 risulta che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile, i creditori sono ammessi a prelevare sull'attivo non ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni.

113. Ripartizioni parziali.
     Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare il novanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:
     1) ai creditori residenti all'estero per i crediti dei quali, essendo stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta la verificazione;
     2) ai creditori per i quali è stato ordinato l'accantonamento delle quote, nonché ai creditori ammessi con riserva di presentazione del titolo;
     3) ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata, compresi i crediti che non possono farsi valere contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale;
     4) alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato ed alle somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese dovute al curatore.

114. Restituzione di somme riscosse.
     Nei casi previsti dall'art. 102 i creditori che hanno partecipato a qualche ripartizione devono restituire le somme riscosse con gli interessi legali.

115. Pagamento ai creditori.
     Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato.

116. Rendiconto del curatore.
     Compiuta la liquidazione dell'attivo prima del riparto finale, il curatore presenta al giudice delegato il conto della gestione.
     Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa l'udienza nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni. L'udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito.
     Dell'avvenuto deposito e della fissazione della udienza è data immediata comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
     Se all'udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti provvede a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile, fissando l'udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi.

117. Ripartizione finale.
     Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti.
     Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 113, se la condizione non si è ancora verificata, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché a suo tempo possa essere o versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori.
     Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza.

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Capo VIII - Della cessazione della procedura fallimentare.

Sezione I - Della chiusura del fallimento.

118. Casi di chiusura.
     Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude:
     1) se nei termini stabiliti nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
     2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati il compenso del curatore e le spese di procedura;
     3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;
     4) quando non possa essere utilmente continuata la procedura per insufficienza di attivo.

119. Decreto di chiusura.
     La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell'art. 17.
     Il decreto è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla data di affissione dinanzi alla corte di appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il reclamante, il curatore e il fallito.

120. Effetti della chiusura.
     Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.
     I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.

121. Casi di riapertura del fallimento.
     Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell'articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.
     Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame, se accoglie l'istanza:
     1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo;
     2) stabilisce i termini previsti dai nn. 4 e 5 dell'art. 16, abbreviandoli non oltre la metà.
     La sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17.
     Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori.
     Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti.

122. Concorso dei vecchi e nuovi creditori.
     I creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di prelazione.
     Restano ferme le precedenti statuizioni a norma degli artt. da 93 e 103.

123. Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori.
     In caso di riapertura del fallimento, per le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli artt. 65, 67 e 70 sono computati dalla data della sentenza di riapertura.
     Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.

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Sezione II - Del concordato.

124. Proposta di concordato.
     Dopo il decreto previsto nell'art. 97, il fallito può proporre ai creditori un concordato, presentando domanda al giudice delegato. La domanda deve contenere l'indicazione della percentuale offerta ai creditori chirografari e del tempo del pagamento, e la descrizione delle garanzie offerte per il pagamento, dei crediti, delle spese di procedura e del compenso al curatore.
     La cessione delle azioni revocatorie come patto di concordato è ammessa a favore del terzo che si accolla l'obbligo di adempiere il concordato limitatamente alle azioni già proposte dal curatore.
     La cessione non è ammessa a favore del fallito e dei suoi fideiussori.

125. Esame della proposta e comunicazione ai creditori.
     Sulla proposta di concordato il giudice chiede il parere del curatore e del comitato dei creditori e, se ritiene la proposta conveniente, ne ordina la comunicazione immediata, con la indicazione dei suddetti pareri, mediante lettera raccomandata ai creditori, fissando un termine, non inferiore a venti né superiore a trenta giorni dalla data del provvedimento, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissenso. La dichiarazione può essere scritta, in calce alla comunicazione.
     Delle dichiarazioni di voto è presa nota in apposito verbale sottoscritto dal giudice e dal cancelliere.
     In seguito alla proposta di concordato il giudice delegato può sospendere la liquidazione.
     Se vi sono degli obbligazionisti la proposta di concordato deve essere comunicata al rappresentante degli obbligazionisti e il termine concesso ai creditori per far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissensi, deve essere raddoppiato.

126. Concordato nel caso di numerosi creditori.
     Se la comunicazione prescritta dall'articolo precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari, il tribunale, sentiti il pubblico ministero e il curatore, può autorizzare il giudice delegato a disporre che la proposta di concordato, anziché comunicata singolarmente ai creditori, sia pubblicata, con le conclusioni dei pareri del curatore e del comitato dei creditori, nella Gazzetta Ufficiale, eventualmente, in altri giornali.

127. Voto nel concordato.
     Hanno diritto al voto i creditori ammessi al passivo, anche se con riserva o provvisoriamente.
     I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed accessori. Il voto di adesione deve essere esplicito ed importa rinuncia al diritto di prelazione per l'intero credito, se è dato senza dichiarazione di limitata rinuncia. Se il concordato non è approvato, non è omologato o viene annullato o risoluto, cessano gli effetti della rinuncia.
     Sono esclusi dal voto o dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.
     I trasferimenti dei crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto.

128. Approvazione del concordato.
     Il concordato è approvato se riporta il consenso della maggioranza numerica dei creditori aventi diritto al voto, la quale rappresenti almeno i due terzi della somma dei loro crediti.
     I creditori che non fanno pervenire la loro dichiarazione nel termine indicato nell'art. 125 si ritengono consenzienti, salvo quanto disposto dal comma secondo dell'articolo precedente.
     La variazione del numero dei creditori ammessi o dell'ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di sentenza posteriore alla scadenza del termine indicato nell'art. 125, non influisce sul calcolo della maggioranza.

129. Giudizio di omologazione.
     Decorso il termine stabilito per la votazione, se non si sono raggiunte le maggioranze prescritte, il giudice delegato con decreto in calce al verbale previsto dall'art. 125, comma secondo, dichiara respinta la proposta di concordato. In caso contrario pronuncia ordinanza con la quale dichiara aperto il giudizio di omologazione e fissa l'udienza di comparizione davanti a sé non prima di quindici o non oltre trenta giorni. L'ordinanza è pubblicata per affissione.
     I creditori dissenzienti e qualsiasi interessato possono fare opposizione con atto notificato al curatore e al fallito, costituendosi almeno cinque giorni prima dell'udienza. L'atto d'opposizione deve contenerne i motivi.
     All'udienza, previa relazione orale del curatore, il giudice sente le parti costituite, il presidente del comitato dei creditori ed il fallito; quindi procede a norma degli artt. 183 e seguenti del codice di procedura civile, fissando l'udienza innanzi al collegio nel termine di dieci giorni.
     Cinque giorni prima dell'udienza innanzi al collegio il curatore deposita in cancelleria una relazione motivata col suo parere definitivo. Analoga relazione può presentare il comitato dei creditori.

130. Sentenze di omologazione del concordato.
     Il tribunale accerta l'osservanza delle prescrizioni di legge per l'ammissione e per la validità del concordato, esamina il merito delle proposte e la serietà delle garanzie offerte e decide su tutte le opposizioni con unita sentenza, omologando o respingendo il concordato.
     La sentenza che omologa il concordato stabilisce le modalità per il pagamento delle somme dovute ai creditori in esecuzione del concordato, o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto successivo non soggetto a reclamo.
     Se nel concordato sono state concesse ipoteche a garanzia del concordato il tribunale, nel pronunciare l'omologazione, fissa un breve termine per l'iscrizione delle ipoteche da eseguirsi dal curatore.
     La sentenza è pubblicata ed affissa a norma dell'art. 17.
     Essa è provvisoriamente esecutiva. Tuttavia, alle scadenze stabilite per i pagamenti, se la sentenza non è passata in giudicato, le somme dovute per l'adempimento del concordato devono essere depositate presso un istituto di credito designato dal giudice delegato.

131. Appello contro la sentenza.
     Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il fallito entro quindici giorni dall'affissione.
     L'atto d'appello deve essere notificato al curatore, al fallito e alle parti costituite.
     La sentenza d'appello è pubblicata a norma dell'art. 17, e il termine per ricorrere per cassazione è ridotto della metà e decorre dall'affissione.
     Con il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato la procedura di fallimento è chiusa.

132. Intervento del pubblico ministero.
     Il pubblico ministero interviene sia nel giudizio di primo grado sia nel giudizio di appello.

133. Spese per omologazione.
     Alle spese di omologazione si provvede con le somme liquide del fallimento, mediante prelevamenti disposti dal giudice delegato.
     Se non vi sono somme liquide, il giudice dispone che si proceda alle spese di omologazione con prenotazione a debito. Per il rimborso delle spese anticipate dall'erario si provvede a norma dell'art. 91.

134. Rendiconto del curatore.
     Appena la sentenza di omologazione è passata in giudicato, il curatore deve rendere il conto a norma dell'art. 116.

135. Effetti del concordato.
     Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi.
     I creditori conservano la loro azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.

136. Esecuzione del concordato.
     Dopo la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione.
     Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.
     Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia.
     Il provvedimento è pubblicato ed affisso ai sensi dell'art. 17. Le spese sono a carico del debitore.

137. Risoluzione del concordato.
     Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il fallito non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione, il curatore deve riferirne al tribunale. Questo ordina la comparizione del fallito e dei fideiussori, se ve ne sono, e con sentenza emessa in camera di consiglio e non soggetta a gravame pronunzia la risoluzione del concordato. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d'ufficio.
     Con la sentenza che risolve il concordato, il tribunale riapre la procedura di fallimento.
     La risoluzione non può essere pronunziata trascorso un anno dalla scadenza dell'ultimo pagamento stabilito nel concordato.
     Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.

138. Annullamento del concordato.
     Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Nessun'altra azione di nullità è ammessa.
     La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura del fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.
     L'azione di annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza dell'ultimo pagamento stabilito nel concordato.

139. Provvedimenti conseguiti alla riapertura.
     La sentenza che riapre la procedura a norma degli artt. 137 e 138 dispone in conformità del secondo comma dell'art. 121. Si applicano inoltre le disposizioni dei commi successivi dello stesso articolo.

140. Gli effetti della riapertura.
     Gli effetti della riapertura sono regolati dagli artt. 122 e 123.
     Possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per effetto del concordato.
     I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso.
     Essi concorrono per l'importo del primitivo credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del concordato.

141. Nuova proposta di concordato.
     Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il fallito è ammesso a proporre un nuovo concordato. Questo non può essere omologato se prima dell'udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento.

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Capo IX - Della riabilitazione civile.

142. Effetti della riabilitazione.
     La riabilitazione civile fa cessare le incapacità personali che colpiscono il fallito per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento.
     Essa è pronunciata dal tribunale nei casi previsti dagli articoli seguenti, su istanza del debitore o dei suoi eredi, sentito il pubblico ministero, con sentenza in camera di consiglio.
     La sentenza che pronunzia la riabilitazione ordina la cancellazione del nome del fallito dal registro previsto dall'art. 50 ed è comunicata all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione.

143. Condizioni per la riabilitazione.
     La riabilitazione può essere concessa al fallito:
     1) che ha pagato interamente tutti i crediti ammessi nel fallimento, compresi gli interessi e le spese;
     2) che ha regolarmente adempiuto il concordato, quando il tribunale lo ritiene meritevole del beneficio, tenuto conto delle cause e circostanze del fallimento, delle condizioni del concordato e della misura della percentuale. La riabilitazione non può essere concessa se la percentuale stabilita per i creditori chirografari è inferiore al venticinque per cento, oltre gli interessi se la percentuale dev'essere pagata in un termine maggiore di sei mesi;
     3) che ha dato prove effettive e costanti di buona condotta per un periodo di almeno cinque anni dalla chiusura del fallimento.

144. Procedimento di riabilitazione.
     L'istanza di riabilitazione è pubblicata mediante affissione alla porta esterna del tribunale. Il tribunale può ordinare altre forme di pubblicità.
     Chiunque intende opporsi alla riabilitazione può depositare in cancelleria, nel termine di trenta giorni dall'affissione, le sue deduzioni.
     Decorso tale termine, il tribunale provvede accordando o negando la riabilitazione.
     Contro la sentenza è ammesso reclamo alla Corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio entro quindici giorni dall'affissione, da parte del debitore istante o dei suoi eredi, degli opponenti e del pubblico ministero.

145. Condanne penali che ostano alla riabilitazione.
     In nessun caso la riabilitazione può essere concessa se il fallito è stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro il patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione prevista dalla legge penale.
     Se è in corso il procedimento per uno di tali reati, il tribunale sospende di pronunziare sull'istanza fino all'esito del procedimento.

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Capo X - Del fallimento delle società.

146. Amministratori, direttori generali, sindaci liquidatori.
     Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall'art. 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.
     L'azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori generali e i liquidatori, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori.
     Il giudice delegato, nell'autorizzare il curatore a proporre l'azione di responsabilità, può disporre le opportune misure cautelari.

147. Società con soci a responsabilità illimitata.
     La sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
     Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili il tribunale, su domanda del curatore o d'ufficio, dichiara il fallimento dei medesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio.
     Contro la sentenza del tribunale è ammessa l'opposizione a norma dell'art. 18.
     Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle società cooperative.

148. Fallimento della società e dei soci.
     Nel caso previsto dall'articolo precedente, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice delegato e un solo curatore, ma può nominare più comitati dei creditori.
     Il patrimonio della società e quello dei singoli soci devono essere tenuti distinti.
     Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l'intero anche nel fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all'integrale pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
     I creditori partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
     Ciascun creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso.

149. Fallimento dei soci.
     Il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.

150. Versamenti dei soci a responsabilità limitata.
     Nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.

151. Società cooperative.
     Nel fallimento di una società cooperativa con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il giudice delegato, dopo la pronuncia del decreto previsto dall'art. 97, può autorizzare il curatore a chiedere ai soci il versamento delle somme necessarie per l'estinzione delle passività a norma dell'articolo 2263 del codice civile. I contributi dei soci non ritenuti agevolmente solventi sono posti a carico degli altri soci.
     A tale fine il curatore forma un piano di riparto e lo deposita nella cancelleria del tribunale dandone notizia ai soci mediante raccomandata con avviso di ricevimento. I soci che intendono proporre osservazioni e contestazioni, anche relativamente alla qualità di socio o all'estensione della propria responsabilità, devono depositarle presso la cancelleria entro quaranta giorni dal deposito del piano di riparto. Il giudice delegato, sentito il curatore e tenuto conto delle osservazioni e delle contestazioni, apporta al piano di riparto le modificazioni e integrazioni che ritiene necessarie. Il piano di riparto è dichiarato esecutivo con decreto del giudice ed è depositato in cancelleria, dove ogni interessato può prenderne visione.
     Chi ha contestato la qualità di socio o l'estensione della propria responsabilità può, entro quindici giorni dal deposito del piano di riparto in cancelleria, proporre opposizione davanti al tribunale in contraddittorio del curatore. L'opposizione non sospende l'esecuzione del piano di riparto nemmeno nei confronti dell'opponente. In ogni altro caso è ammesso il reclamo a norma dell'art. 26.
     Se l'esazione di alcuna delle quote comprese nel piano di riparto risulti non facilmente realizzabile, può essere formato un piano di riparto supplementare secondo le disposizioni dei commi precedenti.
     Resta salva l'azione di regresso tra i soci a norma dell'art. 1299 del codice civile, nonché il diritto di rimborso delle somme che residuano dopo l'estinzione delle passività.
     Al fine di assicurare la riscossione dei contributi dovuti dai soci, il giudice delegato su proposta del curatore, può in qualunque tempo ordinare con decreto il sequestro dei beni dei soci stessi.

152. Proposta di concordato.
     La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.
     La proposta e le condizioni del concordato nelle società in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, e nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative devono essere approvate dall'assemblea straordinaria, salvo che tali poter siano stati delegati agli amministratori.

153. Effetti del concordato della società.
     Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento. Tuttavia i creditori particolari possono opporsi a norma dell'art. 129, secondo comma, alla chiusura del fallimento del socio loro debitore.
     Sull'opposizione decide il tribunale con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame.

154. Concordato particolare del socio.
     Nel fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.

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Capo XI - Del procedimento sommario.

155. Presupposti e norme applicabili.
     Se all'atto della dichiarazione di fallimento o dell'accertamento del passivo risulta che le passività del debitore non superano lire 1.500.000, il tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, o con decreto successivo da pubblicarsi a norma dell'art. 17, dispone che il fallimento si svolga o prosegua con procedimento sommario.
     Tuttavia, se successivamente risulta che l'ammontare del passivo supera lire 1.500.000, il giudice deve informare il tribunale, che dispone la prosecuzione del fallimento con le norme ordinarie, restando fermi gli atti compiuti.
     Nel procedimento sommario si applicano le disposizioni stabilite per il fallimento, in quanto compatibili con le norme seguenti.

156. Organi e provvedimenti conservativi.
     [comma abrogato]
     È facoltativa la nomina del comitato dei creditori.
     Può essere omessa l'apposizione dei sigilli.

157. Accertamento del passivo.
     Il curatore forma l'elenco dei creditori in base alle scritture contabili, alle dichiarazioni del debitore e alle altre notizie che può assumere.
     L'elenco, con i documenti giustificativi, è trasmesso al giudice, il quale procede alla formazione dello stato passivo e lo rende esecutivo con decreto. Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, e chiunque può prenderne visione.
     Il curatore dà notizia mediante lettera raccomandata a ciascun creditore, entro tre giorni dal deposito, del provvedimento che lo riguarda.
     Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria i creditori non ammessi possono proporre reclamo avanti al giudice. Nello stesso termine possono essere proposte le contestazioni dei creditori ammessi da parte di altri creditori.
     Il giudice stabilisce l'udienza di discussione delle contestazioni e dei reclami. Egli tenta di definire amichevolmente le questioni e, in caso di risultato negativo, pronuncia unica sentenza.

158. Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili.
     Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.

159. Concordato.
     La proposta del concordato è approvata se riporta il consenso della maggioranza di numero e di somma dei creditori che hanno diritto al voto.
     Il giudice, accertato il concorso delle maggioranze indicate nel comma precedente e qualora ritenga tuttora conveniente il concordato, lo approva con decreto e dispone per la sua esecuzione.
     Contro il decreto che approva o respinge il concordato non è ammesso gravame.

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TITOLO III
Del concordato preventivo

Capo I - Dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo.

160. Condizioni per l'ammissione alla procedura.
     L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza, fino a che il suo fallimento non è dichiarato, può proporre ai creditori un concordato preventivo secondo le disposizioni di questo titolo se:
     1) è iscritto nel registro delle imprese da almeno un biennio o almeno dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, ed ha tenuto una regolare contabilità per la stessa durata;
     2) nei cinque anni precedenti non è stato dichiarato fallito o non è stato ammesso a una procedura di concordato preventivo;
     3) non è stato condannato per bancarotta o per delitto contro il patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria o il commercio.
     La proposta di concordato deve rispondere ad una delle seguenti condizioni:
     1) che il debitore offra serie garanzie reali o personali di pagare almeno il quaranta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari entro sei mesi dalla data di omologazione del concordato; ovvero, se è proposta una dilazione maggiore, che egli offra le stesse garanzie per il pagamento degli interessi legali sulle somme da corrispondere oltre i sei mesi;
     2) che il debitore offra ai creditori per il pagamento dei suoi debiti la cessione di tutti i beni esistenti nel suo patrimonio alla data della proposta di concordato, tranne quelli indicati dall'art. 46, sempreché la valutazione di tali beni faccia fondatamente ritenere che i creditori possano essere soddisfatti almeno nella misura indicata al n. 1.

161. Domanda di concordato.
     La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, firmato dal debitore, al tribunale del luogo in cui trovasi la sede principale dell'impresa.
     Nella domanda il ricorrente deve esporre le cause che hanno determinato la sua insolvenza e le ragioni della proposta di concordato.
     Il debitore deve presentare con il ricorso le scritture contabili, uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori.
     Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'art. 152.

162. Inammissibilità della domanda.
     Il tribunale, sentito il pubblico ministero e occorrendo il debitore, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta se non ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell'art. 160 o se ritiene che la proposta di concordato non risponde alle condizioni indicate nel secondo comma dello stesso articolo.
     In tali casi il tribunale dichiara d'ufficio il fallimento del debitore.

163. Ammissione alla procedura.
     Il tribunale, se riconosce ammissibile la proposta, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo. Con lo stesso provvedimento:
     1) delega un giudice alla procedura di concordato;
     2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento, e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori;
     3) nomina il commissario giudiziale, scegliendolo nel ruolo degli amministratori giudiziari, osservate le disposizioni degli artt. 27, 28 e 29;
     4) stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l'intera procedura.
     Qualora non esegua il deposito prescritto il tribunale provvede a norma del secondo comma dell'articolo precedente.

164. Decreti del giudice delegato.
     I decreti del giudice delegato sono soggetti a reclamo a norma dell'art. 26.
     Il decreto del tribunale che decide sul reclamo non è soggetto a gravame.

165. Commissario giudiziale.
     Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale.
     Si applicano al commissario giudiziale gli articoli 36, 37, 38 e 39.

166. Pubblicità del decreto.
     Il decreto è a cura del cancelliere pubblicato mediante affissione alla porta esterna del tribunale e comunicato per l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese. Esso è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia e nei giornali eventualmente indicati dal tribunale.
     Se il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 88.

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Capo II - Degli effetti dell'ammissione al concordato preventivo.

167. Amministrazione dei beni durante la procedura.
     Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato.
     I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

168. Effetti della presentazione del ricorso.
     Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
     Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
     I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente.

169. Norme applicabili.
     Si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63.

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Capo III - Dei provvedimenti immediati.

170. Scritture contabili.
     Il giudice delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al concordato, ne fa annotazione sotto l'ultima scrittura dei libri presentati.
     I libri sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale.

171. Convocazione dei creditori.
     Il commissario giudiziale deve procedere alla verifica dell'elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili presentate a norma dell'art. 161, apportando le necessarie rettifiche.
     Il commissario giudiziale provvede a comunicare con raccomandata o con telegramma ai creditori un'avviso contenente la data di convocazione dei creditori e le proposte del debitore.
     Quando la comunicazione prevista dal comma precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei creditori o per la difficoltà di identificarli tutti, il tribunale, sentito il commissario giudiziale, può dare l'autorizzazione prevista dall'art. 126.
     Se vi sono obbligazionisti, il termine previsto dall'art. 163, primo comma, n. 2, deve essere raddoppiato.
     In ogni caso l'avviso di convocazione per gli obbligazionisti è comunicato al loro rappresentante comune.
     Sono salve per le imprese esercenti il credito le disposizioni del R.D.L. 8 febbraio 1924, n. 136.

172. Operazioni e relazione del commissario.
     Il commissario giudiziale redige l'inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno tre giorni prima dell'adunanza dei creditori.
     Su richiesta del commissario il giudice può nominare uno stimatore che lo assista nella valutazione dei beni.

173. Dichiarazione del fallimento nel corso della procedura.
     Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve darne immediata notizia al giudice delegato, il quale, fatte le opportune indagini, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento.
     Il fallimento è dichiarato anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato.

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Capo IV - Della deliberazione del concordato preventivo.

174. Adunanza dei creditori.
     L'adunanza dei creditori è presieduta dal giudice delegato.
     Ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere scritta senza formalità sull'avviso di convocazione.
     Il debitore o chi ne ha la legale rappresentanza deve intervenire personalmente. Solo in caso di assoluto impedimento, accertato dal giudice delegato, può farsi rappresentare da un mandatario speciale.
     Possono intervenire anche i coobbligati, i fideiussori del debitore egli obbligati in via di regresso.

175. Discussione della proposta di concordato.
     Nell'adunanza dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore.
     Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti.
     Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti.

176. Ammissione provvisoria dei crediti contestati.
     Il giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi.
     I creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.

177. Maggioranza per l'approvazione del concordato.
     Il concordato deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori votanti, la quale rappresenti due terzi della totalità dei crediti ammessi al voto.
     I creditori che hanno diritto di prelazione sui beni del debitore non partecipano al voto a meno che rinuncino al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale purché non sia inferiore alla terza parte dell'intero credito tra capitale e accessori.
     Gli effetti della rinuncia cessano se il concordato non ha luogo o è posteriormente annullato o risoluto.
     Il voto di adesione dato senza dichiarazione di limitata rinuncia importa rinuncia all'ipoteca, al pegno o al privilegio per l'intero credito.
     Sono parimenti esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.

178. Adesioni alla proposta di concordato.
     Nel processo verbale dell'adunanza dei creditori sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori con l'indicazione nominativa dei votanti e dell'ammontare dei rispettivi crediti.
     Il processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal cancelliere.
     Se nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la loro continuazione viene rimessa dal giudice ad un'udienza prossima, non oltre otto giorni, senza bisogno di avviso agli assenti.
     Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo. Se il concordato è stato approvato dalla maggioranza dei creditori votanti nell'adunanza, senza che tale maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti, le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza dei crediti.

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Capo V - Dell'omologazione del concordato preventivo.

179. Mancata approvazione del concordato.
     Se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste negli artt. 177 e 178, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere a norma dell'art. 162, secondo comma.

180. Approvazione del concordato e udienza di omologazione.
     Se le maggioranze sono raggiunte, il giudice delegato con ordinanza pubblicata per affissione, fissa l'udienza di comparizione davanti a sé non oltre trenta giorni dall'affissione dell'ordinanza.
     I creditori dissenzienti e qualunque interessato che intendono opporsi all'omologazione del concordato devono notificare l'opposizione al debitore e al commissario giudiziale e costituirsi almeno cinque giorni prima dell'udienza. L'atto d'opposizione deve contenerne i motivi.
     Nello stesso termine il commissario giudiziale deposita in cancelleria il suo parere motivato.
     Il debitore, anche se non costituito, può presentarsi all'udienza per essere sentito dal giudice.
     Il giudice procede a norma degli artt. 183 e seguenti del codice di procedura civile e fissa l'udienza innanzi al collegio entro i dieci giorni successivi.

181. Sentenza di omologazione.
     Il tribunale, accertata la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del concordato e la regolarità della procedura, deve valutare:
     1) la convenienza economica del concordato per i creditori, in relazione alle attività esistenti e all'efficienza dell'impresa;
     2) se sono state raggiunte le maggioranze prescritte dalla legge, anche in relazione agli eventuali creditori esclusi che abbiano fatto opposizione all'esclusione;
     3) se le garanzie offerte danno la sicurezza dell'adempimento del concordato e, nel caso previsto dall'art. 160, comma secondo n. 2, se i beni offerti sono sufficienti per il pagamento dei crediti nella misura indicata nell'articolo stesso;
     4) se il debitore, in relazione alle cause che hanno provocato il dissesto e alla sua condotta, è meritevole del concordato.
     Concorrendo tali condizioni, il tribunale pronunzia sentenza di omologazione del concordato; in mancanza dichiara il fallimento del debitore.
     Nella sentenza di omologazione il tribunale determina l'ammontare delle somme che il debitore deve depositare secondo il concordato per i crediti contestati. Determina altresì le modalità per il versamento delle somme dovute alle singole scadenze in esecuzione del concordato o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto successivo.
     Si applicano gli ultimi due commi dell'art. 130.

182. Provvedimenti in caso di cessione di beni.
     Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.

183. Appello contro la sentenza di omologazione.
     Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il debitore entro quindici giorni dall'affissione.
     L'atto di appello è notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle parti costituite in giudizio.
     La sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17 ed il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla data dell'affissione.

184. Effetti del concordato per i creditori.
     Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.
     Salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

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Capo VI - Dell'esecuzione, della risoluzione e dell'annullamento del concordato preventivo.

185. Esecuzione del concordato.
     Dopo l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori.
     Si applica il secondo comma dell'art. 136.

186. Risoluzione e annullamento del concordato.
     Si applicano al concordato preventivo le disposizioni degli artt. 137 e 138, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.
     Nel caso di concordato mediante cessione dei beni a norma dell'art. 160, comma secondo, n. 2, questo non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore a quaranta per cento.
     Con la sentenza che risolve o annulla il concordato il tribunale dichiara il fallimento.

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TITOLO IV
Dell'Amministrazione controllata

187. Domanda di ammissione alla procedura.
     L'imprenditore che si trova in temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, se ricorrono le condizioni previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo comma dell'articolo 160 e vi siano comprovate possibilità di risanare l'impresa, può chiedere al tribunale il controllo della gestione della sua impresa e dell'amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei creditori per un periodo non superiore a due anni.
     La domanda si propone nelle forme stabilite dall'articolo 161.

188. Ammissione alla procedura.
     Il tribunale, se concorrono le condizioni stabilite dalla legge e se ritiene il debitore meritevole del beneficio, ammette il ricorrente alla procedura di amministrazione controllata con decreto non soggetto a reclamo. Con lo stesso provvedimento:
     1) delega un giudice alla procedura;
     2) ordina la convocazione dei creditori non oltre i trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione del provvedimento stesso ai creditori;
     3) nomina il commissario giudiziale secondo le disposizioni degli artt. 27, 28 e 29;
     4) stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l'intera procedura.
     Il decreto è pubblicato a norma dell'art. 166 e per la durata della procedura produce gli effetti stabiliti dagli artt. 167 e 168.
     Si applicano inoltre le disposizioni degli articoli 164, 165, 170 a 173.

189. Adunanza dei creditori.
     Alla deliberazione dei creditori si applicano le disposizioni degli artt. 174, 175, 176, primo comma, 177, quarto comma, 178 primo, secondo e terzo comma.
     Si tiene conto a tutti gli effetti dei voti dati per lettera o per telegramma, purché pervenuti prima della chiusura delle operazioni.
     La proposta del debitore è approvata quando riporta il voto favorevole della maggioranza dei creditori che rappresenti la maggioranza dei crediti, esclusi i creditori aventi diritti di prelazione sui beni del debitore.
     Se le maggioranze prescritte non sono raggiunte cessano gli effetti del decreto di ammissione alla procedura.

190. Provvedimenti del giudice delegato.
     Se le maggioranze prescritte sono raggiunte, il giudice delegato, tenuto conto del parere dei creditori intervenuti all'adunanza, nomina con decreto un comitato di tre o cinque creditori che assiste il commissario giudiziale.
     Contro il decreto del giudice delegato è ammesso reclamo da parte di ogni interessato entro dieci giorni dalla sua data. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto non soggetto a gravame.

191. Poteri di gestione del commissario giudiziale.
     Durante la procedura il tribunale, su istanza di ogni interessato o d'ufficio sentito il comitato dei creditori, può con decreto non soggetto a reclamo affidare al commissario giudiziale in tutto o in parte la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni del debitore, determinando i poteri.
     Il decreto è pubblicato a norma dell'art. 166.
     In tal caso il commissario al termine del suo ufficio deve rendere conto della sua amministrazione a norma dell'art. 116.

192. Relazioni dell'amministrazione e revoca dell'amministrazione controllata.
     Il commissario giudiziale riferisce ogni due mesi al giudice delegato sull'andamento dell'impresa.
     Il commissario giudiziale e il comitato dei creditori devono inoltre denunciare al giudice delegato i fatti che consigliano la revoca dell'amministrazione controllata, non appena ne vengano a conoscenza.
     Se in qualunque momento risulta che l'amministrazione controllata non può utilmente essere continuata, il giudice delegato, promuove dal tribunale la dichiarazione di fallimento salva la facoltà dell'imprenditore di proporre il concordato preventivo secondo le disposizioni del titolo precedente.

193. Fine dell'amministrazione controllata.
     Il debitore che dimostra di essere in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni può chiedere al tribunale anche prima del termine stabilito la cessazione della procedura. In tal caso il tribunale provvede con decreto pubblicato a norma dell'art. 17.
     Se al termine dell'amministrazione controllata risulta che l'impresa non è in condizioni di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, si applica il terzo comma dell'articolo precedente.

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TITOLO V
Della liquidazione coatta amministrativa

194. Norme applicabili.
     La liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni del presente titolo, salvo che le leggi speciali dispongano diversamente.
     Sono abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213.

195. Accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa.
     Se un'impresa, soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, dichiara tale stato con sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell'interesse dei creditori fino all'inizio della procedura di liquidazione.
     Prima di provvedere il tribunale deve sentire l'autorità governativa che ha la vigilanza sull'impresa.
     La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell'art. 136 del codice di procedura civile, all'autorità competente perché disponga la liquidazione. Essa è inoltre notificata e affissa nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento.
     Contro la sentenza predetta può essere proposta opposizione da qualunque interessato, entro trenta giorni dall'affissione davanti al tribunale che l'ha pronunciata, in contraddittorio col commissario liquidatore.
     Il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza.
     Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d'insolvenza provvede con decreto motivato.
     Contro il decreto è ammesso reclamo a norma dell'art. 22.
     Il tribunale provvede d'ufficio alla dichiarazione d'insolvenza a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata di una impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verificano le condizioni per le quali a norma delle disposizioni contenute nei titoli III e IV si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento.
     Le disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici.

196. Concorso fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa.
     Per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, per le quali la legge non esclude la procedura fallimentare, la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione di fallimento.

197. Provvedimento di liquidazione.
     Il provvedimento che ordina la liquidazione entro dieci giorni dalla sua data è pubblicato integralmente, a cura dell'autorità che lo ha emanato nella Gazzetta Ufficiale ed è comunicato per l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese, salve le altre forme di pubblicità disposte nel provvedimento.

198. Organi della liquidazione amministrativa.
     Con il provvedimento che ordina la liquidazione o con altro successivo viene nominato con commissario liquidatore. È altresì nominato un comitato di sorveglianza di tre o cinque membri scelti fra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall'impresa, possibilmente fra i creditori.
     Qualora l'importanza dell'impresa lo consigli, possono essere nominati tre commissari liquidatori. In tal caso essi deliberano a maggioranza, e la rappresentanza è esercitata congiuntamente da due di essi. Nella liquidazione delle cooperative la nomina del comitato di sorveglianza è facoltativo.

199. Responsabilità del commissario liquidatore.
     Il commissario liquidatore è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale.
     Durante la liquidazione l'azione di responsabilità contro il commissario liquidatore revocato è proposta dal nuovo liquidatore con l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione.
     Si applicano al commissario liquidatore le disposizioni degli artt. 32, 37 e 38, primo comma, intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato quelli dell'autorità che vigila sulla liquidazione.

200. Effetti del provvedimento di liquidazione per l'impresa.
     Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47 e se l'impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall'art. 214.
     Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell'impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.

201. Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti.
     Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le disposizioni dell'art. 66.
     Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.

202. Accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza.
     Se l'impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si trovava in stato d'insolvenza e questa non è stata preventivamente dichiarata a norma dell'art. 195, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo.
     Si applicano le norme dell'art. 195, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto.

203. Effetti dell'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza.
     Accertato giudizialmente lo stato d'insolvenza a norma degli artt. 195 o 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata. [periodo abrogato].
    L'esercizio delle azioni di revoca degli atti compiuti in frode dei creditori compete al commissario liquidatore.
     Il commissario liquidatore presenta al procuratore della Repubblica una relazione in conformità di quanto è disposto dall'art. 33, primo comma.

204. Commissario liquidatore.
     Il commissario liquidatore procede a tutte le operazioni della liquidazione secondo le direttive dell'autorità che vigila sulla liquidazione, e sotto il controllo del comitato di sorveglianza.
     Egli prende in consegna i beni compresi nella liquidazione, le scritture contabili e gli altri documenti dell'impresa, richiedendo, ove occorra, l'assistenza di un notaio.
     Il commissario liquidatore forma quindi l'inventario, nominando se necessario, uno o più stimatori per la valutazione dei beni.

205. Relazione del commissario.
     L'imprenditore o, se l'impresa è una società o una persona giuridica, gli amministratori devono rendere al commissario liquidatore il conto della gestione relativo al tempo posteriore all'ultimo bilancio.
     Il commissario è dispensato dal formare il bilancio annuale, ma deve presentare alla fine di ogni semestre all'autorità che vigila sulla liquidazione una relazione sulla situazione patrimoniale dell'impresa e sull'andamento della gestione accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza

206. Poteri del commissario.
     L'azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell'impresa in liquidazione, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal commissario liquidatore, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione.
     Per il compimento degli atti previsti dall'art. 35, in quanto siano di valore indeterminato o di valore superiore a lire 2 milioni e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa il commissario deve essere autorizzato dall'autorità predetta, la quale provvede sentito il comitato di sorveglianza.

207. Comunicazione ai creditori e ai terzi.
     Entro un mese dalla nomina, il commissario comunica a ciascun creditore mediante raccomandata con avviso di ricevimento le somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell'impresa. La comunicazione s'intende fatta con riserva delle eventuali contestazioni.
     Analoga comunicazione è fatta a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall'impresa.
     Entro quindici giorni dal ricevimento della raccomandata i creditori e le altre persone indicate nel comma precedente possono far pervenire al commissario mediante raccomandata le loro osservazioni o istanze.

208. Domande dei creditori e dei terzi.
     I creditori e le altre persone indicate nell'articolo precedente che non hanno ricevuto la comunicazione prevista dal predetto articolo possono chiedere mediante raccomandata, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei loro beni.

209. Formazione dello stato passivo.
     Salvo che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario forma l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell'art. 207 accolte o respinte, e le deposita nella cancelleria del luogo dove l'impresa ha la sede principale, dandone notizia con raccomandata con avviso di ricevimento a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa. Col deposito in cancelleria l'elenco diventa esecutivo.
     Le opposizioni, a norma dell'art. 98, e le impugnazioni, a norma dell'art. 100, sono proposte entro quindici giorni dal deposito, con ricorso al presidente del tribunale osservate le disposizioni del secondo comma dell'art. 93.
     Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da 98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore.
     Restano salve le disposizioni delle leggi speciali relative all'accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che esercitano il credito [vei art. 264].

210. Liquidazione dell'attivo.
     Il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell'attivo, salve le limitazioni stabilite dall'autorità che vigila sulla liquidazione.
     In ogni caso per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco occorrono l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza.
     Nel caso di società con soci a responsabilità limitata il presidente del tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.

211. Società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci.
     Nella liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito nella cancelleria del tribunale dell'elenco previsto dall'art. 209, comma primo, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli ritiene necessarie per l'estinzione delle passività. Si osservano per il rimanente le disposizioni dell'art. 151, sostituiti ai poteri del giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell'art. 26.

212. Ripartizione dell'attivo.
     Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono distribuite secondo l'ordine stabilito nell'art. 111.
     Previo il parere del comitato di sorveglianza, e con l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione, il commissario può distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività.
     Le domande tardive per l'ammissione di crediti o per il riconoscimento dei diritti reali non pregiudicano le ripartizioni già avvenute, e possono essere fatte valere sulle somme non ancora distribuite, osservate le disposizioni dell'art. 112.
     Alle ripartizioni parziali si applicano le disposizioni dell'art. 113.

213. Chiusura della liquidazione.
     Prima dell'ultimo reparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all'autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali che siano designati dall'autorità che vigila sulla liquidazione.
     Nel termine di venti giorni dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere, all'autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile.
     Decorso il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di reparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori.
     Si applicano le norme dell'art. 117, e se del caso degli artt. 2456 e 2457 del codice civile.

214. Concordato.
     Dopo il deposito dell'elenco previsto dall'art. 209 l'autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza può autorizzare l'impresa in liquidazione a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell'art. 152, se si tratta di società.
     La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall'autorità che vigila sulla liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono comunicate al commissario.
     Il tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell'art. 17 e nelle altre forme che sono stabilite dal tribunale.
     Contro la sentenza, che approva o respinge il concordato, l'impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare entro quindici giorni dall'affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall'affissione.
     Il commissario liquidatore con l'assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l'esecuzione del concordato.

215. Risoluzione e annullamento del concordato.
     Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'art. 137.
     Su richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere annullato a norma dell'art. 138.Risolto o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e l'autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che ritiene necessari.

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TITOLO VI
Disposizioni penali

Capo I - Reati commessi dal fallito.

216. Bancarotta fraudolenta.
     È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
     1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
     2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
     La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
     È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
     Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

217. Bancarotta semplice.
     È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
     1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
     2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
     3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
     4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
     5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
     La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
     Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

218. Ricorso abusivo al credito.
     Salvo che il fatto costituisca un reato più grave, è punito con la reclusione fino a due anni l'imprenditore esercente un'attività commerciale che, ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto.
     Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.

219. Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.
     Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.
     Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:
     1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;
     2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa commerciale.
     Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.

220. Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito.
     È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all'art. 216, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49.
     Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

221. Fallimento con procedimento sommario.
     Se al fallimento si applica il procedimento sommario le pene previste in questo capo sono ridotte fino al terzo.

222. Fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice.
     Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.

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Capo II - Reati commessi da persone diverse dal fallito.

223. Fatti di bancarotta fraudolenta.
     Si applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
     Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell'art. 216, se:
     1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
     2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.
     Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 216.

224. Fatti di bancarotta semplice.
     Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
     1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
     2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

225. Ricorso abusivo al credito.
     Si applicano le pene stabilite nell'art. 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.

226. Denuncia di crediti inesistenti.
     Si applicano le pene stabilite nell'art. 220 agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso i fatti in esso indicati.

227. Reati dell'institore.
     All'institore dell'imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.

228. Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.
     Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a lire 400.000.
     La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

229. Accettazione di retribuzione non dovuta.
     Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da lire 200.000 a 1.000.000.
     Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l'inabilitazione temporanea all'ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.

230. Omessa consegna o deposito di cose del fallimento.
     Il curatore che non ottempera all'ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch'egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire 2.000.000.
     Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a lire 600.000.

231. Coadiutori del curatore.
     Le disposizioni degli artt. 228, 229 e 230 si applicano anche alle persone che coadiuvano il curatore nell'amministrazione del fallimento.

232. Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito.
     È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire 100.000 a 1.000.000, chiunque fuori dei casi di concorso di bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato.
     Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.
     È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
     1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;
     2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica.
     La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l'acquirente è un imprenditore che esercita un'attività commerciale.

233. Mercato di voto.
     Il creditore che stipula col fallito o con altri nell'interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire 200.000.
     La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.
     La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell'interesse del fallito.

234. Esercizio abusivo di attività commerciale.
     Chiunque esercita un'impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a lire 200.000.

235. Omessa trasmissione dell'elenco dei protesti cambiari.
     Il pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al presidente del tribunale gli elenchi dei protesti cambiari per mancato pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000.
     La stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine prescritto non trasmette l'elenco delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento a norma dell'articolo 13, secondo comma, o trasmette un elenco incompleto.

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Capo III - Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, di amministrazione controllata e di liquidazione coatta amministrativa.

236. Concordato preventivo e amministrazione controllata.
     È punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.
     Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:
     1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, di rettori generali, sindaci e liquidatori di società;
     2) la disposizione dell'art. 227 agli institori dell'imprenditore;
     3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell'amministrazione controllata;
     4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.

237. Liquidazione coatta amministrativa.
     Liquidazione coatta amministrativa. L'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente titolo.
     Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo coadiuvano nell'amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.

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Capo IV - Disposizioni di procedura

238. Esercizio dell'azione penale per reati in materia di fallimento.
     Per i reati previsti negli artt. 216, 217, 223 e 224 l'azione penale è esercitata dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento di cui all'art. 17.
     È iniziata anche prima nel caso previsto dall'art. 7 e in ogni altro in cui concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.

[239. Mandato di cattura] [articolo abrogato]

240. Costituzione di parte civile.
     Il curatore, il commissario giudiziale e il commissario liquidatore possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito.
     I creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario giudiziale o del commissario liquidatore o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale.

241. Riabilitazione.
     La riabilitazione civile del fallito estingue il reato di bancarotta semplice. Se vi è condanna, ne fa cessare l'esecuzione e gli effetti.

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TITOLO VII
Disposizioni transitorie

242. Disposizione generale.
     Gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima della entrata in vigore del presente decreto sono regolati dalle leggi anteriori.
     Tuttavia le forme del procedimento stabilite dal presente decreto si applicano anche alle procedure di fallimento in corso, salvo quanto disposto dagli articoli seguenti.
     Conservano in ogni caso la loro efficacia gli atti anteriormente compiuti, se erano validi secondo le norme anteriori.

243. Rappresentante degli eredi.
     Nei fallimenti in corso il rappresentante degli eredi previsto dall'art. 12, comma secondo deve essere designato entro quindici giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

244. Sentenza dichiarativa di fallimento.
     Le opposizioni alla sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima dell'entrata in vigore del presente decreto sono regolate dalle leggi anteriori.
     Il gravame contro il provvedimento che respinge la istanza di fallimento è regolata dalle nuove disposizioni, sempreché la causa relativa non sia stata già assegnata a sentenza.

245. Deposito delle somme riscosse.
     Il curatore, entro trenta giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto, deve provvedere in conformità alle disposizioni dell'art. 34 per i depositi di somme effettuati anteriormente alla predetta data.

246. Provvedimenti del giudice delegato.
     I reclami contro i provvedimenti del giudice delegato sono regolati dalle nuove disposizioni, sempreché le cause relative non siano già state assegnate a sentenza.

247. Delegazione dei creditori.
     Nei fallimenti in corso le delegazioni dei creditori già costituite rimangono in carica. Tuttavia ove si debba procedere alla sostituzione di uno o più membri di essi, si applicano le norme dell'art. 40.

248. Esercizio provvisorio.
     Le disposizioni dell'art. 90 si applicano anche all'esercizio provvisorio dell'impresa del fallito in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

249. Giudizi di retrodatazione.
     Per i fallimenti dichiarati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto il giudizio per la determinazione della data di cessazione dei pagamenti e le opposizioni contro la sentenza che determina tale data sono regolati dalle leggi anteriori, salva l'osservanza dell'art. 265.

250. Accertamento del passivo.
     Il procedimento per l'accertamento del passivo, quando il verbale di verificazione dei crediti è stato chiuso prima dell'entrata in vigore del presente decreto, prosegue secondo le norme anteriori.
    Per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle domande di rivendicazione, di separazione o di restituzione di cose mobili si applicano le disposizioni anteriori.

251. Domande tardive e istanze di revocazione.
     Se sono in corso giudizi su domande tardive per l'ammissione di crediti al passivo o su istanze di revocazione contro crediti ammessi e le cause relative non sono già state assegnate a sentenza, il tribunale con ordinanza rimette le parti davanti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le disposizioni degli artt. 101 e 102.

252. Liquidazione dell'attivo.
     Se prima della entrata in vigore del presente decreto è stata eseguita o autorizzata la vendita di beni compresi nel fallimento il relativo procedimento prosegue secondo le disposizioni anteriori.

253. Ripartizione dell'attivo.
     Alla ripartizione dell'attivo fra i creditori si applicano le nuove disposizioni a meno che lo stato di ripartizione non sia stato già reso esecutivo con ordinanza del giudice delegato pronunciata anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

254. Rendiconto del curatore.
     Se il curatore ha presentato il conto della gestione, ma questo non è stato ancora approvato a norma delle leggi anteriori prima dell'entrata in vigore del presente decreto, la procedura per l'approvazione del conto prosegue secondo le nuove disposizioni.

255. Concordato.
     La proposta di concordato presentata prima dell'entrata in vigore del presente decreto conserva la sua efficacia se era valida secondo le leggi anteriori.
     L'approvazione della proposta di concordato in relazione alla quale il giudice delegato ha ordinato la convocazione dei creditori prima dell'entrata in vigore del presente decreto ha luogo secondo le disposizioni anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni.
     Se un giudizio di omologazione di concordato è in corso, ma non ancora assegnato a sentenza, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il tribunale rimette con ordinanza gli atti al giudice delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le nuove disposizioni.
     Gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato sono regolati dalle nuove disposizioni, a meno che la sentenza di omologazione non sia passata in giudicato prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
     Tuttavia i termini previsti dagli artt. 137 e 138 per l'esercizio delle azioni di risoluzione e di annullamento si applicano anche ai concordati omologati prima della data di entrata in vigore del presente decreto con decorrenza dalla data medesima, a meno che il tempo ancora utile per proporre l'azione, secondo le disposizioni anteriori, sia più breve.

256. Riabilitazione civile.
     Anche per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto il fallito, che non ha già ottenuto la cancellazione dall'albo dei falliti a norma delle leggi anteriori, può chiedere la riabilitazione civile secondo le norme del presente decreto.
     La cancellazione dall'albo dei falliti ottenuta a norma delle leggi anteriori produce gli stessi effetti della riabilitazione civile.

257. Azione di responsabilità contro gli amministratori.
     Il giudice può autorizzare le misure cautelari previste dall'art. 146 anche se l'azione di responsabilità contro gli amministratori è stata disposta prima dell'entrata in vigore del presente decreto.

258. Versamenti dei soci.
     Nei giudizi promossi contro soci per i versamenti ancora dovuti, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, se la causa non è stata ancora assegnata a sentenza, il tribunale rimette le parti con ordinanza davanti al giudice delegato, che provvede a termini dell'art. 150.

259. Piccoli fallimenti.
     Per i piccoli fallimenti in corso all'entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni anteriori.

260. Concordato preventivo.
     La procedura di concordato preventivo, per la quale prima dell'entrata in vigore del presente decreto sia intervenuto il decreto previsto dall'art. 4 della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, prosegue secondo le disposizioni anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove disposizioni.
     Per i giudizi di omologazione in corso e per gli effetti e le modalità di esecuzione del concordato si applicano le disposizioni dell'art. 255, commi secondo, terzo e quarto.

261. Liquidazione coatta amministrativa.
     Le liquidazioni coatte amministrative in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto proseguono secondo le disposizioni anteriori.
     Se per un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa è in corso la procedura di fallimento o di concordato questa prosegue fino al suo compimento.

262. Iscrizione nel registro delle imprese.
     Fino all'attuazione del registro delle imprese non si fa luogo alle iscrizioni che secondo il presente decreto dovrebbero essere eseguite in detto registro.
     Tuttavia i provvedimenti relativi alle società, per i quali sia prevista la iscrizione nel registro delle imprese, sono iscritti nei registri di cancelleria presso i tribunali, provvisoriamente mantenuti.

263. Ruolo degli amministratori giudiziari.
     Col regio decreto preveduto nell'art. 27, comma terzo, o con altro decreto separato saranno riunite e coordinate le disposizioni in vigore relative al fondo speciale preveduto nella L. 10 luglio 1930, n. 995.
     Fino a quando non sarà emanato il regio decreto anzidetto continueranno ad osservarsi le disposizioni del R.D. 20 novembre 1930, n. 1595 e le altre norme ora in vigore riguardanti la formazione dei ruoli e la nomina e disciplina degli amministratori giudiziari.
     Parimenti continueranno ad osservarsi, fino a quando non sarà provveduto ai sensi dell'art. 39, le norme contenute nel D.M. 30 novembre 1930 sulla determinazione della misura dei compensi spettanti ai curatori dei fallimenti.

264. Istituto di credito.
     Quando nel presente decreto si fa riferimento a Istituti di credito in detta espressione s'intendono comprese, oltre l'istituto di emissione, le imprese autorizzate e controllate a norma delle leggi vigenti dall'ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del credito.

265. Norma di rinvio.
     Le disposizioni transitorie per il codice di procedura civile approvate con R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, si applicano anche ai procedimenti in corso connessi alle procedure di fallimento o di concordato preventivo.

266. Disposizioni abrogate.
     Con l'entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni del codice di commercio approvato con L. 2 aprile 1882, n. 681, relative al fallimento, le disposizioni della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, della L. 10 luglio 1930, n. 995, sul fallimento, sul concordato preventivo e sui piccoli fallimenti, salvo quanto disposto dall'art. 263, nonché ogni altra disposizione contraria o incompatibile con quelle del decreto medesimo.

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