DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008 , n. 81
 
Attuazione  dell'articolo  1  della  legge  3 agosto 2007, n. 123, in
materia  di  tutela  della  salute  e  della  sicurezza nei luoghi di
lavoro.
          
Titolo I

PRINCIPI COMUNI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
  Vista  la  legge  3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di
tutela  della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo
per il riassetto e la riforma della normativa in materia;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.
164,  recante:  norme  per  la prevenzione degli infortuni sul lavoro
nelle costruzioni;
  Visto  il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, recante norme generali per l'igiene del lavoro;
  Visto  il  decreto  legislativo  15 agosto  1991,  n. 277, recante:
attuazione   delle   direttive  n.  80/1107/CEE,  n.  82/605/CEE,  n.
83/477/CEE,  n.  86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione
dei  lavoratori  contro  i  rischi derivanti da esposizione ad agenti
chimici,   fisici   e   biologici   durante   il   lavoro,   a  norma
dell'articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;
  Visto  il  decreto  legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante:
attuazione   delle   direttive  89/391/CEE,  89/654/CEE,  89/655/CEE,
89/656/CEE,    90/269/CEE,    90/270/CEE,   90/394/CEE,   90/679/CEE,
93/88/CEE,   95/63/CE,   97/42/CE,   98/24/CE,   99/38/CE,  99/92/CE,
2001/45/CE,   2003/10/CE,  2003/18/CE  e  2004/40/CE  riguardanti  il
miglioramento  della  sicurezza e della salute dei lavoratori durante
il lavoro;
  Visto  il  decreto  legislativo  19 dicembre 1994, n. 758, recante:
modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
  Visto  il  decreto  legislativo  14 agosto  1996,  n.  493, recante
attuazione  della  direttiva  92/58/CEE  concernente  le prescrizioni
minime  per  la  segnaletica  di sicurezza e/o di salute sul luogo di
lavoro;
  Visto  il  decreto  legislativo  14 agosto  1996,  n.  494, recante
attuazione  della  direttiva  92/57/CEE  concernente  le prescrizioni
minime  di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o
mobili;
  Visto  il  decreto  legislativo  8 giugno  2001,  n.  231,  recante
disciplina   della   responsabilita'   amministrativa  delle  persone
giuridiche,  delle  societa'  e  delle  associazioni  anche  prive di
personalita'   giuridica,   a   norma  dell'articolo 11  della  legge
29 settembre 2000, n. 300;
  Visto  il  decreto  legislativo  10 settembre 2003, n. 276, recante
attuazione  delle  deleghe  in  materia  di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;
  Vista   la  direttiva  2004/40/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza
e  salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti
dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
  Visto  il  decreto  legislativo  19 agosto  2005,  n.  187, recante
attuazione  della  direttiva  2002/44/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza  e  di  salute  relative  all'esposizione dei lavoratori ai
rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;
  Vista   la  direttiva  2006/25/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio,  del  5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di
sicurezza  e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche);
  Vista  la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante
disposizioni     per     l'adempimento    di    obblighi    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee;
  Visto  il  decreto  legislativo  19 novembre  2007, n. 257, recante
attuazione  della  direttiva  2004/40/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza  e  di  salute  relative  all'esposizione dei lavoratori ai
rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
  Vista  la  preliminare  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 6 marzo 2008;
  Sentite  le  organizzazioni  sindacali maggiormente rappresentative
dei lavoratori e dei datori di lavoro;
  Acquisito  il  parere  del  Garante  per  la  protezione  dei  dati
personali;
  Acquisito  il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo  Stato,  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
espresso nella riunione del 12 marzo 2008;
  Acquisiti  i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
  Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 1° aprile 2008;
  Sulla  proposta  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri e dei
Ministri  del  lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture,  dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri
per  le  politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole
alimentari  e  forestali,  dell'interno, della difesa, della pubblica
istruzione,  della  solidarieta'  sociale,  dell'universita'  e della
ricerca,   per   gli   affari  regionali  e  le  autonomie  locali  e
dell'economia e delle finanze;
                                Emana
                  il seguente decreto legislativo:

                               Art. 1.
                              Finalita'

  1.  Le  disposizioni  contenute  nel  presente  decreto legislativo
costituiscono  attuazione  dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007,
n.  123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia
di  salute  e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi
di  lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in
un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le
finalita'  di  cui  al  presente  comma nel  rispetto delle normative
comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche' in
conformita'  all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle
regioni  a  statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano,   e   alle   relative   norme   di   attuazione,  garantendo
l'uniformita'  della  tutela  delle  lavoratrici e dei lavoratori sul
territorio  nazionale  attraverso  il rispetto dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali, anche con
riguardo  alle  differenze di genere, di eta' e alla condizione delle
lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
  2.  In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma,
della   Costituzione   e   dall'articolo 16,   comma 3,  della  legge
4 febbraio   2005,  n.  11,  le  disposizioni  del  presente  decreto
legislativo,  riguardanti  ambiti  di  competenza  legislativa  delle
regioni  e province autonome, si applicano, nell'esercizio del potere
sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni
e  nelle  province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata
la  normativa  regionale  e  provinciale e perdono comunque efficacia
dalla  data  di  entrata  in vigore di quest'ultima, fermi restando i
principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della
Costituzione.
  3.  Gli  atti,  i  provvedimenti  e  gli  adempimenti attuativi del
presente  decreto  sono  effettuati  nel  rispetto  dei  principi del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

        
                    Avvertenza:

            Il  testo  delle  note  qui  pubblicato  e' stato redatto
          dall'amministrazione   competente  per  materia,  ai  sensi
          dell'art.   10,   commi  2  e  3,  del  testo  unico  delle
          disposizioni     sulla     promulgazione    delle    leggi,
          sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
          e  sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
          approvato  con  D.P.R.  28  dicembre 1985, n. 1092, al solo
          fine  di  facilitare  la lettura delle diposizioni di legge
          modificate  o  alle  quali  e'  operante il rinvio. Restano
          invariati  il  valore  e l'efficacia degli atti legislativi
          qui trascritti.

          Note alle premesse:

              - Il  testo  dell'art.  76  della  Costituzione  e'  il
          seguente:
              «Art.  76.  L'esercizio  della funzione legislativa non
          puo'  essere  delegato al Governo se non con determinazione
          di  principi  e  criteri  direttivi  e  soltanto  per tempo
          limitato e per oggetti definiti.».
              - L'art.   87   della   Costituzione   conferisce,   al
          Presidente  della  Repubblica  il  potere  di promulgare le
          leggi  ed  emanare  i  decreti  aventi  valore di legge e i
          regolamenti.
              - Il  testo  dell'art.  117  della  Costituzione  e' il
          seguente:
              «Art.  117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo
          Stato  e  dalle  Regioni  nel  rispetto della Costituzione,
          nonche'  dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
          e dagli obblighi internazionali.
              Lo  Stato  ha  legislazione  esclusiva  nelle  seguenti
          materie:
                a) politica  estera  e  rapporti internazionali dello
          Stato;  rapporti  dello Stato con l'Unione europea; diritto
          di  asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
          appartenenti all'Unione europea;
                b) immigrazione;
                c) rapporti   tra  la  Repubblica  e  le  confessioni
          religiose;
                d) difesa  e  Forze  armate;  sicurezza  dello Stato;
          armi, munizioni ed esplosivi;
                e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
          tutela   della   concorrenza;  sistema  valutario;  sistema
          tributario  e  contabile  dello  Stato;  perequazione delle
          risorse finanziarie;
                f) organi  dello  Stato  e relative leggi elettorali;
          referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
                g) ordinamento  e organizzazione amministrativa dello
          Stato e degli enti pubblici nazionali;
                h) ordine  pubblico  e sicurezza, ad esclusione della
          polizia amministrativa locale;
                i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
                l) giurisdizione  e  norme  processuali;  ordinamento
          civile e penale; giustizia amministrativa;
                m) determinazione   dei   livelli   essenziali  delle
          prestazioni  concernenti  i  diritti  civili  e sociali che
          devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
                n) norme generali sull'istruzione;
                o) previdenza sociale;
                p) legislazione   elettorale,  organi  di  governo  e
          funzioni   fondamentali   di   Comuni,  Province  e  Citta'
          metropolitane;
                q) dogane,   protezione   dei   confini  nazionali  e
          profilassi internazionale;
                r) pesi,   misure   e   determinazione   del   tempo;
          coordinamento informatico statistico e informatico dei dati
          dell'amministrazione  statale,  regionale  e  locale; opere
          dell'ingegno;
                s) tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema e dei beni
          culturali.
              Sono   materie   di   legislazione  concorrente  quelle
          relative  a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
          delle  Regioni;  commercio con l'estero; tutela e sicurezza
          del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
          scolastiche  e  con  esclusione  della  istruzione  e della
          formazione  professionale; professioni; ricerca scientifica
          e  tecnologica  e  sostegno  all'innovazione  per i settori
          produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento
          sportivo;  protezione civile; Governo del territorio; porti
          e   aeroporti   civili;  grandi  reti  di  trasporto  e  di
          navigazione;  ordinamento  della comunicazione; produzione,
          trasporto    e    distribuzione   nazionale   dell'energia;
          previdenza  complementare e integrativa; armonizzazione dei
          bilanci  pubblici  e coordinamento della finanza pubblica e
          del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
          ambientali  e  promozione  e  organizzazione  di  attivita'
          culturali;  casse  di  risparmio,  casse rurali, aziende di
          credito  a carattere regionale; enti di credito fondiario e
          agrario   a   carattere   regionale.   Nelle   materie   di
          legislazione  concorrente  spetta  alle regioni la potesta'
          legislativa,  salvo  che per la determinazione dei principi
          fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
              Spetta   alle   Regioni   la  potesta'  legislativa  in
          riferimento  ad  ogni  materia  non espressamente riservata
          alla legislazione dello Stato.
              Le  Regioni  e  le  Province  autonome  di  Trento e di
          Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
          decisioni  dirette  alla  formazione  degli  atti normativi
          comunitari  e  provvedono  all'attuazione  e all'esecuzione
          degli  accordi  internazionali  e  degli  atti  dell'Unione
          europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da
          legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio
          del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
              La  potesta'  regolamentare  spetta  allo  Stato  nelle
          materie   di  legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle
          Regioni.  La  potesta' regolamentare spetta alle Regioni in
          ogni  altra  materia.  I  Comuni,  le  Province e le Citta'
          metropolitane  hanno  potesta' regolamentare in ordine alla
          disciplina  dell'organizzazione  e  dello svolgimento delle
          funzioni loro attribuite.
              Le   leggi   regionali   rimuovono  ogni  ostacolo  che
          impedisce la piena parita' degli uomini e delle donne nella
          vita  sociale,  culturale  ed  economica  e  promuovono  la
          parita'   di  accesso  tra  donne  e  uomini  alle  cariche
          elettive.
              La legge regionale ratifica le intese della Regione con
          altre  Regioni  per  il  migliore  esercizio  delle proprie
          funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
              Nelle   materie  di  sua  competenza  la  Regione  puo'
          concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali
          interni   ad   altro   Stato,  nei  casi  e  con  le  forme
          disciplinati da leggi dello Stato.».
              - Il testo della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in
          tema  di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e
          delega  al  Governo  per  il  riassetto  e la riforma della
          normativa   in   materia),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
          Ufficiale 10 agosto 2007, n. 185.
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          27 aprile  1955,  n.  547  (Norme  per la prevenzione degli
          infortuni   sul  lavoro),  e'  pubblicato  nel  Supplemento
          ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
              - Il  testo del decreto del Presedente delle Repubblica
          7 gennaio  1956,  n.  164  (Norme  per la prevenzione degli
          infortuni  sul  lavoro  nelle  costruzioni),  e' pubblicato
          nella  Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1956, n. 78, supplemento
          ordinario.
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          19 marzo  1956,  n.  303  (Norme  generali per l'igiene del
          lavoro),  e'  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile
          1956, n. 105, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
          277   (Attuazione   delle   direttive  n.  80/1107/CEE,  n.
          82/605/CEE,  n.  83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE,
          in  materia  di  protezione  dei lavoratori contro i rischi
          derivanti  da  esposizione  ad  agenti  chimici,  fisici  e
          biologici  durante  il  lavoro,  a  norma dell'art. 7 della
          legge 30 luglio 1990, n. 212), e' pubblicato nella Gazzetta
          Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 19 settembre 1994,
          n.  626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
          89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE,
          90/679/CEE,   93/88/CEE,   95/63/CE,   97/42/CE,  98/24/CE,
          99/38/CE,  99/92/CE,  2001/45/CE,  2003/10/CE, 2003/18/CE e
          2004/40/CE  riguardanti  il miglioramento della sicurezza e
          della   salute   dei  lavoratori  durante  il  lavoro),  e'
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 12 novembre 1994, n.
          265, supplemento ordinario.
              - Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
          758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia
          di   lavoro),   e'   pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
          26 gennaio 1995, n. 21, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
          493  (Attuazione  della  direttiva 92/58/CEE concernente le
          prescrizioni  minime per la segnaletica di sicurezza e/o di
          salute  sul  luogo di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
          Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
          494  (Attuazione  della  direttiva 92/57/CEE concernente le
          prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei
          cantieri temporanei o mobili), e' pubblicato nella Gazzetta
          Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del  decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
          231  (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle
          persone  giuridiche,  delle  societa'  e delle associazioni
          anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'art. 11
          della legge 29 settembre 2000, n. 300), e' pubblicato nella
          Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2001, n. 140.
              - Il  testo dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000,
          n.   300   (Ratifica   ed   esecuzione  dei  seguenti  Atti
          internazionali elaborati in base all'art. K. 3 del Trattato
          sull'Unione   europea:   Convenzione   sulla  tutela  degli
          interessi  finanziari  delle  Comunita'  europee,  fatta  a
          Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto
          a  Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente
          l'interpretazione  in  via  pregiudiziale,  da  parte della
          Corte  di  giustizia  delle  Comunita'  europee,  di  detta
          Convenzione,  con  annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles
          il  29 novembre  1996,  nonche'  della Convenzione relativa
          alla  lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti
          funzionari  delle  Comunita'  europee  o degli Stati membri
          dell'Unione  europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e
          della  Convenzione  OCSE  sulla  lotta  alla  corruzione di
          pubblici  ufficiali  stranieri  nelle operazioni economiche
          internazionali,  con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre
          1997.   Delega   al   Governo   per   la  disciplina  della
          responsabilita'  amministrativa  delle persone giuridiche e
          degli   enti   privi  di  personalita'  giuridica),  e'  il
          seguente:
              «Art.  11  (Delega  al  Governo per la disciplina della
          responsabilita'  amministrativa  delle persone giuridiche e
          degli  enti  privi  di  personalita'  giuridica).  -  1. Il
          Governo della Repubblica e' delegato ad emanare, entro otto
          mesi  dalla data di entrata in vigore della presente legge,
          un  decreto  legislativo  avente  ad  oggetto la disciplina
          della    responsabilita'   amministrativa   delle   persone
          giuridiche  e delle societa', associazioni od enti privi di
          personalita' giuridica che non svolgono funzioni di rilievo
          costituzionale,  con  l'osservanza  dei seguenti principi e
          criteri direttivi:
                a) prevedere  la  responsabilita'  in  relazione alla
          commissione   dei   reati  di  cui  agli  articoli 316-bis,
          316-ter,  317,  318,  319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322,
          322-bis,  640,  secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter,
          secondo  comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto
          e'  commesso  con  abuso  della  qualita'  di operatore del
          sistema, del codice penale;
                b) prevedere  la  responsabilita'  in  relazione alla
          commissione dei reati relativi alla tutela dell'incolumita'
          pubblica  previsti  dal  titolo sesto del libro secondo del
          codice penale;
                c) prevedere  la  responsabilita'  in  relazione alla
          commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del
          codice penale che siano stati commessi con violazione delle
          norme  per  la  prevenzione  degli  infortuni  sul lavoro o
          relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
                d) prevedere  la  responsabilita'  in  relazione alla
          commissione  dei reati in materia di tutela dell'ambiente e
          del  territorio,  che siano punibili con pena detentiva non
          inferiore  nel massimo ad un anno anche se alternativa alla
          pena  pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n.
          1860,  dalla  legge  14 luglio  1965,  n.  963, dalla legge
          31 dicembre  1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n.
          47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno
          1985,  n.  312,  convertito, con modificazioni, dalla legge
          8 agosto  1985,  n.  431,  dal decreto del Presidente della
          Repubblica  24 maggio  1988, n. 203, dalla legge 6 dicembre
          1991,  n.  394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.
          95,  dal  decreto  legislativo  27 gennaio 1992, n. 99, dal
          decreto  legislativo  17 marzo  1995,  n.  230, dal decreto
          legislativo   5 febbraio   1997,   n.   22,   e  successive
          modificazioni,  dal  decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
          152,  dal  decreto  legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal
          decreto  legislativo  4 agosto  1999,  n.  372, e dal testo
          unico  delle  disposizioni  legislative  in materia di beni
          culturali  e  ambientali, approvato con decreto legislativo
          29 ottobre 1999, n. 490;
                e) prevedere  che  i  soggetti  di cui all'alinea del
          presente  comma sono  responsabili  in  relazione  ai reati
          commessi,  a  loro  vantaggio  o nel loro interesse, da chi
          svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di
          direzione,  ovvero  da chi esercita, anche di fatto, poteri
          di  gestione  e  di  controllo  ovvero  ancora  da  chi  e'
          sottoposto  alla  direzione  o alla vigilanza delle persone
          fisiche  menzionate,  quando  la  commissione  del reato e'
          stata   resa  possibile  dall'inosservanza  degli  obblighi
          connessi  a  tali  funzioni;  prevedere  l'esclusione della
          responsabilita' dei soggetti di cui all'alinea del presente
          comma nei  casi  in  cui  l'autore  abbia commesso il reato
          nell'esclusivo interesse proprio o di terzi;
                f) prevedere   sanzioni   amministrative   effettive,
          proporzionate  e  dissuasive  nei  confronti  dei  soggetti
          indicati nell'alinea del presente comma;
                g) prevedere  una  sanzione amministrativa pecuniaria
          non  inferiore  a  lire cinquanta milioni e non superiore a
          lire   tre   miliardi   stabilendo   che,   ai  fini  della
          determinazione  in  concreto della sanzione, si tenga conto
          anche   dell'ammontare  dei  proventi  del  reato  e  delle
          condizioni  economiche e patrimoniali dell'ente, prevedendo
          altresi'  che,  nei casi di particolare tenuita' del fatto,
          la  sanzione  da  applicare  non sia inferiore a lire venti
          milioni  e  non  sia  superiore  a  lire  duecento milioni;
          prevedere  inoltre  l'esclusione  del  pagamento  in misura
          ridotta;
                h) prevedere  che  gli  enti rispondono del pagamento
          della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o
          del patrimonio sociale;
                i) prevedere  la  confisca  del profitto o del prezzo
          del reato, anche nella forma per equivalente;
                l) prevedere,   nei  casi  di  particolare  gravita',
          l'applicazione  di  una  o  piu' delle seguenti sanzioni in
          aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
                  1)  chiusura  anche temporanea dello stabilimento o
          della sede commerciale;
                  2)   sospensione  o  revoca  delle  autorizzazioni,
          licenze   o   concessioni   funzionali   alla   commissione
          dell'illecito;
                  3)  interdizione  anche  temporanea  dall'esercizio
          dell'attivita'  ed  eventuale  nomina di altro soggetto per
          l'esercizio  vicario  della medesima quando la prosecuzione
          dell'attivita'  e'  necessaria  per  evitare  pregiudizi ai
          terzi;
                  4)  divieto  anche temporaneo di contrattare con la
          pubblica amministrazione;
                  5)    esclusione    temporanea   da   agevolazioni,
          finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di
          quelli gia' concessi;
                  6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e
          servizi;
                  7) pubblicazione della sentenza;
                m) prevedere  che  le  sanzioni amministrative di cui
          alle  lettere g), i)  e l) si applicano soltanto nei casi e
          per  i  tempi  espressamente  considerati e in relazione ai
          reati   di   cui   alle   lettere a), b) c)  e d)  commessi
          successivamente  alla data di entrata in vigore del decreto
          legislativo previsto dal presente articolo;
                n) prevedere    che    la   sanzione   amministrativa
          pecuniaria  di cui alla lettera g) e' diminuita da un terzo
          alla  meta'  ed  escludere  l'applicabilita'  di una o piu'
          delle  sanzioni  di  cui  alla  lettera l)  in  conseguenza
          dell'adozione  da  parte dei soggetti di cui all'alinea del
          presente   comma di   comportamenti  idonei  ad  assicurare
          un'efficace    riparazione    o   reintegrazione   rispetto
          all'offesa realizzata;
                o) prevedere  che  le sanzioni di cui alla lettera l)
          sono  applicabili  anche  in  sede  cautelare, con adeguata
          tipizzazione dei requisiti richiesti;
                p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e
          dei  divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l),
          la  pena  della  reclusione  da  sei  mesi  a  tre anni nei
          confronti   della   persona   fisica   responsabile   della
          violazione,   e   prevedere  inoltre  l'applicazione  delle
          sanzioni  di  cui  alle  lettere g)  e i)  e, nei casi piu'
          gravi,  l'applicazione  di una o piu' delle sanzioni di cui
          alla  lettera l)  diverse  da  quelle  gia'  irrogate,  nei
          confronti  dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale
          e'  stata commessa la violazione; prevedere altresi' che le
          disposizioni  di  cui  alla  presente  lettera si applicano
          anche   nell'ipotesi   in  cui  le  sanzioni  di  cui  alla
          lettera l)  sono state applicate in sede cautelare ai sensi
          della lettera o);
                q) prevedere  che le sanzioni amministrative a carico
          degli   enti   sono  applicate  dal  giudice  competente  a
          conoscere   del   reato   e  che  per  il  procedimento  di
          accertamento  della responsabilita' si applicano, in quanto
          compatibili,   le  disposizioni  del  codice  di  procedura
          penale,  assicurando  l'effettiva  partecipazione  e difesa
          degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
                r) prevedere  che  le  sanzioni amministrative di cui
          alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni
          dalla     consumazione    dei    reati    indicati    nelle
          lettere a), b) c)   e d)   e   che   l'interruzione   della
          prescrizione e' regolata dalle norme del codice civile;
                s) prevedere  l'istituzione,  senza  nuovi o maggiori
          oneri  a  carico  del  bilancio dello Stato, di un'Anagrafe
          nazionale   delle   sanzioni  amministrative  irrogate  nei
          confronti  dei  soggetti  di  cui  all'alinea  del presente
          comma;
                t) prevedere,   salvo  che  gli  stessi  siano  stati
          consenzienti  ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o
          di   fatto,   funzioni  di  gestione,  di  controllo  o  di
          amministrazione,    che    sia    assicurato   il   diritto
          dell'azionista,  del  socio o dell'associato ai soggetti di
          cui  all'alinea del presente comma, nei confronti dei quali
          sia   accertata   la   responsabilita'  amministrativa  con
          riferimento  a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di
          recedere  dalla  societa'  o dall'associazione o dall'ente,
          con  particolari  modalita'  di  liquidazione  della  quota
          posseduta,  ferma  restando l'azione di risarcimento di cui
          alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con
          cui  tale diritto puo' essere esercitato e prevedere che la
          liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al
          momento    del    recesso   determinato   a   norma   degli
          articoli 2289,  secondo  comma,  e  2437 del codice civile;
          prevedere  altresi'  che  la liquidazione della quota possa
          aver  luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti,
          e  prevedere  che in tal caso il recedente, ove non ricorra
          l'ipotesi  prevista  dalla  lettera l),  numero  3),  debba
          richiedere  al  Presidente del tribunale del luogo in cui i
          soggetti  hanno  la  sede  legale  la nomina di un curatore
          speciale   cui   devono  essere  delegati  tutti  i  poteri
          gestionali  comunque inerenti alle attivita' necessarie per
          la liquidazione della quota, compresa la capacita' di stare
          in  giudizio;  agli oneri per la finanza pubblica derivanti
          dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante
          gli   ordinari   stanziamenti   di  bilancio  per  liti  ed
          arbitraggi previsti nello stato di previsione del Ministero
          della giustizia;
                u) prevedere  che l'azione sociale di responsabilita'
          nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche
          e   delle   societa',   di   cui  sia  stata  accertata  la
          responsabilita'  amministrativa  con  riferimento  a quanto
          previsto   nelle   lettere   da a)   a q),  sia  deliberata
          dall'assemblea  con  voto favorevole di almeno un ventesimo
          del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a
          lire  cinquecento  milioni  e  di almeno di un quarantesimo
          negli  altri casi; disciplinare coerentemente le ipotesi di
          rinuncia   o   di   transazione   dell'azione   sociale  di
          responsabilita';
                v) prevedere   che  il  riconoscimento  del  danno  a
          seguito  dell'azione  di  risarcimento spettante al singolo
          socio  o  al  terzo  nei confronti degli amministratori dei
          soggetti  di  cui all'alinea del presente comma, di cui sia
          stata   accertata  la  responsabilita'  amministrativa  con
          riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non
          sia  vincolato  dalla  dimostrazione  della  sussistenza di
          nesso di causalita' diretto tra il fatto che ha determinato
          l'accertamento  della  responsabilita'  del  soggetto ed il
          danno  subito;  prevedere che la disposizione non operi nel
          caso in cui il reato e' stato commesso da chi e' sottoposto
          alla  direzione  o alla vigilanza di chi svolge funzioni di
          rappresentanza  o di amministrazione o di direzione, ovvero
          esercita,   anche   di  fatto,  poteri  di  gestione  e  di
          controllo,  quando  la  commissione del reato e' stata resa
          possibile  dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali
          funzioni;
                z) prevedere   che   le   disposizioni  di  cui  alla
          lettera v)  si applicano anche nell'ipotesi in cui l'azione
          di  risarcimento  del danno e' proposta contro l'azionista,
          il  socio  o  l'associato ai soggetti di cui all'alinea del
          presente  comma che  sia stato consenziente o abbia svolto,
          anche  indirettamente  o di fatto, funzioni di gestione, di
          controllo   o   di   amministrazione,   anteriormente  alla
          commissione  del  fatto  che  ha determinato l'accertamento
          della responsabilita' dell'ente.
              2.  Ai  fini  del  comma 1, per «persone giuridiche» si
          intendono  gli  enti  forniti  di  personalita'  giuridica,
          eccettuati   lo   Stato  e  gli  altri  enti  pubblici  che
          esercitano pubblici poteri.
              3.  Il  Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il
          decreto   legislativo  di  cui  al  comma 1,  le  norme  di
          coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato, nonche'
          le norme di carattere transitorio.».
              - Il  testo  del decreto legislativo 10 settembre 2003,
          n.  276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione
          e  mercato  del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
          n.  30),  e'  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre
          2003, n. 235, supplemento ordinario.
              - Il  testo  della  direttiva 2004/40/CE del Parlamento
          europeo   e   del  Consiglio,  del  29 aprile  2004,  sulle
          prescrizioni  minime  di  sicurezza  e  di  salute relative
          all'esposizione  dei  lavoratori  ai rischi derivanti dagli
          agenti   fisici   (campi   elettromagnetici)  (diciottesima
          direttiva  particolare  ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1,
          della  direttiva 89/391/CEE), e'. pubblicato nella G.U.U.E.
          30 aprile  2004,  n.  L 159. Entrata in vigore il 30 aprile
          2004.
              - Il  testo  del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
          187   (Rettifica   di   errori  materiali  contenuti  nella
          Del.Aut.en.el.    e   gas   4 agosto   2005,   n.   177/05.
          (Deliberazione  n.  187/05)),  e' pubblicata nella Gazzetta
          Ufficiale 23 settembre 2005, n. 222.
              - Attuazione    della    direttiva   2002/44/CE   sulle
          prescrizioni  minime  di  sicurezza  e  di  salute relative
          all'esposizione  dei  lavoratori  ai  rischi  derivanti  da
          vibrazioni   meccaniche),   e'  pubblicato  nella  Gazzetta
          Ufficiale 21 settembre 2005, n. 220.
              - Il  testo  della  direttiva 2006/25/CE del Parlamento
          europeo   e   del   Consiglio,  del  5 aprile  2006,  sulle
          prescrizioni  minime  di  sicurezza  e  di  salute relative
          all'esposizione  dei  lavoratori  ai rischi derivanti dagli
          agenti     fisici    (radiazioni    ottiche    artificiali)
          (diciannovesima  direttiva  particolare  ai sensi dell'art.
          16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), e' pubblicato
          nella  G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L 114. Entrata in vigore
          il 27 aprile 2006.
              - Il   testo   della   legge  6 febbraio  2007,  n.  13
          (Disposizioni   per  l'adempimento  di  obblighi  derivanti
          dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -
          legge  comunitaria  2006),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
          Ufficiale 17 febbraio 2007, n. 40, supplemento ordinario.
              - Il testo del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
          257    (Attuazione   della   direttiva   2004/40/CE   sulle
          prescrizioni  minime  di  sicurezza  e  di  salute relative
          all'esposizione  dei  lavoratori  ai rischi derivanti dagli
          agenti  fisici  (campi  elettromagnetici)),  e'  pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 2008, n. 9.
          Note all'art. 1:
              - Il  testo  dell'art.  1 della citata legge n. 123 del
          2007, e' il seguente:
              «Art.  1  (Delega  al  Governo  per  il  riassetto e la
          riforma della normativa in materia di tutela della salute e
          della sicurezza sul lavoro). - 1. Il Governo e' delegato ad
          adottare,  entro  nove mesi dalla data di entrata in vigore
          della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
          riassetto  e  la  riforma  delle  disposizioni  vigenti  in
          materia  di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
          lavoro,  in  conformita'  all'art. 117 della Costituzione e
          agli  statuti  delle  Regioni  a  statuto  speciale e delle
          province  autonome  di Trento e di Bolzano, e alle relative
          norme  di  attuazione,  e  garantendo  l'uniformita'  della
          tutela  dei  lavoratori sul territorio nazionale attraverso
          il   rispetto  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
          concernenti  i diritti civili e sociali, anche con riguardo
          alle   differenze   di   genere  e  alla  condizione  delle
          lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
              2.   I   decreti  di  cui  al  comma 1  sono  adottati,
          realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni
          vigenti,  nel  rispetto  dei  seguenti  principi  e criteri
          direttivi generali:
                a) riordino   e   coordinamento   delle  disposizioni
          vigenti,  nel  rispetto delle normative comunitarie e delle
          convenzioni  internazionali  in  materia, in ottemperanza a
          quanto disposto dall'art. 117 della Costituzione;
                b) applicazione  della normativa in materia di salute
          e  sicurezza  sul lavoro a tutti i settori di attivita' e a
          tutte  le  tipologie  di rischio, anche tenendo conto delle
          peculiarita' o della particolare pericolosita' degli stessi
          e della specificita' di settori ed ambiti lavorativi, quali
          quelli  presenti  nella pubblica amministrazione, come gia'
          indicati  nell'art.  1,  comma 2,  e  nell'art. 2, comma 1,
          lettera b),   secondo   periodo,  del  decreto  legislativo
          19 settembre  1994, n. 626, e successive modificazioni, nel
          rispetto   delle   competenze   in   materia  di  sicurezza
          antincendio  come  definite dal decreto legislativo 8 marzo
          2006,  n.  139,  e  del  regolamento  (CE) n. 1907/2006 del
          Parlamento  europeo  e del Consiglio, del 18 dicembre 2006,
          nonche'  assicurando  il coordinamento, ove necessario, con
          la normativa in materia ambientale;
                c) applicazione  della normativa in materia di tutela
          della  salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e
          lavoratrici, autonomi e subordinati, nonche' ai soggetti ad
          essi equiparati prevedendo:
                  1)  misure  di  particolare  tutela per determinate
          categorie  di  lavoratori  e  lavoratrici  e per specifiche
          tipologie di lavoro o settori di attivita';
                  2)  adeguate  e  specifiche  misure di tutela per i
          lavoratori  autonomi,  in  relazione ai rischi propri delle
          attivita' svolte e secondo i principi della raccomandazione
          2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;
                d) semplificazione    degli   adempimenti   meramente
          formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei
          luoghi di lavoro, nel pieno rispetto dei livelli di tutela,
          con  particolare  riguardo  alle  piccole,  medie  e  micro
          imprese; previsione di forme di unificazione documentale;
                e) riordino  della  normativa in materia di macchine,
          impianti,  attrezzature  di  lavoro,  opere provvisionali e
          dispositivi  di  protezione individuale, al fine di operare
          il  necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e
          quelle  di utilizzo concernenti la tutela della salute e la
          sicurezza   sul  lavoro  e  di  razionalizzare  il  sistema
          pubblico di controllo;
                f) riformulazione  e  razionalizzazione dell'apparato
          sanzionatorio,  amministrativo  e penale, per la violazione
          delle  norme  vigenti e per le infrazioni alle disposizioni
          contenute  nei  decreti  legislativi  emanati in attuazione
          della presente legge, tenendo conto della responsabilita' e
          delle  funzioni  svolte  da ciascun soggetto obbligato, con
          riguardo  in particolare alla responsabilita' del preposto,
          nonche'   della   natura   sostanziale   o   formale  della
          violazione, attraverso:
                  1)  la  modulazione  delle sanzioni in funzione del
          rischio  e  l'utilizzazione di strumenti che favoriscano la
          regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei
          soggetti   destinatari  dei  provvedimenti  amministrativi,
          confermando   e   valorizzando   il   sistema  del  decreto
          legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;
                  2)    determinazione    delle    sanzioni    penali
          dell'arresto  e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui
          le  infrazioni  ledano interessi generali dell'ordinamento,
          individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34
          e  35  della  legge  24 novembre 1981, n. 689, e successive
          modificazioni,   da   comminare  in  via  esclusiva  ovvero
          alternativa,  con previsione della pena dell'ammenda fino a
          euro  ventimila  per  le  infrazioni  formali,  della  pena
          dell'arresto   fino   a  tre  anni  per  le  infrazioni  di
          particolare  gravita',  della  pena dell'arresto fino a tre
          anni  ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri
          casi;
                  3)   previsione   della   sanzione   amministrativa
          consistente  nel  pagamento  di una somma di denaro fino ad
          euro  centomila  per  le infrazioni non punite con sanzione
          penale;
                  4)  la  graduazione  delle  misure  interdittive in
          dipendenza  della  particolare  gravita' delle disposizioni
          violate;
                  5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed
          associazioni dei familiari delle vittime della possibilita'
          di  esercitare,  ai  sensi  e  per  gli effetti di cui agli
          articoli 91  e 92 del codice di procedura penale, i diritti
          e   le   facolta'   attribuiti  alla  persona  offesa,  con
          riferimento  ai  reati  commessi con violazione delle norme
          per  la  prevenzione  degli infortuni sul lavoro o relative
          all'igiene   del  lavoro  o  che  abbiano  determinato  una
          malattia professionale;
                  6)  previsione  della  destinazione  degli introiti
          delle   sanzioni  pecuniarie  per  interventi  mirati  alla
          prevenzione,  a  campagne  di informazione e alle attivita'
          dei  dipartimenti  di  prevenzione  delle aziende sanitarie
          locali;
                g) revisione   dei  requisiti,  delle  tutele,  delle
          attribuzioni  e  delle funzioni dei soggetti del sistema di
          prevenzione aziendale, compreso il medico competente, anche
          attraverso   idonei  percorsi  formativi,  con  particolare
          riferimento  al  rafforzamento del ruolo del rappresentante
          dei  lavoratori per la sicurezza territoriale; introduzione
          della  figura  del  rappresentante  dei  lavoratori  per la
          sicurezza di sito produttivo;
                h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli
          organismi  paritetici,  anche quali strumento di aiuto alle
          imprese   nell'individuazione   di   soluzioni  tecniche  e
          organizzative  dirette  a  garantire e migliorare la tutela
          della salute e sicurezza sul lavoro;
                i) realizzazione  di  un  coordinamento  su  tutto il
          territorio  nazionale  delle attivita' e delle politiche in
          materia  di  salute  e  sicurezza  sul  lavoro, finalizzato
          all'emanazione   di  indirizzi  generali  uniformi  e  alla
          promozione   dello  scambio  di  informazioni  anche  sulle
          disposizioni   italiane   e   comunitarie   in   corso   di
          approvazione,  nonche'  ridefinizione  dei  compiti e della
          composizione,  da  prevedere  su base tripartita e di norma
          paritetica  e nel rispetto delle competenze delle regioni e
          delle   province   autonome   di  cui  all'art.  117  della
          Costituzione,  della  commissione consultiva permanente per
          la  prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro e dei
          comitati regionali di coordinamento;
                l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo,
          di accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonche', su
          base  volontaria,  dei  codici di condotta ed etici e delle
          buone  prassi  che  orientino i comportamenti dei datori di
          lavoro,  anche  secondo  i  principi  della responsabilita'
          sociale,  dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati,
          ai  fini  del  miglioramento dei livelli di tutela definiti
          legislativamente;
                m) previsione  di  un sistema di qualificazione delle
          imprese  e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica
          esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia
          di  tutela  della  salute e sicurezza sul lavoro, acquisite
          attraverso percorsi formativi mirati;
                n) definizione  di  un  assetto istituzionale fondato
          sull'organizzazione   e  circolazione  delle  informazioni,
          delle  linee  guida e delle buone pratiche utili a favorire
          la  promozione  e  la  tutela  della salute e sicurezza sul
          lavoro,  anche  attraverso il sistema informativo nazionale
          per  la  prevenzione nei luoghi di lavoro, che valorizzi le
          competenze  esistenti  ed  elimini  ogni  sovrapposizione o
          duplicazione di interventi;
                o) previsione   della   partecipazione   delle  parti
          sociali  al  sistema  informativo, costituito da Ministeri,
          regioni   e   province  autonome,  Istituto  nazionale  per
          l'assicurazione  contro  gli  infortuni sul lavoro (INAIL),
          Istituto  di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e
          Istituto  superiore  per  la prevenzione e la sicurezza del
          lavoro  (ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale
          dell'economia  e  del  lavoro  (CNEL),  e del concorso allo
          sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e
          delle  associazioni e degli istituti di settore a carattere
          scientifico,  ivi  compresi  quelli  che  si occupano della
          salute delle donne;
                p) promozione   della   cultura  e  delle  azioni  di
          prevenzione attraverso:
                  1) la realizzazione di un sistema di governo per la
          definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di
          progetti   formativi,   con  particolare  riferimento  alle
          piccole,  medie  e  micro  imprese,  da  indirizzare, anche
          attraverso il sistema della bilateralita', nei confronti di
          tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale;
                  2)  il  finanziamento degli investimenti in materia
          di  salute  e  sicurezza  sul lavoro delle piccole, medie e
          micro  imprese,  i  cui  oneri  siano sostenuti dall'INAIL,
          nell'ambito   e   nei   limiti  delle  spese  istituzionali
          dell'Istituto. Per tali finanziamenti deve essere garantita
          la semplicita' delle procedure;
                  3)  la  promozione  e la divulgazione della cultura
          della  salute  e  della  sicurezza  sul  lavoro all'interno
          dell'attivita'  scolastica  ed universitaria e nei percorsi
          di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in
          considerazione dei relativi principi di autonomia didattica
          e finanziaria;
                q) razionalizzazione  e coordinamento delle strutture
          centrali  e  territoriali  di  vigilanza  nel  rispetto dei
          principi   di  cui  all'art.  19  del  decreto  legislativo
          19 dicembre  1994,  n.  758,  e  dell'art. 23, comma 4, del
          decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
          modificazioni,   al  fine  di  rendere  piu'  efficaci  gli
          interventi  di  pianificazione,  programmazione, promozione
          della   salute,   vigilanza,  nel  rispetto  dei  risultati
          verificati,  per  evitare  sovrapposizioni,  duplicazioni e
          carenze  negli  interventi  e  valorizzando  le  specifiche
          competenze,    anche    riordinando    il   sistema   delle
          amministrazioni  e  degli  enti  statali  aventi compiti di
          prevenzione, formazione e controllo in materia e prevedendo
          criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento;
                r) esclusione  di  qualsiasi onere finanziario per il
          lavoratore e la lavoratrice subordinati e per i soggetti ad
          essi  equiparati  in  relazione  all'adozione  delle misure
          relative  alla  sicurezza  e  alla  salute dei lavoratori e
          delle lavoratrici;
                s) revisione  della  normativa  in materia di appalti
          prevedendo misure dirette a:
                  1)  migliorare  l'efficacia  della  responsabilita'
          solidale  tra  appaltante ed appaltatore e il coordinamento
          degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare
          riferimento  ai  subappalti, anche attraverso l'adozione di
          meccanismi   che   consentano   di   valutare   l'idoneita'
          tecnico-professionale  delle  imprese  pubbliche e private,
          considerando il rispetto delle norme relative alla salute e
          sicurezza   dei  lavoratori  nei  luoghi  di  lavoro  quale
          elemento   vincolante   per  la  partecipazione  alle  gare
          relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso
          ad  agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della
          finanza pubblica;
                  2)  modificare  il  sistema  di  assegnazione degli
          appalti  pubblici  al massimo ribasso, al fine di garantire
          che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello
          di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
                  3)   modificare   la   disciplina  del  codice  dei
          contratti  pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
          di  cui  al  decreto  legislativo  12 aprile  2006, n. 163,
          prevedendo  che  i  costi  relativi  alla sicurezza debbano
          essere   specificamente   indicati  nei  bandi  di  gara  e
          risultare    congrui    rispetto    all'entita'    e   alle
          caratteristiche  dei  lavori, dei servizi o delle forniture
          oggetto di appalto;
                t) rivisitazione  delle modalita' di attuazione della
          sorveglianza   sanitaria,   adeguandola   alle   differenti
          modalita'  organizzative del lavoro, ai particolari tipi di
          lavorazioni  ed  esposizioni,  nonche'  ai  criteri ed alle
          linee   guida   scientifici   piu'   avanzati,   anche  con
          riferimento  al  prevedibile  momento  di  insorgenza della
          malattia;
                u) rafforzare   e   garantire   le   tutele  previste
          dall'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
                v) introduzione   dello   strumento   dell'interpello
          previsto  dall'art.  9  del  decreto  legislativo 23 aprile
          2004,  n.  124, e successive modificazioni, relativamente a
          quesiti   di   ordine   generale   sull'applicazione  della
          normativa  sulla  salute  e sicurezza nei luoghi di lavoro,
          individuando  il  soggetto  titolare  competente  a fornire
          tempestivamente la risposta.
              3.  I  decreti  di cui al presente articolo non possono
          disporre  un  abbassamento  dei  livelli  di protezione, di
          sicurezza  e  di tutela o una riduzione dei diritti e delle
          prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
              4.  I decreti di cui al presente articoli sono adottati
          nel rispetto della procedura di cui all'art. 14 della legge
          23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri del lavoro
          e   della   previdenza   sociale,   della   salute,   delle
          infrastrutture,   limitatamente  a  quanto  previsto  dalla
          lettera s)   del   comma 2,   dello   sviluppo   economico,
          limitatamente   a  quanto  previsto  dalla  lettera e)  del
          comma 2,  di  concerto  con  il  Ministro  per le politiche
          europee,   il   Ministro   della   giustizia,  il  Ministro
          dell'economia   e   delle   finanze  e  il  Ministro  della
          solidarieta' sociale, limitatamente a quanto previsto dalla
          lettera l)   del   comma 2,   nonche'  gli  altri  Ministri
          competenti   per   materia,   acquisito   il  parere  della
          Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le
          Regioni  e  le  Province  autonome di Trento e di Bolzano e
          sentite    le    organizzazioni    sindacali   maggiormente
          rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
              5.  Gli  schemi  dei  decreti legislativi, a seguito di
          deliberazione  preliminare del Consiglio dei Ministri, sono
          trasmessi  alla  Camera  dei  deputati  ed  al Senato della
          Repubblica   perche'  su  di  essi  siano  espressi,  entro
          quaranta  giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle
          Commissioni   competenti   per  materia  e  per  i  profili
          finanziari.  Decorso  tale  termine  i decreti sono emanati
          anche  in  mancanza  dei  pareri.  Qualora  il  termine per
          l'espressione  dei  pareri  parlamentari di cui al presente
          comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
          termini  previsti  ai commi 1 e 6 o successivamente, questi
          ultimi sono prorogati di tre mesi.
              6.  Entro  dodici  mesi dalla data di entrata in vigore
          dei  decreti di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
          criteri direttivi fissati dal presente articolo, il Governo
          puo'  adottare, attraverso la procedura di cui ai commi 4 e
          5,   disposizioni  integrative  e  correttive  dei  decreti
          medesimi.
              7.  Dall'attuazione  dei  criteri  di delega recati dal
          presente  articolo,  con  esclusione  di  quelli  di cui al
          comma 2,  lettera p),  numeri  1) e 2), non devono derivare
          nuovi  o  maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A
          tale  fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della
          presente  delega  le  amministrazioni competenti provvedono
          attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse,
          umane,  strumentali  ed economiche, allo stato in dotazione
          alle medesime amministrazioni.
              7-bis.  Per l'attuazione del principio di delega di cui
          al  comma 2, lettera p), e' previsto uno stanziamento di 50
          milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2008.».
              - Per  il  testo  dell'art.  117 della Costituzione, si
          veda nota alle premesse.
              - Il   testo   dell'art.   16,   comma 3,  della  legge
          4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione
          dell'Italia  al  processo  normativo  dell'Unione europea e
          sulle  procedure  di esecuzione degli obblighi comunitari),
          e' il seguente:
              «Art.  16  (Attuazione  delle  direttive comunitarie da
          parte  delle  regioni  e  delle province autonome). - 1.-2.
          (Omissis).
              3.  Ai  fini  di  cui all'art. 117, quinto comma, della
          Costituzione,  le  disposizioni  legislative adottate dallo
          Stato  per  l'adempimento  degli obblighi comunitari, nelle
          materie  di  competenza  legislativa  delle regioni e delle
          province  autonome,  si  applicano,  per  le  regioni  e le
          province  autonome,  alle condizioni e secondo la procedura
          di cui all'art. 11, comma 8, secondo periodo.».
              - Il  testo  del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
          196  (Codice  in materia di protezione dei dati personali),
          e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 29 luglio 2003, n.
          174, supplemento ordinario.

        
      
          
Titolo I

PRINCIPI COMUNI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                               Art. 2.
                             Definizioni

  1.  Ai  fini  ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente
decreto legislativo si intende per:
    a) «lavoratore»:  persona  che, indipendentemente dalla tipologia
contrattuale,     svolge    un'attivita'    lavorativa    nell'ambito
dell'organizzazione  di un datore di lavoro pubblico o privato, con o
senza  retribuzione,  anche  al  solo fine di apprendere un mestiere,
un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e
familiari.  Al  lavoratore  cosi'  definito  e'  equiparato: il socio
lavoratore  di  cooperativa o di societa', anche di fatto, che presta
la  sua  attivita'  per  conto  delle  societa'  e  dell'ente stesso;
l'associato  in  partecipazione  di cui all'articolo 2549, e seguenti
del  codice  civile;  il  soggetto  beneficiario  delle iniziative di
tirocini  formativi  e  di  orientamento di cui all'articolo 18 della
legge  24 giugno  1997,  n.  196,  e di cui a specifiche disposizioni
delle  leggi  regionali  promosse  al  fine  di realizzare momenti di
alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali
mediante  la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli
istituti  di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di
formazione  professionale  nei  quali  si  faccia  uso di laboratori,
attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici,
ivi   comprese   le   apparecchiature   fornite   di   videoterminali
limitatamente   ai   periodi  in  cui  l'allievo  sia  effettivamente
applicato  alla  strumentazioni  o  ai  laboratori  in  questione; il
volontario,  come  definito  dalla  legge  1° agosto  1991, n. 266; i
volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione
civile;  il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore
di  cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive
modificazioni;
    b) «datore  di  lavoro»:  il  soggetto  titolare  del rapporto di
lavoro  con  il  lavoratore  o, comunque, il soggetto che, secondo il
tipo  e  l'assetto  dell'organizzazione  nel cui ambito il lavoratore
presta     la    propria    attivita',    ha    la    responsabilita'
dell'organizzazione   stessa   o  dell'unita'  produttiva  in  quanto
esercita   i   poteri   decisionali   e  di  spesa.  Nelle  pubbliche
amministrazioni   di   cui   all'articolo 1,   comma 2,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il
dirigente   al  quale  spettano  i  poteri  di  gestione,  ovvero  il
funzionario  non  avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo  sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,
individuato  dall'organo  di  vertice  delle  singole amministrazioni
tenendo  conto  dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici
nei  quali  viene  svolta  l'attivita',  e  dotato di autonomi poteri
decisionali  e  di  spesa.  In  caso  di  omessa individuazione, o di
individuazione  non  conforme ai criteri sopra indicati, il datore di
lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
    c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore
di lavoro pubblico o privato;
    d) «dirigente»:   persona   che,   in  ragione  delle  competenze
professionali  e  di  poteri  gerarchici  e  funzionali adeguati alla
natura  dell'incarico  conferitogli, attua le direttive del datore di
lavoro organizzando l'attivita' lavorativa e vigilando su di essa;
    e) «preposto»:   persona   che,   in   ragione  delle  competenze
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati
alla  natura  dell'incarico  conferitogli, sovrintende alla attivita'
lavorativa   e  garantisce  l'attuazione  delle  direttive  ricevute,
controllandone  la  corretta  esecuzione  da  parte dei lavoratori ed
esercitando un funzionale potere di iniziativa;
    f) «responsabile  del  servizio  di  prevenzione  e  protezione»:
persona  in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di
cui  all'articolo 32  designata dal datore di lavoro, a cui risponde,
per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
    g) «addetto  al servizio di prevenzione e protezione»: persona in
possesso  delle  capacita'  e  dei  requisiti  professionali  di  cui
all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
    h) «medico  competente»:  medico  in possesso di uno dei titoli e
dei  requisiti  formativi e professionali di cui all'articolo 38, che
collabora,  secondo  quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il
datore  di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e' nominato
dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli
altri compiti di cui al presente decreto;
    i) «rappresentante  dei  lavoratori  per  la  sicurezza»: persona
eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne
gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
    l) «servizio  di  prevenzione  e  protezione dai rischi»: insieme
delle   persone,  sistemi  e  mezzi  esterni  o  interni  all'azienda
finalizzati  all'attivita'  di  prevenzione  e  protezione dai rischi
professionali per i lavoratori;
    m) «sorveglianza   sanitaria»:   insieme   degli   atti   medici,
finalizzati  alla  tutela  dello  stato  di  salute  e  sicurezza dei
lavoratori,  in  relazione  all'ambiente  di  lavoro,  ai  fattori di
rischio  professionali e alle modalita' di svolgimento dell'attivita'
lavorativa;
    n) «prevenzione»:   il  complesso  delle  disposizioni  o  misure
necessarie anche secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e
la  tecnica,  per  evitare  o  diminuire  i  rischi professionali nel
rispetto   della   salute   della   popolazione   e   dell'integrita'
dell'ambiente esterno;
    o) «salute»:  stato  di  completo  benessere  fisico,  mentale  e
sociale,   non   consistente   solo   in  un'assenza  di  malattia  o
d'infermita';
    p) «sistema  di  promozione  della salute e sicurezza»: complesso
dei  soggetti  istituzionali  che  concorrono,  con la partecipazione
delle  parti  sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento
finalizzati  a  migliorare  le  condizioni  di salute e sicurezza dei
lavoratori;
    q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di
tutti  i  rischi  per  la  salute e sicurezza dei lavoratori presenti
nell'ambito  dell'organizzazione  in  cui  essi  prestano  la propria
attivita',   finalizzata   ad   individuare  le  adeguate  misure  di
prevenzione  e di protezione e ad elaborare il programma delle misure
atte  a  garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e
sicurezza;
    r) «pericolo»: proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato
fattore avente il potenziale di causare danni;
    s) «rischio»:   probabilita'   di   raggiungimento   del  livello
potenziale  di  danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad
un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
    t) «unita' produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla
produzione  di  beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia
finanziaria e tecnico funzionale;
    u) «norma  tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da
un'organizzazione  internazionale,  da  un  organismo europeo o da un
organismo  nazionale  di  normalizzazione,  la cui osservanza non sia
obbligatoria;
    v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti
con  la  normativa  vigente e con le norme di buona tecnica, adottate
volontariamente  e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui
luoghi   di   lavoro   attraverso   la  riduzione  dei  rischi  e  il
miglioramento  delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle
regioni,  dall'Istituto  superiore  per la prevenzione e la sicurezza
del  lavoro  (ISPESL),  dall'Istituto  nazionale  per l'assicurazione
contro  gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici
di   cui   all'articolo 51,  validate  dalla  Commissione  consultiva
permanente   di   cui   all'articolo 6,  previa  istruttoria  tecnica
dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la piu' ampia diffusione;
    z) «linee   guida»:   atti   di  indirizzo  e  coordinamento  per
l'applicazione  della  normativa  in  materia  di  salute e sicurezza
predisposti  dai Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e
approvati  in  sede  di  Conferenza  permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    aa)   «formazione»:   processo   educativo  attraverso  il  quale
trasferire  ai  lavoratori  ed  agli  altri  soggetti  del sistema di
prevenzione  e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla
acquisizione  di  competenze  per  lo  svolgimento  in  sicurezza dei
rispettivi  compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione
e alla gestione dei rischi;
    bb)  «informazione»:  complesso delle attivita' dirette a fornire
conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione
dei rischi in ambiente di lavoro;
    cc)  «addestramento»:  complesso  delle  attivita' dirette a fare
apprendere  ai  lavoratori  l'uso corretto di attrezzature, macchine,
impianti,  sostanze,  dispositivi, anche di protezione individuale, e
le procedure di lavoro;
    dd)   «modello   di   organizzazione   e  di  gestione»:  modello
organizzativo  e  gestionale per la definizione e l'attuazione di una
politica   aziendale   per   la   salute   e   sicurezza,   ai  sensi
dell'articolo 6,   comma 1,   lettera a),   del  decreto  legislativo
8 giugno  2001,  n.  231,  idoneo  a  prevenire  i  reati di cui agli
articoli 589  e  590,  terzo  comma,  del codice penale, commessi con
violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute
sul lavoro;
    ee)  «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di
una  o  piu'  associazioni  dei  datori  e  dei  prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, quali sedi
privilegiate   per:   la  programmazione  di  attivita'  formative  e
l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;
lo  sviluppo  di  azioni  inerenti  alla  salute e alla sicurezza sul
lavoro;  l'assistenza  alle  imprese finalizzata all'attuazione degli
adempimenti  in  materia;  ogni  altra attivita' o funzione assegnata
loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;
    ff)   «responsabilita'   sociale   delle  imprese»:  integrazione
volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e
organizzazioni  nelle  loro attivita' commerciali e nei loro rapporti
con le parti interessate.

        
                    Note all'art. 2:
              -  Il  testo  dell'art.  2549  del codice civile, e' il
          seguente:
              «Art.   2549   (Nozione).   -   Con   il  contratto  di
          associazione  in  partecipazione  l'associante  attribuisce
          all'associato  una  partecipazione  agli  utili  della  sua
          impresa o di uno o piu' affari verso il corrispettivo di un
          determinato apporto».
              -  Il testo dell'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n.
          196  (Norme  in materia di promozione dell'occupazione), e'
          il seguente:
              «Art.  18  (Tirocini  formativi  e  di orientamento). -
          1. Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
          lavoro  e  di agevolare le scelte professionali mediante la
          conoscenza   diretta   del  mondo  del  lavoro,  attraverso
          iniziative  di  tirocini  pratici  e  stages  a  favore  di
          soggetti  che  hanno  gia'  assolto l'obbligo scolastico ai
          sensi  della  legge  31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto
          del  Ministro  del  lavoro  e  della previdenza sociale, di
          concerto   con   il  Ministro  della  pubblica  istruzione,
          dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica,
          da  adottarsi  ai  sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto
          1988,  n.  400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di
          entrata  in  vigore  della presente legge, disposizioni nel
          rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
                a) possibilita'  di  promozione delle iniziative, nei
          limiti   delle   risorse  rese  disponibili  dalla  vigente
          legislazione,  anche  su  proposta  degli enti bilaterali e
          delle  associazioni  sindacali  dei  datori di lavoro e dei
          lavoratori,   da   parte   di   soggetti   pubblici   o   a
          partecipazione  pubblica  e  di soggetti privati non aventi
          scopo  di  lucro,  in  possesso  degli  specifici requisiti
          preventivamente  determinati in funzione di idonee garanzie
          all'espletamento    delle    iniziative   medesime   e   in
          particolare:  agenzie  regionali  per  l'impiego  e  uffici
          periferici  del  Ministero  del  lavoro  e della previdenza
          sociale;    universita';    provveditorati    agli   studi;
          istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di
          studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o
          orientamento,  ovvero  a partecipazione pubblica o operanti
          in  regime  di convenzione ai sensi dell'art. 5 della legge
          21 dicembre  1978,  n.  845;  comunita'  terapeutiche  enti
          ausiliari  e  cooperative  sociali,  purche' iscritti negli
          specifici   albi   regionali,  ove  esistenti;  servizi  di
          inserimento   lavorativo   per  disabili  gestiti  da  enti
          pubblici delegati dalla regione;
                b) attuazione   delle   iniziative   nell'ambito   di
          progetti di orientamento e di formazione, con priorita' per
          quelli  definiti  all'interno di programmi operativi quadro
          predisposti   dalle   regioni,  sentite  le  organizzazioni
          sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
                c) svolgimento  dei  tirocini  sulla base di apposite
          convenzioni   intervenute   tra  i  soggetti  di  cui  alla
          lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
                d) previsione   della   durata   dei   rapporti   non
          costituenti  rapporti  di lavoro, in misura non superiore a
          dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti
          portatori  di  handicap,  da  modulare  in  funzione  della
          specificita' dei diversi tipi di utenti;
                e) obbligo   da   parte  dei  soggetti  promotori  di
          assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con
          l'Istituto   nazionale   per   l'assicurazione  contro  gli
          infortuni  sul  lavoro  (INAIL)  e  per  la responsabilita'
          civile  e  di  garantire  la  presenza  di  un  tutore come
          responsabile  didattico-organizzativo  delle attivita'; nel
          caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali
          per  l'impiego  e  gli  uffici periferici del Ministero del
          lavoro  e  della  previdenza  sociale,  il datore di lavoro
          ospitante   puo'  stipulare  la  predetta  convenzione  con
          l'INAIL direttamente e a proprio carico;
                f) attribuzione  del valore di crediti formativi alle
          attivita'  svolte nel corso degli stages e delle iniziative
          di  tirocinio  pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove
          debitamente certificati, per l'accensione di un rapporto di
          lavoro;
                g) possibilita'  di  ammissione,  secondo modalita' e
          criteri  stabiliti  con  decreto  del Ministro del lavoro e
          della  previdenza  sociale,  e  nei  limiti  delle  risorse
          finanziarie preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di
          cui  all'art.  1  del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
          convertito,  con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
          n.   236,   al  rimborso  totale  o  parziale  degli  oneri
          finanziari connessi all'attuazione di progetti di tirocinio
          di  cui  al  presente  articoli a  favore  dei  giovani del
          Mezzogiorno  presso  imprese  di  regioni diverse da quelle
          operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui
          i  progetti  lo  prevedano,  gli  oneri relativi alla spesa
          sostenuta  dall'impresa  per  il  vitto  e  l'alloggio  del
          tirocinante;
                h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
                i) computabilita'  dei soggetti portatori di handicap
          impiegati  nei  tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968,
          n.  482,  e  successive  modificazioni,  purche' gli stessi
          tirocini  siano  oggetto  di  convenzione  ai  sensi  degli
          articoli 5  e  17  della  legge  28 febbraio 1987, n. 56, e
          siano finalizzati all'occupazione.».
              - Il   testo   della   legge  1° agosto  1991,  n.  266
          (Legge-quadro   sul   volontariato),  e'  pubblicato  nella
          Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1991, n. 196.
              - Il testo del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
          468  (Revisione  della  disciplina  sui  lavori socialmente
          utili,  a norma dell'art. 22 della legge 24 giugno 1997, n.
          196),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 8 gennaio
          1998, n. 5.
              - Il   testo   dell'art.   1,   comma 2,   del  decreto
          legislativo   30 marzo   2001,   n.   165  (Norme  generali
          sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
          amministrazioni pubbliche), e' il seguente:
              «Art.  1  (Finalita'  ed  ambito  di  applicazione).  -
          1. (Omissis).
              2.  Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
          amministrazioni  dello  Stato,  ivi compresi gli istituti e
          scuole  di  ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
          le  aziende  ed  amministrazioni dello Stato ad ordinamento
          autonomo,  le  Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
          montane,  e  loro  consorzi  e associazioni, le istituzioni
          universitarie,  gli  Istituti  autonomi  case  popolari, le
          Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
          loro  associazioni,  tutti  gli enti pubblici non economici
          nazionali,  regionali  e  locali,  le  amministrazioni,  le
          aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,
          l'Agenzia  per  la rappresentanza negoziale delle pubbliche
          amministrazioni  (ARAN)  e  le  Agenzie  di  cui al decreto
          legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
              - Il testo dell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto
          legislativo   8 giugno   2001,  n.  231  (Disciplina  della
          responsabilita'  amministrativa  delle  persone giuridiche,
          delle   societa'   e  delle  associazioni  anche  prive  di
          personalita'  giuridica,  a  norma dell'art. 11 della legge
          29 settembre 2000, n. 300), e' il seguente:
              «Art.  6  (Soggetti  in  posizione apicale e modelli di
          organizzazione  dell'ente).  -  1.  Se  il  reato  e' stato
          commesso  dalle  persone  indicate  nell'art.  5,  comma 1,
          lettera a), l'ente non risponde se prova che:
                a) l'organo  dirigente  ha  adottato ed efficacemente
          attuato,  prima  della  commissione  del  fatto, modelli di
          organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
          specie di quello verificatosi;».
              - Il  testo  degli  articoli 589 e 590, terzo comma del
          codice penale, e' il seguente:
              «Art.  589  (Omicidio  colposo). - Chiunque cagiona per
          colpa  la  morte di una persona e' punito con la reclusione
          da sei mesi a cinque anni.
              Se  il  fatto  e'  commesso  con violazione delle norme
          sulla  disciplina  della  circolazione stradale o di quelle
          per  la  prevenzione  degli infortuni sul lavoro la pena e'
          della reclusione da due a cinque anni.
              Nel  caso  di morte di piu' persone, ovvero di morte di
          una  o  piu' persone e di lesioni di una o piu' persone, si
          applica  la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave
          delle  violazioni  commesse aumentata fino al triplo, ma la
          pena non puo' superare gli anni dodici.
          «Art. 590 (Lesioni personali colpose). - (Omissis).
              Se  i  fatti  di cui al secondo comma sono commessi con
          violazione  delle norme sulla disciplina della circolazione
          stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
          lavoro  la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
          tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
          la  pena  per  le lesioni gravissime e' della reclusione da
          uno a tre anni.».

        
      
          
Titolo I

PRINCIPI COMUNI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                               Art. 3.
                        Campo di applicazione

  1.  Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di
attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
  2.  Nei  riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento
dei  vigili  del  fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile,
dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture
giudiziarie,   penitenziarie,   di  quelle  destinate  per  finalita'
istituzionali  alle  attivita' degli organi con compiti in materia di
ordine  e  sicurezza  pubblica,  delle universita', degli istituti di
istruzione  universitaria,  delle  istituzioni  dell'alta  formazione
artistica  e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di
ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla
legge  1° agosto  1991,  n.  266,  e  dei  mezzi di trasporto aerei e
marittimi,  le  disposizioni  del  presente  decreto legislativo sono
applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse
al  servizio espletato o alle peculiarita' organizzative, individuate
entro  e  non  oltre  dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente   decreto   legislativo   con   decreti  emanati,  ai  sensi
dell'articolo 17,  comma 2,  della  legge 23 agosto 1988, n. 400, dai
Ministri  competenti  di  concerto  con i Ministri del lavoro e della
previdenza  sociale,  della  salute e per le riforme e le innovazioni
nella  pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali
comparativamente  piu'  rappresentative  sul piano nazionale nonche',
relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate,
compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza,
gli  organismi  a  livello  nazionale  rappresentativi  del personale
militare;  analogamente  si provvede per quanto riguarda gli archivi,
le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari
vincoli  di  tutela  dei  beni  artistici  storici e culturali. Con i
successivi  decreti,  da  emanare  entro  dodici  mesi  dalla data di
entrata  in  vigore  del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri
competenti,  di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale   e  della  salute,  acquisito  il  parere  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome   di   Trento  e  di  Bolzano,  si  provvede  a  dettare  le
disposizioni   necessarie   a  consentire  il  coordinamento  con  la
disciplina  recata dal presente decreto della normativa relativa alle
attivita'   lavorative   a  bordo  delle  navi,  di  cui  al  decreto
legislativo  27 luglio  1999,  n.  271, in ambito portuale, di cui al
decreto  legislativo  27 luglio  1999, n. 272, e per il settore delle
navi  da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298,
e  l'armonizzazione  delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal
II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto
ferroviario  contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi
decreti di attuazione.
  3.  Fino  alla  scadenza  del termine di cui al comma 2, sono fatte
salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui
al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo
27 luglio  1999,  n.  272,  al decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
298,  e  le  disposizioni  tecniche  del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della
Repubblica  7 gennaio  1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile
1974,   n.  191,  e  dai  relativi  decreti  di  attuazione;  decorso
inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui
al presente decreto.
  4.  Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori
e  lavoratrici,  subordinati  e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi
equiparati,  fermo  restando quanto previsto dai commi successivi del
presente articolo.
  5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto
di  somministrazione  di  lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti,
del  decreto  legislativo  10 settembre  2003,  n.  276, e successive
modificazioni,  fermo  restando  quanto  specificamente  previsto dal
comma 5  dell'articolo 23  del  citato decreto legislativo n. 276 del
2003,  tutti  gli  obblighi  di  prevenzione  e  protezione di cui al
presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
  6.  Nell'ipotesi  di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30
del  decreto  legislativo  10 settembre  2003,  n.  276, e successive
modificazioni,  tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a
carico   del  distaccatario,  fatto  salvo  l'obbligo  a  carico  del
distaccante  di  informare  e formare il lavoratore sui rischi tipici
generalmente  connessi  allo  svolgimento delle mansioni per le quali
egli   viene   distaccato.   Per   il   personale   delle   pubbliche
amministrazioni   di   cui   all'articolo 1,   comma 2,  del  decreto
legislativo  30 marzo  2001, n. 165, che presta servizio con rapporto
di  dipendenza  funzionale  presso  altre  amministrazioni pubbliche,
organi o autorita' nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto
sono  a  carico  del datore di lavoro designato dall'amministrazione,
organo o autorita' ospitante.
  7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61,
e  seguenti,  del  decreto  legislativo  10 settembre 2003, n. 276, e
successive   modificazioni,   e   dei   collaboratori   coordinati  e
continuativi  di  cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice
di  procedura  civile,  le disposizioni di cui al presente decreto si
applicano  ove  la  prestazione  lavorativa  si  svolga nei luoghi di
lavoro del committente.
  8.   Nei   confronti  dei  lavoratori  che  effettuano  prestazioni
occasionali  di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti
del  decreto  legislativo  10 settembre  2003,  n.  276, e successive
modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte
le  altre  norme  speciali  vigenti  in materia di sicurezza e tutela
della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici
a    carattere   straordinario,   compresi   l'insegnamento   privato
supplementare  e  l'assistenza  domiciliare ai bambini, agli anziani,
agli ammalati e ai disabili.
  9.  Nei  confronti  dei  lavoratori  a  domicilio di cui alla legge
18 dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di
applicazione  del  contratto collettivo dei proprietari di fabbricati
trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui
agli  articoli 36  e  37.  Ad  essi  devono  inoltre essere forniti i
necessari  dispositivi  di  protezione  individuali in relazione alle
effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro
fornisca  attrezzature  proprie,  o  per  il  tramite  di terzi, tali
attrezzature  devono  essere  conformi  alle  disposizioni  di cui al
titolo III.
  10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione
continuativa  di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico
e  telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  8 marzo  1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo
sul   telelavoro   concluso   il  16 luglio  2002,  si  applicano  le
disposizioni  di  cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in
cui si svolge la prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di
lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali
attrezzature  devono  essere  conformi  alle  disposizioni  di cui al
titolo  III.  I  lavoratori  a  distanza sono informati dal datore di
lavoro  circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza
sul  lavoro,  in  particolare  in  ordine  alle  esigenze relative ai
videoterminali  ed  applicano correttamente le direttive aziendali di
sicurezza.  Al  fine  di  verificare  la  corretta  attuazione  della
normativa  in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del
lavoratore  a  distanza,  il  datore di lavoro, le rappresentanze dei
lavoratori  e  le  autorita' competenti hanno accesso al luogo in cui
viene  svolto  il  lavoro  nei limiti della normativa nazionale e dei
contratti  collettivi,  dovendo  tale  accesso  essere subordinato al
preavviso  e  al  consenso  del lavoratore qualora la prestazione sia
svolta  presso  il  suo  domicilio.  Il  lavoratore  a  distanza puo'
chiedere  ispezioni.  Il  datore  di  lavoro garantisce l'adozione di
misure  dirette  a  prevenire  l'isolamento del lavoratore a distanza
rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di
incontrarsi   con   i   colleghi  e  di  accedere  alle  informazioni
dell'azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
  11.  Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222
del   codice   civile  si  applicano  le  disposizioni  di  cui  agli
articoli 21 e 26.
  12.  Nei  confronti  dei  componenti  dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis  del  codice civile, dei piccoli imprenditori di
cui  all'articolo 2083  del  codice  civile e dei soci delle societa'
semplici  operanti  nel settore agricolo si applicano le disposizioni
di cui all'articolo 21.
  13.  In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata
dalle  imprese  medie  e  piccole  operanti  nel settore agricolo, il
Ministro  del  lavoro  e  della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri  della  salute  e  delle  politiche  agricole,  alimentari e
forestali,  entro  novanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente  decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui
alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
e  limitatamente  alle  imprese  che  impiegano lavoratori stagionali
ciascuno  dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per
un  numero  complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti
colturali   aziendali,   provvede   ad   emanare   disposizioni   per
semplificare  gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e
sorveglianza  sanitaria  previsti  dal  presente  decreto, sentite le
organizzazioni    sindacali   e   datoriali   comparativamente   piu'
rappresentative   del   settore  sul  piano  nazionale.  I  contratti
collettivi   stipulati   dalle  predette  organizzazioni  definiscono
specifiche  modalita'  di  attuazione  delle  previsioni del presente
decreto  legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per
la  sicurezza  nel  caso  le  imprese  utilizzino  esclusivamente  la
tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.

        
                    Note all'art. 3:
              - Per  i  riferimenti  della  legge n. 266 del 1991, si
          veda nota all'art. 2.
              - Il  testo  dell'art.  17,  commi 2  e  3, della legge
          23 agosto   1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di
          Governo  e  ordinamento  della Presidenza del Consiglio dei
          Ministri), e' il seguente:
              «Art. 17 (Regolamenti). - 1. (Omissis).
              2.  Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
          deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito  il
          Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la
          disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta
          di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
          della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'
          regolamentare  del  Governo,  determinano le norme generali
          regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle
          norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle
          norme regolamentari.
              3.  Con  decreto  ministeriale  possono essere adottati
          regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di
          autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
          espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
          materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere
          adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la
          necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
          I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
          dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
          dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente
          del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.».
              - Il  testo  del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
          271  (Adeguamento  della normativa sulla sicurezza e salute
          dei  lavoratori  marittimi a bordo delle navi mercantili da
          pesca  nazionali,  a norma della legge 31 dicembre 1998, n.
          485), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999,
          n. 185, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
          272  (Adeguamento  della normativa sulla sicurezza e salute
          dei  lavoratori  nell'espletamento  di operazioni e servizi
          portuali,    nonche'   di   operazioni   di   manutenzione,
          riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale,
          a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485), e pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999, n. 185, supplemento
          ordinario.
              - Il  testo  del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
          298  (Attuazione  della  direttiva  93/103/CE relativa alle
          prescrizioni  minime di sicurezza e di salute per il lavoro
          a  bordo delle navi da pesca), e' pubblicato nella Gazzetta
          Ufficiale 27 agosto 1999, n. 201.
              - Il   testo   della   legge  26 aprile  1974,  n.  191
          (Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli
          impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello
          Stato),  e'  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale 24 maggio
          1974, n. 134.
              - Il  testo  dell'art.  1,  comma 2, del citato decreto
          legislativo n. 626 del 1994, e' il seguente:
              «Art. 1 (Campo di applicazione). - 1. (Omissis).
              2.  Nei  riguardi  delle Forze armate e di Polizia, dei
          servizi  di  protezione  civile,  nonche' nell'ambito delle
          strutture  giudiziarie,  penitenziarie, di quelle destinate
          per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con
          compiti  in  materia  di ordine e sicurezza pubblica, delle
          universita',  degli  istituti  di istruzione universitaria,
          degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
          grado,  degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle
          aree   archeologiche   dello   Stato  delle  rappresentanze
          diplomatiche  e  consolari e dei mezzi di trasporto aerei e
          marittimi,  le  norme  del  presente decreto sono applicate
          tenendo   conto  delle  particolari  esigenze  connesse  al
          servizio  espletato,  individuate  con decreto del Ministro
          competente  di  concerto  con i Ministri del lavoro e della
          previdenza   sociale,   della   sanita'  e  della  funzione
          pubblica.».
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          27 aprile  1955,  n.  547  (Norme  per la prevenzione degli
          infortuni   sul  lavoro),  e'  pubblicato  nel  Supplemento
          ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
              - Per  i  riferimenti del citato decreto del Presidente
          delle  Repubblica  n.  164  del  1956,  si  veda  nota alle
          premesse.
              - Gli   articoli da   20   a   28  del  citato  decreto
          legislativo  n.  276  del 2003 sono compresi nel titolo III
          capo I (Somministrazione di lavoro) dello stesso decreto.
              - Il  testo  dell'art.  23,  comma 5 del citato decreto
          legislativo n. 276 del 2003, e' il seguente:
              «Art. 23 (Tutela del prestatore di lavoro esercizio del
          potere  disciplinare  e  regime della solidarieta). - 1.-4.
          (Omissis).
              5.  Il  somministratore informa i lavoratori sui rischi
          per  la  sicurezza  e  la  salute  connessi  alle attivita'
          produttive  in generale e li forma e addestra all'uso delle
          attrezzature  di  lavoro  necessarie allo svolgimento della
          attivita'  lavorativa  per la quale essi vengono assunti in
          conformita'    alle   disposizioni   recate   dal   decreto
          legislativo   19 settembre   1994,  n.  626,  e  successive
          modificazioni    ed    integrazioni.    Il   contratto   di
          somministrazione   puo'  prevedere  che  tale  obbligo  sia
          adempiuto  dall'utilizzatore;  in  tale  caso  ne  va fatta
          indicazione  nel  contratto  con il lavoratore. Nel caso in
          cui  le  mansioni  cui  e'  adibito il prestatore di lavoro
          richiedano  una  sorveglianza  medica speciale o comportino
          rischi  specifici,  l'utilizzatore ne informa il lavoratore
          conformemente  a  quanto  previsto  dal decreto legislativo
          19 settembre  1994,  n.  626, e successive modificazioni ed
          integrazioni.    L'utilizzatore   osserva   altresi',   nei
          confronti  del  medesimo  prestatore, tutti gli obblighi di
          protezione  previsti nei confronti dei propri dipendenti ed
          e'   responsabile  per  la  violazione  degli  obblighi  di
          sicurezza   individuati   dalla   legge   e  dai  contratti
          collettivi.».
              - Il  testo dell'art. 30 del citato decreto legislativo
          n. 276 del 2003, e' il seguente:
              «Art.  30  (Distacco).  -  1. L'ipotesi del distacco si
          configura  quando  un  datore  di lavoro, per soddisfare un
          proprio   interesse,   pone   temporaneamente  uno  o  piu'
          lavoratori   a   disposizione   di   altro   soggetto   per
          l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.
              2.  In  caso  di  distacco  il  datore di lavoro rimane
          responsabile del trattamento economico e normativo a favore
          del lavoratore.
              3.  Il  distacco  che comporti un mutamento di mansioni
          deve  avvenire  con il consenso del lavoratore interessato.
          Quando  comporti  un  trasferimento a una unita' produttiva
          sita  a  piu'  di  50  km da quella in cui il lavoratore e'
          adibito,  il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate
          ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
              4.  Resta  ferma  la  disciplina  prevista dall'art. 8,
          comma 3,   del   decreto-legge   20 maggio  1993,  n.  148,
          convertito,  con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
          n. 236.
              4-bis.  Quando  il  distacco  avvenga  in violazione di
          quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato puo'
          chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'art. 414
          del  codice  di procedura civile, notificato anche soltanto
          al  soggetto  che  ne  ha  utilizzato  la  prestazione,  la
          costituzione  di  un  rapporto di lavoro alle dipendenze di
          quest'ultimo.  In  tale  ipotesi  si  applica  il  disposto
          dell'art. 27, comma 2.».
              - Il  testo  dell'art.  1,  comma 2, del citato decreto
          legislativo n. 165 del 2001, e' il seguente:
              «Art.  1  (Finalita'  ed  ambito di applicazione). - 1.
          (Omissis).
              2.  Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
          amministrazioni  dello  Stato,  ivi compresi gli istituti e
          scuole  di  ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
          le  aziende  ed  amministrazioni dello Stato ad ordinamento
          autonomo,  le  Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
          montane,  e  loro  consorzi  e associazioni, le istituzioni
          universitarie,  gli  Istituti  autonomi  case  popolari, le
          Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
          loro  associazioni,  tutti  gli enti pubblici non economici
          nazionali,  regionali  e  locali,  le  amministrazioni,  le
          aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,
          l'Agenzia  per  la rappresentanza negoziale delle pubbliche
          amministrazioni  (ARAN)  e  le  Agenzie  di  cui al decreto
          legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
              - Gli   articoli da   61   a   69  del  citato  decreto
          legislativo  n.  276 del 2003 sono compresi nel titolo VII,
          capo I  (Lavoro  a  progetto  e  lavoro  occasionale) dello
          stesso decreto.
              - Il testo dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice
          di procedura civile, e' il seguente:
              «Art.  409  (Controversie  individuali  di  lavoro). Si
          osservano   le   disposizioni   del   presente  capo  nelle
          controversie relative a:
                1)-2) (Omissis).
                3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale
          ed  altri  rapporti  di collaborazione che si concretino in
          una   prestazione   di  opera  continuativa  e  coordinata,
          prevalentemente   personale,   anche  se  non  a  carattere
          subordinato;».
              - Gli   articoli da   70   a   74  del  citato  decreto
          legislativo  n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo VII -
          capo  II  (Prestazioni occasionali di tipo accesssorio rese
          da particolari soggetti) dello stesso decreto.
              - Il  testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
          norme  per  la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 1974, n. 5.
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          8 marzo  1999,  n.  70  (Regolamento recante disciplina del
          telelavoro   nelle   pubbliche   amministrazioni,  a  norma
          dell'art.  4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191),
          e'  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1999, n.
          70.
              - Il  testo  dell'art.  2222  del  codice  civile e' il
          seguente:
              «Art. 2222 (Contratto d'opera). - Quando una persona si
          obbliga  a  compiere  verso  un corrispettivo un'opera o un
          servizio,   con  lavoro  prevalentemente  proprio  e  senza
          vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si
          applicano  le  norme  di questo capo, salvo che il rapporto
          abbia una disciplina particolare nel libro IV.».
              - Il  testo  dell'art.  230-bis del codice civile e' il
          seguente:
              «Art.  230-bis  (Impresa  familiare).  -  Salvo che sia
          configurabile  un diverso rapporto, il familiare che presta
          in  modo  continuativo  la  sua  attivita'  di lavoro nella
          famiglia   o   nell'impresa   familiare   ha   diritto   al
          mantenimento   secondo  la  condizione  patrimoniale  della
          famiglia  e  partecipa agli utili dell'impresa familiare ed
          ai   beni  acquistati  con  essi  nonche'  agli  incrementi
          dell'azienda,    anche   in   ordine   all'avviamento,   in
          proporzione  alla quantita' e qualita' del lavoro prestato.
          Le decisioni  concernenti  l'impiego  degli  utili  e degli
          incrementi    nonche'   quelle   inerenti   alla   gestione
          straordinaria,  agli indirizzi produttivi e alla cessazione
          dell'impresa  sono  adottate,  a maggioranza, dai familiari
          che    partecipano    all'impresa   stessa.   I   familiari
          partecipanti  all'impresa  che non hanno la piena capacita'
          di  agire  sono  rappresentati  nel voto da chi esercita la
          potesta' su di essi.
              Il  lavoro  della  donna  e'  considerato equivalente a
          quello dell'uomo.
              Ai  fini  della  disposizione  di cui al primo comma si
          intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo
          grado,  gli  affini entro il secondo; per impresa familiare
          quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo
          grado, gli affini entro il secondo.
              Il  diritto  di  partecipazione di cui al primo comma e
          intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore
          di  familiari indicati nel comma precedente col consenso di
          tutti  i  partecipi.  Esso  puo' essere liquidato in danaro
          alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del
          lavoro, ed altresi' in caso di alienazione dell'azienda. Il
          pagamento puo' avvenire in piu' annualita', determinate, in
          difetto di accordo, dal giudice.
              In  caso  di  divisione  ereditaria  o di trasferimento
          dell'azienda  i  partecipi  di  cui  al  primo  comma hanno
          diritto  di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti
          in cui e' compatibile, la disposizione dell'art. 732.
              Le    comunioni    tacite    familiari   nell'esercizio
          dell'agricoltura   sono   regolate   dagli   usi   che  non
          contrastino con le precedenti norme.».
              - Il  testo  dell'art.  2083  del  codice  civile e' il
          seguente:
              «Art.  2083  (Piccoli  imprenditori).  -  Sono  piccoli
          imprenditori   i   coltivatori   diretti   del  fondo,  gli
          artigiani,  i  piccoli commercianti e coloro che esercitano
          un'attivita'  professionale organizzata prevalentemente con
          il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».

        
      
          
Titolo I

PRINCIPI COMUNI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                               Art. 4.
                       Computo dei lavoratori

  1.  Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale
il  presente  decreto  legislativo fa discendere particolari obblighi
non sono computati:
    a) i  collaboratori  familiari  di  cui  all'articolo 230-bis del
codice civile;
    b) i  soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi
e  di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997,
n.  196,  e  di  cui  a specifiche disposizioni delle leggi regionali
promosse  al  fine  di  realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro  o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza
diretta del mondo del lavoro;
    c) gli  allievi  degli  istituti di istruzione e universitari e i
partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia
uso  di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici   e   biologici,   ivi  comprese  le  attrezzature  munite  di
videoterminali;
    d) i   lavoratori   assunti  con  contratto  di  lavoro  a  tempo
determinato,   ai   sensi  dell'articolo 1  del  decreto  legislativo
6 settembre  2001,  n.  368,  in  sostituzione di altri prestatori di
lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
    e) i  lavoratori  che  svolgono  prestazioni  occasionali di tipo
accessorio  ai  sensi  degli  articoli 70,  e  seguenti,  del decreto
legislativo  10 settembre  2003,  n. 276, e successive modificazioni,
nonche'  prestazioni  che  esulano  dal  mercato  del lavoro ai sensi
dell'articolo 74 del medesimo decreto.
    f) i  lavoratori  di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove
la  loro  attivita'  non  sia  svolta in forma esclusiva a favore del
datore di lavoro committente;
    g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266,
i  volontari  del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco  e della
protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
    h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al
decreto   legislativo   1° dicembre   1997,   n.  468,  e  successive
modificazioni;
    i) i  lavoratori  autonomi  di  cui  all'articolo 2222 del codice
civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
    l) i    collaboratori    coordinati   e   continuativi   di   cui
all'articolo 409,  primo comma, n. 3, del codice di procedura civile,
nonche'  i  lavoratori  a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti
del  decreto  legislativo  10 settembre  2003,  n.  276, e successive
modificazioni,  ove  la  loro  attivita'  non  sia  svolta  in  forma
esclusiva a favore del committente.
  2.  I  lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai
sensi   degli   articoli 20,  e  seguenti,  del  decreto  legislativo
10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori
assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio
2000,  n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del
numero  di  ore  di  lavoro  effettivamente  prestato nell'arco di un
semestre.
  3.  Fatto  salvo  quanto  previsto  dal  comma 4, nell'ambito delle
attivita'  stagionali  definite  dal  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  7 ottobre  1963,  n.  1525  e  successive  modificazioni,
nonche'  di  quelle  individuate  dai  contratti collettivi nazionali
stipulati  dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente  piu'  rappresentative,  il  personale  in  forza si
computa  a  prescindere  dalla  durata del contratto e dall'orario di
lavoro effettuato.
  4.  Il  numero  dei  lavoratori  impiegati  per  l'intensificazione
dell'attivita'  in determinati periodi dell'anno nel settore agricolo
e  nell'ambito  di  attivita' diverse da quelle indicate nel comma 3,
corrispondono   a   frazioni   di  unita-lavorative-anno  (ULA)  come
individuate sulla base della normativa comunitaria.

        
                    Note all'art. 4:
              - Per  il testo dell'art. 230-bis del Codice civile, si
          veda nota all'art. 3.
              - Per  il  testo dell'art. 18 della citata legge n. 196
          del 1997, si veda nota all'art. 2.
              - Il   testo   dell'art.   1  del  decreto  legislativo
          6 settembre  2001,  n.  368,  (Attuazione  della  direttiva
          1999/70/CE  relativa  all'accordo quadro sul lavoro a tempo
          determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), e' il
          seguente:
              «Art.  1  (Apposizione del termine). - 01. Il contratto
          di  lavoro  subordinato  e'  stipulato  di  regola  a tempo
          indeterminato.
              1.  E'  consentita  l'apposizione  di  un  termine alla
          durata  del  contratto  di  lavoro  subordinato a fronte di
          ragioni  di  carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
          sostitutivo.
              2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non
          risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
          quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
              3.  Copia  dell'atto scritto deve essere consegnata dal
          datore   di   lavoro  al  lavoratore  entro  cinque  giorni
          lavorativi dall'inizio della prestazione.
              4.  La  scrittura  non e' tuttavia necessaria quando la
          durata  del  rapporto di lavoro, puramente occasionale, non
          sia superiore a dodici giorni.».
              - Il  testo dell'art. 74 del citato decreto legislativo
          n. 276 del 2003, e' il seguente:
              «Art.  74  (Prestazioni  che  esulano  dal  mercato del
          lavoro).   -  1.  Con  specifico  riguardo  alle  attivita'
          agricole  non  integrano in ogni caso un rapporto di lavoro
          autonomo  o  subordinato le prestazioni svolte da parenti e
          affini  sino al terzo grado in modo meramente occasionale o
          ricorrente  di  breve  periodo,  a  titolo  di aiuto, mutuo
          aiuto,   obbligazione   morale   senza   corresponsione  di
          compensi,  salvo  le  spese di mantenimento e di esecuzione
          dei lavori.».
              - Il  testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
          norme  per  la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 1974, n. 5.
              - Per i riferimenti della citata legge n. 266 del 1991,
          del  decreto  legislativo  n.  468  del  1997, si veda nota
          all'art. 2.
              - Per  il  testo  dell'art.  2222  del  codice  civile,
          dell'art.  409,  primo comma, n. 3, del codice di procedura
          civile, si veda nota all'art. 3.
              - Per  i riferimenti agli articoli da 20 a 28 e da 61 a
          69  del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, si veda
          nota all'art. 3.
              - Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.
          61,   (Attuazione   della   direttiva   97/81/CE   relativa
          all'accordo-quadro  sul  lavoro  a  tempo parziale concluso
          dall'UNICE,  dal  CEEP  e  dalla  CES), e' pubblicato nella
          Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          7 ottobre 1963, n. 1525, (Elenco che determina le attivita'
          a  carattere  stagionale  di cui all'art. 1, comma secondo,
          lettera a),  della  legge  18 aprile  1962,  n.  230, sulla
          disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), e'
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 26 novembre 1963, n.
          307.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                               Art. 5.
Comitato  per  l'indirizzo  e la valutazione delle politiche attive e
per  il  coordinamento  nazionale  delle  attivita'  di  vigilanza in
              materia di salute e sicurezza sul lavoro

  1.  Presso il Ministero della salute, il Comitato per l'indirizzo e
la   valutazione  delle  politiche  attive  e  per  il  coordinamento
nazionale  delle  attivita'  di  vigilanza  in  materia  di  salute e
sicurezza  sul  lavoro.  Il Comitato e' presieduto dal Ministro della
salute ed e' composto da:
    a) due rappresentanti del Ministero della salute;
    b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale;
    c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
    d) cinque  rappresentanti  delle  regioni  e province autonome di
Trento e di Bolzano.
  2.   Al   Comitato   partecipano,   con   funzione  consultiva,  un
rappresentante  dell'INAIL,  uno  dell'ISPESL  e uno dell'Istituto di
previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
  3.  Il  Comitato  di  cui  al comma 1, al fine di garantire la piu'
completa attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e
regioni, ha il compito di:
    a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia
di salute e sicurezza sul lavoro;
    b) individuare  obiettivi  e  programmi  dell'azione  pubblica di
miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
    c) definire  la  programmazione  annuale  in  ordine  ai  settori
prioritari  di  intervento  dell'azione  di  vigilanza,  i  piani  di
attivita'  e  i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto
delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento
e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
    d) programmare   il   coordinamento  della  vigilanza  a  livello
nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
    e) garantire   lo   scambio   di   informazioni  tra  i  soggetti
istituzionali  al  fine di promuovere l'uniformita' dell'applicazione
della normativa vigente;
    f) individuare  le priorita' della ricerca in tema di prevenzione
dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
  4.  Ai  fini  delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2,
lettere a), b), e),    f),   le   parti   sociali   sono   consultate
preventivamente.   Sull'attuazione   delle   azioni   intraprese   e'
effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.
  5.  Le  modalita'  di  funzionamento  del comitato sono fissate con
regolamento  interno  da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto
al  numero  dei  componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero della salute appositamente assegnato.
  6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare
ai  sensi  del  comma 1,  non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                               Art. 6.
Commissione  consultiva  permanente  per  la  salute  e sicurezza sul
                               lavoro

  1.  Presso  il  Ministero  del lavoro e della previdenza sociale e'
istituita  la  Commissione  consultiva  permanente  per  la  salute e
sicurezza sul lavoro. La Commissione e' composta da:
    a)  un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale che la presiede;
    b) un rappresentante del Ministero della salute;
    c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
    d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
    e) un rappresentante del Ministero della difesa;
    f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
    g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
    h)  un  rappresentante  del  Ministero  delle  politiche agricole
alimentari e forestali;
    i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
    l)  un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica;
    m)  dieci  rappresentanti delle regioni e delle province autonome
di  Trento  e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano;
    n)  dieci  esperti  designati  delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale;
    o)  dieci  esperti  designati  delle organizzazioni sindacali dei
datori  di  lavoro,  anche  dell'artigianato  e della piccola e media
impresa, comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
  2.  Per  ciascun  componente  puo' essere nominato un supplente, il
quale  interviene  unicamente  in  caso  di  assenza del titolare. Ai
lavori  della Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti
di   altre   amministrazioni  centrali  dello  Stato  in  ragione  di
specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare
riferimento  a  quelle  relative  alla materia dell'istruzione per le
problematiche di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c).
  3.  All'inizio  di  ogni  mandato  la  Commissione  puo'  istituire
comitati  speciali  permanenti, dei quali determina la composizione e
la funzione.
  4.  La  Commissione  si  avvale  della  consulenza  degli  istituti
pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e
puo'  richiedere  la partecipazione di esperti nei diversi settori di
interesse.
  5.  I  componenti della Commissione e i segretari sono nominati con
decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della  previdenza sociale, su
designazione  degli  organismi  competenti  e durano in carica cinque
anni.
  6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con
regolamento  interno  da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto
al  numero  dei  componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale  del  Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza  sociale
appositamente assegnato.
  7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare
ai  sensi  del  comma 1,  non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.
  8.  La  Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro ha il compito di:
    a) esaminare  i  problemi applicativi della normativa di salute e
sicurezza  sul  lavoro  e  formulare  proposte  per  lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente;
    b) esprimere  pareri  sui piani annuali elaborati dal Comitato di
cui all'articolo 5;
    c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione
di cui all'articolo 11;
    d) validare  le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul
lavoro;
    e) redigere  annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema
informativo  di  cui  all'articolo 8,  una  relazione  sullo stato di
applicazione  della  normativa  di  salute  e  sicurezza  e  sul  suo
possibile  sviluppo,  da  trasmettere  alle  commissioni parlamentari
competenti e ai presidenti delle regioni;
    f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure
standardizzate  di  effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29,  comma 5,  tenendo  conto  dei  profili di rischio e
degli  indici  infortunistici  di  settore.  Tali  procedure  vengono
recepite  con  decreto  dei  Ministeri  del lavoro e della previdenza
sociale,  della  salute  e  dell'interno  acquisito  il  parere della
Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano;
    g) definire  criteri  finalizzati alla definizione del sistema di
qualificazione  delle  imprese  e  dei  lavoratori  autonomi  di  cui
all'articolo 27.  Il  sistema  di  qualificazione  delle  imprese  e'
disciplinato  con  decreto del Presidente della Repubblica, acquisito
il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le
regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi
entro  dodici  mesi  dalla  data  di  entrata  in vigore del presente
decreto;
    h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta
ed  etici,  adottati su base volontaria, che, in considerazione delle
specificita'  dei  settori  produttivi  di  riferimento,  orientino i
comportamenti  dei  datori  di lavoro, anche secondo i principi della
responsabilita'  sociale,  dei  lavoratori  e  di  tutti  i  soggetti
interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
    i) valutare   le   problematiche  connesse  all'attuazione  delle
direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in
materia di salute e sicurezza del lavoro;
    l) promuovere  la  considerazione  della  differenza di genere in
relazione  alla  valutazione  dei rischi e alla predisposizione delle
misure di prevenzione;
    m) indicare  modelli  di  organizzazione  e gestione aziendale ai
fini di cui all'articolo 30.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                               Art. 7.
                 Comitati regionali di coordinamento

  1.   Al   fine  di  realizzare  una  programmazione  coordinata  di
interventi,   nonche'  uniformita'  degli  stessi  ed  il  necessario
raccordo  con  il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione
di cui all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera
il  comitato  regionale  di  coordinamento  di  cui  al  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in  data 21 dicembre 2007,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                               Art. 8.
Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro

  1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione
(SINP)  nei  luoghi  di  lavoro  al  fine  di  fornire dati utili per
orientare,  programmare,  pianificare  e  valutare  l'efficacia della
attivita'   di   prevenzione   degli   infortuni   e  delle  malattie
professionali,  relativamente  ai  lavoratori iscritti e non iscritti
agli  enti  assicurativi  pubblici, e per indirizzare le attivita' di
vigilanza,   attraverso   l'utilizzo   integrato  delle  informazioni
disponibili   negli   attuali   sistemi  informativi,  anche  tramite
l'integrazione  di  specifici  archivi  e la creazione di banche dati
unificate.
  2.  Il  Sistema  informativo  di  cui  al comma 1 e' costituito dal
Ministero  del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della
salute,  dal  Ministero  dell'interno, dalle regioni e dalle province
autonome   di   Trento   e  di  Bolzano,  dall'INAIL,  dall'IPSEMA  e
dall'ISPESL,  con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia
e  del  lavoro  (CNEL).  Allo  sviluppo  del  medesimo concorrono gli
organismi   paritetici   e   gli  istituti  di  settore  a  carattere
scientifico,  ivi  compresi quelli che si occupano della salute delle
donne.
  3.  L'INAIL  garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP
e,  a tale fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto
previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
  4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della  salute,  di  concerto  con  il  Ministro  per  le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano, da adottarsi entro 180
giorni  dalla  data  dell'entrata  in  vigore  del  presente  decreto
legislativo, vengono definite le regole tecniche per la realizzazione
ed  il  funzionamento  del SINP, nonche' le regole per il trattamento
dei  dati.  Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto
dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi' come modificato ed
integrato  dal  decreto  legislativo  4 aprile  2006,  n.  159, e dei
contenuti  del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale
integrato  per  la  prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo
decreto sono disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze
armate  e  le  forze  di  polizia  partecipano al sistema informativo
relativamente  alle  attivita'  operative  e  addestrative.  Per tale
finalita'   e'   acquisita   l'intesa   dei  Ministri  della  difesa,
dell'interno e dell'economia e delle finanze.
  5.  La  partecipazione  delle  parti sociali al Sistema informativo
avviene  attraverso  la  periodica  consultazione in ordine ai flussi
informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
  6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
    a) il quadro produttivo ed occupazionale;
    b) il quadro dei rischi;
    c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
    d) il  quadro  degli  interventi di prevenzione delle istituzioni
preposte;
    e) il  quadro  degli  interventi  di  vigilanza delle istituzioni
preposte.
  7.  La  diffusione  delle informazioni specifiche e' finalizzata al
raggiungimento  di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei
soggetti  destinatari  e  degli  enti  utilizzatori. I dati sono resi
disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della
normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
  8.  Le  attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle
amministrazioni  di  cui  al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse
personali, economiche e strumentali in dotazione.

        
                    Note all'art. 8:
              - Per  i  riferimenti del citato decreto legislativo n.
          196 del 2003, si veda nota all'art. 1.
              - Il  testo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
          (Codice dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
          Gazzetta  Ufficiale  16 maggio  2005,  n.  112, supplemento
          ordinario.
              - Il  testo  del  decreto legislativo 4 aprile 2006, n.
          159  (Disposizioni  integrative  e  correttive  al  decreto
          legislativo   7 marzo   2005,   n.   82,   recante   codice
          dell'amministrazione   digitale),   e'   pubblicato   nella
          Gazzetta  Ufficiale  29 aprile  2006,  n.  99,  supplemento
          ordinario.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                               Art. 9.
Enti  pubblici  aventi  compiti  in materia di salute e sicurezza nei
                          luoghi di lavoro

  1.  L'ISPESL,  l'INAIL  e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano
le  proprie  attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema
con  il  Ministero  della  salute,  il  Ministero  del lavoro e della
previdenza  sociale, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
  2.   L'ISPESL,   l'INAIL  e  l'IPSEMA  operano  in  funzione  delle
attribuzioni  loro  assegnate  dalla  normativa vigente, svolgendo in
forma  coordinata,  per una maggiore sinergia e complementarieta', le
seguenti attivita':
    a) elaborazione  e applicazione dei rispettivi piani triennali di
attivita';
    b) interazione,  per  i rispettivi ruoli e competenze, in logiche
di   conferenza   permanente  di  servizio,  per  assicurare  apporti
conoscitivi  al  sistema  di  sostegno  ai programmi di intervento in
materia  di  sicurezza  e  salute  sul  lavoro di cui all'articolo 2,
comma 1,  lettera p),  per  verificare  l'adeguatezza  dei sistemi di
prevenzione  e  assicurativi  e  per  studiare  e  proporre soluzioni
normative  e  tecniche  atte  a ridurre il fenomeno degli infortuni e
delle malattie professionali;
    c) consulenza  alle aziende, in particolare alle medie, piccole e
micro   imprese,   anche  attraverso  forme  di  sostegno  tecnico  e
specialistico  finalizzate sia al suggerimento dei piu' adatti mezzi,
strumenti  e metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di
rischiosita'  in  materia  di  salute  e  sicurezza  sul  lavoro, sia
all'individuazione  degli  elementi  di  innovazione  tecnologica  in
materia  con  finalita'  prevenzionali,  raccordandosi  con  le altre
istituzioni pubbliche operanti nel settore e con le parti sociali;
    d) progettazione  ed  erogazione di percorsi formativi in materia
di  salute  e  sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai
criteri e alle modalita' elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
    e) formazione  per  i  responsabili  e  gli addetti ai servizi di
prevenzione e protezione di cui all'articolo 32;
    f) promozione  e divulgazione, della cultura della salute e della
sicurezza  del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari
e  delle  istituzioni  dell'alta  formazione  artistica,  musicale  e
coreutica,  previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni
interessate;
    g) partecipazione,  con  funzioni  consultive,  al  Comitato  per
l'indirizzo  e  la  valutazione  delle  politiche  attive  e  per  il
coordinamento  nazionale  delle  attivita' di vigilanza in materia di
salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 5;
    h) consulenza  alla  Commissione  consultiva  permanente  per  la
salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 6;
    i) elaborazione,  raccolta e diffusione delle buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
    l) predisposizione  delle  linee  guida  di  cui  all'articolo 2,
comma 1, lettera z);
    m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione
nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
  3.  L'attivita'  di  consulenza di cui alla lettera c) del comma 2,
non  puo'  essere  svolta  dai  funzionari  degli  istituti di cui al
presente  articolo  che  svolgono  attivita'  di controllo e verifica
degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I
soggetti  che  prestano tale attivita' non possono, per un periodo di
tre  anni  dalla  cessazione  dell'incarico,  esercitare attivita' di
controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli
istituti medesimi. Nell'esercizio dell'attivita' di consulenza non vi
e'  l'obbligo  di  denuncia  di  cui  all'articolo 331  del codice di
procedura  penale  o  di  comunicazione ad altre Autorita' competenti
delle  contravvenzioni  rilevate  ove  si riscontrino violazioni alla
normativa  in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso,
l'esercizio  dell'attivita'  di  consulenza  non  esclude o limita la
possibilita'  per  l'ente  di  svolgere  l'attivita'  di  controllo e
verifica  degli  obblighi  nelle materie di competenza degli istituti
medesimi.  Con  successivo  decreto  del  Ministro del lavoro e della
previdenza  sociale,  di concerto con il Ministro della salute per la
parte  concernente  i  funzionari  dell'ISPESL,  e'  disciplinato  lo
svolgimento  dell'attivita'  di  consulenza  e dei relativi proventi,
fermo   restando   che   i  compensi  percepiti  per  lo  svolgimento
dell'attivita'  di  consulenza  sono  devoluti in ragione della meta'
all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo 52,
comma 1.
  4.  L'INAIL  fermo  restando quanto previsto dall'articolo 12 della
legge  11 marzo  1988,  n.  67, dall'articolo 2, comma 6, della legge
28 dicembre  1995,  n. 549, e dall'articolo 2, comma 130, della legge
23 dicembre   1996,  n.  662,  nonche'  da  ogni  altra  disposizione
previgente,   svolge,   con  la  finalita'  di  ridurre  il  fenomeno
infortunistico  e  ad  integrazione  delle  proprie  competenze quale
gestore  dell'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, i seguenti compiti oltre a quanto
previsto negli altri articoli del presente decreto:
    a) raccoglie  e registra, a fini statistici e informativi, i dati
relativi  agli  infortuni  sul  lavoro  che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
    b) concorre   alla   realizzazione  di  studi  e  ricerche  sugli
infortuni  e sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
    c) partecipa  alla  elaborazione,  formulando  pareri e proposte,
della normazione tecnica in materia;
    d) eroga,  previo trasferimento delle necessarie risorse da parte
del  Ministero  del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni
del  Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre
2006,  n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni
sono  fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data
dal 1° gennaio 2007.
  5.  L'Istituto  superiore  per  la  prevenzione  e la sicurezza del
lavoro  -  ISPESL  e'  ente  di  diritto  pubblico, nel settore della
ricerca,    dotato    di    autonomia   scientifica,   organizzativa,
patrimoniale,    gestionale    e    tecnica.   L'ISPESL   e'   organo
tecnico-scientifico  del  Servizio  sanitario  nazionale  di ricerca,
sperimentazione,  controllo, consulenza, assistenza, alta formazione,
informazione   e  documentazione  in  materia  di  prevenzione  degli
infortuni  e  delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di
promozione  e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro,
del  quale  si  avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai
settori  della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione e
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  6.  L'ISPESL,  nell'ambito  delle  sue  attribuzioni istituzionali,
opera  avvalendosi  delle  proprie strutture centrali e territoriali,
garantendo  unitarieta'  della azione di prevenzione nei suoi aspetti
interdisciplinari e svolge le seguenti attivita':
    a)  svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e
programmi  di  interesse  nazionale nel campo della prevenzione degli
infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro
e  della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di
lavoro;
    b)  interviene  nelle  materie  di  competenza  dell'Istituto, su
richiesta  degli  organi centrali dello Stato e delle regioni e delle
province  autonome  di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli
che  richiedono  un'elevata  competenza  scientifica.  Ai  fini della
presente   lettera,   esegue,   accedendo   nei   luoghi  di  lavoro,
accertamenti e indagini in materia di salute e sicurezza del lavoro;
    c)   e'  organo  tecnico-scientifico  delle  Autorita'  nazionali
preposte  alla  sorveglianza  del mercato ai fini del controllo della
conformita'  ai  requisiti  di sicurezza e salute di prodotti messi a
disposizione dei lavoratori;
    d)  svolge  attivita' di organismo notificato per attestazioni di
conformita'  relative  alle Direttive per le quali non svolge compiti
relativi alla sorveglianza del mercato;
    e)  e'  titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto
di attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;
    f)  fornisce  consulenza  al  Ministero  della salute, agli altri
Ministeri e alle regioni e alle province autonome in materia salute e
sicurezza del lavoro;
    g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e
alle   province  autonome  per  l'elaborazione  del  Piano  sanitario
nazionale,  dei  piani  sanitari  regionali  e  dei piani nazionali e
regionali  della  prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste
in  essere  nel campo salute e sicurezza del lavoro e per la verifica
del raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza in materia;
    h)   supporta   il   Servizio   sanitario   nazionale,   fornendo
informazioni,  formazione,  consulenza  e  assistenza  alle strutture
operative  per  la  promozione  della salute, prevenzione e sicurezza
negli ambienti di lavoro;
    i)  svolge,  congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza
nei  luoghi  di  lavoro  delle  ASL,  l'attivita'  di vigilanza sulle
strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale;
    l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti
dalle  attivita'  di  prevenzione  nei  luoghi di lavoro svolte dalle
strutture del Servizio sanitario nazionale;
    m) partecipa  alla  elaborazione di norme di carattere generale e
formula,  pareri  e  proposte circa la congruita' della norma tecnica
non armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione
nazionale vigente;
    n) assicura   la   standardizzazione   tecnico-scientifica  delle
metodiche  e  delle  procedure  per  la valutazione e la gestione dei
rischi  e  per l'accertamento dello stato di salute dei lavoratori in
relazione  a  specifiche  condizioni  di  rischio e contribuisce alla
definizione dei limiti di esposizione;
    o) diffonde,  previa  istruttoria tecnica, le buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
    p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network
informativo dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro;
    q) supporta  l'attivita'  di  monitoraggio  del  Ministero  della
salute  sulla  applicazione  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
  7.  L'IPSEMA  svolge,  con  la  finalita'  di  ridurre  il fenomeno
infortunistico  ed  ad  integrazione  delle  proprie competenze quale
gestore  dell'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul
lavoro  e le malattie professionali del settore marittimo, i seguenti
compiti  oltre  a  quanto  previsto negli altri articoli del presente
decreto:
    a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati
relativi  agli  infortuni  sul  lavoro  che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
    b)   concorre  alla  realizzazione  di  studi  e  ricerche  sugli
infortuni  e sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
    c)  finanzia,  nell'ambito  e  nei  limiti  delle  proprie  spese
istituzionali,  progetti  di  investimento e formazione in materia di
salute e sicurezza sul lavoro;
    d)  supporta,  in  raccordo  con le amministrazioni competenti in
materia   di   salute   per  il  settore  marittimo,  anche  mediante
convenzioni  con  l'INAIL,  le  prestazioni  di  assistenza sanitaria
riabilitativa  per i lavoratori marittimi anche al fine di assicurare
il loro reinserimento lavorativo;
    e)  eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte
del  Ministero  del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni
del  Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre
2006,  n.  296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo.
In  sede  di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite
con   riferimento   agli  infortuni  verificatisi  a  fare  data  dal
1° gennaio 2007.

        
                    Note all'art. 9:
              - il testo dell'art. 331 del codice di procedura penale
          e' il seguente:
              «Art.  331  (Denuncia  da parte di pubblici ufficiali e
          incaricati  di  un  pubblico  servizio).  - 1. Salvo quanto
          stabilito   dall'art.  347,  i  pubblici  ufficiali  e  gli
          incaricati  di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a
          causa  delle  loro  funzioni  o  del  loro  servizio, hanno
          notizia  di  reato  perseguibile  di  ufficio, devono farne
          denuncia  per iscritto, anche quando non sia individuata la
          persona alla quale il reato e' attribuito.
              2.  La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo
          al   pubblico   ministero  o  a  un  ufficiale  di  polizia
          giudiziaria.
              3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per
          il   medesimo   fatto,   esse   possono  anche  redigere  e
          sottoscrivere un unico atto.
              4.   Se,   nel   corso  di  un  procedimento  civile  o
          amministrativo,   emerge   un   fatto  nel  quale  si  puo'
          configurare  un  reato perseguibile di ufficio, l'autorita'
          che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al
          pubblico ministero.».
              - Il  testo  dell'art. 12 della legge 11 marzo 1988, n.
          67  (Disposizioni  per la formazione del bilancio annuale e
          pluriennale  dello  Stato  (legge finanziaria 1988)), e' il
          seguente:
              «Art.  12 - 1. L'Istituto nazionale per l'assicurazione
          contro  gli  infortuni  sul  lavoro  (INAIL),  in deroga al
          disposto dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge
          23 dicembre  1978, n. 833, provvede agli accertamenti, alle
          certificazioni  e  ad  ogni altra prestazione medico-legale
          sui lavoratori infortunati e tecnopatici.
              2.  Al  fine di garantire agli infortunati sul lavoro e
          ai  tecnopatici la maggiore tempestivita' delle prestazioni
          da  parte  dell'INAIL, le regioni stipulano convenzioni con
          detto   Istituto  secondo  uno  schema-tipo  approvato  dal
          Ministro  della  sanita',  di  concerto con il Ministro del
          lavoro   e   della  previdenza  sociale,  per  disciplinare
          l'erogazione  da parte dell'Istituto stesso, congiuntamente
          agli   accertamenti   medico-legali,   delle   prime   cure
          ambulatoriali necessarie in caso di infortunio sul lavoro e
          di  malattia  professionale,  e per stabilire gli opportuni
          coordinamenti con le unita' sanitarie locali.».
              - Il   testo   dell'art.   2,   comma 6,   della  legge
          28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della
          finanza pubblica), e' il seguente:
              «6. L'INAIL puo' destinare in via prioritaria una quota
          fino al 15 per cento dei fondi disponibili, su delibera del
          consiglio  di  amministrazione,  per la realizzazione o per
          l'acquisto  di  immobili, anche tramite accensione di mutui
          da  destinare  a  strutture da locare al servizio sanitario
          nazionale   ovvero  a  centri  per  la  riabilitazione,  da
          destinare  in via prioritaria agli infortunati sul lavoro e
          da  gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti dello
          standard  di 5,5 posti letto per mille abitanti, di cui l'1
          per   mille   riservato   alla   riabilitazione   ed   alla
          lungodegenza post-acuzie.».
              - Il   testo   dell'art.   2,  comma 130,  della  legge
          23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della
          finanza pubblica), e' il seguente:
              «130.   Restano  ferme  le  disposizioni  previste  per
          l'INAIL dall'art. 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995,
          n.  549,  per  l'attuazione  degli interventi da realizzare
          nell'ambito  degli  indirizzi  di  programma  del Ministero
          della sanita' e d'intesa con questo.».
              - Il   testo   dell'art.  1,  comma 1187,  della  legge
          27 dicembre  2006,  n.  296 (Disposizioni per la formazione
          del  bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato (legge
          finanziaria 2007)), e' il seguente:
              «1187.   Istituzione  del  Fondo  di  sostegno  per  le
          famiglie delle vittime degli infortuni sul lavoro.
              Al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno
          ai  familiari  delle vittime di gravi incidenti sul lavoro,
          anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive
          della   copertura   assicurativa  obbligatoria  contro  gli
          infortuni  sul lavoro e le malattie professionali di cui al
          testo   unico  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
          Repubblica  30 giugno 1965, n. 1124, e' istituito presso il
          Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo di
          sostegno  per  le famiglie delle vittime di gravi infortuni
          sul  lavoro,  di  seguito  denominato  Fondo.  Al  Fondo e'
          conferita  la  somma  di  2,5  milioni di euro per ciascuno
          degli  anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto del Ministro del
          lavoro  e  della  previdenza  sociale,  da  adottare  entro
          sessanta  giorni  dalla  data  di  entrata  in vigore della
          presente  legge,  sono  definite  le tipologie dei benefici
          concessi,  ivi  comprese  anticipazioni  sulle  prestazioni
          erogate  dall'INAIL,  nonche' i requisiti e le modalita' di
          accesso agli stessi.».

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                              Art. 10.
Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi
                              di lavoro

  1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano,
tramite  le  AA.SS.LL.  del SSN, il Ministero dell'interno tramite le
strutture  del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco, l'Istituto
superiore  per  la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il
Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale, il Ministero dello
sviluppo  economico  per  il settore estrattivo, l'Istituto nazionale
per   l'assicurazione   contro  gli  infortuni  sul  lavoro  (INAIL),
l'Istituto  di  previdenza  per  il  settore  marittimo (IPSEMA), gli
organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante
convenzioni,   attivita'  di  informazione,  assistenza,  consulenza,
formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro,  in  particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle
imprese  agricole  e delle piccole e medie imprese e delle rispettive
associazioni dei datori di lavoro.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                              Art. 11.
                       Attivita' promozionali

  1.  Nell'ambito  della Commissione consultiva di cui all'articolo 6
sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato
di  cui  all'articolo 5,  le  attivita'  promozionali della cultura e
delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
    a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute
e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese;
per   l'accesso   a  tali  finanziamenti  deve  essere  garantita  la
semplicita' delle procedure;
    b) finanziamento  di  progetti  formativi specificamente dedicati
alle  piccole,  medie  e  micro  imprese,  ivi compresi quelli di cui
all'articolo 52, comma 1, lettera b);
    c) finanziamento   delle  attivita'  degli  istituti  scolastici,
universitari    e    di    formazione    professionale    finalizzata
all'inserimento  in ogni attivita' scolastica ed universitaria, nelle
istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi
di  istruzione  e  formazione  professionale  di  specifici  percorsi
formativi  interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a
favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza
nel rispetto delle autonomie didattiche.
  2.  Ai  finanziamenti  di  cui  al  comma 1 si provvede con oneri a
carico  delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge
3 agosto  2007,  n.  123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533,
della  legge  24 dicembre  2007, n. 244. Con decreto del Ministro del
lavoro  e  della  previdenza  sociale,  di  concerto  con  i Ministri
dell'economia  e  delle finanze, dell'istruzione e dell'universita' e
della  ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano,  si  provvede  al  riparto  annuale delle risorse tra le
attivita'   di   cui   alle   lettere a), b)   e c)   del  comma 1  e
dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
  3.  Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di
Trento   e   di  Bolzano,  nel  rispetto  delle  proprie  competenze,
concorrono  alla programmazione e realizzazione di progetti formativi
in  materia  di  salute  e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita'
operative  da  definirsi  in  sede  di  Conferenza  permanente  per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano,  entro  dodici  mesi dalla data di entrata in vigore del
presente  decreto  legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di
quanto previsto nel periodo precedente possono altresi' concorrere le
parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.
  4.  Ai  fini  della  promozione  e divulgazione della cultura della
salute  e sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici,
universitari e di formazione professionale inserire in ogni attivita'
scolastica  ed  universitaria  nelle istituzioni dell'alta formazione
artistica  e  coreutica  e  nei  percorsi  di istruzione e formazione
professionale,  percorsi  formativi  interdisciplinari  alle  diverse
materie  scolastiche  ulteriori  rispetto  a  quelli disciplinati dal
comma 1,  lettera c)  e volti alle medesime finalita'. Tale attivita'
e'  svolta  nell'ambito  e nei limiti delle risorse disponibili degli
istituti.
  5.  Nell'ambito  e  nei  limiti  delle  risorse  di  cui al comma 2
trasferite  dal  Ministero  del  lavoro  e  della previdenza sociale,
l'INAIL  finanzia progetti di investimento e formazione in materia di
salute  e  sicurezza  sul lavoro rivolti in particolare alle piccole,
medie  e  micro  imprese  e  progetti  volti a sperimentare soluzioni
innovative  e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati
ai  principi  di  responsabilita'  sociale delle imprese. Costituisce
criterio  di  priorita'  per l'accesso al finanziamento l'adozione da
parte delle imprese delle buone passi di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera v).
  6.   Nell'ambito   dei   rispettivi   compiti   istituzionali,   le
amministrazioni   pubbliche   promuovono   attivita'   specificamente
destinate  ai  lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a
migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
  7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in
vigore  del  presente  decreto,  le  risorse  di  cui all'articolo 1,
comma 7-bis,  della  legge  3 agosto  2007,  n.  123, come introdotto
dall'articolo  2,  comma  533,  della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
sono  utilizzate,  secondo  le  priorita',  ivi compresa una campagna
straordinaria  di  formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata
in   vigore  del  presente  decreto,  con  accordo  adottato,  previa
consultazione  delle  parti sociali, in sede di Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e la province autonome di
Trento e di Bolzano.

        
                    Nota all'art. 11:
              - Per  il  testo dell'art. 1, comma 7-bis. Della citata
          legge n. 123 del 2007, si veda nota all'art. 1.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                              Art. 12.
                             Interpello

  1.  Gli  organismi  associativi  a  rilevanza  nazionale degli enti
territoriali  e  gli  enti  pubblici  nazionali,  nonche', di propria
iniziativa  o  su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative  sul  piano  nazionale  e  i consigli nazionali degli
ordini  o  collegi  professionali, possono inoltrare alla Commissione
per  gli  interpelli  di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta
elettronica,  quesiti  di  ordine  generale  sull'applicazione  della
normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
  2.  Presso  il  Ministero  del lavoro e della previdenza sociale e'
istituita,  senza  nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la
Commissione  per  gli  interpelli  composta da due rappresentanti del
Ministero  del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del
Ministero  della  salute  e da quattro rappresentanti delle regioni e
delle  province  autonome.  Qualora  la materia oggetto di interpello
investa  competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione
e'  integrata  con  rappresentanti  delle stesse. Ai componenti della
Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di
missione.
  3.  Le  indicazioni  fornite  nelle  risposte  ai quesiti di cui al
comma 1   costituiscono   criteri   interpretativi  e  direttivi  per
l'esercizio delle attivita' di vigilanza.

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                              Art. 13.
                              Vigilanza

  1.  La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
salute  e  sicurezza  nei  luoghi  di  lavoro e' svolta dalla azienda
sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica
competenza,  dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il
settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di
competenze  da  adottarsi  ai sensi del decreto legislativo 30 luglio
1999,  n.  300,  e  successive  modificazioni,  dal  Ministero  dello
sviluppo   economico,  e  per  le  industrie  estrattive  di  seconda
categoria  e  le  acque  minerali  e termali dalle regioni e province
autonome  di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di
Bolzano  provvedono alle finalita' del presente articolo, nell'ambito
delle  proprie  competenze,  secondo  quanto  previsto dai rispettivi
ordinamenti.
  2.  Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite
dalla  legislazione  vigente al personale ispettivo del Ministero del
lavoro   e   della  previdenza  sociale,  lo  stesso  personale  puo'
esercitare   l'attivita'   di   vigilanza   sull'applicazione   della
legislazione  in  materia  di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
nelle seguenti attivita', informandone preventivamente il servizio di
prevenzione  e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per
territorio:
    a) attivita'  nel  settore  delle  costruzioni  edili  o di genio
civile  e  piu'  in  particolare lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse,
permanenti  o  temporanee,  in  muratura  e  in cemento armato, opere
stradali,  ferroviarie,  idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di
elementi  prefabbricati;  lavori  in  sotterraneo  e  gallerie, anche
comportanti l'impiego di esplosivi;
    b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
    c) ulteriori     attivita'    lavorative    comportanti    rischi
particolarmente  elevati,  individuate con decreto del Presidente del
Consiglio  dei  Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza  sociale,  e della salute, adottato sentito il comitato di
cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano,  in  relazione  alle  quali  il  personale ispettivo del
Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale svolge attivita' di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza  nei  luoghi  di  lavoro,  informandone  preventivamente il
servizio  di  prevenzione  e  sicurezza dell'Azienda sanitaria locale
competente per territorio.
  3.  In  attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza  sui  luoghi  di  lavoro,  restano  ferme  le competenze in
materia   di  salute  e  sicurezza  dei  lavoratori  attribuite  alle
autorita'  marittime  a  bordo delle navi ed in ambito portuale, agli
uffici  di  sanita'  aerea  e  marittima,  alle autorita' portuali ed
aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo
di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche'
ai  servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le
Forze  di  polizia  e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono
competenti  altresi'  per  le aree riservate o operative e per quelle
che  presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che
riguarda  le  modalita'  di  attuazione,  con  decreto  del  Ministro
competente,  di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale  e  della  salute.  L'Amministrazione  della  giustizia  puo'
avvalersi  dei  servizi  istituiti  per le Forze armate e di polizia,
anche  mediante  convenzione  con i rispettivi Ministeri, nonche' dei
servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
  4.  La  vigilanza  di  cui  al  presente articolo e' esercitata nel
rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
  5.  Il  personale  delle  pubbliche amministrazioni, assegnato agli
uffici  che  svolgono  attivita'  di vigilanza, non puo' prestare, ad
alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di
consulenza.
  6.  L'importo  delle  somme  che  l'ASL,  in  qualita' di organo di
vigilanza,   ammette   a  pagare  in  sede  amministrativa  ai  sensi
dell'articolo 21,  comma 2,  primo  periodo,  del decreto legislativo
19 dicembre  1994,  n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per
finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai
dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
  7.  E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  19 marzo 1956, n. 303, con riferimento
agli  organi  di  vigilanza competenti, come individuati dal presente
decreto.

        
                    Note all'art. 13:
              - Il  testo  del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
          300  (Riforma  dell'organizzazione  del  Governo,  a  norma
          dell'art.   11   della   legge   15 marzo   1997,  n.  59),
          e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 30 agosto 1999, n.
          203, supplemento ordinario.
              - Il  testo  dell'art.  21, comma 2, primo periodo, del
          citato decreto legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
              «Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. (Omissis).
              2.  Quando  risulta  l'adempimento  alla  prescrizione,
          l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
          sede  amministrativa,  nel  termine  di  trenta giorni, una
          somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
          la contravvenzione commessa.».
              - Il   Testo   dell'art.  64  del  citato  decreto  del
          Presidente   delle  Repubblica  n.  303  del  1956,  e'  il
          seguente:
              «Art.  64 (Ispezioni). - Gli ispettori del lavoro hanno
          facolta'  di  visitare,  in  qualsiasi  momento  ed in ogni
          parte,  i  luoghi  di  lavoro  e le relative dipendenze, di
          sottoporre   a   visita   medica   il  personale  occupato,
          di prelevare  campioni  di  materiali  o  prodotti ritenuti
          nocivi,  e  altresi'  di  chiedere  al datore di lavoro, ai
          dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che
          ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in
          esse comprese quelle sui processi di lavorazione.
              Gli  ispettori  del  lavoro  hanno facolta' di prendere
          visione,  presso  gli ospedali ed eventualmente di chiedere
          copia,  della  documentazione  clinica  dei  lavoratori per
          malattie dovute a cause lavorative o presunte tali.
              Gli  ispettori  del  lavoro devono mantenere il segreto
          sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti
          dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.».

        
      
          
Capo II

Sistema istituzionale

 
 
                              Art. 14.
Disposizioni  per  il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela
               della salute e sicurezza dei lavoratori

  1.  Al  fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei
lavoratori,  nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e
irregolare,  ferme  restando  le  attribuzioni  del  coordinatore per
l'esecuzione  dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e),
gli  organi  di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale,   anche  su  segnalazione  delle  amministrazioni  pubbliche
secondo  le  rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di
sospensione   di  un'attivita'  imprenditoriale  qualora  riscontrino
l'impiego  di  personale  non  risultante  dalle scritture o da altra
documentazione  obbligatoria  in  misura  pari  o superiore al 20 per
cento  del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero
in  caso  di  reiterate  violazioni  della  disciplina  in materia di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale,
di  cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003,
n.   66,  e  successive  modificazioni,  considerando  le  specifiche
gravita'  di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso di
gravi  e  reiterate  violazioni  in  materia di tutela della salute e
della  sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del
lavoro  e  della  previdenza  sociale, adottato sentita la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato
decreto,  le  violazioni  in  materia  di tutela della salute e della
sicurezza  sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione
del  provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono
quelle  individuate  nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di
sospensione   e'   comunicata  all'Autorita'  per  la  vigilanza  sui
contratti   pubblici   di   lavori,   servizi   e  forniture  di  cui
all'articolo 6  del  decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al
Ministero   delle  infrastrutture,  per  gli  aspetti  di  rispettiva
competenza,  al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo
alla   contrattazione   con  le  pubbliche  amministrazioni  ed  alla
partecipazione   a   gare   pubbliche  di  durata  pari  alla  citata
sospensione  nonche'  per un eventuale ulteriore periodo di tempo non
inferiore  al  doppio  della  durata della sospensione e comunque non
superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano
anche  con  riferimento  ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai
provvedimenti  del presente articolo non si applicano le disposizioni
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
  2.  I  poteri  e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli
organi  di  vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento
all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui
al comma 1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le
disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo
8 marzo 2006, n. 139.
  3.  Il  provvedimento  di sospensione puo' essere revocato da parte
dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
  4.   E'  condizione  per  la  revoca  del  provvedimento  da  parte
dell'organo  di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale di cui al comma 1:
    a) la   regolarizzazione  dei  lavoratori  non  risultanti  dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria;
    b) l'accertamento  del  ripristino  delle  regolari condizioni di
lavoro  nelle  ipotesi  di  reiterate  violazioni della disciplina in
materia  di  superamento  dei  tempi  di lavoro, riposo giornaliero e
settimanale,  di  cui  al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e
successive  modificazioni,  o  di  gravi e reiterate violazioni della
disciplina  in  materia  di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro;
    c) il  pagamento  di  una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500
rispetto a quelle di cui al comma 6.
  5.   E'  condizione  per  la  revoca  del  provvedimento  da  parte
dell'organo  di  vigilanza  delle  aziende sanitarie locali di cui al
comma 2:
    a) l'accertamento  del  ripristino  delle  regolari condizioni di
lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
    b) il  pagamento  di  una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500
rispetto a quelle di cui al comma 6.
  6.  E'  comunque  fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali,
civili e amministrative vigenti.
  7.  L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c),
integra   la   dotazione   del   Fondo   per   l'occupazione  di  cui
all'articolo 1,  comma 7,  del  decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed
e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro
sommerso  ed  irregolare  individuati  con  decreto  del Ministro del
lavoro  e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma 1156,
lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
  8.  L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b),
integra  l'apposito  capitolo regionale per finanziare l'attivita' di
prevenzione nei luoghi di lavoro.
  9.  Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e'
ammesso  ricorso,  entro  30  giorni, rispettivamente, alla Direzione
regionale  del  lavoro  territorialmente  competente  e al presidente
della  Giunta  regionale,  i  quali  si pronunciano nel termine di 15
giorni  dalla  notifica  del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo
termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
  10.  Il  datore  di  lavoro  che  non ottempera al provvedimento di
sospensione  di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino
a sei mesi.
  11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza
sul  lavoro  di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo
si  applicano  nel  rispetto delle competenze in tema di vigilanza in
materia.

        
                    Note all'art. 14:
              - Il   testo  degli  articoli 4,  7  e  9  del  decreto
          legislativo   8 aprile   2003,   n.  66  (Attuazione  della
          direttiva    93/104/CE   e   della   direttiva   2000/34/CE
          concernenti  taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario
          di lavoro), e' il seguente:
              «Art.  4 (Durata massima dell'orario di lavoro). - 1. I
          contratti  collettivi  di  lavoro  stabiliscono  la  durata
          massima settimanale dell'orario di lavoro.
              2.  La  durata  media dell'orario di lavoro non puo' in
          ogni  caso  superare,  per ogni periodo di sette giorni, le
          quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
              3.  Ai  fini  della  disposizione di cui al comma 2, la
          durata  media  dell'orario  di lavoro deve essere calcolata
          con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
              4.  I  contratti  collettivi  di lavoro possono in ogni
          caso  elevare  il  limite di cui al comma 3 fino a sei mesi
          ovvero  fino  a  dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,
          tecniche   o   inerenti   all'organizzazione   del  lavoro,
          specificate negli stessi contratti collettivi.
              5.  In  caso  di  superamento  delle quarantotto ore di
          lavoro   settimanale,   attraverso  prestazioni  di  lavoro
          straordinario,  per  le unita' produttive che occupano piu'
          di  dieci  dipendenti  il  datore  di  lavoro  e'  tenuto a
          informare,  entro  trenta giorni dalla scadenza del periodo
          di  riferimento  di  cui  ai  precedenti  commi 3  e  4, la
          Direzione  provinciale  del  lavoro - Settore ispezione del
          lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di
          lavoro  possono  stabilire  le  modalita'  per adempiere al
          predetto obbligo di comunicazione».
              «Art.  7  (Riposo  giornaliero). - 1. Ferma restando la
          durata  normale  dell'orario  settimanale, il lavoratore ha
          diritto   a   undici   ore   di   riposo  consecutivo  ogni
          ventiquattro  ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito
          in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate
          da periodi di lavoro frazionati durante la giornata».
              «Art.  9  (Riposi  settimanali).  - 1. Il lavoratore ha
          diritto  ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno
          ventiquattro  ore consecutive, di regola in coincidenza con
          la  domenica,  da cumulare con le ore di riposo giornaliero
          di cui all'art. 7.
              2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
                a) le  attivita'  di lavoro a turni ogni volta che il
          lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine
          del  servizio  di  una  squadra  e l'inizio di quello della
          squadra  successiva,  di  periodi  di  riposo giornaliero o
          settimanale;
                b) le  attivita'  caratterizzate da periodi di lavoro
          frazionati durante la giornata;
                c) per  il  personale  che  lavora  nel  settore  dei
          trasporti ferroviari: le attivita' discontinue; il servizio
          prestato  a  bordo dei treni; le attivita' connesse con gli
          orari   del   trasporto   ferroviario   che  assicurano  la
          continuita' e la regolarita' del traffico ferroviario;
                d) i    contratti    collettivi   possono   stabilire
          previsioni  diverse, nel rispetto delle condizioni previste
          dall'art. 17, comma 4.
              3.  Il  riposo  di  ventiquattro  ore  consecutive puo'
          essere  fissato  in un giorno diverso dalla domenica e puo'
          essere  attuato mediante turni per il personale interessato
          a  modelli  tecnico-organizzativi di turnazione particolare
          ovvero   addetto   alle   attivita'   aventi   le  seguenti
          caratteristiche:
                a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso
          di   forni   a   combustione  o  a  energia  elettrica  per
          l'esercizio  di  processi  caratterizzati dalla continuita'
          della   combustione   ed   operazioni   collegate,  nonche'
          attivita'  industriali  ad  alto  assorbimento  di  energia
          elettrica ed operazioni collegate;
                b) attivita' industriali il cui processo richieda, in
          tutto  o  in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni
          tecniche;
                c) industrie  stagionali  per  le  quali  si  abbiano
          ragioni  di  urgenza  riguardo  alla  materia  prima  o  al
          prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della
          loro  utilizzazione,  comprese  le  industrie  che trattano
          materie  prime  di  facile deperimento ed il cui periodo di
          lavorazione  si  svolge  in  non  piu'  di 3 mesi all'anno,
          ovvero   quando  nella  stessa  azienda  e  con  lo  stesso
          personale  si  compiano alcune delle suddette attivita' con
          un decorso complessivo di lavorazione superiore a tre mesi;
                d) i   servizi  ed  attivita'  il  cui  funzionamento
          domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi
          interessi  rilevanti  della  collettivita'  ovvero  sia  di
          pubblica utilita';
                e) attivita'  che  richiedano l'impiego di impianti e
          macchinari  ad  alta  intensita'  di  capitali  o  ad  alta
          tecnologia;
                f) attivita'   di   cui   all'art.   7   della  legge
          22 febbraio 1934, n. 370;
                g) attivita'  indicate  agli articoli 11, 12 e 13 del
          decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n.  114,  e  di  cui
          all'art. 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
              4.  Sono  fatte  salve  le  disposizioni  speciali  che
          consentono  la  fruizione  del riposo settimanale in giorno
          diverso  dalla  domenica, nonche' le deroghe previste dalla
          legge 22 febbraio 1934, n. 370.
              5.   Con  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  delle
          politiche  sociali  ovvero,  per i pubblici dipendenti, con
          decreto  del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
          con  il  Ministro  del  lavoro  e  delle politiche sociali,
          adottato  sentite  le organizzazioni sindacali nazionali di
          categoria comparativamente piu' rappresentative, nonche' le
          organizzazioni  nazionali  dei  datori  di  lavoro, saranno
          individuate  le  attivita' aventi le caratteristiche di cui
          al  comma 3,  che  non  siano  gia'  ricomprese nel decreto
          ministeriale  22 giugno  1935,  e  successive  modifiche  e
          integrazioni,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 161
          del  12 luglio  1935,  nonche'  quelle  di  cui al comma 2,
          lettera d),  salve  le eccezioni di cui alle lettere a), b)
          e c).  Con  le  stesse  modalita'  il Ministro del lavoro e
          delle politiche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il
          Ministro  per  la  funzione  pubblica,  di  concerto con il
          Ministro  del  lavoro  e  delle politiche sociali, provvede
          all'aggiornamento   e   alla  integrazione  delle  predette
          attivita'.  Nel caso di cui al comma 2, lettera d), e salve
          le    eccezioni    di   cui   alle   lettere a), b),   e c)
          l'integrazione avra' senz'altro luogo decorsi trenta giorni
          dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.».
              - Il   testo   dell'art.   6  del  decreto  legislativo
          12 aprile  2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti pubblici
          relativi  a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
          direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e' il seguente:
              «Art.  6  (Autorita'  per  la  vigilanza  sui contratti
          pubblici  di  lavori,  servizi  e  forniture).  (art. 81.2,
          direttiva  2004/18;  art.  72.2, direttiva 2004/17; art. 4,
          legge  n.  109/1994; art. 25, comma 1, lettera c), legge n.
          62/2005).  -  1.  L'Autorita'  per  la vigilanza sui lavori
          pubblici,  con  sede  in  Roma, istituita dall'art. 4 della
          legge  11 febbraio 1994, n. 109, assume la denominazione di
          Autorita'  per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di
          lavori, servizi e forniture.
              2. L'Autorita' e' organo collegiale costituito da sette
          membri  nominati  con  determinazione adottata d'intesa dai
          Presidenti  della  Camera  dei  deputati e del Senato della
          Repubblica.  I  membri dell'Autorita', al fine di garantire
          la  pluralita'  delle  esperienze  e delle conoscenze, sono
          scelti  tra  personalita'  che  operano in settori tecnici,
          economici  e  giuridici  con riconosciuta professionalita'.
          L'Autorita' sceglie il presidente tra i propri componenti e
          stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
              3. I membri dell'Autorita' durano in carica cinque anni
          e   non   possono   essere  confermati.  Essi  non  possono
          esercitare,   a   pena   di   decadenza,  alcuna  attivita'
          professionale   o   di   consulenza,   non  possono  essere
          amministratori  o dipendenti di enti pubblici o privati ne'
          ricoprire  altri  uffici  pubblici  di  qualsiasi  natura o
          rivestire  cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti
          politici. I dipendenti pubblici, secondo gli ordinamenti di
          appartenenza,  sono  collocati fuori ruolo o in aspettativa
          per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente
          del  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta  del  Ministro
          dell'economia   e   delle   finanze,   e'   determinato  il
          trattamento economico spettante ai membri dell'Autorita'.
              4. L'Autorita' e' connotata da indipendenza funzionale,
          di giudizio e di valutazione e da autonomia organizzativa.
              5.  L'Autorita' vigila sui contratti pubblici, anche di
          interesse  regionale,  di  lavori,  servizi e forniture nei
          settori  ordinari  e  nei  settori  speciali,  nonche', nei
          limiti   stabiliti   dal  presente  codice,  sui  contratti
          pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito
          di  applicazione  del presente codice, al fine di garantire
          l'osservanza   dei   principi   di   cui   all'art.   2  e,
          segnatamente,  il  rispetto  dei  principi di correttezza e
          trasparenza  delle procedure di scelta del contraente, e di
          economica  ed  efficiente esecuzione dei contratti, nonche'
          il  rispetto  delle  regole della concorrenza nelle singole
          procedure di gara.
              6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorita'
          amministrative indipendenti.
              7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da
          altre norme, l'Autorita':
                a) vigila     sull'osservanza     della    disciplina
          legislativa e regolamentare vigente, verificando, anche con
          indagini  campionarie,  la  regolarita'  delle procedure di
          affidamento;
                b) vigila   sui   contratti   di   lavori,   servizi,
          forniture,  esclusi  in  tutto  o  in  parte dall'ambito di
          applicazione   del   presente   codice,   verificando,  con
          riferimento  alle  concrete  fattispecie  contrattuali,  la
          legittimita'  della  sottrazione  al  presente  codice e il
          rispetto  dei  principi  relativi ai contratti esclusi; non
          sono  soggetti a obblighi di comunicazione all'Osservatorio
          ne'  a  vigilanza  dell'Autorita'  i  contratti di cui agli
          articoli 16, 17, 18;
                c) vigila  affinche' sia assicurata l'economicita' di
          esecuzione dei contratti pubblici;
                d) accerta  che dall'esecuzione dei contratti non sia
          derivato pregiudizio per il pubblico erario;
                e) segnala  al  Governo e al Parlamento, con apposita
          comunicazione,    fenomeni    particolarmente    gravi   di
          inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui
          contratti pubblici;
                f) formula   al   Governo  proposte  in  ordine  alle
          modifiche  occorrenti  in  relazione  alla legislazione che
          disciplina   i   contratti  pubblici  di  lavori,  servizi,
          forniture;
                g) formula  al Ministro delle infrastrutture proposte
          per la revisione del regolamento;
                h) predispone  e invia al Governo e al Parlamento una
          relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni
          riscontrate   nel   settore   dei  contratti  pubblici  con
          particolare riferimento:
                  h.1)  alla  frequenza  del  ricorso a procedure non
          concorsuali;
                  h.2)  alla  inadeguatezza  della  pubblicita' degli
          atti;
                  h.3)  allo  scostamento dai costi standardizzati di
          cui all'art. 7;
                  h.4)  alla  frequenza  del  ricorso  a  sospensioni
          dell'esecuzione o a varianti in corso di esecuzione;
                  h.5)   al   mancato  o  tardivo  adempimento  degli
          obblighi   nei   confronti   dei   concessionari   e  degli
          appaltatori;
                  h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
                i) sovrintende all'attivita' dell'Osservatorio di cui
          all'art. 7;
                l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
                m) vigila  sul  sistema  di  qualificazione,  con  le
          modalita'  stabilite  dal  regolamento  di  cui all'art. 5;
          nell'esercizio   di   tale   vigilanza   l'Autorita'   puo'
          annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di
          attestazione,  le  attestazioni  rilasciate  in difetto dei
          presupposti   stabiliti   dalle   norme   vigenti,  nonche'
          sospendere, in via cautelare, dette attestazioni;
                n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o
          piu'  delle  altre  parti,  esprime  parere  non vincolante
          relativamente  a  questioni  insorte durante lo svolgimento
          delle  procedure  di  gara,  eventualmente  formulando  una
          ipotesi  di soluzione; si applica l'art. 1, comma 67, terzo
          periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
                o) svolge  i  compiti previsti dall'art. 1, comma 67,
          legge 23 dicembre 2005, n. 266.
              8.  Quando all'Autorita' e' attribuita la competenza ad
          irrogare   sanzioni   pecuniarie,  le  stesse,  nei  limiti
          edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblico
          cui  le  violazioni  si  riferiscono.  Sono  fatte salve le
          diverse   sanzioni   previste   dalle   norme   vigenti.  I
          provvedimenti dell'Autorita' devono prevedere il termine di
          pagamento  della  sanzione.  La  riscossione della sanzione
          avviene mediante iscrizione a ruolo.
              9.  Nell'ambito  della  propria  attivita'  l'Autorita'
          puo':
                a) richiedere    alle   stazioni   appaltanti,   agli
          operatori  economici  esecutori  dei  contratti, nonche' ad
          ogni  altra  pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche
          regionale,  operatore economico o persona fisica che ne sia
          in   possesso,   documenti,   informazioni   e  chiarimenti
          relativamente  ai  lavori, servizi e forniture pubblici, in
          corso  o  da  iniziare,  al  conferimento  di  incarichi di
          progettazione, agli affidamenti;
                b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di
          chiunque   ne  abbia  interesse,  avvalendosi  anche  della
          collaborazione di altri organi dello Stato;
                c) disporre    perizie   e   analisi   economiche   e
          statistiche nonche' la consultazione di esperti in ordine a
          qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria;
                d) avvalersi  del Corpo della Guardia di Finanza, che
          esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con
          i  poteri  di  indagine  ad  esso  attribuiti ai fini degli
          accertamenti  relativi  all'imposta  sul  valore aggiunto e
          alle imposte sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni
          e   i   dati  acquisiti  dalla  Guardia  di  Finanza  nello
          svolgimento    di    tali    attivita'    sono   comunicati
          all'Autorita'.
              10.   Tutte  le  notizie,  le  informazioni  o  i  dati
          riguardanti  gli operatori economici oggetto di istruttoria
          da   parte   dell'Autorita'   sono   tutelati,   sino  alla
          conclusione   dell'istruttoria  medesima,  dal  segreto  di
          ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
          I  funzionari  dell'Autorita',  nell'esercizio  delle  loro
          funzioni,  sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal
          segreto d'ufficio.
              11.  Con  provvedimento  dell'Autorita',  i soggetti ai
          quali  e'  richiesto  di  fornire  gli  elementi  di cui al
          comma 9   sono   sottoposti  alla  sanzione  amministrativa
          pecuniaria  fino a euro 25.822,00 se rifiutano od omettono,
          senza  giustificato motivo, di fornire le informazioni o di
          esibire  i  documenti,  ovvero alla sanzione amministrativa
          pecuniaria fino a euro 51.545,00 se forniscono informazioni
          od  esibiscono  documenti non veritieri. Le stesse sanzioni
          si  applicano  agli operatori economici che non ottemperano
          alla   richiesta  della  stazione  appaltante  o  dell'ente
          aggiudicatore  di  comprovare  il possesso dei requisiti di
          partecipazione  alla procedura di affidamento, nonche' agli
          operatori  economici  che  forniscono  dati o documenti non
          veritieri,    circa    il   possesso   dei   requisiti   di
          qualificazione,   alle  stazioni  appaltanti  o  agli  enti
          aggiudicatori a agli organismi di attestazione.
              12. Qualora i soggetti ai quali e' richiesto di fornire
          gli  elementi di cui al comma 9 appartengano alle pubbliche
          amministrazioni,  si  applicano  le  sanzioni  disciplinari
          previste   dai   rispettivi  ordinamenti.  Il  procedimento
          disciplinare  e' instaurato dall'amministrazione competente
          su  segnalazione  dell'Autorita'  e  il  relativo  esito va
          comunicato all'Autorita' medesima.
              13.   Qualora  accerti  l'esistenza  di  irregolarita',
          l'Autorita'  trasmette  gli  atti  e  i propri rilievi agli
          organi  di controllo e, se le irregolarita' hanno rilevanza
          penale,  agli  organi  giurisdizionali  competenti. Qualora
          l'Autorita'  accerti  che  dalla  esecuzione  dei contratti
          pubblici  derivi  pregiudizio  per  il pubblico erario, gli
          atti   e   i  rilievi  sono  trasmessi  anche  ai  soggetti
          interessati   e  alla  procura  generale  della  Corte  dei
          conti.».
              - Il  testo  della  legge 7 agosto 1990, n. 241, (Nuove
          norme  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e  di
          diritto   di   accesso  ai  documenti  amministrativi),  e'
          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192.
              - Il  testo  degli  articoli 16,  19  e  20 del decreto
          legislativo   8 marzo   2006,   n.   139  (Riassetto  delle
          disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo
          nazionale  dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della
          legge 29 luglio 2003, n. 229), e' il seguente:
              «Art. 16 (Certificato di prevenzione incendi). (art. 4,
          legge  26 luglio  1965,  n.  966;  art. 1, legge 7 dicembre
          1984,   n.  818;  art.  3,  decreto  del  Presidente  della
          Repubblica  12 gennaio  1998,  n. 37; articoli 13, 14 e 17,
          decreto  del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
          577). - 1. Il certificato di prevenzione incendi attesta il
          rispetto  delle  prescrizioni  previste  dalla normativa di
          prevenzione  incendi  e  la  sussistenza  dei  requisiti di
          sicurezza  antincendio  nei  locali,  attivita',  depositi,
          impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione
          alla  detenzione  ed  all'impiego di prodotti infiammabili,
          incendiabili   o  esplodenti  che  comportano  in  caso  di
          incendio  gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei
          beni  ed  in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza,
          con  decreto  del Presidente della Repubblica, da emanare a
          norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
          400,  su  proposta  del  Ministro  dell'interno, sentito il
          Comitato  centrale  tecnico-scientifico  per la prevenzione
          incendi.  Con  lo  stesso  decreto e' fissato il periodo di
          validita' del certificato per le attivita' ivi individuate.
              2.  Il certificato di prevenzione incendi e' rilasciato
          dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su
          istanza   dei   soggetti   responsabili   delle   attivita'
          interessate, a conclusione di un procedimento che comprende
          il  preventivo  esame  ed  il  parere  di  conformita'  sui
          progetti,  finalizzati  all'accertamento  della rispondenza
          dei  progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi,
          e   l'effettuazione   di  visite  tecniche,  finalizzate  a
          valutare  direttamente i fattori di rischio ed a verificare
          la   rispondenza   delle   attivita'   alla   normativa  di
          prevenzione  incendi  e  l'attuazione  delle prescrizioni e
          degli  obblighi  a  carico  dei soggetti responsabili delle
          attivita'  medesime.  Resta  fermo  quanto  previsto  dalle
          prescrizioni in materia di prevenzione incendi a carico dei
          soggetti  responsabili  delle  attivita'  ed  a  carico dei
          soggetti  responsabili  dei progetti e della documentazione
          tecnica richiesta.
              3.   In   relazione   ad  insediamenti  industriali  ed
          attivita'  di  tipo  complesso,  il Comando provinciale dei
          vigili  del  fuoco  puo'  acquisire,  ai fini del parere di
          conformita'  sui  progetti,  le  valutazioni  del  Comitato
          tecnico  regionale  per  la prevenzione incendi, avvalersi,
          per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal
          Comitato  stesso, nonche' richiedere il parere del Comitato
          centrale tecnico scientifico di cui all'art. 21.
              4.  Ai fini del rilascio del certificato di prevenzione
          incendi, il Comando provinciale dei vigili del fuoco, oltre
          ad   eseguire   direttamente  accertamenti  e  valutazioni,
          acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui
          al  comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti
          la   conformita'   delle   attivita'   alla   normativa  di
          prevenzione  incendi,  rilasciate  da  enti,  laboratori  o
          professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati
          ed  iscritti,  a domanda, in appositi elenchi del Ministero
          dell'interno.    Il   rilascio   delle   autorizzazioni   e
          l'iscrizione  nei  predetti  elenchi  sono  subordinati  al
          possesso  dei  requisiti stabiliti con decreto del Ministro
          dell'interno.
              5.  Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza
          dei  requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione
          incendi,  il  Comando  provinciale non provvede al rilascio
          del  certificato, dandone comunicazione all'interessato, al
          sindaco,  al  prefetto e alle altre autorita' competenti ai
          fini  dei  provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti.
          Le determinazioni assunte dal Comando provinciale sono atti
          definitivi.
              6.  Indipendentemente  dal  periodo  di  validita'  del
          certificato   di   prevenzione  incendi  stabilito  con  il
          regolamento  di  cui al comma 1, l'obbligo di richiedere un
          nuovo  certificato  ricorre  quando  vi  sono  modifiche di
          lavorazione  o di strutture, nei casi di nuova destinazione
          dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle
          sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi
          e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni
          di sicurezza precedentemente accertate.
              7.  Con decreto del Presidente della Repubblica emanato
          a  norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,
          n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sono dettate
          le  disposizioni  attuative relative al procedimento per il
          rilascio  del  certificato  di  prevenzione  incendi.  Esso
          disciplina  inoltre:  il  procedimento  per  il rinnovo del
          certificato  medesimo;  il procedimento per il rilascio del
          provvedimento  di  deroga all'osservanza della normativa di
          prevenzione  incendi,  in relazione agli insediamenti, agli
          impianti  e  alle  attivita'  in essi svolte che presentino
          caratteristiche   tali   da   non   consentire  l'integrale
          osservanza  della normativa medesima; gli obblighi a carico
          dei soggetti responsabili delle attivita'.
              8.   Resta   fermo   quanto   previsto   al   punto  28
          dell'allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340.».
              «Art.  19  (Vigilanza).  (art.  23, decreto legislativo
          19 settembre  1994,  n.  626).  -  1.  Il  Corpo  nazionale
          esercita,   con   i  poteri  di  polizia  amministrativa  e
          giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa
          di   prevenzione   incendi  in  relazione  alle  attivita',
          costruzioni,  impianti,  apparecchiature e prodotti ad essa
          assoggettati.  La  vigilanza  si realizza attraverso visite
          tecniche,  verifiche  e  controlli  disposti  di iniziativa
          dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a
          programmi settoriali per categorie di attivita' o prodotti,
          ovvero  nelle  ipotesi di situazioni di potenziale pericolo
          segnalate     o     comunque    rilevate.    Nell'esercizio
          dell'attivita'   di  vigilanza,  il  Corpo  nazionale  puo'
          avvalersi  di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e
          organismi aventi specifica competenza.
              2. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle
          verifiche  e  dei  controlli  e' consentito: l'accesso alle
          attivita',   costruzioni  ed  impianti  interessati,  anche
          durante  l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione,
          immagazzinamento  e  uso  di  apparecchiature  e  prodotti;
          l'acquisizione   delle   informazioni   e   dei   documenti
          necessari;  il  prelievo  di  campioni  per l'esecuzione di
          esami   e   prove   e   ogni   altra  attivita'  necessaria
          all'esercizio della vigilanza.
              3.  Qualora  nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza
          siano  rilevate condizioni di rischio, l'inosservanza della
          normativa  di prevenzione incendi ovvero l'inadempimento di
          prescrizioni  e obblighi a carico dei soggetti responsabili
          delle  attivita',  il  Corpo nazionale adotta, attraverso i
          propri  organi,  i provvedimenti di urgenza per la messa in
          sicurezza  delle opere e da' comunicazione dell'esito degli
          accertamenti   effettuati   ai   soggetti  interessati,  al
          sindaco,  al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai
          fini  degli  atti  e  delle  determinazioni da assumere nei
          rispettivi ambiti di competenza.».
              «Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attivita).
          (articoli 1, 5, commi 1 e 2, legge 7 dicembre 1984, n. 818;
          art.  2,  legge  26 luglio 1965, n. 966). - 1. Chiunque, in
          qualita'  di  titolare  di  una delle attivita' soggette al
          rilascio  del certificato di prevenzione incendi, ometta di
          richiedere   il  rilascio  o  il  rinnovo  del  certificato
          medesimo  e'  punito  con  l'arresto  sino ad un anno o con
          l'ammenda  da  258  euro  a 2.582 euro, quando si tratta di
          attivita'  che  comportano  la  detenzione  e  l'impiego di
          prodotti  infiammabili,  incendiabili  o esplodenti, da cui
          derivano   in   caso   di   incendio   gravi  pericoli  per
          l'incolumita'  della vita e dei beni, da individuare con il
          decreto del Presidente della Repubblica. previsto dall'art.
          16, comma 1.
              2.  Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese
          ai  fini  del  rilascio  o  del  rinnovo del certificato di
          prevenzione  incendi, attesti fatti non rispondenti al vero
          e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la
          multa  da  103 euro a 516 euro. La stessa pena si applica a
          chi  falsifica  o  altera le certificazioni e dichiarazioni
          medesime.
              3.  Ferme  restando  le  sanzioni penali previste dalle
          disposizioni   vigenti,   il   prefetto  puo'  disporre  la
          sospensione  dell'attivita' nelle ipotesi in cui i soggetti
          responsabili  omettano di richiedere: il rilascio ovvero il
          rinnovo  del  certificato di prevenzione incendi; i servizi
          di   vigilanza   nei   locali  di  pubblico  spettacolo  ed
          intrattenimento   e   nelle   strutture  caratterizzate  da
          notevole  presenza  di  pubblico  per  i  quali  i  servizi
          medesimi  sono obbligatori. La sospensione e' disposta fino
          all'adempimento dell'obbligo.».
              - Il  testo  del  citato  decreto legislativo n. 66 del
          2003 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003,
          n. 87, supplemento ordinario.
              - Il  testo  dell'art.  1,  comma 7,  del decreto-legge
          20 maggio  1993,  n.  148  (Interventi  urgenti  a sostegno
          dell'occupazione),   convertito  con  modificazioni,  dalla
          legge 19 luglio 1993, n. 236, e' il seguente:
              «Art. 1 (Fondo per l'occupazione). - 1. - 6. (Omissis).
              7.  Per  le  finalita'  di  cui  al  presente  art.  e'
          istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza
          sociale   il  Fondo  per  l'occupazione,  alimentato  dalle
          risorse  di  cui  all'autorizzazione  di spesa stabilita al
          comma 8,   nel   quale   confluiscono  anche  i  contributi
          comunitari  destinati  al finanziamento delle iniziative di
          cui  al  presente  articolo, su richiesta del Ministero del
          lavoro  e  della  previdenza  sociale. A tale ultimo fine i
          contributi affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato
          per essere riassegnati al predetto Fondo:».
              - Il  testo  dell'art. 1, comma 1156, lettera g), della
          citata legge n. 296 del 2006, e' il seguente:
                «g)   il  Ministro  del  lavoro  e  della  previdenza
          sociale,  con  proprio  decreto, dispone annualmente di una
          quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle risorse
          disponibili  del Fondo medesimo, per interventi strutturali
          ed   innovativi  volti  a  migliorare  e  riqualificare  la
          capacita'  di  azione  istituzionale  e  l'informazione dei
          lavoratori  e  delle  lavoratrici  in  materia  di lotta al
          lavoro   sommerso   ed   irregolare,  promozione  di  nuova
          occupazione,  tutela  della  salute  e  della sicurezza dei
          lavoratori,  iniziative in materia di protezione sociale ed
          in  ogni  altro  settore  di  competenza  del Ministero del
          lavoro e della previdenza sociale;».

        
      
          
Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

 
 
                              Art. 15.
                      Misure generali di tutela

  1.  Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
    a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
    b) la  programmazione  della  prevenzione, mirata ad un complesso
che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive dell'azienda nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente
e dell'organizzazione del lavoro;
    c) l'eliminazione  dei  rischi  e, ove cio' non sia possibile, la
loro  riduzione  al  minimo in relazione alle conoscenze acquisite in
base al progresso tecnico;
    d) il  rispetto  dei  principi ergonomici nell'organizzazione del
lavoro,  nella  concezione  dei  posti  di lavoro, nella scelta delle
attrezzature  e  nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,
in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro
monotono e di quello ripetitivo;
    e) la riduzione dei rischi alla fonte;
    f) la  sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo
e', o e' meno pericoloso;
    g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o
che possono essere, esposti al rischio;
    h) l'utilizzo  limitato  degli agenti chimici, fisici e biologici
sui luoghi di lavoro;
    i) la  priorita'  delle  misure di protezione collettiva rispetto
alle misure di protezione individuale;
    l) il controllo sanitario dei lavoratori;
    m) l'allontanamento  del  lavoratore  dall'esposizione al rischio
per  motivi  sanitari  inerenti  la  sua  persona e l'adibizione, ove
possibile, ad altra mansione;
    n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
    o) l'informazione   e  formazione  adeguate  per  dirigenti  e  i
preposti;
    p) l'informazione  e formazione adeguate per i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
    q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
    r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
    s) la  partecipazione  e  consultazione  dei  rappresentanti  dei
lavoratori per la sicurezza;
    t) la   programmazione   delle   misure  ritenute  opportune  per
garantire  il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche
attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;
    u) le  misure  di emergenza da attuare in caso di primo soccorso,
di  lotta  antincendio,  di  evacuazione dei lavoratori e di pericolo
grave e immediato;
    v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
    z) la  regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti,
con  particolare  riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita'
alla indicazione dei fabbricanti.
  2.  Le  misure  relative  alla sicurezza, all'igiene ed alla salute
durante  il  lavoro  non  devono  in  nessun  caso  comportare  oneri
finanziari per i lavoratori.

        
      
          
Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

 
 
                              Art. 16.
                         Delega di funzioni

  1.  La  delega  di  funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
    a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
    b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita'
ed   esperienza  richiesti  dalla  specifica  natura  delle  funzioni
delegate;
    c)   che   essa   attribuisca  al  delegato  tutti  i  poteri  di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura
delle funzioni delegate;
    d)   che  essa  attribuisca  al  delegato  l'autonomia  di  spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
    e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
  2.  Alla  delega  di  cui  al  comma 1  deve essere data adeguata e
tempestiva pubblicita'.
  3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo
al  datore  di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del
delegato  delle  funzioni  trasferite.  La vigilanza si esplica anche
attraverso  i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30,
comma 4.

        
      
          
Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

 
 
                              Art. 17.
            Obblighi del datore di lavoro non delegabili

  1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
    a) la   valutazione   di   tutti  i  rischi  con  la  conseguente
elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
    b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi.

        
      
          
Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

 
 
                              Art. 18.
            Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

  1.   Il  datore  di  lavoro,  che  esercita  le  attivita'  di  cui
all'articolo 3,  e  i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse
attivita'  secondo  le  attribuzioni  e competenze ad essi conferite,
devono:
    a)  nominare  il  medico  competente  per  l'effettuazione  della
sorveglianza   sanitaria  nei  casi  previsti  dal  presente  decreto
legislativo.
    b)    designare    preventivamente    i   lavoratori   incaricati
dell'attuazione   delle   misure   di  prevenzione  incendi  e  lotta
antincendio,  di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo
grave  e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di
gestione dell'emergenza;
    c)  nell'affidare  i  compiti  ai  lavoratori, tenere conto delle
capacita'  e  delle  condizioni  degli  stessi  in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza;
    d)  fornire  ai  lavoratori  i  necessari e idonei dispositivi di
protezione  individuale,  sentito  il  responsabile  del  servizio di
prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
    e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori
che  hanno  ricevuto  adeguate  istruzioni  e specifico addestramento
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
    f)  richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme  vigenti,  nonche'  delle  disposizioni aziendali in materia di
sicurezza  e  di  igiene  del lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi  e  dei dispositivi di protezione individuali messi a loro
disposizione;
    g)  richiedere  al  medico competente l'osservanza degli obblighi
previsti a suo carico nel presente decreto;
    h)  adottare  le  misure  per  il  controllo  delle situazioni di
rischio   in   caso  di  emergenza  e  dare  istruzioni  affinche'  i
lavoratori,  in  caso  di  pericolo  grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
    i)  informare  il  piu'  presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
    l)   adempiere   agli  obblighi  di  informazione,  formazione  e
addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
    m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di
tutela  della  salute  e  sicurezza,  dal richiedere ai lavoratori di
riprendere  la  loro  attivita'  in  una  situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave e immediato;
    n)   consentire   ai   lavoratori   di  verificare,  mediante  il
rappresentante  dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute;
    o)  consegnare  tempestivamente  al rappresentante dei lavoratori
per  la  sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della
sua  funzione,  copia  del documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), nonche' consentire al medesimo rappresentante di accedere
ai dati di cui alla lettera r);
    p)  elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su
richiesta   di  questi  e  per  l'espletamento  della  sua  funzione,
consegnarne  tempestivamente  copia  ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
    q)  prendere  appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche   adottate  possano  causare  rischi  per  la  salute  della
popolazione    o    deteriorare    l'ambiente   esterno   verificando
periodicamente la perdurante assenza di rischio;
    r)   comunicare   all'INAIL,  o  all'IPSEMA,  in  relazione  alle
rispettive  competenze,  a  fini  statistici  e  informativi,  i dati
relativi  agli  infortuni  sul  lavoro  che comportino un'assenza dal
lavoro  di  almeno  un  giorno,  escluso quello dell'evento e, a fini
assicurativi,  le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che
comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
    s)  consultare  il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
    t)  adottare  le  misure  necessarie  ai  fini  della prevenzione
incendi  e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso
di  pericolo  grave  e  immediato,  secondo  le  disposizioni  di cui
all'articolo 43.  Tali  misure  devono  essere  adeguate  alla natura
dell'attivita',    alle   dimensioni   dell'azienda   o   dell'unita'
produttiva, e al numero delle persone presenti;
    u)  nell'ambito  dello  svolgimento  di  attivita'  in  regime di
appalto  e  di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di
riconoscimento,  corredata  di  fotografia, contenente le generalita'
del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
    v)  nelle  unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare
la riunione periodica di cui all'articolo 35;
    z)  aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
sicurezza  del  lavoro,  o  in relazione al grado di evoluzione della
tecnica della prevenzione e della protezione;
    aa)   comunicare   annualmente   all'INAIL   i   nominativi   dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
    bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di
sorveglianza  sanitaria  non  siano  adibiti alla mansione lavorativa
specifica senza il prescritto giudizio di idoneita'.
  2.  Il  datore  di  lavoro  fornisce  al  servizio di prevenzione e
protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
    a) la natura dei rischi;
    b) l'organizzazione  del lavoro, la programmazione e l'attuazione
delle misure preventive e protettive;
    c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
    d) i  dati  di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle
malattie professionali;
    e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
  3.   Gli   obblighi  relativi  agli  interventi  strutturali  e  di
manutenzione  necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto
legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso
a  pubbliche  amministrazioni  o  a  pubblici uffici, ivi comprese le
istituzioni    scolastiche    ed    educative,   restano   a   carico
dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla
loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal
presente  decreto  legislativo, relativamente ai predetti interventi,
si  intendono  assolti,  da parte dei dirigenti o funzionari preposti
agli  uffici  interessati,  con  la  richiesta  del  loro adempimento
all'amministrazione  competente  o  al  soggetto  che ne ha l'obbligo
giuridico.

        
      
          
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                              Art. 19.
                        Obblighi del preposto

  1.   In  riferimento  alle  attivita'  indicate  all'articolo 3,  i
preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
    a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli
lavoratori  dei  loro  obblighi  di legge, nonche' delle disposizioni
aziendali  in  materia  di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei
mezzi  di  protezione  collettivi  e  dei  dispositivi  di protezione
individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della
inosservanza, informare i loro superiori diretti;
    b) verificare  affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto
adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio
grave e specifico;
    c) richiedere  l'osservanza  delle  misure per il controllo delle
situazioni  di  rischio  in  caso  di  emergenza  e  dare  istruzioni
affinche'  i  lavoratori,  in  caso  di  pericolo  grave, immediato e
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
    d) informare  il  piu'  presto  possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
    e) astenersi,   salvo   eccezioni   debitamente   motivate,   dal
richiedere  ai  lavoratori  di  riprendere  la  loro attivita' in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
    f) segnalare  tempestivamente  al datore di lavoro o al dirigente
sia  le  deficienze  dei  mezzi  e delle attrezzature di lavoro e dei
dispositivi  di  protezione individuale, sia ogni altra condizione di
pericolo  che  si  verifichi  durante  il lavoro, delle quali venga a
conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
    g) frequentare   appositi  corsi  di  formazione  secondo  quanto
previsto dall'articolo 37.

        
      
          
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                              Art. 20.
                       Obblighi dei lavoratori

  1.  Ogni  lavoratore  deve  prendersi  cura  della propria salute e
sicurezza  e  di  quella  delle  altre  persone presenti sul luogo di
lavoro,  su  cui  ricadono  gli effetti delle sue azioni o omissioni,
conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti
dal datore di lavoro.
  2. I lavoratori devono in particolare:
    a) contribuire,  insieme  al  datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti,  all'adempimento  degli  obblighi  previsti  a tutela della
salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
    b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore
di  lavoro,  dai  dirigenti  e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
    c) utilizzare   correttamente   le  attrezzature  di  lavoro,  le
sostanze  e  i  preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i
dispositivi di sicurezza;
    d) utilizzare  in  modo  appropriato  i dispositivi di protezione
messi a loro disposizione;
    e) segnalare  immediatamente  al datore di lavoro, al dirigente o
al  preposto  le  deficienze  dei mezzi e dei dispositivi di cui alle
lettere c)  e d),  nonche' qualsiasi eventuale condizione di pericolo
di  cui  vengano  a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza,  nell'ambito delle proprie competenze e possibilita' e fatto
salvo  l'obbligo  di  cui  alla lettera f) per eliminare o ridurre le
situazioni  di  pericolo  grave  e  incombente,  dandone  notizia  al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
    f) non  rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi
di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
    g) non  compiere  di  propria iniziativa operazioni o manovre che
non  sono  di  loro  competenza  ovvero  che possono compromettere la
sicurezza propria o di altri lavoratori;
    h) partecipare  ai  programmi  di  formazione  e di addestramento
organizzati dal datore di lavoro;
    i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto
legislativo o comunque disposti dal medico competente.
  3.  I  lavoratori  di  aziende  che svolgono attivita' in regime di
appalto   o   subappalto,   devono   esporre   apposita   tessera  di
riconoscimento,  corredata  di  fotografia, contenente le generalita'
del  lavoratore  e  l'indicazione  del datore di lavoro. Tale obbligo
grava   anche   in   capo   ai  lavoratori  autonomi  che  esercitano
direttamente  la  propria  attivita'  nel medesimo luogo di lavoro, i
quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

        
      
          
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                              Art. 21.
Disposizioni  relative  ai  componenti  dell'impresa familiare di cui
   all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

  1.  I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis
del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi
ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori
di  cui  all'articolo 2083  del codice civile e i soci delle societa'
semplici operanti nel settore agricolo devono:
    a) utilizzare   attrezzature   di   lavoro  in  conformita'  alle
disposizioni di cui al titolo III;
    b) munirsi   di   dispositivi   di   protezione   individuale  ed
utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
    c) munirsi  di  apposita  tessera  di riconoscimento corredata di
fotografia,  contenente le proprie generalita', qualora effettuino la
loro  prestazione  in  un  luogo  di  lavoro  nel  quale  si svolgano
attivita' in regime di appalto o subappalto.
  2.  I  soggetti  di  cui al comma 1, relativamente ai rischi propri
delle  attivita'  svolte  e con oneri a proprio carico hanno facolta'
di:
    a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni
di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme
speciali;
    b) partecipare  a  corsi  di  formazione  specifici in materia di
salute  e  sicurezza  sul  lavoro, incentrati sui rischi propri delle
attivita' svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi
restando gli obblighi previsti da norme speciali.

        
                    Nota all'art. 21:
              - Per  il testo degli articoli 230-bis, 2083 e 2222 del
          codice civile, si veda nota all'art. 3.

        
      
          
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                              Art. 22.
                      Obblighi dei progettisti

  1.  I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti
rispettano  i principi generali di prevenzione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e
scelgono   attrezzature,   componenti  e  dispositivi  di  protezione
rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

        
      
          
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                              Art. 23.
              Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori

  1.  Sono  vietati  la  fabbricazione,  la vendita, il noleggio e la
concessione   in  uso  di  attrezzature  di  lavoro,  dispositivi  di
protezione  individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative  e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza
sul lavoro.
  2.  In  caso  di  locazione  finanziaria  di  beni  assoggettati  a
procedure di attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere
accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

        
      
          
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                              Art. 24.
                     Obblighi degli installatori

  1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro
o  altri  mezzi  tecnici,  per  la  parte  di loro competenza, devono
attenersi  alle  norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

        
      
          
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                              Art. 25.
                   Obblighi del medico competente

  1. Il medico competente:
    a)  collabora  con  il  datore  di  lavoro  e  con il servizio di
prevenzione  e  protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini
della  programmazione,  ove necessario, della sorveglianza sanitaria,
alla  predisposizione  della  attuazione  delle  misure per la tutela
della   salute   e  della  integrita'  psico-fisica  dei  lavoratori,
all'attivita'   di   formazione  e  informazione  nei  confronti  dei
lavoratori,  per  la  parte  di competenza, e alla organizzazione del
servizio  di  primo  soccorso  considerando  i  particolari  tipi  di
lavorazione ed esposizione e le peculiari modalita' organizzative del
lavoro.   Collabora  inoltre  alla  attuazione  e  valorizzazione  di
programmi  volontari di «promozione della salute», secondo i principi
della responsabilita' sociale;
    b)  programma  ed  effettua  la  sorveglianza  sanitaria  di  cui
all'articolo 41  attraverso  protocolli sanitari definiti in funzione
dei  rischi  specifici  e  tenendo  in  considerazione  gli indirizzi
scientifici piu' avanzati;
    c)  istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e
di  rischio,  di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la
propria responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio per ogni
lavoratore  sottoposto  a  sorveglianza  sanitaria.  Nelle  aziende o
unita'  produttive  con  piu'  di  15 lavoratori il medico competente
concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;
    d)  consegna  al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico,
la  documentazione  sanitaria  in  suo  possesso,  nel rispetto delle
disposizioni  di  cui  al  decreto legislativo del 30 giugno 2003, n.
196, e con salvaguardia del segreto professionale;
    e)  consegna  al  lavoratore,  alla  cessazione  del  rapporto di
lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le
informazioni riguardo la necessita' di conservazione;
    f)  invia  all'ISPESL,  esclusivamente  per  via  telematica,  le
cartelle  sanitarie  e  di  rischio  nei  casi  previsti dal presente
decreto  legislativo,  alla  cessazione  del  rapporto di lavoro, nel
rispetto  delle  disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003,  n.  196.  Il  lavoratore interessato puo' chiedere copia delle
predette  cartelle  all'ISPESL  anche attraverso il proprio medico di
medicina generale;
    g)  fornisce  informazioni  ai  lavoratori  sul significato della
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione
ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita' che
comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi', a richiesta,
informazioni   analoghe  ai  rappresentanti  dei  lavoratori  per  la
sicurezza;
    h)  informa  ogni  lavoratore  interessato  dei  risultati  della
sorveglianza  sanitaria  di  cui all'articolo 41 e, a richiesta dello
stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
    i)  comunica  per  iscritto,  in  occasione delle riunioni di cui
all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di
prevenzione  protezione  dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori
per  la  sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza
sanitaria  effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati  ai  fini della attuazione delle misure per la tutela della
salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori;
    l)  visita  gli  ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a
cadenza  diversa  che stabilisce in base alla valutazione dei rischi;
la  indicazione  di una periodicita' diversa dall'annuale deve essere
comunicata  al  datore  di  lavoro  ai fini della sua annotazione nel
documento di valutazione dei rischi;
    m)  partecipa  alla programmazione del controllo dell'esposizione
dei  lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai
fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
    n)  comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli
e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro il
termine  di  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore del presente
decreto.

        
                    Nota all'art. 25:
              - Per  il  testo  del citato decreto legislativo n. 196
          del 2003, si veda nota all'art. 1.

        
      
          
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                              Art. 26.
Obblighi   connessi   ai   contratti   d'appalto   o   d'opera  o  di
                          somministrazione

  1.  Il  datore  di  lavoro,  in  caso  di  affidamento  dei  lavori
all'impresa  appaltatrice  o  a lavoratori autonomi all'interno della
propria  azienda,  o  di  una singola unita' produttiva della stessa,
nonche'   nell'ambito   dell'intero   ciclo  produttivo  dell'azienda
medesima:
    a) verifica,  con  le  modalita'  previste  dal  decreto  di  cui
all'articolo 6,     comma 8,    lettera g),    l'idoneita'    tecnico
professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in
relazione  ai  lavori  da  affidare  in  appalto o mediante contratto
d'opera  o  di  somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore
del  decreto  di  cui al periodo che precede, la verifica e' eseguita
attraverso le seguenti modalita':
    1)  acquisizione  del  certificato  di  iscrizione alla camera di
commercio, industria e artigianato;
    2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice
o  dei  lavoratori  autonomi  del possesso dei requisiti di idoneita'
tecnico  professionale,  ai  sensi  dell'articolo 47  del testo unico
delle   disposizioni   legislative  e  regolamentari  in  materia  di
documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
    b) fornisce  agli  stessi  soggetti  dettagliate informazioni sui
rischi  specifici  esistenti  nell'ambiente  in cui sono destinati ad
operare  e  sulle  misure  di  prevenzione e di emergenza adottate in
relazione alla propria attivita'.
  2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi
i subappaltatori:
    a) cooperano   all'attuazione   delle  misure  di  prevenzione  e
protezione  dai rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa
oggetto dell'appalto;
    b) coordinano  gli  interventi  di  protezione  e prevenzione dai
rischi  cui  sono  esposti  i lavoratori, informandosi reciprocamente
anche  al  fine  di  eliminare  rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori  delle  diverse  imprese  coinvolte nell'esecuzione dell'opera
complessiva.
  3.  Il  datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento  di  cui  al  comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione  dei  rischi che indichi le misure adottate per eliminare
o,  ove  cio'  non  e'  possibile,  ridurre  al  minimo  i  rischi da
interferenze. Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di
opera.  Ai  contratti  stipulati  anteriormente  al 25 agosto 2007 ed
ancora  in  corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui
al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le
disposizioni  del presente comma non si applicano ai rischi specifici
propri  dell'attivita'  delle  imprese  appaltatrici  o  dei  singoli
lavoratori autonomi.
  4.  Ferme  restando  le disposizioni di legge vigenti in materia di
responsabilita'  solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni
e   dei   contributi  previdenziali  e  assicurativi,  l'imprenditore
committente   risponde  in  solido  con  l'appaltatore,  nonche'  con
ciascuno  degli  eventuali  subappaltatori,  per  tutti i danni per i
quali    il    lavoratore,    dipendente   dall'appaltatore   o   dal
subappaltatore,  non  risulti  indennizzato  ad  opera  dell'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)
o  dell'Istituto  di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza
dei rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici
o subappaltatrici.
  5.   Nei   singoli   contratti  di  subappalto,  di  appalto  e  di
somministrazione,  anche  qualora  in essere al momento della data di
entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad
esclusione  dei  contratti  di  somministrazione  di  beni  e servizi
essenziali,  1655,  1656  e  1677  del  codice  civile, devono essere
specificamente    indicati    a    pena    di   nullita'   ai   sensi
dell'articolo 1418  del codice civile i costi relativi alla sicurezza
del  lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo
specifico  appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente
periodo  stipulati  prima  del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza
del  lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora
gli  stessi  contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati
possono  accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per
la  sicurezza  e  gli organismi locali delle organizzazioni sindacali
dei   lavoratori  comparativamente  piu'  rappresentative  a  livello
nazionale.
  6.  Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti
di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori
sono  tenuti  a  valutare  che  il  valore  economico  sia adeguato e
sufficiente  rispetto  al  costo  del lavoro e al costo relativo alla
sicurezza,  il  quale deve essere specificamente indicato e risultare
congruo  rispetto  all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei
servizi  o  delle  forniture. Ai fini del presente comma il costo del
lavoro  e'  determinato  periodicamente,  in  apposite  tabelle,  dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori
economici  previsti  dalla  contrattazione  collettiva  stipulata dai
sindacati  comparativamente  piu'  rappresentativi,  delle  norme  in
materia   previdenziale   ed   assistenziale,   dei  diversi  settori
merceologici  e  delle  differenti  aree territoriali. In mancanza di
contratto  collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato
in  relazione  al  contratto collettivo del settore merceologico piu'
vicino a quello preso in considerazione.
  7.  Per  quanto  non  diversamente disposto dal decreto legislativo
12 aprile  2006,  n.  163, come da ultimo modificate dall'articolo 8,
comma 1,  della  legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in
materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
  8.  Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto
o  subappalto,  il  personale  occupato  dall'impresa  appaltatrice o
subappaltatrice   deve   essere   munito   di   apposita  tessera  di
riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalita' del
lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.

        
                    Note all'art. 26:
              - Il  testo  dell'art.  47  del  decreto del Presidente
          della  Repubblica  28 dicembre  2000,  n.  445 (Testo unico
          delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia
          di documentazione amministrativa (Testo A), e' il seguente:
              «Art.   47   (Dichiarazioni  sostitutive  dell'atto  di
          notorieta).  -  1.  L'atto di notorieta' concernente stati,
          qualita'  personali  o fatti che siano a diretta conoscenza
          dell'interessato  e'  sostituito  da  dichiarazione  resa e
          sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita'
          di cui all'art. 38. (R)
              2.  La  dichiarazione  resa  nell'interesse proprio del
          dichiarante puo' riguardare anche stati, qualita' personali
          e  fatti  relativi  ad  altri  soggetti  di  cui egli abbia
          diretta conoscenza.
              3.  Fatte salve le eccezioni espressamente previste per
          legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i
          concessionari  di  pubblici  servizi,  tutti  gli stati, le
          qualita'  personali  e  i  fatti non espressamente indicati
          nell'art.  46  sono comprovati dall'interessato mediante la
          dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta'.
              4.  Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente
          che  la  denuncia  all'Autorita'  di Polizia Giudiziaria e'
          presupposto   necessario   per   attivare  il  procedimento
          amministrativo  di  rilascio  del duplicato di documenti di
          riconoscimento  o  comunque  attestanti  stati  e  qualita'
          personali  dell'interessato,  lo  smarrimento dei documenti
          medesimi  e'  comprovato  da  chi  ne richiede il duplicato
          mediante dichiarazione sostitutiva.».
              - Il testo degli articoli 1418, 1559, 1655, 1656 e 1677
          del codice civile, e' il seguente:
              «Art.   1418  (Cause  di  nullita'  del  contratto).  -
          Il contratto   e'   nullo   quando  e'  contrario  a  norme
          imperative salvo che la legge disponga diversamente.
              Producono nullita' del contratto la mancanza di uno dei
          requisiti   indicati  dall'art.  1325,  l'illiceita'  della
          causa,  l'illiceita' dei motivi nel caso indicato dall'art.
          1345  e  la  mancanza  nell'oggetto dei requisiti stabiliti
          dall'art. 1346.
              Il   contratto  e'  altresi'  nullo  negli  altri  casi
          stabiliti dalla legge.».
              «Art.  1559  (Nozione).  -  La  somministrazione  e' il
          contratto   con  il  quale  una  parte  si  obbliga,  verso
          corrispettivo   di   un   prezzo,   a  eseguire,  a  favore
          dell'altra,   prestazioni   periodiche  o  continuative  di
          cose.».
              «Art.  1655  (Nozione). - L'appalto e' il contratto col
          quale  una  parte  assume,  con  organizzazione  dei  mezzi
          necessari  e  con gestione a proprio rischio, il compimento
          di  una  opera  o  di un servizio verso un corrispettivo in
          danaro.».
              «Art.  1656 (Subappalto). - L'appaltatore non puo' dare
          in  subappalto  l'esecuzione  dell'opera o del servizio, se
          non e' stato autorizzato dal committente.».
              «Art.  1677  (Prestazione  continuativa  o periodica di
          servizi).   -  Se  l'appalto  ha  per  oggetto  prestazioni
          continuative  o  periodiche  di  servizi,  si osservano, in
          quanto  compatibili,  le  norme  di  questo  capo  e quelle
          relative al contratto di somministrazione.».
              - Il  testo  del  citato decreto legislativo n. 163 del
          2006, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006,
          n. 100, supplemento ordinario.
              - Il testo dell'art. 8, comma 1, della citata legge 123
          del 2007, e' il seguente:
              «Art.  8  (Modifiche  all'art.  86 del codice di cui al
          decreto  legislativo 12 aprile 2006, n. 163). - 1. All'art.
          86  del  codice  dei  contratti pubblici relativi a lavori,
          servizi   e   forniture,  di  cui  al  decreto  legislativo
          12 aprile  2006,  n.  163, il comma 3-bis e' sostituito dai
          seguenti:
              "3-bis.  Nella  predisposizione delle gare di appalto e
          nella   valutazione   dell'anomalia   delle  offerte  nelle
          procedure  di affidamento di appalti di lavori pubblici, di
          servizi  e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti
          a   valutare   che  il  valore  economico  sia  adeguato  e
          sufficiente  rispetto  al  costo  del  lavoro  e  al  costo
          relativo    alla    sicurezza,   il   quale   deve   essere
          specificamente   indicato   e  risultare  congruo  rispetto
          all'entita'  e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi
          o  delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del
          lavoro  e' determinato periodicamente, in apposite tabelle,
          dal  Ministro  del lavoro e della previdenza sociale, sulla
          base  dei  valori  economici  previsti dalla contrattazione
          collettiva  stipulata  dai  sindacati comparativamente piu'
          rappresentativi,  delle  norme  in materia previdenziale ed
          assistenziale,  dei  diversi  settori  merceologici e delle
          differenti  aree  territoriali.  In  mancanza  di contratto
          collettivo  applicabile, il costo del lavoro e' determinato
          in   relazione   al   contratto   collettivo   del  settore
          merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
              3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non puo' essere
          comunque soggetto a ribasso d'asta.».

        
      
          
Capo III

Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro

Sezione I

MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

 
 
                              Art. 27.
  Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

  1.  Nell'ambito  della  Commissione  di  cui  all'articolo 6, anche
tenendo  conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici,
vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di
un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi,
con  riferimento  alla  tutela  della  salute e sicurezza sul lavoro,
fondato   sulla   base   della  specifica  esperienza,  competenza  e
conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.
  2.  Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui
al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle
gare  relative  agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad
agevolazioni,  finanziamenti  e  contributi  a  carico  della finanza
pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.

        
      
          
Sezione II

VALUTAZIONE DEI RISCHI

 
 
                              Art. 28.
                Oggetto della valutazione dei rischi

  1.  La  valutazione  di  cui  all'articolo 17, comma 1, lettera a),
anche  nella  scelta  delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o
dei  preparati  chimici  impiegati,  nonche'  nella  sistemazione dei
luoghi  di  lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e
la  salute  dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori  esposti  a  rischi  particolari,  tra  cui  anche  quelli
collegati   allo   stress   lavoro-correlato,   secondo  i  contenuti
dell'accordo  europeo  dell'8 ottobre  2004,  e quelli riguardanti le
lavoratrici  in  stato  di  gravidanza,  secondo  quanto previsto dal
decreto  legislativo  26 marzo  2001, n. 151, nonche' quelli connessi
alle differenze di genere, all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
  2.  Il  documento  di  cui  all'articolo 17,  comma 1,  lettera a),
redatto  a  conclusione  della  valutazione,  deve avere data certa e
contenere:
    a) una  relazione  sulla  valutazione  di  tutti  i rischi per la
sicurezza  e  la  salute  durante l'attivita' lavorativa, nella quale
siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
    b) l'indicazione  delle  misure  di  prevenzione  e di protezione
attuate  e  dei  dispositivi  di  protezione  individuali adottati, a
seguito   della   valutazione   di   cui   all'articolo 17,  comma 1,
lettera a);
    c) il  programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
    d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure
da realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti
in possesso di adeguate competenze e poteri;
    e) l'indicazione  del nominativo del responsabile del servizio di
prevenzione  e  protezione,  del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza  o  di  quello  territoriale e del medico competente che ha
partecipato alla valutazione del rischio;
    f) l'individuazione  delle mansioni che eventualmente espongono i
lavoratori   a  rischi  specifici  che  richiedono  una  riconosciuta
capacita'  professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e
addestramento.
  3.  Il  contenuto  del  documento  di  cui al comma 2 deve altresi'
rispettare  le  indicazioni  previste  dalle  specifiche  norme sulla
valutazione  dei  rischi contenute nei successivi titoli del presente
decreto.

        
                    Nota all'art. 28:
              - Il  testo  del  decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
          151  (Testo unico delle disposizioni legislative in materia
          di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a
          norma  dell'art.  15  della  legge  8 marzo  2000,  n. 53),
          e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 26 aprile 2001, n.
          96, supplemento ordinario.

        
      
          
Sezione II

VALUTAZIONE DEI RISCHI

 
 
                              Art. 29.
       Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi

  1.  Il  datore  di  lavoro  effettua  la  valutazione ed elabora il
documento   di   cui   all'articolo 17,   comma 1,   lettera a),   in
collaborazione  con  il  responsabile  del  servizio di prevenzione e
protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
  2.   Le   attivita'  di  cui  al  comma 1  sono  realizzate  previa
consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
  3.  La  valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere
rielaborati,  nel  rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in
occasione  di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione
del  lavoro  significative ai fini della salute e della sicurezza dei
lavoratori,  o  in  relazione  al  grado di evoluzione della tecnica,
della  prevenzione  e  della  protezione  o  a  seguito  di infortuni
significativi  o  quando  i risultati della sorveglianza sanitaria ne
evidenzino la necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure
di prevenzione debbono essere aggiornate.
  4.  Il  documento  di  cui  all'articolo 17, comma 1, lettera a), e
quello  di  cui  all'articolo 26,  comma 3,  devono  essere custoditi
presso l'unita' produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei
rischi.
  5.  I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano
la  valutazione  dei  rischi  di  cui al presente articolo sulla base
delle   procedure  standardizzate  di  cui  all'articolo 6,  comma 8,
lettera f).  Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla
data  di  entrata  in  vigore  del  decreto  interministeriale di cui
all'articolo 6,  comma 8,  lettera f),  e,  comunque,  non  oltre  il
30 giugno  2012,  gli stessi datori di lavoro possono autocertificare
l'effettuazione  della  valutazione  dei  rischi. Quanto previsto nel
precedente   periodo   non   si   applica   alle   attivita'  di  cui
all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).
  6.  I  datori  di  lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono
effettuare  la  valutazione  dei  rischi  sulla  base delle procedure
standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more
dell'elaborazione   di   tali   procedure   trovano  applicazione  le
disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
  7.  Le  disposizioni  di  cui  al  comma 6  non  si  applicano alle
attivita' svolte nelle seguenti aziende:
    a) aziende       di       cui      all'articolo 31,      comma 6,
lettere a), b), c), d), f) e g);
    b) aziende   in   cui  si  svolgono  attivita'  che  espongono  i
lavoratori  a  rischi  chimici,  biologici,  da  atmosfere esplosive,
cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
    c) aziende  che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV
del presente decreto.

        
      
          
Sezione II

VALUTAZIONE DEI RISCHI

 
 
                              Art. 30.
               Modelli di organizzazione e di gestione

  1.  Il  modello  di  organizzazione  e  di gestione idoneo ad avere
efficacia esimente della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche,  delle  societa'  e  delle  associazioni  anche  prive di
personalita'  giuridica  di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un
sistema  aziendale  per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici
relativi:
    a) al   rispetto  degli  standard  tecnico-strutturali  di  legge
relativi  a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici,
fisici e biologici;
    b) alle  attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione
delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
    c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo
soccorso,  gestione  degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza,
consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
    d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
    e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
    f) alle  attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle
procedure  e  delle  istruzioni  di  lavoro in sicurezza da parte dei
lavoratori;
    g) alla   acquisizione   di   documentazioni   e   certificazioni
obbligatorie di legge;
    h) alle  periodiche  verifiche dell'applicazione e dell'efficacia
delle procedure adottate.
  2.  Il  modello  organizzativo  e gestionale di cui al comma 1 deve
prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione
delle attivita' di cui al comma 1.
  3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto
richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di
attivita'  svolta,  un'articolazione  di  funzioni  che  assicuri  le
competenze   tecniche   e   i   poteri  necessari  per  la  verifica,
valutazione,  gestione  e  controllo  del rischio, nonche' un sistema
disciplinare  idoneo  a  sanzionare  il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello.
  4.  Il  modello  organizzativo  deve  altresi'  prevedere un idoneo
sistema  di  controllo  sull'attuazione  del  medesimo  modello e sul
mantenimento  nel  tempo  delle  condizioni di idoneita' delle misure
adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo
devono    essere   adottati,   quando   siano   scoperte   violazioni
significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e
all'igiene   sul   lavoro,   ovvero   in   occasione   di   mutamenti
nell'organizzazione   e  nell'attivita'  in  relazione  al  progresso
scientifico e tecnologico.
  5.  In  sede  di  prima  applicazione,  i modelli di organizzazione
aziendale  definiti  conformemente  alle Linee guida UNI-INAIL per un
sistema  di  gestione  della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del
28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono
conformi  ai  requisiti  di  cui  al  presente  articolo per le parti
corrispondenti.  Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione
e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui
all'articolo 6.
  6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al
presente  articolo nelle  imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le
attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.

        
                    Nota all'art. 30:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
          si veda nota alle premesse.

        
      
          
Sezione III

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 
 
                              Art. 31.
                Servizio di prevenzione e protezione

  1.  Salvo  quanto  previsto  dall'articolo 34,  il datore di lavoro
organizza  il  servizio di prevenzione e protezione all'interno della
azienda  o  della  unita'  produttiva,  o  incarica persone o servizi
esterni  costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro
o  gli  organismi  paritetici,  secondo  le regole di cui al presente
articolo.
  2.  Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di
cui   al  comma 1,  devono  possedere  le  capacita'  e  i  requisiti
professionali   di  cui  all'articolo 32,  devono  essere  in  numero
sufficiente  rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di
mezzi  e  di  tempo  adeguati  per  lo  svolgimento  dei compiti loro
assegnati.   Essi  non  possono  subire  pregiudizio  a  causa  della
attivita' svolta nell'espletamento del proprio incarico.
  3.  Nell'ipotesi  di  utilizzo di un servizio interno, il datore di
lavoro  puo'  avvalersi  di  persone esterne alla azienda in possesso
delle   conoscenze   professionali  necessarie,  per  integrare,  ove
occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
  4.  Il  ricorso  a  persone  o  servizi  esterni e' obbligatorio in
assenza   di   dipendenti   che,   all'interno   dell'azienda  ovvero
dell'unita'  produttiva,  siano  in  possesso  dei  requisiti  di cui
all'articolo 32.
  5.  Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non
e' per questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
  6.   L'istituzione   del   servizio  di  prevenzione  e  protezione
all'interno  dell'azienda, ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque
obbligatoria nei seguenti casi:
    a) nelle  aziende  industriali  di cui all'articolo 2 del decreto
legislativo  17 agosto  1999,  n.  334,  e  successive modificazioni,
soggette   all'obbligo   di  notifica  o  rapporto,  ai  sensi  degli
articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
    b) nelle centrali termoelettriche;
    c) negli  impianti  ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e
33  del  decreto  legislativo  17 marzo  1995,  n.  230, e successive
modificazioni;
    d) nelle  aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni;
    e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
    f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
    g) nelle  strutture  di  ricovero  e cura pubbliche e private con
oltre 50 lavoratori.
  7.  Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione deve essere interno.
  8.  Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi
di  gruppi  di  imprese,  puo'  essere istituito un unico servizio di
prevenzione  e  protezione.  I  datori di lavoro possono rivolgersi a
tale  struttura  per l'istituzione del servizio e per la designazione
degli addetti e del responsabile.

        
                    Note all'art. 31:
              - Il   testo  degli  articoli 2,  6  e  8  del  decreto
          legislativo   17 agosto  1999,  n.  334  (Attuazione  della
          direttiva  96/82/CE  relativa  al controllo dei pericoli di
          incidenti   rilevanti  connessi  con  determinate  sostanze
          pericolose), e' il seguente:
              «Art.  2  (Ambito  di  applicazione).  - 1. Il presente
          decreto  si  applica agli stabilimenti in cui sono presenti
          sostanze  pericolose  in  quantita'  uguali  o  superiori a
          quelle indicate nell'allegato I.
              2.   Ai  fini  del  presente  decreto  si  intende  per
          «presenza  di  sostanze  pericolose» la presenza di queste,
          reale  o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si
          reputa  possano  essere  generate,  in  caso  di perdita di
          controllo di un processo industriale, in quantita' uguale o
          superiore a quelle indicate nell'allegato I.
              3.  Agli  stabilimenti  industriali  non rientranti tra
          quelli indicati al comma 1, si applicano le disposizioni di
          cui all'art. 5.
              4.  Salvo  che non sia diversamente stabilito rimangono
          ferme le disposizioni di cui ai seguenti decreti:
                a) decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri
          31 marzo 1989 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del
          21 aprile  1989, limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 6, 7,
          8, 9, 10;
                b) decreto  del  Ministro dell'ambiente del 20 maggio
          1991,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  126  del
          31 maggio 1991, limitatamente agli articoli 1, 3 e 4;
                c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanita'
          23 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15
          del 20 gennaio 1994;
                d) i  criteri  di  cui  all'allegato  del decreto del
          Ministro  dell'ambiente  13 maggio  1996,  pubblicato nella
          Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio 1996;
                e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
          pubblicato   nel   supplemento   ordinario  della  Gazzetta
          Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;
                f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 159 del 9 luglio
          1996;
                g) decreto   del  Ministro  dell'ambiente  5 novembre
          1997,  pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta
          Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;
                h) decreto   del  Ministro  dell'ambiente  5 novembre
          1997,   pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  27  del
          3 febbraio 1998;
                i) decreto  del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998,
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  74 del 30 marzo
          1998;
                l) decreto   del  Ministro  dell'ambiente  20 ottobre
          1998,  pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta
          Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.
              5.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente decreto non
          pregiudicano  l'applicazione  delle disposizioni in materia
          di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
              «Art.  6 (Notifica). - 1. Il gestore degli stabilimenti
          di  cui  all'art.  2, comma 1, oltre a quanto disposto agli
          articoli 7  e  8,  e'  obbligato a trasmettere al Ministero
          dell'ambiente,  alla regione, alla provincia, al comune, al
          prefetto,  al  Comando  provinciale  dei  Vigili  del fuoco
          componente per territorio e al Comitato tecnico regionale o
          interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di
          cui all'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica
          29 luglio  1982,  n. 577, integrato ai sensi dell'art. 19 e
          d'ora  in  avanti denominato Comitato, una notifica entro i
          seguenti termini:
                a) centottanta   giorni   prima   dell'inizio   della
          costruzione, per gli stabilimenti nuovi;
                b) entro  un anno dalla data di entrata in vigore del
          presente decreto, per gli stabilimenti preesistenti.
              2.    La    notifica,    sottoscritta    nelle    forme
          dell'autocertificazione  con  le  modalita'  e  gli effetti
          della  legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche,
          deve contenere le seguenti informazioni:
                a) il  nome  o  la  ragione  sociale  del  gestore  e
          l'indirizzo completo dello stabilimento;
                b) la   sede   o   il   domicilio  del  gestore,  con
          l'indirizzo completo;
                c) il  nome  o la funzione della persona responsabile
          dello  stabilimento,  se  diversa  da  quella  di  cui alla
          lettera a);
                d) le   notizie  che  consentano  di  individuare  le
          sostanze  pericolose o la categoria di sostanze pericolose,
          la loro quantita' e la loro forma fisica;
                e) l'attivita',  in corso o prevista, dell'impianto o
          del deposito;
                f) l'ambiente     immediatamente    circostante    lo
          stabilimento e, in particolare, gli elementi che potrebbero
          causare un incidente rilevante o aggravarne le conseguenze.
              3.  Il  gestore  degli stabilimenti che, per effetto di
          modifiche  all'allegato  I,  o  per  effetto  di  modifiche
          tecniche  disposte  con  il  decreto  di  cui  all'art. 15,
          comma 2,  o  per effetto di mutamento della classificazione
          di  sostanze pericolose rientrano nel campo di applicazione
          del   presente   decreto   deve   espletare   i  prescritti
          adempimenti  entro  un anno dalla data di entrata in vigore
          delle  suddette modifiche ovvero entro il termine stabilito
          dalla disciplina di recepimento delle relative disposizioni
          comunitarie.
              4.  In  caso di chiusura definitiva dell'impianto o del
          deposito,  ovvero  nel  caso di aumento significativo della
          quantita'  e di modifica significativa della natura o dello
          stato  fisico  delle  sostanze  pericolose  presenti,  o di
          modifica dei processi che le impiegano, o di modifica dello
          stabilimento   o   dell'impianto  che  potrebbe  costituire
          aggravio  del  preesistente livello di rischio ai sensi del
          decreto  di  cui  all'art.  10, nonche' di variazioni delle
          informazioni   di  cui  al  comma 2,  il  gestore  aggiorna
          tempestivamente,  nelle  forme  dell'autocertificazione, la
          notifica  di cui al comma 1 e la scheda di cui all'allegato
          V.
              5.  Il  gestore,  unitamente  alla  notifica  di cui al
          comma 2,  invia  al  Ministero dell'ambiente e della tutela
          del  territorio,  alla regione, alla provincia, al sindaco,
          al  prefetto,  al  Comitato, nonche' al Comando provinciale
          dei   Vigili  del  fuoco,  competenti  per  territorio,  le
          informazioni di cui all'allegato V.
              6.  Il  gestore  degli  stabilimenti di cui all'art. 2,
          comma 1,  puo'  allegare alla notifica di cui al comma 2 le
          certificazioni  o  autorizzazioni  previste dalla normativa
          vigente in materia ambientale e di sicurezza e quanto altro
          eventualmente  predisposto in base a regolamenti comunitari
          volontari, come ad esempio il Regolamento (CEE) 1836/93 del
          Consiglio,  del  29 giugno  1993,  sull'adesione volontaria
          delle   imprese   del  settore  industriale  a  un  sistema
          comunitario  di  ecogestione  e  audit,  e  norme  tecniche
          internazionali.
              6-bis.  Il  gestore  di un nuovo stabilimento ovvero il
          gestore  che  ha  realizzato  modifiche  con  aggravio  del
          preesistente  livello  di  rischio ovvero modifiche tali da
          comportare  obblighi  diversi per lo stabilimento stesso ai
          sensi  del  presente  decreto,  previo  conseguimento delle
          previste  autorizzazioni,  prima dell'avvio delle attivita'
          ne  da'  comunicazione ai destinatari della notifica di cui
          al comma 1.».
              «Art.   8   (Rapporto  di  sicurezza).  -  1.  Per  gli
          stabilimenti  in  cui  sono presenti sostanze pericolose in
          quantita'    uguali   o   superiori   a   quelle   indicate
          nell'allegato  I,  parti  1  e  2, colonna 3, il gestore e'
          tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.
              2.  Il  rapporto  di  sicurezza  di  cui  il  documento
          previsto  all'art.  7,  comma 1,  e' parte integrante, deve
          evidenziare che:
                a) e'  stato  adottato  il  sistema di gestione della
          sicurezza;
                b) i  pericoli  di  incidente  rilevante  sono  stati
          individuati  e sono state adottate le misure necessarie per
          prevenirli  e per limitarne le conseguenze per l'uomo e per
          l'ambiente;
                c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la
          manutenzione  di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura
          e  infrastruttura,  connessi  con  il  funzionamento  dello
          stabilimento,  che  hanno  un  rapporto  con  i pericoli di
          incidenti  rilevante  nello  stesso,  sono sufficientemente
          sicuri  e  affidabili; per gli stabilimenti di cui all'art.
          14, comma 6, anche le misure complementari ivi previste;
                d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni
          e  sono  stati  forniti  all'autorita'  competente  di  cui
          all'art. 20 gli elementi utili per l'elaborazione del piano
          d'emergenza   esterno   al   fine  di  prendere  le  misure
          necessarie in caso di incidente rilevante.
              3.  Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene
          almeno  i  dati  di  cui  all'allegato  II  ed  indica, tra
          l'altro,  il  nome  delle  organizzazioni partecipanti alla
          stesura  del  rapporto.  Il  rapporto di sicurezza contiene
          inoltre  l'inventario  aggiornato delle sostanze pericolose
          presenti  nello  stabilimento,  nonche' le informazioni che
          possono   consentire   di   prendere  decisioni  in  merito
          all'insediamento  di  nuovi stabilimenti o alla costruzione
          di insediamenti attorno agli stabilimenti gia' esistenti.
              4.  Con  uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente,
          di  concerto  con  i Ministri dell'interno, della sanita' e
          dell'industria,  del  commercio e dell'artigianato, sentita
          la  Conferenza  Stato-regioni,  sono  definiti,  secondo le
          indicazioni  dell'allegato II e tenuto conto di quanto gia'
          previsto  nel  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei
          Ministri 31 marzo 1989, i criteri, i dati e le informazioni
          per  la  redazione  del rapporto di sicurezza i criteri per
          l'adozione di iniziative specifiche in relazione ai diversi
          tipi  di  incidenti,  nonche'  i criteri di valutazione del
          rapporto  medesimo;  fino  all'emanazione  di  tali decreti
          valgono,  in  quanto applicabili, le disposizioni di cui ai
          decreti  ministeriali  emanati  ai  sensi  dell'art. 12 del
          decreto  del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
          175, e successive modifiche.
              5.  Al  fine  di  semplificare  le  procedure e purche'
          ricorrano   tutti   i  requisiti  prescritti  dal  presente
          articolo,  rapporti  di sicurezza analoghi o parti di essi,
          predisposti  in  attuazione  di  altre  norme di legge o di
          regolamenti   comunitari,  possono  essere  utilizzati  per
          costituire il rapporto di sicurezza.
              6.  Il  rapporto  di sicurezza e' inviato all'autorita'
          competente  preposta  alla  valutazione  dello stesso cosi'
          come previsto all'art. 21, entro i seguenti termini:
                a) per  gli  stabilimenti  nuovi,  prima  dell'inizio
          dell'attivita';
                b) per  gli  stabilimenti  esistenti,  entro  un anno
          dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
                c) per  gli  stabilimenti  preesistenti, non soggetti
          alle  disposizioni  del citato decreto del Presidente della
          Repubblica  n.  175  del 1988, entro due anni dalla data di
          entrata in vigore del presente decreto;
                d) in  occasione  del  riesame  periodico  di  cui al
          comma 7, lettere a) e b).
              7.  Il  gestore  fermo  restando  l'obbligo  di riesame
          biennale  di  cui  all'art. 7, comma 4, deve riesaminare il
          rapporto di sicurezza:
                a) almeno ogni cinque anni;
                b) nei casi previsti dall'art. 10;
                c) in   qualsiasi  altro  momento,  a  richiesta  del
          Ministero   dell'ambiente,  eventualmente  su  segnalazione
          della   regione   interessata,   qualora   fatti  nuovi  lo
          giustifichino,  o  in considerazione delle nuove conoscenze
          tecniche  in  materia  di  sicurezza derivanti dall'analisi
          degli   incidenti,   o,   in   misura  del  possibile,  dei
          semincidenti  o  dei  nuovi  sviluppi  delle conoscenze nel
          campo  della  valutazione  dei  pericoli  o  a  seguito  di
          modifiche  legislative  o  delle  modifiche  degli allegati
          previste all'art. 15, comma 2.
              8.  Il  gestore  deve  comunicare  immediatamente  alle
          autorita'  di  cui al comma 6 se il riesame del rapporto di
          sicurezza  di  cui  al comma 7 comporti o meno una modifica
          dello stesso.
              9.   Ai  fini  dell'esercizio  della  facolta'  di  cui
          all'art.  22,  comma 2,  il gestore predispone una versione
          del   rapporto   di  sicurezza,  priva  delle  informazioni
          riservate,  da  trasmettere  alla  regione territorialmente
          competente ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
              10.  Il  Ministero  dell'ambiente,  quando  il  gestore
          comprova    che   determinate   sostanze   presenti   nello
          stabilimento  o  che una qualsiasi parte dello stabilimento
          stesso  si  trovano  in condizioni tali da non poter creare
          alcun   pericolo   di   incidente  rilevante,  dispone,  in
          conformita'   ai   criteri  di  cui  all'allegato  VII,  la
          limitazione  delle  informazioni  che  devono  figurare nel
          rapporto   di   sicurezza  ala  prevenzione  dei  rimanenti
          pericoli  di  incidenti  rilevanti e alla limitazione delle
          loro  conseguenze  per  l'uomo  e  per  l'ambiente, dandone
          comunicazione  alle  autorita' destinatarie del rapporto di
          sicurezza.
              11.   Il   Ministero   dell'ambiente   trasmette   alla
          Commissione  europea  l'elenco degli stabilimenti di cui al
          comma 10   e   le   motivazioni   della  limitazione  delle
          informazioni.».
              - Il  testo  degli  articoli 7,  28  e  33  del decreto
          legislativo   19 marzo   1995,  n.  230  (Attuazione  delle
          direttive  89/618/Euratom,  90/641/Euratom,  92/3/Euratom e
          96/29/Euratom  in  materia di radiazioni ionizzanti), e' il
          seguente:
              «Art.  7  (Definizioni concernenti particolari impianti
          nucleari e documenti relativi). - 1. Per l'applicazione del
          presente   decreto   valgono  le  seguenti  definizioni  di
          particolari   impianti   nucleari,   documenti   e  termini
          relativi:
                a) reattore  nucleare: ogni apparato destinato ad usi
          pacifici  progettato  od  usato  per  produrre una reazione
          nucleare  a  catena, capace di autosostenersi in condizioni
          normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche;
                b) complesso  nucleare  sottocritico:  ogni  apparato
          progettato  od  usato  per produrre una reazione nucleare a
          catena,  incapace  di autosostenersi in assenza di sorgenti
          di neutroni, in condizioni normali o accidentali;
                c) impianto   nucleare   di  potenza:  ogni  impianto
          industriale,  dotato  di  un  reattore nucleare, avente per
          scopo la utilizzazione dell'energia o delle materie fissili
          prodotte a fini industriali;
                d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato
          di  un  reattore  nucleare  in  cui  l'energia o le materie
          fissili prodotte non sono utilizzate a fini industriali;
                e) impianto    nucleare   per   il   trattamento   di
          combustibili  irradiati:  ogni  impianto progettato o usato
          per  trattare  materiali  contenenti  combustibili nucleari
          irradiati.    Sono    esclusi   gli   impianti   costituiti
          essenzialmente  da  laboratori  per  studi  e  ricerche che
          contengono  meno  di  37  TBq  (1000  curie) di prodotti di
          fissione  e  quelli a fini industriali che trattano materie
          che  non  presentano  un'attivita'  di prodotti di fissione
          superiore a 9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio
          235  ed  una concentrazione di Plutonio inferiore a 10^«-6»
          grammi  per  grammo  di  Uranio  235,  i  quali ultimi sono
          considerati aggregati agli impianti di cui alla lettera f);
                f) impianto    per   la   preparazione   e   per   la
          fabbricazione   delle   materie   fissili  speciali  e  dei
          combustibili  nucleari: ogni impianto destinato a preparare
          o  a  fabbricare  materie  fissili  speciali e combustibili
          nucleari;   sono   inclusi   gli  impianti  di  separazione
          isotopica.    Sono    esclusi   gli   impianti   costituiti
          essenzialmente  da  laboratori per studi e ricerche che non
          contengono piu' di 350 grammi di uranio 235 o di 200 grammi
          di Plutonio o Uranio 233 o quantita' totale equivalente;
                g) deposito   di   materie   fissili  speciali  o  di
          combustibili  nucleari:  qualsiasi  locale  che,  senza far
          parte  degli  impianti  di  cui alle lettere precedenti, e'
          destinato  al  deposito  di  materie  fissili speciali o di
          combustibili  nucleari  al solo scopo dell'immagazzinamento
          in  quantita'  totali superiori a 350 grammi di Uranio 235,
          oppure  200  grammi  di  Plutonio  o Uranio 233 o quantita'
          totale equivalente;
                h) rapporto   preliminare,   rapporto   intermedio  e
          rapporto   finale   di  sicurezza:  documenti  o  serie  di
          documenti tecnici contenenti le informazioni necessarie per
          l'analisi   e   la   valutazione   della   installazione  e
          dell'esercizio  di  un  reattore  o  impianto nucleare, dal
          punto  di vista della sicurezza nucleare e della protezione
          sanitaria  dei  lavoratori  e  della  popolazione  contro i
          pericoli  delle radiazioni ionizzanti, e contenenti inoltre
          una  analisi  ed  una  valutazione  di  tali  pericoli.  In
          particolare  i  documenti debbono contenere una trattazione
          degli argomenti seguenti:
                  1)   ubicazione   e  sue  caratteristiche  fisiche,
          meteorologiche, demografiche, agronomiche ed ecologiche;
                  2) edifici ed eventuali strutture di contenimento;
                  3)   descrizione   tecnica  dell'impianto  nel  suo
          insieme e nei suoi sistemi componenti ausiliari, inclusa la
          strumentazione  nucleare  e  non  nucleare,  i  sistemi  di
          controllo  e  i  dispositivi  di protezione ed i sistemi di
          raccolta,   allontanamento  e  smaltimento  (trattamento  e
          scarico) dei rifiuti radioattivi;
                  4)   studio   analitico   di   possibili  incidenti
          derivanti  da  mal  funzionamento  di  apparecchiature o da
          errori  di  operazione,  e  delle  conseguenze previste, in
          relazione   alla   sicurezza  nucleare  e  alla  protezione
          sanitaria;
                  5)  studio analitico delle conseguenze previste, in
          relazione    alla   protezione   sanitaria,   di   scarichi
          radioattivi  durante le fasi di normale esercizio e in caso
          di situazioni accidentali o di emergenza;
                  6)  misure  previste  ai  fini  della prevenzione e
          protezione antincendio.
              Il  rapporto  e'  denominato preliminare se riferito al
          progetto  di  massima;  finale,  se  riferito  al  progetto
          definitivo.  Il  rapporto  intermedio  precede  il rapporto
          finale   e   contiene   le  informazioni,  l'analisi  e  la
          valutazione  di cui sopra e' detto, con ipotesi cautelative
          rispetto a quelle del rapporto finale;
                i) regolamento  di esercizio: documento che specifica
          l'organizzazione  e  le  funzioni  in condizioni normali ed
          eccezionali  del  personale  addetto  alla  direzione, alla
          conduzione  e  alla  manutenzione  di un impianto nucleare,
          nonche' alle sorveglianze fisica e medica della protezione,
          in  tutte le fasi, comprese quelle di collaudo, avviamento,
          e disattivazione;
                l) manuale    di    operazione:    l'insieme    delle
          disposizioni e procedure operative relative alle varie fasi
          di  esercizio  normale e di manutenzione dell'impianto, nel
          suo  insieme  e  nei  suoi  sistemi  componenti, nonche' le
          procedure da seguire in condizioni eccezionali;
                m) specifica tecnica di prova: documento che descrive
          le  procedure  e  le modalita' che debbono essere applicate
          per  l'esecuzione della prova ed i risultati previsti. Ogni
          specifica  tecnica  di  prova,  oltre una breve descrizione
          della  parte  di impianto e del macchinario impiegato nella
          prova, deve indicare:
                  1) lo scopo della prova;
                  2) la procedura della prova;
                  3)  l'elenco  dei  dati  da  raccogliere durante la
          prova;
                  4)  gli  eventuali valori minimi e massimi previsti
          delle variabili considerate durante la prova;
                n) prescrizione   tecnica:  l'insieme  dei  limiti  e
          condizioni  concernenti  i dati e i parametri relativi alle
          caratteristiche  e al funzionamento di un impianto nucleare
          nel  suo  complesso  e  nei  singoli  componenti, che hanno
          importanza  per  la  sicurezza nucleare e per la protezione
          sanitaria;
                o) registro  di  esercizio:  documento  sul  quale si
          annotano   i   particolari   delle   operazioni  effettuate
          sull'impianto,   i   dati   rilevati   nel  corso  di  tali
          operazioni, nonche' ogni altro avvenimento di interesse per
          l'esercizio dell'impianto stesso;
                p) disattivazione:  insieme delle azioni pianificate,
          tecniche   e  gestionali,  da  effettuare  su  un  impianto
          nucleare  a  seguito del suo definitivo spegnimento o della
          cessazione  definitiva  dell'esercizio,  nel  rispetto  dei
          requisiti  di  sicurezza  e  di  protezione dei lavoratori,
          della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento
          finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di
          natura radiologica.».
              Art.  28  (Impiego  di  categoria A). - 1. L'impiego di
          categoria  A  e'  soggetto a nulla osta preventivo da parte
          del    Ministero    dell'industria,    del    commercio   e
          dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente,
          dell'interno,  del lavoro e della previdenza sociale, della
          sanita',  sentite  l'ANPA  e  le  regioni  territorialmente
          competenti,     in     relazione    all'ubicazione    delle
          installazioni, all'idoneita' dei locali, delle strutture di
          radioprotezione,   delle   modalita'  di  esercizio,  delle
          attrezzature  e della qualificazione del personale addetto,
          alle  conseguenze  di  eventuali  incidenti  nonche'  delle
          modalita'   dell'eventuale   allontanamento  o  smaltimento
          nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta
          e'  inviata  dal  Ministero dell'industria, del commercio e
          dell'artigianato  ai  ministeri  concertanti, al presidente
          della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco,
          al  prefetto,  al  comando provinciale dei vigili del fuoco
          competenti per territorio e all'ANPA.
              2.  Nel nulla osta possono essere stabilite particolari
          prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per
          le   prove  e  per  l'esercizio,  nonche'  per  l'eventuale
          disattivazione degli impianti.».
              Art.  33 (Nulla osta per installazioni di deposito o di
          smaltimento di rifiuti radioattivi). - 1. Ferme restando le
          disposizioni   vigenti   in  materia  di  dichiarazione  di
          compatibilita'  ambientale,  la  costruzione, o comunque la
          costituzione,  e  l'esercizio  delle  installazioni  per il
          deposito  o lo smaltimento nell'ambiente, nonche' di quelle
          per  il  trattamento  e  successivo  deposito o smaltimento
          nell'ambiente,  di rifiuti radioattivi provenienti da altre
          installazioni,  anche  proprie,  sono soggetti a nulla osta
          preventivo  del  Ministero  dell'industria, del commercio e
          dell'artigianato,    di    concerto    con    i   Ministeri
          dell'ambiente,  dell'interno, del lavoro e della previdenza
          sociale  e della sanita', sentite la regione o la provincia
          autonoma interessata e l'ANPA.
              2.   Con   decreto  del  Ministro  dell'industria,  del
          commercio  e  dell'artigianato,  d'intesa  con  i  Ministri
          dell'ambiente  e della sanita' e di concerto con i Ministri
          dell'interno  e  del  lavoro  e  della  previdenza sociale,
          sentita  l'ANPA, sono stabiliti i livelli di radioattivita'
          o  di  concentrazione  ed  i  tipi  di  rifiuti  per cui si
          applicano le disposizioni del presente articolo, nonche' le
          disposizioni procedurali per il rilascio del nulla osta, in
          relazione  alle  diverse  tipologie  di  installazione. Nel
          decreto   puo'   essere   prevista,  in  relazione  a  tali
          tipologie,  la possibilita' di articolare in fasi distinte,
          compresa  quella  di  chiusura,  il rilascio del nulla osta
          nonche'  di  stabilire  particolari  prescrizioni  per ogni
          fase, ivi incluse le prove e l'esercizio.».

        
      
          
Sezione III

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 
 
                              Art. 32.
Capacita'  e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili
     dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni

  1.  Le  capacita'  ed  i requisiti professionali dei responsabili e
degli  addetti  ai  servizi  di  prevenzione  e  protezione interni o
esterni  devono  essere  adeguati alla natura dei rischi presenti sul
luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
  2.  Per  lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui
al  comma 1,  e' necessario essere in possesso di un titolo di studio
non  inferiore  al diploma di istruzione secondaria superiore nonche'
di  un  attestato  di  frequenza,  con verifica dell'apprendimento, a
specifici  corsi  di  formazione  adeguati  alla  natura  dei  rischi
presenti  sul  luogo  di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
Per  lo  svolgimento  della  funzione  di  responsabile  del servizio
prevenzione  e  protezione,  oltre  ai requisiti di cui al precedente
periodo,  e'  necessario  possedere  un  attestato  di frequenza, con
verifica  dell'apprendimento,  a  specifici  corsi  di  formazione in
materia  di  prevenzione  e  protezione  dei  rischi, anche di natura
ergonomica  e  da  stress  lavoro-correlato  di  cui all'articolo 28,
comma 1,   di  organizzazione  e  gestione  delle  attivita'  tecnico
amministrative  e  di  tecniche  di  comunicazione  in  azienda  e di
relazioni  sindacali.  I  corsi  di  cui ai periodi precedenti devono
rispettare  in  ogni  caso  quanto  previsto  dall'accordo sancito il
26 gennaio  2006  in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo  Stato,  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 37 del 14 febbraio 2006, e
successive modificazioni.
  3.  Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto
coloro  che,  pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui
al  comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate,
professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da
sei  mesi  alla  data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi
secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
  4.  I  corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle
regioni  e  dalle  province  autonome  di  Trento e di Bolzano, dalle
universita',  dall'ISPESL,  dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di
relativa  competenza,  dal  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco
dall'amministrazione  della  Difesa,  dalla  Scuola  superiore  della
pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole
amministrazioni,  dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o
dei  lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di
cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti
e   delle  specifiche  modalita'  ivi  previste.  Ulteriori  soggetti
formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
  5.  Coloro  che  sono  in  possesso di laurea in una delle seguenti
classi:  L7,  L8,  L9,  L17,  L23,  di  cui  al  decreto del Ministro
dell'universita'  e  della  ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato
nel  S.O.  alla  Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle
classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e
della  ricerca  scientifica  e  tecnologica  in  data  4 agosto 2000,
pubblicato  nel  S.O.  alla  Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre
2000,   ovvero  nella  classe  4  di  cui  al  decreto  del  Ministro
dell'universita'  e  della  ricerca scientifica e tecnologica in data
2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del
5 giugno  2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai
sensi  della  normativa  vigente,  sono  esonerati dalla frequenza ai
corsi  di  formazione  di  cui  al  comma 2, primo periodo. Ulteriori
titoli  di  studio  possono  essere individuati in sede di Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
  6.  I  responsabili  e  gli  addetti  dei  servizi di prevenzione e
protezione  sono  tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo
gli  indirizzi definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2.
E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34.
  7.  Le  competenze  acquisite  a  seguito  dello  svolgimento delle
attivita' di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei
componenti   del   servizio  interno  sono  registrate  nel  libretto
formativo  del  cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i),
del  decreto  legislativo  10 settembre  2003,  n.  276, e successive
modificazioni.
  8.  Negli  istituti  di  istruzione,  di formazione professionale e
universitari  e  nelle  istituzioni  dell'alta formazione artistica e
coreutica,  il  datore  di  lavoro  che  non  opta per lo svolgimento
diretto  dei  compiti propri del servizio di prevenzione e protezione
dei  rischi  designa  il  responsabile  del servizio di prevenzione e
protezione, individuandolo tra:
    a)  il  personale  interno  all'unita' scolastica in possesso dei
requisiti  di  cui  al  presente  articolo che si dichiari a tal fine
disponibile;
    b)  il personale interno ad una unita' scolastica in possesso dei
requisiti  di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad
operare in una pluralita' di istituti.
  9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8,
gruppi  di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di
un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in
via  prioritaria  con  gli  enti  locali  proprietari  degli  edifici
scolastici  e,  in via subordinata, con enti o istituti specializzati
in  materia  di  salute  e  sicurezza  sul lavoro o con altro esperto
esterno libero professionista.
  10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di
un  esperto  esterno  per  ricoprire  l'incarico  di responsabile del
servizio  deve  comunque  organizzare  un  servizio  di prevenzione e
protezione con un adeguato numero di addetti.

        
                    Note all'art. 32:
              - Il  testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato
          decreto legislativo 276 del 2003, e' il seguente:
              «Art.  2  (Definizioni).  -  1.  Ai fini e agli effetti
          delle  disposizioni  di cui al presente decreto legislativo
          si intende per:
                a)-h)(omissis);
                i) «libretto   formativo   del  cittadino»:  libretto
          personale  del  lavoratore  definito, ai sensi dell'accordo
          Stato-regioni  del  18 febbraio  2000,  di  concerto tra il
          Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  e  il
          Ministero   dell'istruzione,   dell'universita'   e   della
          ricerca,   previa   intesa   con  la  Conferenza  unificata
          Stato-regioni  e  sentite  le parti sociali, in cui vengono
          registrate le competenze acquisite durante la formazione in
          apprendistato,  la  formazione in contratto di inserimento,
          la formazione specialistica e la formazione continua svolta
          durante  l'arco  della  vita  lavorativa  ed  effettuata da
          soggetti  accreditati  dalle regioni, nonche' le competenze
          acquisite  in  modo  non  formale  e  informale secondo gli
          indirizzi  della Unione europea in materia di apprendimento
          permanente, purche' riconosciute e certificate;».
          Note all'art. 34
              - Il   testo   dell'art.  3  del  decreto  ministeriale
          16 gennaio  1997 (Individuazione dei contenuti minimi della
          formazione   dei  lavoratori,  dei  rappresentanti  per  la
          sicurezza  e  dei  datori  di  lavoro  che possono svolgere
          direttamente i compiti propri del responsabile del servizio
          di prevenzione e protezione), e' il seguente:
              «Art.   3  (Formazione  dei  datori  di  lavoro).  -  I
          contenuti della formazione dei datori di lavoro che possono
          svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del
          servizio di prevenzione e protezione sono i seguenti:
                a) il  quadro  normativo  in materia di sicurezza dei
          lavoratori e la responsabilita' civile e penale;
                b) gli   organi  di  vigilanza  e  di  controlli  nei
          rapporti con le aziende;
                c) la  tutela  assicurativa,  le  statistiche  ed  il
          registro degli infortuni;
                d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;
                e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;
                f) la valutazione dei rischi;
                g) i  principali tipi di rischio e le relative misure
          tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza;
                h) i dispositivi di protezione individuale;
                i) la prevenzione incendi ed i piani di emergenza;
                l) la prevenzione sanitaria;
                m) l'informazione e la formazione dei lavoratori.
              La durata minima dei corsi per i datori di lavoro e' di
          sedici ore.».
              - Il  testo dell'art. 95 del citato decreto legislativo
          n. 626 del 1994 e' il seguente:
              «Art.  95  (Norma  transitoria).  - 1. In sede di prima
          applicazione  del  presente decreto e comunque non oltre il
          31 dicembre  1996  il datore di lavoro che intende svolgere
          direttamente  i  compiti  di  prevenzione  e protezione dai
          rischi e' esonerato dalla frequenza del corso di formazione
          di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza
          degli  adempimenti  previsti dal predetto art. 10, comma 2,
          lettere a), b) e c).».

        
      
          
Sezione III

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 
 
                              Art. 33.
          Compiti del servizio di prevenzione e protezione

  1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
    a) all'individuazione  dei  fattori  di rischio, alla valutazione
dei  rischi  e  all'individuazione delle misure per la sicurezza e la
salubrita'  degli  ambienti  di  lavoro, nel rispetto della normativa
vigente  sulla  base  della  specifica conoscenza dell'organizzazione
aziendale;
    b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive  di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo
di tali misure;
    c) ad  elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita'
aziendali;
    d) a  proporre  i  programmi  di  informazione  e  formazione dei
lavoratori;
    e) a  partecipare  alle  consultazioni in materia di tutela della
salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui
all'articolo 35;
    f) a    fornire    ai   lavoratori   le   informazioni   di   cui
all'articolo 36.
  2.  I  componenti  del  servizio  di  prevenzione e protezione sono
tenuti  al  segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza  nell'esercizio  delle funzioni di cui al presente decreto
legislativo.
  3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore
di lavoro.

        
      
          
Sezione III

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 
 
                              Art. 34.
Svolgimento  diretto  da  parte  del  datore di lavoro dei compiti di
                 prevenzione e protezione dai rischi

  1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di
lavoro  puo'  svolgere  direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione  e  protezione  dai rischi, di primo soccorso, nonche' di
prevenzione   incendi   e  di  evacuazione,  nelle  ipotesi  previste
nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori   per   la   sicurezza   ed  alle  condizioni  di  cui  ai
commi successivi.
  2.  Il  datore  di  lavoro che intende svolgere i compiti di cui al
comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16
ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul
luogo  di  lavoro  e relativi alle attivita' lavorative, nel rispetto
dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici
mesi  dall'entrata  in  vigore del presente decreto legislativo. Fino
alla   pubblicazione  dell'accordo  di  cui  al  periodo  precedente,
conserva  validita' la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3
del  decreto  ministeriale  16 gennaio  1997,  il  cui  contenuto  e'
riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di
definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.
  3.  Il  datore  di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e'
altresi'  tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di
quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di
cui  al  precedente  periodo  si  applica  anche a coloro che abbiano
frequentato  i  corsi  di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale
16 gennaio  1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi
dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

        
      
          
Sezione III

SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

 
 
                              Art. 35.
                         Riunione periodica

  1.  Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15
lavoratori,  il  datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio
di  prevenzione  e  protezione  dai  rischi,  indice almeno una volta
all'anno una riunione cui partecipano:
    a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
    b) il  responsabile  del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
    c) il medico competente, ove nominato;
    d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
  2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame
dei partecipanti:
    a) il documento di valutazione dei rischi;
    b) l'andamento  degli  infortuni e delle malattie professionali e
della sorveglianza sanitaria;
    c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia
dei dispositivi di protezione individuale;
    d) i  programmi  di  informazione e formazione dei dirigenti, dei
preposti  e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione
della loro salute.
  3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
    a) codici  di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi
di infortuni e di malattie professionali;
    b) obiettivi  di  miglioramento della sicurezza complessiva sulla
base  delle  linee  guida  per  un sistema di gestione della salute e
sicurezza sul lavoro.
  4.  La  riunione  ha  altresi'  luogo  in  occasione  di  eventuali
significative  variazioni delle condizioni di esposizione al rischio,
compresa  la  programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che
hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi
di  cui  al  presente  articolo, nelle unita' produttive che occupano
fino  a  15  lavoratori e' facolta' del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
  5.  Della  riunione  deve  essere  redatto  un  verbale  che  e'  a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

        
      
          
Sezione IV

FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO

 
 
                              Art. 36.
                     Informazione ai lavoratori

  1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva
una adeguata informazione:
    a) sui  rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla
attivita' della impresa in generale;
    b) sulle  procedure  che  riguardano  il primo soccorso, la lotta
antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
    c) sui  nominativi  dei  lavoratori  incaricati  di  applicare le
misure di cui agli articoli 45 e 46;
    d) sui  nominativi  del responsabile e degli addetti del servizio
di prevenzione e protezione, e del medico competente.
  2.   Il  datore  di  lavoro  provvede  altresi'  affinche'  ciascun
lavoratore riceva una adeguata informazione:
    a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita'
svolta,  le  normative  di  sicurezza  e le disposizioni aziendali in
materia;
    b) sui  pericoli  connessi all'uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi  sulla  base  delle  schede dei dati di sicurezza previste
dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
    c) sulle  misure  e  le  attivita'  di  protezione  e prevenzione
adottate.
  3.  Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1,
lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di
cui all'articolo 3, comma 9.
  4.   Il   contenuto   della  informazione  deve  essere  facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
relative   conoscenze.   Ove   la  informazione  riguardi  lavoratori
immigrati,  essa  avviene  previa  verifica  della comprensione della
lingua utilizzata nel percorso informativo.

        
      
          
Sezione IV

FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO

 
 
                              Art. 37.
         Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

  1.  Il  datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una
formazione  sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza,
anche   rispetto   alle   conoscenze  linguistiche,  con  particolare
riferimento a:
    a)   concetti   di   rischio,   danno,  prevenzione,  protezione,
organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari
soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
    b)  rischi  riferiti  alle  mansioni  e ai possibili danni e alle
conseguenti   misure   e   procedure   di  prevenzione  e  protezione
caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
  2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di
cui  al  comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle
parti  sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto legislativo.
  3.  Il  datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore
riceva  una  formazione  sufficiente  ed adeguata in merito ai rischi
specifici  di  cui  ai  titoli  del presente decreto successivi al I.
Ferme  restando  le  disposizioni  gia'  in  vigore  in  materia,  la
formazione  di  cui  al  periodo  che  precede  e'  definita mediante
l'accordo di cui al comma 2.
  4.  La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono
avvenire in occasione:
    a) della  costituzione  del  rapporto  di  lavoro  o  dell'inizio
dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
    b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
    c) della  introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
  5.  L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo
di lavoro.
  6.  La  formazione  dei  lavoratori  e dei loro rappresentanti deve
essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi
o all'insorgenza di nuovi rischi.
  7.  I  preposti  ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda,
un'adeguata  e  specifica  formazione e un aggiornamento periodico in
relazione  ai  propri  compiti  in  materia di salute e sicurezza del
lavoro.   I   contenuti   della   formazione   di   cui  al  presente
comma comprendono:
    a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
    b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
    c) valutazione dei rischi;
    d) individuazione   delle   misure   tecniche,   organizzative  e
procedurali di prevenzione e protezione.
  8.  I  soggetti  di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi
dei  percorsi  formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di
cui  al  comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
  9.  I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e
lotta  antincendio,  di  evacuazione  dei luoghi di lavoro in caso di
pericolo  grave  ed  immediato,  di salvataggio, di primo soccorso e,
comunque,  di  gestione  dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e
specifica   formazione   e  un  aggiornamento  periodico;  in  attesa
dell'emanazione    delle    disposizioni    di    cui    al   comma 3
dell'articolo 46,  continuano  a trovare applicazione le disposizioni
di  cui  al  decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998,
pubblicato  nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998,
attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626.
  10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad
una   formazione   particolare  in  materia  di  salute  e  sicurezza
concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita
la  propria  rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze
sulle  principali  tecniche  di  controllo  e  prevenzione dei rischi
stessi.
  11.   Le  modalita',  la  durata  e  i  contenuti  specifici  della
formazione  del  rappresentante  dei lavoratori per la sicurezza sono
stabiliti   in  sede  di  contrattazione  collettiva  nazionale,  nel
rispetto   dei   seguenti  contenuti  minimi: a)  principi  giuridici
comunitari  e  nazionali; b)  legislazione  generale  e  speciale  in
materia  di  salute  e  sicurezza  sul lavoro; c) principali soggetti
coinvolti  e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei
fattori  di  rischio; e)  valutazione  dei  rischi; f) individuazione
delle  misure  tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e
protezione; g) aspetti normativi dell'attivita' di rappresentanza dei
lavoratori; h)  nozioni  di  tecnica  della  comunicazione. La durata
minima  dei  corsi  e'  di  32  ore  iniziali,  di  cui 12 sui rischi
specifici  presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione
e   protezione   adottate,   con   verifica   di   apprendimento.  La
contrattazione   collettiva   nazionale   disciplina   le   modalita'
dell'obbligo  di  aggiornamento  periodico,  la  cui  durata non puo'
essere  inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai
50  lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano piu' di 50
lavoratori.
  12.  La  formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti
deve  avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all'articolo 50  ove  presenti, durante l'orario di lavoro e non puo'
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
  13.   Il   contenuto   della   formazione  deve  essere  facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze  e  competenze necessarie in materia di salute e sicurezza
sul  lavoro.  Ove  la  formazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene  previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua
veicolare utilizzata nel percorso formativo.
  14.  Le  competenze  acquisite  a  seguito  dello svolgimento delle
attivita'  di  formazione  di cui al presente decreto sono registrate
nel  libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera i),  del  decreto  legislativo  10 settembre  2003, n. 276, e
successive  modificazioni.  Il  contenuto  del  libretto formativo e'
considerato  dal  datore di lavoro ai fini della programmazione della
formazione  e  di  esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini
della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.

        
                    Note all'art. 37:
              - Il  testo dell'art. 13 del citato decreto legislativo
          n. 626 del 1994 e' il seguente:
              «Art.  13  (Prevenzione  incendi).  - 1. Fermo restando
          quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
          29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro
          e  della  previdenza  sociale,  in  relazione  al  tipo  di
          attivita',  al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori
          di  rischio,  adottano  uno  o  piu' decreti nei quali sono
          definiti:
                a) i criteri diretti ad individuare:
                  1)  misure  intese  ad  evitare  l'insorgere  di un
          incendio  e  a  limitarne  le  conseguenze  qualora esso si
          verifichi;
                  2) misure precauzionali di esercizio;
                  3)   metodi   di  controllo  e  manutenzione  degli
          impianti e delle attrezzature antincendio;
                  4) criteri per la gestione delle emergenze;
                b) le  caratteristiche  dello  specifico  servizio di
          prevenzione  e  protezione  antincendio di cui all'art. 12,
          compresi  i  requisiti  del  personale  addetto  e  la  sua
          formazione.
              2.  Per  il  settore  minerario  il  decreto  di cui al
          comma 1 e' adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e
          della  previdenza sociale e dell'industria, del commercio e
          dell'artigianato.».
              - Per  il  testo  dell'art.  2, comma 1, lettera i) del
          citato  decreto  legislativo  276  del  2003,  si veda nota
          all'art. 32.

        
      
          
Sezione V

SORVEGLIANZA SANITARIA

 
 
                              Art. 38.
              Titoli e requisiti del medico competente

  1.  Per  svolgere  le  funzioni  di medico competente e' necessario
possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
    a) specializzazione   in   medicina  del  lavoro  o  in  medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
    b) docenza  in  medicina  del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori  e  psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale  o  in  fisiologia  e  igiene del lavoro o in clinica del
lavoro;
    c) autorizzazione  di cui all'articolo 55 del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277;
    d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina
legale.
  2.  I  medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d),
sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da
definire  con apposito decreto del Ministero dell'universita' e della
ricerca  di concerto con il Ministero della salute. I soggetti di cui
al  precedente  periodo  i  quali, alla data di entrata in vigore del
presente  decreto,  svolgano  le  attivita'  di  medico  competente o
dimostrino  di  avere  svolto  tali  attivita'  per  almeno  un  anno
nell'arco  dei  tre anni anteriori all'entrata in vigore del presente
decreto  legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni.
A  tal  fine  sono  tenuti  a  produrre alla Regione attestazione del
datore di lavoro comprovante l'espletamento di tale attivita'.
  3.  Per  lo  svolgimento  delle  funzioni  di  medico competente e'
altresi'  necessario  partecipare al programma di educazione continua
in  medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229,
e  successive  modificazioni  e integrazioni, a partire dal programma
triennale  successivo  all'entrata  in  vigore  del  presente decreto
legislativo.  I  crediti  previsti  dal  programma triennale dovranno
essere  conseguiti  nella  misura  non  inferiore al 70 per cento del
totale  nella  disciplina  «medicina  del  lavoro  e  sicurezza degli
ambienti di lavoro».
  4.  I  medici  in  possesso  dei  titoli  e dei requisiti di cui al
presente  articolo sono  iscritti  nell'elenco  dei medici competenti
istituito presso il Ministero della salute.

        
                    Note all'art. 38:
              - Il  testo dell'art. 55 del citato decreto legislativo
          n. 277 del 1991 e' il seguente:
              «Art.    55   (Esercizio   dell'attivita'   di   medico
          competente).  -  1. I laureati in medicina e chirurgia che,
          pur  non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1,
          lettera c),  alla  data  di  entrata in vigore del presente
          decreto abbiano svolto l'attivita' di medico del lavoro per
          almeno  quattro  anni,  sono  autorizzati  ad esercitare la
          funzione di medico competente.
              2.  L'esercizio  della  funzione  di  cui al comma 1 e'
          subordinato  alla  presentazione, all'assessorato regionale
          alla   sanita'  territorialmente  competente,  di  apposita
          domanda   corredata  dalla  documentazione  comprovante  lo
          svolgimento  dell'attivita' di medico del lavoro per almeno
          quattro anni.
              3.  La  domanda  e' presentata entro centottanta giorni
          dalla  data  di  entrata  in  vigore  del presente decreto.
          L'assessorato  alla  sanita'  provvede entro novanta giorni
          dalla data di ricezione della domanda stessa.».
              - Il  testo  del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.
          229  (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
          nazionale,  a  norma  dell'art.  1  della legge 30 novembre
          1998,  n.  419),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale
          16 luglio 1999, n. 165, supplemento ordinario.

        
      
          
Sezione V

SORVEGLIANZA SANITARIA

 
 
                              Art. 39.
           Svolgimento dell'attivita' di medico competente

  1.  L'attivita'  di  medico competente e' svolta secondo i principi
della  medicina  del  lavoro  e  del  codice  etico della Commissione
internazionale di salute occupazionale (ICOH).
  2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
    a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o
privata, convenzionata con l'imprenditore;
    b) libero professionista;
    c) dipendente del datore di lavoro.
  3.  Il  dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici
che  svolgono  attivita'  di  vigilanza,  non puo' prestare, ad alcun
titolo  e  in  alcuna  parte  del  territorio nazionale, attivita' di
medico competente.
  4.  Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni
necessarie  per  lo  svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone
l'autonomia.
  5.   Il   medico   competente   puo'  avvalersi,  per  accertamenti
diagnostici,  della  collaborazione  di  medici specialisti scelti in
accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
  6.  Nei  casi  di  aziende  con piu' unita' produttive, nei casi di
gruppi  d'imprese  nonche'  qualora  la  valutazione  dei  rischi  ne
evidenzi la necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici
competenti   individuando   tra   essi  un  medico  con  funzioni  di
coordinamento.

        
      
          
Sezione V

SORVEGLIANZA SANITARIA

 
 
                              Art. 40.
 Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale

  1.  Entro  il  primo  trimestre  dell'anno  successivo  all'anno di
riferimento  il  medico  competente trasmette, esclusivamente per via
telematica,  ai  servizi  competenti  per territorio le informazioni,
elaborate  evidenziando  le  differenze  di  genere, relative ai dati
aggregati   sanitari  e  di  rischio  dei  lavoratori,  sottoposti  a
sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
  2.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano
trasmettono  le  informazioni  di  cui  al  comma 1,  aggregate dalle
aziende sanitarie locali, all'ISPESL.

        
      
          
Sezione V

SORVEGLIANZA SANITARIA

 
 
                              Art. 41.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico competente:
    a) nei  casi  previsti  dalla  normativa vigente, dalle direttive
europee   nonche'   dalle   indicazioni   fornite  dalla  Commissione
consultiva di cui all'articolo 6;
    b) qualora  il  lavoratore  ne  faccia  richiesta e la stessa sia
ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
  2. La sorveglianza sanitaria comprende:
    a) visita  medica  preventiva  intesa  a  constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine di
valutare la sua idoneita' alla mansione specifica;
    b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei
lavoratori  ed  esprimere  il  giudizio  di  idoneita'  alla mansione
specifica. La periodicita' di tali accertamenti, qualora non prevista
dalla  relativa  normativa,  viene  stabilita, di norma, in una volta
l'anno.  Tale  periodicita'  puo' assumere cadenza diversa, stabilita
dal  medico  competente  in  funzione  della valutazione del rischio.
L'organo  di  vigilanza,  con  provvedimento  motivato, puo' disporre
contenuti  e  periodicita'  della  sorveglianza  sanitaria differenti
rispetto a quelli indicati dal medico competente;
    c) visita   medica  su  richiesta  del  lavoratore,  qualora  sia
ritenuta  dal  medico  competente correlata ai rischi professionali o
alle  sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa
dell'attivita' lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di
idoneita' alla mansione specifica;
    d) visita  medica  in  occasione  del  cambio della mansione onde
verificare l'idoneita' alla mansione specifica;
    e) visita  medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi
previsti dalla normativa vigente.
  3.  Le  visite  mediche  di  cui  al  comma 2  non  possono  essere
effettuate:
    a) in fase preassuntiva;
    b) per accertare stati di gravidanza;
    c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
  4.  Le  visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore
di  lavoro,  comprendono  gli  esami  clinici  e biologici e indagini
diagnostiche   mirati   al  rischio  ritenuti  necessari  dal  medico
competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le
visite   di   cui  al  comma 2,  lettere a), b)  e d)  sono  altresi'
finalizzate   alla   verifica  di  assenza  di  condizioni  di  alcol
dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
  5.  Gli  esiti  della  visita  medica  devono  essere allegati alla
cartella  sanitaria  e  di  rischio  di cui all'articolo 25, comma 1,
lettera c),  secondo  i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e
predisposta  su  formato  cartaceo  o  informatizzato, secondo quanto
previsto dall'articolo 53.
  6.  Il  medico competente, sulla base delle risultanze delle visite
mediche  di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi
alla mansione specifica:
    a) idoneita';
    b) idoneita'  parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni
o limitazioni;
    c) inidoneita' temporanea;
    d) inidoneita' permanente.
  7.  Nel  caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea
vanno precisati i limiti temporali di validita'.
  8.  Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per
iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
  9.  Avverso  i  giudizi  del  medico competente e' ammesso ricorso,
entro   trenta  giorni  dalla  data  di  comunicazione  del  giudizio
medesimo,  all'organo  di  vigilanza  territorialmente competente che
dispone,  dopo  eventuali  ulteriori  accertamenti,  la  conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.

        
      
          
Sezione V

SORVEGLIANZA SANITARIA

 
 
                              Art. 42.
    Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione specifica

  1.  Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto
dalla  legge  12 marzo  1999,  n.  68, in relazione ai giudizi di cui
all'articolo 41,   comma 6,  attua  le  misure  indicate  dal  medico
competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneita' alla mansione
specifica  adibisce  il  lavoratore, ove possibile, ad altra mansione
compatibile con il suo stato di salute.
  2.  Il  lavoratore  di  cui al comma 1 che viene adibito a mansioni
inferiori  conserva  la  retribuzione  corrispondente  alle  mansioni
precedentemente  svolte,  nonche' la qualifica originaria. Qualora il
lavoratore  venga  adibito  a  mansioni  equivalenti  o  superiori si
applicano  le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo
restando  quanto  previsto  dall'articolo 52  del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165.

        
                    Note all'art. 42:
              - Il  testo della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per
          il  diritto  al  lavoro  dei disabili), e' pubblicata nella
          Gazzetta   Ufficiale  23 marzo  1999,  n.  68,  supplemento
          ordinario.
              - Il  testo  dell'art.  2103  del  codice civile, e' il
          seguente:
              «Art.  2103  (Mansioni del lavoratore). - Il prestatore
          di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e'
          stato  assunto  o  a  quelle  corrispondenti alla categoria
          superiore  che  abbia  successivamente  acquisito  ovvero a
          mansioni  equivalenti  alle  ultime  effettivamente svolte,
          senza  alcuna  diminuzione  della retribuzione. Nel caso di
          assegnazione  a mansioni superiori il prestatore ha diritto
          al   trattamento  corrispondente  all'attivita'  svolta,  e
          l'assegnazione  stessa  diviene definitiva, ove la medesima
          non  abbia  avuto  luogo  per  sostituzione  di  lavoratore
          assente  con  diritto alla conservazione del posto, dopo un
          periodo  fissato  dai  contratti collettivi, e comunque non
          superiore  a  tre  mesi. Egli non puo' essere trasferito da
          una  unita'  produttiva  ad una altra se non per comprovate
          ragioni  tecniche,  organizzative  e produttive. Ogni patto
          contrario e' nullo.».
              - Il  testo dell'art. 52 del citato decreto legislativo
          n. 165 del 2001 e' il seguente:
              «Art.  52  (Disciplina  delle  mansioni).  (Art. 56 del
          decreto   legislativo  n.  29  del  1993,  come  sostituito
          dall'art.  25  del  decreto  legislativo  n.  80 del 1998 e
          successivamente   modificato   dall'art.   15  del  decreto
          legislativo  n. 387 del 1998). - 1. Il prestatore di lavoro
          deve  essere  adibito  alle  mansioni per le quali e' stato
          assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito
          della  classificazione professionale prevista dai contratti
          collettivi,  ovvero  a quelle corrispondenti alla qualifica
          superiore  che  abbia successivamente acquisito per effetto
          dello  sviluppo  professionale o di procedure concorsuali o
          selettive.   L'esercizio   di   fatto   di   mansioni   non
          corrispondenti   alla  qualifica  di  appartenenza  non  ha
          effetto   ai   fini  dell'inquadramento  del  lavoratore  o
          dell'assegnazione di incarichi di direzione.
              2.  Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di
          lavoro   puo'  essere  adibito  a  mansioni  proprie  della
          qualifica immediatamente superiore:
                a) nel  caso di vacanza di posto in organico, per non
          piu'  di  sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano
          state  avviate  le  procedure  per  la  copertura dei posti
          vacanti come previsto al comma 4;
                b) nel  caso  di  sostituzione  di  altro  dipendente
          assente  con  diritto  alla  conservazione  del  posto, con
          esclusione   dell'assenza   per   ferie,   per   la  durata
          dell'assenza.
              3.  Si  considera svolgimento di mansioni superiori, ai
          fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo
          prevalente,  sotto  il  profilo qualitativo, quantitativo e
          temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
              4.  Nei  casi  di  cui  al  comma 2,  per il periodo di
          effettiva   prestazione,   il   lavoratore  ha  diritto  al
          trattamento  previsto  per  la qualifica superiore. Qualora
          l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a
          vacanze  dei  posti in organico, immediatamente, e comunque
          nel  termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il
          dipendente  e'  assegnato  alle  predette  mansioni, devono
          essere  avviate  le  procedure  per  la copertura dei posti
          vacanti.
              5.  Al  di  fuori  delle  ipotesi di cui al comma 2, e'
          nulla  l'assegnazione  del lavoratore a mansioni proprie di
          una qualifica superiore, ma al lavoratore e' corrisposta la
          differenza   di  trattamento  economico  con  la  qualifica
          superiore.  Il  dirigente  che  ha  disposto l'assegnazione
          risponde  personalmente  del maggiore onere conseguente, se
          ha agito con dolo o colpa grave.
              6.  Le  disposizioni del presente articolo si applicano
          in   sede   di  attuazioni  della  nuova  disciplina  degli
          ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi
          e  con  la  decorrenza  da  questi  stabilita.  I  medesimi
          contratti  collettivi  possono  regolare  diversamente  gli
          effetti  di  cui  ai  commi 2,  3 e 4. Fino a tale data, in
          nessun  caso  lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
          alla  qualifica di appartenenza, puo' comportare il diritto
          ad  avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale
          del lavoratore.».

        
      
          
Sezione VI

GESTIONE DELLE EMERGENZE

 
 
                              Art. 43.
                        Disposizioni generali

  1.  Ai  fini  degli  adempimenti  di  cui all'articolo 18, comma 1,
lettera t), il datore di lavoro:
    a) organizza   i   necessari  rapporti  con  i  servizi  pubblici
competenti   in   materia   di  primo  soccorso,  salvataggio,  lotta
antincendio e gestione dell'emergenza;
    b) designa  preventivamente  i lavoratori di cui all'articolo 18,
comma 1, lettera b);
    c) informa  tutti  i  lavoratori  che possono essere esposti a un
pericolo   grave   e  immediato  circa  le  misure  predisposte  e  i
comportamenti da adottare;
    d) programma   gli  interventi,  prende  i  provvedimenti  e  da'
istruzioni  affinche'  i  lavoratori,  in  caso  di  pericolo grave e
immediato  che  non  puo'  essere  evitato,  possano  cessare la loro
attivita', o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo
di lavoro;
    e) adotta   i   provvedimenti   necessari   affinche'   qualsiasi
lavoratore,  in  caso  di  pericolo grave ed immediato per la propria
sicurezza  o  per  quella  di  altre persone e nell'impossibilita' di
contattare  il  competente  superiore  gerarchico,  possa prendere le
misure  adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
  2.  Ai  fini  delle  designazioni di cui al comma 1, lettera b), il
datore  di  lavoro  tiene  conto  delle dimensioni dell'azienda e dei
rischi  specifici  dell'azienda  o  della unita' produttiva secondo i
criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
  3.  I  lavoratori  non  possono,  se  non  per giustificato motivo,
rifiutare  la  designazione.  Essi  devono  essere formati, essere in
numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto
delle  dimensioni  e  dei rischi specifici dell'azienda o dell'unita'
produttiva.
  4.  Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,
astenersi  dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita'
in  una  situazione  di  lavoro  in cui persiste un pericolo grave ed
immediato.

        
      
          
Sezione VI

GESTIONE DELLE EMERGENZE

 
 
                              Art. 44.
    Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato

  1.  Il  lavoratore  che, in caso di pericolo grave, immediato e che
non  puo'  essere  evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una
zona  pericolosa,  non  puo'  subire pregiudizio alcuno e deve essere
protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
  2.  Il  lavoratore  che,  in  caso  di pericolo grave e immediato e
nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico,
prende  misure  per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo'
subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una
grave negligenza.

        
      
          
Sezione VI

GESTIONE DELLE EMERGENZE

 
 
                              Art. 45.
                           Primo soccorso

  1.  Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita'
e delle dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il
medico  competente  ove nominato, prende i provvedimenti necessari in
materia  di  primo  soccorso  e  di  assistenza  medica di emergenza,
tenendo  conto  delle  altre eventuali persone presenti sui luoghi di
lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche
per il trasporto dei lavoratori infortunati.
  2.  Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso,
i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in
relazione  alla  natura  dell'attivita',  al  numero  dei  lavoratori
occupati  ed  ai  fattori  di  rischio  sono  individuati dal decreto
ministeriale   15 luglio  2003,  n.  388  e  dai  successivi  decreti
ministeriali  di  adeguamento  acquisito  il  parere della Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
  3.  Con  appositi  decreti  ministeriali, acquisito il parere della
Conferenza   permanente,   acquisito   il   parere  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  di Bolzano, vengono definite le modalita' di
applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio
2003, n. 388 e successive modificazioni.

        
                    Note all'art. 45:
              - Il testo del decreto ministeriale del 15 luglio 2003,
          n.   388   (Regolamento  recante  disposizioni  sul  pronto
          soccorso  aziendale,  in  attuazione dell'art. 15, comma 3,
          del  decreto  legislativo  19 settembre  1994,  n.  626,  e
          successive  modificazioni),  e'  pubblicato  nella Gazzetta
          Ufficiale 3 febbraio 2004, n. 27.

        
      
          
Sezione VI

GESTIONE DELLE EMERGENZE

 
 
                              Art. 46.
                         Prevenzione incendi

  1.  La  prevenzione  incendi e' la funzione di preminente interesse
pubblico,  di  esclusiva  competenza  statuale, diretta a conseguire,
secondo  criteri  applicativi  uniformi sul territorio nazionale, gli
obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone
e di tutela dei beni e dell'ambiente.
  2.  Nei  luoghi  di lavoro soggetti al presente decreto legislativo
devono  essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per
tutelare l'incolumita' dei lavoratori.
  3.  Fermo  restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo
2006,  n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi
di  cui  al  presente  decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e
della  previdenza  sociale,  in  relazione  ai  fattori  di  rischio,
adottano uno o piu' decreti nei quali sono definiti:
    a) i criteri diretti atti ad individuare:
      1)  misure  intese  ad  evitare l'insorgere di un incendio ed a
limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
      2) misure precauzionali di esercizio;
      3)  metodi  di  controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
      4) criteri per la gestione delle emergenze;
    b)  le  caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione  antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e
la sua formazione.
  4.  Fino  all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad
applicarsi  i  criteri  generali  di  sicurezza  antincendio e per la
gestione  delle  emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del
Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
  5.  Al  fine  di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio  nei  luoghi  di  lavoro,  ed  ai sensi dell'articolo 14,
comma 2,  lettera h),  del  decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,
con  decreto  del  Ministro  dell'interno sono istituiti, presso ogni
direzione  regionale  dei  vigili del fuoco, dei nuclei specialistici
per  l'effettuazione  di  una  specifica attivita' di assistenza alle
aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento
della attivita' di assistenza.
  6.  In  relazione  ai  principi  di  cui  ai commi precedenti, ogni
disposizione  contenuta nel presente decreto legislativo, concernente
aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attivita' di disciplina che
di  controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici
del  Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della
difesa  civile,  di  cui  agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo
8 marzo  2006,  n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui
all'articolo 13.
  7.  Le  maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione
di  controllo  di  cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo
nazionale  dei  vigili  per il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro.

        
                    Note all'art. 46:
              - Per  il  testo del citato decreto legislativo n. 139,
          del 2006, si veda nota all'art. 14.
              - Il  testo  del  decreto del Ministro dell'interno del
          10 marzo  1998 (Criteri generali di sicurezza antincendio e
          per  la  gestione  dell'emergenza nei luoghi di lavoro), e'
          pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 7 aprile 1998, n. 81,
          supplemento ordinario.
              - Il  testo  dell'art.  14,  comma 2,  lettera b),  del
          citato decreto legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
              «Art.  14  (Competenza  e attivita). (Articoli 22 e 30,
          legge  27 dicembre  1941,  n. 1570; art. 2, legge 26 luglio
          1965,  n. 966; art. 14, decreto legislativo 30 luglio 1999,
          n.  300;  articoli 1,  6  e 8, decreto del Presidente della
          Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. (Omissis).
              2.  Le  attivita'  di  prevenzione  incendi  di  cui al
          comma 1 sono in particolare:
                a) (omissis);
                b) il   rilascio   del   certificato  di  prevenzione
          incendi,  di  atti di autorizzazione, di benestare tecnico,
          di  collaudo  e  di  certificazione,  comunque  denominati,
          attestanti  la  conformita'  alla  normativa di prevenzione
          incendi  di  attivita'  e  costruzioni civili, industriali,
          artigianali   e   commerciali   e  di  impianti,  prodotti,
          apparecchiature e simili;».
              - Il  testo degli articoli 1, 2 e 13 del citato decreto
          legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
              «  Art.  1  (Struttura e funzioni). (Articoli 1, 3 e 9,
          legge  13 maggio  1961,  n. 469; art. 11, legge 24 febbraio
          1992,   n.  225;  art.  14,  comma 3,  decreto  legislativo
          30 luglio 1999, n. 300). - 1. Il Corpo nazionale dei vigili
          del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», e' una
          struttura  dello  Stato  ad ordinamento civile, incardinata
          nel  Ministero  dell'interno  - Dipartimento dei vigili del
          fuoco,  del  soccorso  pubblico  e  della difesa civile, di
          seguito  denominato:  «Dipartimento», per mezzo della quale
          il  Ministero  dell'interno  assicura,  anche per la difesa
          civile,  il  servizio di soccorso pubblico e di prevenzione
          ed   estinzione   degli  incendi  su  tutto  il  territorio
          nazionale,  nonche'  lo  svolgimento  delle altre attivita'
          assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti,
          secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo.
              2.  Il  Corpo  nazionale e' componente fondamentale del
          servizio  di  protezione civile ai sensi dell'art. 11 della
          legge 24 febbraio 1992, n. 225.».
              «Art. 2 (Organizzazione centrale e periferica del Corpo
          nazionale).  (Articoli 10, 11, 12, legge 13 maggio 1961, n.
          469;   art.   4,   comma 4  e  art.  15,  comma 2,  decreto
          legislativo  30 luglio 1999, n. 300). - 1. L'organizzazione
          a  livello  centrale  del  Corpo  nazionale  si articola in
          direzioni  centrali  e  in uffici del Dipartimento, secondo
          quanto  previsto dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
          300,  e  successive modificazioni, dall'art. 12 del decreto
          legislativo  19 maggio  2000,  n.  139,  e  dall'art. 6 del
          decreto  del  Presidente della Repubblica 7 settembre 2001,
          n. 398.
              2.  Le  strutture  periferiche  del  Corpo nazionale si
          articolano nei seguenti uffici:
                a) direzioni  regionali  dei  vigili  del  fuoco  del
          soccorso   pubblico  e  della  difesa  civile,  di  livello
          dirigenziale  generale,  istituite  per  lo  svolgimento in
          ambito regionale delle funzioni di cui all'art. 1;
                b) comandi  provinciali,  di livello dirigenziale non
          generale,    istituiti   per   l'espletamento   in   ambito
          provinciale delle funzioni di cui all'art. 1;
                c) distretti,  distaccamenti permanenti e volontari e
          posti  di  vigilanza, istituiti alle dipendenze dei comandi
          provinciali;
                d) reparti   e   nuclei   speciali,  per  particolari
          attivita'  operative  che richiedano l'impiego di personale
          specificamente   preparato,   nonche'  l'ausilio  di  mezzi
          speciali o di animali.
              3.  Con  regolamento  emanato  ai  sensi  dell'art. 17,
          comma 4-bis,  della  legge  23 agosto  1988,  n.  400, sono
          determinate  l'organizzazione  e la disciplina degli uffici
          di   livello  dirigenziale  generale  di  cui  al  comma 2,
          lettera a). Con decreto del Ministro dell'interno di natura
          non  regolamentare  sono  istituiti  gli  uffici di livello
          dirigenziale  non  generale  con l'indicazione dei relativi
          compiti  e  gli  uffici  di  cui  al  comma 2, lettera c) e
          lettera d).
              4.  Fino  all'adozione  dei  provvedimenti  di  cui  al
          comma 3 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data
          di entrata in vigore del presente decreto.».
              «Art.  13  (Definizione  ed  ambito  di  esplicazione).
          (Articoli 1  e  2,  legge  13 maggio  1961, n. 469; art. 1,
          comma 7,   lettera e),   legge   23 agosto  2004,  n.  239;
          articoli 1,  2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica
          29 luglio  1982, n. 577). - 1. La prevenzione incendi e' la
          funzione   di   preminente  interesse  pubblico  diretta  a
          conseguire,   secondo   criteri  applicativi  uniformi  sul
          territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita
          umana,  di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e
          dell'ambiente  attraverso  la  promozione,  lo  studio,  la
          predisposizione  e  la  sperimentazione  di  norme, misure,
          provvedimenti,  accorgimenti  e  modi  di  azione intesi ad
          evitare  l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso
          comunque connessi o a limitarne le conseguenze.
              2.    Ferma    restando    la   competenza   di   altre
          amministrazioni,  enti ed organismi, la prevenzione incendi
          si  esplica  in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione
          al  rischio  di  incendio e, in ragione della sua rilevanza
          interdisciplinare,  anche  nei  settori della sicurezza nei
          luoghi  di  lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti
          rilevanti  connessi  con  determinate  sostanze pericolose,
          dell'energia,  della  protezione  da radiazioni ionizzanti,
          dei prodotti da costruzione.».

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 47.
           Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

  1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a
livello  territoriale  o di comparto, aziendale e di sito produttivo.
L'elezione  dei  rappresentanti  per  la sicurezza avviene secondo le
modalita' di cui al comma 6.
  2.  In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato
il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
  3.  Nelle  aziende  o  unita'  produttive  che  occupano  fino a 15
lavoratori  il  rappresentante  dei lavoratori per la sicurezza e' di
norma  eletto  direttamente  dai lavoratori al loro interno oppure e'
individuato  per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto
produttivo secondo quanto previsto dall'articolo 48.
  4.  Nelle  aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il
rappresentante  dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato
dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.
In  assenza  di  tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai
lavoratori della azienda al loro interno.
  5.  Il  numero,  le  modalita'  di  designazione  o di elezione del
rappresentante  dei  lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di
lavoro  retribuito  e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni
sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
  6.  L'elezione  dei  rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
aziendali,  territoriali  o di comparto, salvo diverse determinazioni
in   sede   di   contrattazione   collettiva,  avviene  di  norma  in
corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul
lavoro,  individuata,  nell'ambito  della  settimana  europea  per la
salute  e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e
della  previdenza  sociale  di concerto con il Ministro della salute,
sentite  le  confederazioni  sindacali  dei  datori  di  lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Con  il medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di attuazione
del presente comma.
  7.  In  ogni  caso  il  numero  minimo dei rappresentanti di cui al
comma 2  e'  il  seguente:  a) un rappresentante nelle aziende ovvero
unita'  produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle
aziende  ovvero  unita'  produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei
rappresentanti  in tutte le altre aziende o unita' produttive oltre i
1.000  lavoratori.  In  tali  aziende il numero dei rappresentanti e'
aumentato  nella  misura individuata dagli accordi interconfederali o
dalla contrattazione collettiva.
  8.  Qualora  non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4,
le  funzioni  di  rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
esercitate  dai  rappresentanti  di  cui agli articoli 48 e 49, salvo
diverse  intese  tra  le  associazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori  di  lavoro  comparativamente  piu'  rappresentative sul piano
nazionale.

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 48.
     Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

  1.  Il  rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
di   cui   all'articolo 47,   comma 3,  esercita  le  competenze  del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50
e  i  termini e con le modalita' ivi previste con riferimento a tutte
le  aziende  o  unita'  produttive  del  territorio o del comparto di
competenza   nelle   quali  non  sia  stato  eletto  o  designato  il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
  2.  Le  modalita'  di elezione o designazione del rappresentante di
cui  al  comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali,
interconfederali  o  di  categoria,  stipulati dalle associazioni dei
datori   di   lavoro   e   dei   lavoratori   comparativamente   piu'
rappresentative   sul  piano  nazionale.  In  mancanza  dei  predetti
accordi, le modalita' di elezione o designazione sono individuate con
decreto  del  Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite
le associazioni di cui al presente comma.
  3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato
eletto  o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
  4.  Per  l'esercizio  delle proprie attribuzioni, il rappresentante
dei  lavoratori  per  la  sicurezza  territoriale accede ai luoghi di
lavoro  nel  rispetto  delle  modalita'  e  del  termine di preavviso
individuati  dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso
non  opera  in  caso  di  infortunio  grave.  In  tale ultima ipotesi
l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico.
  5.  Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita'
di  cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza  territoriale,  questi lo comunica all'organismo paritetico
o,   in   sua  mancanza,  all'organo  di  vigilanza  territorialmente
competente.
  6.   L'organismo  paritetico  o,  in  mancanza,  il  Fondo  di  cui
all'articolo 52  comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il
nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.
  7.  Il  rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
ha  diritto  ad  una  formazione  particolare  in materia di salute e
sicurezza  concernente  i  rischi specifici esistenti negli ambiti in
cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate
competenze  sulle  principali tecniche di controllo e prevenzione dei
rischi  stessi. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della
formazione   del  rappresentante  dei  lavoratori  per  la  sicurezza
territoriale  sono  stabiliti  in  sede  di contrattazione collettiva
secondo   un  percorso  formativo  di  almeno  64  ore  iniziali,  da
effettuarsi  entro  3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8
ore di aggiornamento annuale.
  8.  L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per
la  sicurezza  territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre
funzioni sindacali operative.

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 49.
  Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo

  1.   Rappresentanti   dei  lavoratori  per  la  sicurezza  di  sito
produttivo   sono   individuati   nei   seguenti  specifici  contesti
produttivi   caratterizzati  dalla  compresenza  di  piu'  aziende  o
cantieri:
    a) i  porti  di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d),
della  legge  28 gennaio  1994,  n.  84,  sedi  di autorita' portuale
nonche' quelli sede di autorita' marittima da individuare con decreto
dei  Ministri  del lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti,
da  adottare  entro  dodici  mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto;
    b) centri  intermodali  di  trasporto  di  cui alla direttiva del
Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
    c) impianti siderurgici;
    d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita'
presunta  dei  cantieri,  rappresentata  dalla  somma  delle giornate
lavorative  prestate  dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione di tutte le opere;
    e) contesti  produttivi  con  complesse problematiche legate alla
interferenza  delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti
mediamente operanti nell'area superiore a 500.
  2.  Nei  contesti  di cui al comma precedente il rappresentante dei
lavoratori  per  la  sicurezza  di sito produttivo e' individuato, su
loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
delle aziende operanti nel sito produttivo.
  3.   La   contrattazione  collettiva  stabilisce  le  modalita'  di
individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il
rappresentante  dei  lavoratori  per  la sicurezza di sito produttivo
esercita le attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o
cantieri  del  sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per
la  sicurezza  e  realizza  il coordinamento tra i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.

        
                    Note all'art. 49:
              - Il  testo  dell'art.  4, comma 1, lettera b), c) e d)
          della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e' il seguente:
              «Art.  4 (Classificazione  dei  porti).  -  1.  I porti
          marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie
          e classi:
                a) (omissis);
                b) categoria  II,  classe I: porti, o specifiche aree
          portuali, di rilevanza economica internazionale;
                c) categoria  II, classe II: porti, o specifiche aree
          portuali, di rilevanza economica nazionale;
                d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree
          portuali,    di    rilevanza    economica    regionale    e
          interregionale;».

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 50.
   Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

  1.   Fatto   salvo  quanto  stabilito  in  sede  di  contrattazione
collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
    a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
    b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione   dei   rischi,   alla   individuazione,  programmazione,
realizzazione  e  verifica  della  prevenzione nella azienda o unita'
produttiva;
    c) e'  consultato  sulla  designazione  del  responsabile e degli
addetti  al  servizio  di  prevenzione, alla attivita' di prevenzione
incendi,  al  primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e
del medico competente;
    d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di
cui all'articolo 37;
    e) riceve  le informazioni e la documentazione aziendale inerente
alla  valutazione  dei  rischi  e  le misure di prevenzione relative,
nonche'  quelle  inerenti  alle  sostanze ed ai preparati pericolosi,
alle  macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di
lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
    f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
    g) riceve  una  formazione  adeguata e, comunque, non inferiore a
quella prevista dall'articolo 37;
    h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle
misure  di  prevenzione  idonee  a  tutelare la salute e l'integrita'
fisica dei lavoratori;
    i) formula  osservazioni  in  occasione  di  visite  e  verifiche
effettuate  dalle  autorita'  competenti,  dalle  quali e', di norma,
sentito;
    l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
    m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
    n) avverte  il  responsabile della azienda dei rischi individuati
nel corso della sua attivita';
    o) puo'  fare  ricorso  alle autorita' competenti qualora ritenga
che  le  misure  di  prevenzione e protezione dai rischi adottate dal
datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non
siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
  2.  Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre
del  tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di
retribuzione,   nonche'   dei  mezzi  e  degli  spazi  necessari  per
l'esercizio  delle  funzioni  e delle facolta' riconosciutegli, anche
tramite   l'accesso   ai   dati,  di  cui  all'articolo 18,  comma 1,
lettera r),  contenuti  in applicazioni informatiche. Non puo' subire
pregiudizio  alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita'
e  nei  suoi  confronti  si applicano le stesse tutele previste dalla
legge per le rappresentanze sindacali.
  3.  Le  modalita'  per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1
sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
  4.  Il  rappresentante  dei  lavoratori  per  la  sicurezza, su sua
richiesta  e  per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
  5.  I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori
rispettivamente  del  datore  di  lavoro  committente e delle imprese
appaltatrici,  su  loro  richiesta  e  per  l'espletamento della loro
funzione,  ricevono  copia del documento di valutazione dei rischi di
cui all'articolo 26, comma 3.
  6.  Il  rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al
rispetto  delle  disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003,   n.   196   e   del  segreto  industriale  relativamente  alle
informazioni  contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel
documento  di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3,
nonche'  al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
  7.  L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto
al servizio di prevenzione e protezione.

        
                    Nota all'art. 50:
              - Per  il  testo  del citato decreto legislativo n. 196
          del 2003, si veda nota all'art. 1.

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 51.
                        Organismi paritetici

  1.  A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
  2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli
organismi  di  cui  al  comma 1  sono prima istanza di riferimento in
merito   a   controversie  sorte  sull'applicazione  dei  diritti  di
rappresentanza,  informazione  e  formazione,  previsti  dalle  norme
vigenti.
  3.   Gli   organismi   paritetici  possono  supportare  le  imprese
nell'individuazione  di  soluzioni tecniche e organizzative dirette a
garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
  4. Sono  fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali
o  partecipativi  previsti da accordi interconfederali, di categoria,
nazionali, territoriali o aziendali.
  5.  Agli  effetti  dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo
2001,  n.  165,  gli  organismi  di cui al comma 1 sono parificati ai
soggetti  titolari  degli  istituti  della  partecipazione  di cui al
medesimo articolo.
  6.  Gli  organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano
di  personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute
e  sicurezza  sul  lavoro,  possono  effettuare, nei luoghi di lavoro
rientranti  nei  territori  e  nei comparti produttivi di competenza,
sopralluoghi per le finalita' di cui al comma 3.
  7.  Gli  organismi  di  cui  al  presente  articolo trasmettono  al
Comitato  di  cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita'
svolta.
  8.   Gli  organismi  paritetici  comunicano  alle  aziende  di  cui
all'articolo 48,   comma 2,   i  nominativi  dei  rappresentanti  dei
lavoratori  per  la  sicurezza  territoriale.  Analoga  comunicazione
effettuano  nei  riguardi  degli organi di vigilanza territorialmente
competenti.

        
                    Note all'art. 51:
              - Il  testo  dell'art. 9 del citato decreto legislativo
          n. 165 del 2001, e' il seguente:
              «Art.   9  (Partecipazione  sindacale).  (Art.  10  del
          decreto   legislativo  n.  29  del  1993,  come  sostituito
          dall'art. 6 del decreto legislativo n. 80 del 1998). - 1. I
          contratti  collettivi  nazionali  disciplinano  i  rapporti
          sindacali  e  gli  istituti  della partecipazione anche con
          riferimento  agli  atti  interni  di  organizzazione aventi
          riflessi sul rapporto di lavoro.».

        
      
          
Sezione VII

CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

 
 
                              Art. 52.
Sostegno   alla  piccola  e  media  impresa,  ai  rappresentanti  dei
    lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'

  1.  Presso  l'Istituto  nazionale  per  l'assicurazione  contro gli
infortuni  sul lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla
piccola  e  media  impresa,  ai  rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza  territoriali e alla pariteticita'. Il fondo opera a favore
delle  realta'  in  cui la contrattazione nazionale o integrativa non
preveda  o  costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di
pariteticita'  migliorativi  o,  almeno,  di pari livello ed ha quali
obiettivi il:
    a)  sostegno  ed  il  finanziamento,  in  misura non inferiore al
cinquanta  per  cento delle disponibilita' del Fondo, delle attivita'
delle  rappresentanze  dei  lavoratori per la sicurezza territoriali,
anche con riferimento alla formazione;
    b)  finanziamento  della  formazione  dei  datori di lavoro delle
piccole   e   medie   imprese,   dei   piccoli  imprenditori  di  cui
all'articolo 2083  del  codice  civile, dei lavoratori stagionali del
settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
    c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
  2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
    a) da   un  contributo  delle  aziende  di  cui  all'articolo 48,
comma 3,  in  misura  pari  a  due  ore  lavorative  annue  per  ogni
lavoratore occupato presso l'azienda ovvero l'unita' produttiva;
    b) dalle   entrate   derivanti  dall'irrogazione  delle  sanzioni
previste  dal presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso
a  seguito  dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente
normativa  abrogata  dal  presente  decreto nel corso dell'anno 2007,
incrementato del 10 per cento;
    c) con  una  quota  parte  delle  risorse  di cui all'articolo 9,
comma 3;
    d) relativamente  all'attivita'  formative per le piccole e medie
imprese  di  cui  al  comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui
all'articolo 11, comma 2.
  3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
del  Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia
e  delle  finanze,  adottato,  previa  intesa con le associazioni dei
datori   di   lavoro   e   dei   lavoratori   comparativamente   piu'
rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento  e  di  Bolzano,  entro  dodici  mesi dalla data di entrata in
vigore   del   presente   decreto,  sono  definiti  le  modalita'  di
funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle
risorse tra le finalita' di cui al medesimo comma nonche' il relativo
procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.
  4.  Il  rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
redige  una  relazione  annuale sulla attivita' svolta, da inviare al
Fondo.

        
                    Note all'art. 52:
              - Il  testo  dell'art.  2083  del  codice civile, e' il
          seguente:
              «Art.  2083  (Piccoli  imprenditori).  -  Sono  piccoli
          imprenditori   i   coltivatori   diretti   del  fondo,  gli
          artigiani,  i  piccoli commercianti e coloro che esercitano
          un'attivita'  professionale organizzata prevalentemente con
          il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».

        
      
          
Sezione VIII

DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

 
 
                              Art. 53.
                     Tenuta della documentazione

  1.  E'  consentito  l'impiego di sistemi di elaborazione automatica
dei  dati  per  la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione
prevista dal presente decreto legislativo.
  2.  Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema
di  gestione  della  predetta  documentazione  devono  essere tali da
assicurare che:
    a) l'accesso  alle  funzioni  del  sistema sia consentito solo ai
soggetti a cio' espressamente abilitati dal datore di lavoro;
    b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo
alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;
    c) le  operazioni  di validazione dei dati di cui alla lettera b)
siano  univocamente  riconducibili  alle  persone responsabili che le
hanno  effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo
autogenerato dagli stessi;
    d) le  eventuali  informazioni  di  modifica, ivi comprese quelle
inerenti  alle  generalita'  e  ai dati occupazionali del lavoratore,
siano solo aggiuntive a quelle gia' memorizzate;
    e) sia  possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei
singoli  documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le
informazioni contenute nei supporti di memoria;
    f) le  informazioni  siano  conservate  almeno  su  due  distinti
supporti  informatici  di  memoria  e siano implementati programmi di
protezione e di controllo del sistema da codici virali;
    g) sia  redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura
in  cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per
la  gestione  del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere
riportati i codici di accesso.
  3.  Nel  caso  in  cui  le  attivita'  del  datore  di lavoro siano
articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori
funzionali,   l'accesso  ai  dati  puo'  avvenire  mediante  reti  di
comunicazione  elettronica, attraverso la trasmissione della password
in  modalita'  criptata  e  fermo restando quanto previsto al comma 2
relativamente  alla  immissione e validazione dei dati da parte delle
persone responsabili.
  4.  La  documentazione,  sia  su supporto cartaceo che informatico,
deve  essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
  5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e
sicurezza  sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere
tenuta  su  unico  supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le
disposizioni  relative  alla valutazione dei rischi, le modalita' per
l'eventuale   eliminazione   o   per  la  tenuta  semplificata  della
documentazione  di  cui  al  periodo  che  precede  sono definite con
successivo   decreto,  adottato,  previa  consultazione  delle  parti
sociali,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo
Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano,
entro  dodici  mesi  dalla  data  di  entrata  in vigore del presente
decreto.
  6.   Fino   ai   sei   mesi  successivi  all'adozione  del  decreto
interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto
restano  in  vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed
ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.

        
                    Nota all'art. 53:
              - Per  il  testo  del citato decreto legislativo n. 196
          del 2003, si veda nota all'art. 1.

        
      
          
Sezione VIII

DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

 
 
                              Art. 54.
          Comunicazioni e trasmissione della documentazione

  1.  La  trasmissione  di documentazione e le comunicazioni a enti o
amministrazioni  pubbliche,  comunque  previste  dal presente decreto
legislativo  possono  avvenire  tramite  sistemi  informatizzati, nel
formato e con le modalita' indicati dalle strutture riceventi.

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 55.
           Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

  1.  E'  punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:
    a) che   omette  la  valutazione  dei  rischi  e  l'adozione  del
documento  di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo
adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f)
dell'articolo 28  e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18,
comma 1, lettere q) e z), prima parte;
    b) che  non provvede alla nomina del responsabile del servizio di
prevenzione   e   protezione   ai  sensi  dell'articolo 17,  comma 1,
lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34;
  2. Nei  casi  previsti  al  comma 1, lettera a), si applica la pena
dell'arresto  da  sei  mesi  a un anno e sei mesi se la violazione e'
commessa:
    a) nelle     aziende    di    cui    all'articolo 31,    comma 6,
lettere a), b), c), d), f);
    b) in  aziende  in  cui  si  svolgono  attivita'  che espongono i
lavoratori  a  rischi  biologici  di  cui  all'articolo 268, comma 1,
lettere c)  e d),  da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da
attivita'  di  manutenzione,  rimozione  smaltimento  e  bonifica  di
amianto;
    c) per  le  attivita'  disciplinate  dal titolo IV caratterizzate
dalla compresenza di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro
non sia inferiore a 200 uomini-giorno.
  3.  E'  punito  con  l'ammenda  da  3.000 a 9.000 euro il datore di
lavoro  che  non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), secondo le modalita' di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e
3,  nonche'  nei  casi in cui nel documento di valutazione dei rischi
manchino  una  o  piu'  delle  indicazioni  di  cui  all'articolo 28,
comma 2, lettere c) ed e).
  4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
    a)  con  l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a
3.000   euro   per   la   violazione   degli   articoli 18,  comma 1,
lettere b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e
3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);
    b)  con  l'arresto  da  tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
5.000   euro   per   la   violazione   degli   articoli 18,  commi 1,
lettere d), h),  e v),  e  2,  26,  comma 1, lettera b), 43, comma 1,
lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;
    c)  con  l'arresto  da  tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
5.000  euro  per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c).
Nei  casi  previsti  dal  comma 2, si applica la pena dell'arresto da
quattro a otto mesi;
    d)  con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500
a  6.000  euro  per  la  violazione  degli articoli 26, comma 1, e 2,
lettere a) e b), 34, commi 1 e 2;
    e)  con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a   4.000   euro   per  la  violazione  degli  articoli 18,  comma 1,
lettera l), e 43, comma 4;
    f) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
10.000   euro   per   non   aver   provveduto   alla  nomina  di  cui
all'articolo 18, comma 1, lettera a);
    g) con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria da 1.500 a 4.500
euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
    h) con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000
euro  per  la  violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29,
comma 4, e 35, comma 2;
    i)  con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500
euro  per  la  violazione  dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con
riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni;
    l)  con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000
euro  per  la  violazione  dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con
riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;
    m)  con  la  sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro
per  ciascun  lavoratore,  in  caso  di  violazione dell'articolo 26,
comma 8;
    n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro
3.000 in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
    o)  con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso
di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
  5.  L'applicazione  della  sanzione  di cui al comma 4, lettera i),
esclude  l'applicazione  delle  sanzioni  conseguenti alla violazione
dell'articolo 53    del    testo   unico   delle   disposizioni   per
l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul lavoro e le
malattie  professionali,  di  cui  al  decreto  del  Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.

        
                    Nota all'art. 55:
              - Il  testo  dell'art.  53  del  decreto del Presidente
          della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle
          disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli
          infortuni  sul  lavoro  e le malattie professionali), e' il
          seguente:
              «Art.  53. - Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare
          all'Istituto   assicuratore  gli  infortuni  da  cui  siano
          colpiti  i  dipendenti  prestatori  d'opera,  e  che  siano
          prognosticati    non    guaribili    entro    tre   giorni,
          indipendentemente  da  ogni valutazione circa la ricorrenza
          degli estremi di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia
          dell'infortunio  deve  essere fatta con le modalita' di cui
          all'art.  13 entro due giorni da quello in cui il datore di
          lavoro  ne  ha  avuto  notizia  e  deve essere corredata da
          certificato medico. Qualora il datore di lavoro effettui la
          denuncia  di  infortunio per via telematica, il certificato
          medico  deve  essere  inviato  solo  su  espressa richiesta
          dell'Istituto  assicuratore  nelle  ipotesi  in cui non sia
          stato  direttamente  inviato  dal  lavoratore  o dal medico
          certificatore.
              Se  si tratta di infortunio che abbia prodotto la morte
          o  per  il  quale  sia  preveduto  il pericolo di morte, la
          denuncia deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro
          ore dall'infortunio.
              Qualora  l'inabilita'  per  un infortunio prognosticato
          guaribile  entro  tre  giorni  si  prolunghi  al  quarto il
          termine per la denuncia decorre da quest'ultimo giorno.
              La  denuncia  dell'infortunio  ed il certificato medico
          debbono  indicare,  oltre alle generalita' dell'operaio, il
          giorno  e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio, le cause e
          le  circostanze  di esso, anche in riferimento ad eventuali
          deficienze  di misure di igiene e di prevenzione, la natura
          e  la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto con
          le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti.
              La  denuncia  delle  malattie professionali deve essere
          trasmessa  sempre  con  le modalita' di cui all'art. 13 dal
          datore  di  lavoro  all'Istituto assicuratore, corredata da
          certificato  medico,  entro  i  cinque  giorni successivi a
          quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al
          datore  di  lavoro  della manifestazione della malattia. Il
          certificato  medico deve contenere, oltre l'indicazione del
          domicilio  dell'ammalato  e  del luogo dove questi si trova
          ricoverato,    una    relazione   particolareggiata   della
          sintomatologia  accusata  dall'ammalato  stesso e di quella
          rilevata  dal  medico certificatore. I medici certificatori
          hanno  l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte
          le notizie che esso reputi necessarie.
              Nella  denuncia  debbono  essere, altresi', indicati le
          ore   lavorate   e  il  salario  percepito  dal  lavoratore
          assicurato    nei   quindici   giorni   precedenti   quello
          dell'infortunio o della malattia professionale.
              Per  gli  addetti  alla  navigazione  marittima ed alla
          pesca  marittima la denuncia deve essere fatta dal capitano
          o padrone preposto al comando della nave o del galleggiante
          o,  in caso di loro impedimento, dall'armatore all'Istituto
          assicuratore   e   all'autorita'   portuale   o   consolare
          competente.  Quando  l'infortunio  si  verifichi durante la
          navigazione,  la  denuncia  deve essere fatta il giorno del
          primo approdo dopo l'infortunio. Il certificato medico, che
          deve  corredare  la  denuncia  di  infortunio,  deve essere
          rilasciato  dal  medico di bordo o, in mancanza di esso, da
          un  medico  del  luogo  di primo approdo sia nel territorio
          nazionale sia all'estero.
              I  contravventori  alle  precedenti  disposizioni  sono
          puniti    con    la   sanzione   amministrativa   da   lire
          cinquecentomila a lire tremilioni.».

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 56.
                      Sanzioni per il preposto

  1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla quale sono
tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
    b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro
per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
    c)   con   l'ammenda   da  300  a  900  euro  per  la  violazione
dell'articolo 19, comma 1, lettera g).

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 57.
Sanzioni   per  i  progettisti,  i  fabbricanti  i  fornitori  e  gli
                            installatori

  1.  I  progettisti  che  violano  il disposto dell'articolo 22 sono
puniti  con  l'arresto  fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000
euro.
  2.   I   fabbricanti   e   i  fornitori  che  violano  il  disposto
dell'articolo 23  sono  puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o
con l'ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
  3.  Gli  installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono
puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000
euro.

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 58.
                  Sanzioni per il medico competente

  1. Il medico competente e' punito:
    a)  con  l'arresto  fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.500
euro  per  la  violazione  dell'articolo 25,  comma 1, lettere d), e)
e f);
    b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500
euro  per  la  violazione  dell'articolo 25,  comma 1, lettere b), c)
e g);
    c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000
euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettera l);
    d)  con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000
euro  per  la  violazione  dell'articolo 25,  comma 1, lettere h), i)
e m), e per la violazione dell'articolo 41, comma 5;
    e)  con  la  sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500
euro per la violazione dell'articolo 40, comma 1.

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 59.
                      Sanzioni per i lavoratori

  1. I lavoratori sono puniti:
    a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro
per        la       violazione       dell'articolo 20,       comma 2,
lettere b), c), d), e), f), g), h) e i);
    b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per
la violazione dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica
ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.

        
      
          
Capo IV

Disposizioni penali

Sezione I

SANZIONI

 
 
                              Art. 60.
Sanzioni  per  i  componenti  dell'impresa  familiare,  i  lavoratori
autonomi,  i  piccoli  imprenditori  e i soci delle societa' semplici
                    operanti nel settore agricolo

  1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
    a) con  la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro
per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
    b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per
la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettera c).

        
      
          
Sezione II

DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE

 
 
                              Art. 61.
             Esercizio dei diritti della persona offesa

  1.  In  caso  di  esercizio  dell'azione  penale  per  i delitti di
omicidio  colposo  o  di  lesioni  personali  colpose, se il fatto e'
commesso   con  violazione  delle  norme  per  la  prevenzione  degli
infortuni  sul  lavoro  o  relative all'igiene del lavoro o che abbia
determinato  una malattia professionale, il pubblico ministero ne da'
immediata   notizia   all'INAIL  ed  all'IPSEMA,  in  relazione  alle
rispettive  competenze,  ai fini dell'eventuale costituzione di parte
civile e dell'azione di regresso.
  2.  Le  organizzazioni  sindacali  e  le associazioni dei familiari
delle  vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i
diritti  e le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e
92  del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi
con  violazione  delle  norme  per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale.

        
                    Note all'art. 61:
              - Il  testo  degli  articoli 91  e  92  del  codice  di
          procedura penale, e' il seguente:
              «Art.  91  (Diritti  e  facolta'  degli  enti  e  delle
          associazioni  rappresentativi di interessi lesi dal reato).
          -  1. Gli  enti  e  le associazioni senza scopo di lucro ai
          quali,  anteriormente alla commissione del fatto per cui si
          procede,  sono  state  riconosciute,  in  forza  di  legge,
          finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato, possono
          esercitare,  in  ogni  stato  e  grado  del procedimento, i
          diritti  e  le  facolta' attribuiti alla persona offesa dal
          reato.».
              «Art.   92   (Consenso   della   persona   offesa).   -
          1. L'esercizio  dei diritti e delle facolta' spettanti agli
          enti  e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi
          dal reato e' subordinato al consenso della persona offesa.
              2.  Il  consenso  deve  risultare da atto pubblico o da
          scrittura  privata autenticata e puo' essere prestato a non
          piu' di uno degli enti o delle associazioni. Einefficace il
          consenso prestato a piu' enti o associazioni.
              3.  Il  consenso  puo'  essere  revocato  in  qualsiasi
          momento con le forme previste dal comma 2.
              4.  La  persona  offesa che ha revocato il consenso non
          puo' prestarlo successivamente ne' allo stesso ne' ad altro
          ente o associazione.».

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 62.
                             Definizioni

  1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai
fini  dell'applicazione  del presente titolo, si intendono per luoghi
di lavoro:
    a) i  luoghi  destinati  a  ospitare  posti  di  lavoro,  ubicati
all'interno dell'azienda o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro
luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unita' produttiva accessibile
al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro;
    b) i  campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda
agricola o forestale.
  2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
    a) ai mezzi di trasporto;
    b) ai cantieri temporanei o mobili;
    c) alle industrie estrattive;
    d) ai pescherecci.

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 63.
                 Requisiti di salute e di sicurezza

  1.  I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato IV.
  2.  I  luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se
del caso, dei lavoratori disabili.
  3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le
vie  di  circolazione,  le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di
lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
  4.  La  disposizione  di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di
lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono
essere   adottate   misure   idonee   a  consentire  la  mobilita'  e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
  5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti
di  cui  al  comma 1  il  datore  di lavoro, previa consultazione del
rappresentante   dei   lavoratori   per   la   sicurezza   e   previa
autorizzazione  dell'organo di vigilanza territorialmente competente,
adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza
equivalente.
  6.  I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e
altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono
specificati nel punto 7 dell'allegato IV.

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 64.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1. Il datore di lavoro provvede affinche':
    a) i  luoghi  di  lavoro  siano  conformi  ai  requisiti  di  cui
all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
    b) le  vie  di  circolazione interne o all'aperto che conducono a
uscite  o  ad  uscite  di  emergenza  e  le uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
    c) i  luoghi  di  lavoro,  gli  impianti  e i dispositivi vengano
sottoposti  a  regolare  manutenzione  tecnica  e  vengano eliminati,
quanto  piu'  rapidamente  possibile,  i difetti rilevati che possano
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
    d) i  luoghi  di  lavoro,  gli  impianti  e i dispositivi vengano
sottoposti  a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche
adeguate;
    e) gli  impianti  e  i  dispositivi  di sicurezza, destinati alla
prevenzione  o  all'eliminazione  dei  pericoli, vengano sottoposti a
regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 65.
                Locali sotterranei o semisotterranei

  1.  E'  vietato  destinare  al  lavoro  locali chiusi sotterranei o
semisotterranei.
  2.  In  deroga  alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere
destinati  al  lavoro  locali  chiusi  sotterranei o semisotterranei,
quando  ricorrano  particolari  esigenze  tecniche.  In  tali casi il
datore   di  lavoro  provvede  ad  assicurare  idonee  condizioni  di
aerazione, di illuminazione e di microclima.
  3.  L'organo  di  vigilanza puo' consentire l'uso dei locali chiusi
sotterranei  o  semisotterranei  anche  per  altre lavorazioni per le
quali  non  ricorrono  le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni
non  diano  luogo  ad  emissioni  di  agenti nocivi, sempre che siano
rispettate  le  norme  del  presente  decreto  legislativo  e  si sia
provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 66.
             Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

  1.  E'  vietato  consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri,
fogne,   camini,   fosse,  gallerie  e  in  generale  in  ambienti  e
recipienti,  condutture,  caldaie  e  simili,  ove  sia  possibile il
rilascio  di  gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata
l'assenza   di  pericolo  per  la  vita  e  l'integrita'  fisica  dei
lavoratori  medesimi,  ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera
mediante  ventilazione  o  altri  mezzi  idonei. Quando possa esservi
dubbio sulla pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere
legati  con  cintura  di  sicurezza, vigilati per tutta la durata del
lavoro   e,   ove  occorra,  forniti  di  apparecchi  di  protezione.
L'apertura  di  accesso  a detti luoghi deve avere dimensioni tali da
poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

        
      
          
Titolo II

LUOGHI DI LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 67.
     Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio

  1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire
a   lavorazioni   industriali,   nonche'   gli   ampliamenti   e   le
ristrutturazioni  di  quelli  esistenti,  devono  essere eseguiti nel
rispetto  della  normativa di settore ed essere notificati all'organo
di vigilanza competente per territorio.
  2.  La  notifica  di  cui  al  comma 1  deve  indicare  gli aspetti
considerati nella valutazione e relativi:
    a) alla   descrizione  dell'oggetto  delle  lavorazioni  e  delle
principali modalita' di esecuzione delle stesse;
    b) alla  descrizione  delle  caratteristiche  dei  locali e degli
impianti.
L'organo  di  vigilanza  territorialmente  competente  puo'  chiedere
ulteriori  dati  e  prescrivere  modificazioni  in  relazione ai dati
notificati.
  3.  La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di
lavoro ove e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
  4.  La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle
eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 68.
                  Sanzioni per il datore di lavoro

  1. Il datore di lavoro e' punito:
    a) con  l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a
16.000 euro per la violazione dell'articolo 66;
    b) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
10.000 euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
    c) con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria da 1.000 a 2.500
euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.

        
      
          
Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro

 
 
                              Art. 69.
                             Definizioni

  1.  Agli  effetti  delle  disposizioni di cui al presente titolo si
intende per:
    a) attrezzatura   di  lavoro:  qualsiasi  macchina,  apparecchio,
utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
    b) uso  di  una  attrezzatura  di  lavoro:  qualsiasi  operazione
lavorativa  connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in
servizio  o  fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione,
la  trasformazione,  la  manutenzione,  la  pulizia, il montaggio, lo
smontaggio;
    c) zona   pericolosa:   qualsiasi   zona  all'interno  ovvero  in
prossimita'  di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di
un  lavoratore  costituisce  un  rischio per la salute o la sicurezza
dello stesso;
    d) lavoratore   esposto:   qualsiasi   lavoratore  che  si  trovi
interamente o in parte in una zona pericolosa;
    e) operatore:   il   lavoratore   incaricato   dell'uso   di  una
attrezzatura di lavoro.

        
      
          
Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro

 
 
                              Art. 70.
                       Requisiti di sicurezza

  1.  Salvo  quanto  previsto  al  comma 2, le attrezzature di lavoro
messe  a  disposizione  dei  lavoratori  devono  essere conformi alle
specifiche  disposizioni  legislative  e regolamentari di recepimento
delle direttive comunitarie di prodotto.
  2.  Le  attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni
legislative  e  regolamentari  di  cui  al  comma 1, e quelle messe a
disposizione  dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme
legislative   e   regolamentari   di   recepimento   delle  direttive
comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali
di sicurezza di cui all'allegato V.
  3.  Si  considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le
attrezzature  di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti
ministeriali   adottati   ai   sensi  dell'articolo 395  del  decreto
Presidente   della   Repubblica   27 aprile   1955,  n.  547,  ovvero
dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
  4.  Qualora  gli  organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro
funzioni  ispettive,  in  materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro,  accertino che un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione
dei  lavoratori  dopo  essere  stata  immessa  sul mercato o messa in
servizio  ai  sensi della direttiva di prodotto, in tutto o in parte,
risulta  non  rispondente  a  uno  o  piu'  requisiti  essenziali  di
sicurezza  previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di
cui  al comma 2, ne informano immediatamente l'autorita' nazionale di
sorveglianza  del  mercato  competente  per tipo di prodotto. In tale
caso  le  procedure  previste  dagli  articoli 20  e  21  del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
    a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in
sede  di  utilizzo,  nei  confronti del datore di lavoro utilizzatore
dell'esemplare  di  attrezzatura  oggetto dell'accertamento, mediante
apposita   prescrizione   a   rimuovere   la  situazione  di  rischio
determinata  dalla  mancata  rispondenza  ad  uno  o  piu'  requisiti
essenziali di sicurezza;
    b) dall'organo  di  vigilanza  territorialmente  competente,  nei
confronti   del   fabbricante  e  dei  soggetti  della  catena  della
distribuzione,  alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato
dall'autorita' nazionale per la sorveglianza del mercato.

        
                    Note all'art. 70:
              - Il  decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
          1955, n. 547, abrogato dal presente decreto, recava: «Norme
          per la prevenzione degli infortuni sul lavoro».
              - Il  testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo
          n. 626 del 1994, e' il seguente:
              «Art.  28  (Adeguamenti al progresso tecnico). - 1. Con
          decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
          di  concerto con i Ministri della sanita' e dell'industria,
          del  commercio  e  dell'artigianato, sentita la commissione
          consultiva permanente:
                a) e'  riconosciuta la conformita' alle vigenti norme
          per  la  sicurezza  e la salute dei lavoratori sul luogo di
          lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
                b) si  da'  attuazione  alle  direttive in materia di
          sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della
          Comunita'  europea per le parti in cui modificano modalita'
          esecutive  e  caratteristiche  di  ordine  tecnico di altre
          direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
                c) si  provvede  all'adeguamento  della  normativa di
          natura  strettamente  tecnica  e degli allegati al presente
          decreto in relazione al progresso tecnologico.».
              - Il  testo  degli  articoli 20 e 21 del citato decreto
          legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
              «Art.  20  (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
          la   contravvenzione   accertata,  l'organo  di  vigilanza,
          nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
          all'art.  55  del codice di procedura penale, impartisce al
          contravventore  un'apposita  prescrizione,  fissando per la
          regolarizzazione  un  termine  non  eccedente il periodo di
          tempo  tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
          a   richiesta   del   contravventore,  per  la  particolare
          complessita'      o     per     l'oggettiva     difficolta'
          dell'adempimento.  In  nessun caso esso puo' superare i sei
          mesi.   Tuttavia,   quando   specifiche   circostanze   non
          imputabili  al  contravventore determinano un ritardo nella
          regolarizzazione,  il  termine  di  sei  mesi  puo'  essere
          prorogato   per   una   sola   volta,   a   richiesta   del
          contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
          mesi,   con   provvedimento   motivato  che  e'  comunicato
          immediatamente al pubblico ministero.
              2.  Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
          anche  al  rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
          servizio del quale opera il contravventore.
              3.  Con  la  prescrizione  l'organo  di  vigilanza puo'
          imporre  specifiche  misure  atte a far cessare il pericolo
          per  la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
          lavoro.
              4.  Resta  fermo  l'obbligo dell'organo di vigilanza di
          riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
          alla  contravvenzione  ai sensi dell'art. 347 del codice di
          procedura penale.».
              «Art.  21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
          oltre  sessanta  giorni  dalla scadenza del termine fissato
          nella  prescrizione,  l'organo  di vigilanza verifica se la
          violazione  e'  stata  eliminata secondo le modalita' e nel
          termine indicati dalla prescrizione.
              2.  Quando  risulta  l'adempimento  alla  prescrizione,
          l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
          sede  amministrativa,  nel  termine  di  trenta giorni, una
          somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
          la  contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
          scadenza  del  termine fissato nella prescrizione, l'organo
          di  vigilanza  comunica al pubblico ministero l'adempimento
          alla  prescrizione,  nonche'  l'eventuale  pagamento  della
          predetta somma.
              3.  Quando  risulta  l'inadempimento alla prescrizione,
          l'organo  di  vigilanza  ne  da'  comunicazione al pubblico
          ministero  e  al  contravventore entro novanta giorni dalla
          scadenza del termine fissato nella prescrizione.».

        
      
          
Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro

 
 
                              Art. 71.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1.  Il  datore  di  lavoro  mette  a  disposizione  dei  lavoratori
attrezzature  conformi  ai  requisiti di cui all'articolo precedente,
idonee  ai  fini  della  salute  e  sicurezza e adeguate al lavoro da
svolgere  o  adattate  a  tali  scopi  che  devono  essere utilizzate
conformemente  alle  disposizioni  legislative  di  recepimento delle
direttive comunitarie.
  2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di
lavoro prende in considerazione:
    a) le  condizioni  e  le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
    b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
    c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
    d) i  rischi  derivanti da interferenze con le altre attrezzature
gia' in uso.
  3.  Il  datore  di  lavoro,  al  fine di ridurre al minimo i rischi
connessi  all'uso  delle  attrezzature  di  lavoro e per impedire che
dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo
condizioni  per  le  quali  non  sono  adatte, adotta adeguate misure
tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
  4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
    a) le attrezzature di lavoro siano:
      1)  installate  ed  utilizzate  in  conformita' alle istruzioni
d'uso;
      2)  oggetto  di  idonea  manutenzione  al fine di garantire nel
tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70
e  siano  corredate,  ove  necessario, da apposite istruzioni d'uso e
libretto di manutenzione;
      3)  assoggettate  alle  misure  di  aggiornamento dei requisiti
minimi   di   sicurezza   stabilite   con   specifico   provvedimento
regolamentare   adottato   in  relazione  alle  prescrizioni  di  cui
all'articolo 18, comma 1, lettera z);
    b) siano  curati  la  tenuta  e  l'aggiornamento  del registro di
controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
  5.   Le   modifiche   apportate   alle   macchine   quali  definite
all'articolo 1,  comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio  1996,  n.  459, per migliorarne le condizioni di sicurezza
non  configurano  immissione  sul  mercato  ai sensi dell'articolo 1,
comma 3,  secondo  periodo, sempre che non comportino modifiche delle
modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
  6.  Il  datore  di  lavoro prende le misure necessarie affinche' il
posto  di  lavoro  e  la posizione dei lavoratori durante l'uso delle
attrezzature  presentino  requisiti  di  sicurezza  e  rispondano  ai
principi dell'ergonomia.
  7.   Qualora   le  attrezzature  richiedano  per  il  loro  impiego
conoscenze  o responsabilita' particolari in relazione ai loro rischi
specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
    a) l'uso  dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori
allo  scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e
specifica;
    b) in  caso  di  riparazione, di trasformazione o manutenzione, i
lavoratori  interessati  siano  qualificati  in maniera specifica per
svolgere detti compiti.
  8.  Fermo  restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro
provvede affinche':
    1)  le  attrezzature  di  lavoro  la  cui sicurezza dipende dalle
condizioni  di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale
(dopo  l'installazione  e  prima  della  messa  in esercizio) e ad un
controllo  dopo  ogni  montaggio  in un nuovo cantiere o in una nuova
localita'   di  impianto,  al  fine  di  assicurarne  l'installazione
corretta e il buon funzionamento;
    2)  le  attrezzature  soggette  a  influssi che possono provocare
deterioramenti  suscettibili  di dare origine a situazioni pericolose
siano sottoposte:
      1. a  controlli  periodici, secondo frequenze stabilite in base
alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona
tecnica,  o  in  assenza  di  queste ultime, desumibili dai codici di
buona prassi;
      2. a   controlli   straordinari   al   fine   di  garantire  il
mantenimento  di  buone  condizioni  di  sicurezza,  ogni  volta  che
intervengano   eventi   eccezionali  che  possano  avere  conseguenze
pregiudizievoli  per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali
riparazioni,  trasformazioni,  incidenti, fenomeni naturali o periodi
prolungati di inattivita';
    c) i  controlli  di  cui  alle  lettere a)  e b)  sono  volti  ad
assicurare  il  buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di
sicurezza  delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da
persona competente.
  9.  I  risultati  dei  controlli  di  cui  al comma 8 devono essere
riportati  per  iscritto  e,  almeno  quelli relativi agli ultimi tre
anni,  devono  essere conservati e tenuti a disposizione degli organi
di vigilanza.
  10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate
al   di   fuori  della  sede  dell'unita'  produttiva  devono  essere
accompagnate  da  un  documento  attestante  l'esecuzione dell'ultimo
controllo con esito positivo.
  11.  Oltre  a  quanto  previsto  dal  comma 8,  il datore di lavoro
sottopone  le  attrezzature  di  lavoro  riportate  in allegato VII a
verifiche   periodiche,   con  la  frequenza  indicata  nel  medesimo
allegato.  La  prima di tali verifiche e' effettuata dall'ISPESL e le
successive  dalle  ASL.  Le  verifiche sono onerose e le spese per la
loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.
  12.  Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL
e  l'ISPESL  possono  avvalersi  del  supporto di soggetti pubblici o
privati   abilitati.  I  soggetti  privati  abilitati  acquistano  la
qualifica   di   incaricati   di   pubblico   servizio  e  rispondono
direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
  13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui
all'allegato  VII,  nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici  o  privati  di  cui  al comma precedente sono stabiliti con
decreto  del  Ministro  del  lavoro  e della previdenza sociale e del
Ministro  della  salute,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti  tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano,  da  adottarsi  entro  dodici  mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
  14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentiti  i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa
con  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra Stato, Regioni e
province  autonome  di  Trento  e di Bolzano e sentita la Commissione
consultiva  di  cui  all'articolo 6,  vengono  apportate le modifiche
all'allegato  VII  relativamente  all'elenco  delle  attrezzature  di
lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.

        
                    Note all'art. 71:
              - Il  testo  dell'art.  1, comma 2 del Presidente della
          Repubblica   24 luglio   1996,   n.  459  (Regolamento  per
          l'attuazione   delle   direttive   89/392/CEE,  91/368/CEE,
          93/44/CEE  e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
          legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), e'
          il seguente:
              «Art.  1  (Campo  di  applicazione  e  definizioni).  -
          1. (Omissis).
              2. Ai fini del presente regolamento, si intende per:
                a) macchina:
                  1)  un  insieme di pezzi o di organi, di cui almeno
          uno  mobile,  collegati tra loro, anche mediante attuatori,
          con  circuiti  di  comando  e di potenza o altri sistemi di
          collegamento,  connessi  solidalmente  per una applicazione
          ben  determinata,  segnatamente  per  la trasformazione, il
          trattamento,   lo   spostamento  o  il  condizionamento  di
          materiali;
                  2)  un insieme di macchine e di apparecchi che, per
          raggiungere  un  risultato  determinato,  sono  disposti  e
          comandati in modo da avere un funzionamento solidale;
                  3)  un'attrezzatura intercambiabile che modifica la
          funzione  di  una  macchina,  commercializzata  per  essere
          montata  su una macchina o su una serie di macchine diverse
          o  su  un trattore dall'operatore stesso, nei limiti in cui
          tale  attrezzatura  non  sia  un  pezzo  di  ricambio  o un
          utensile;
                b) componente di sicurezza:
                  un  componente,  purche'  non  sia  un'attrezzatura
          intercambiabile,  che  il  costruttore  o il suo mandatario
          stabilito  nell'Unione  europea  immette  sul  mercato allo
          scopo di assicurare, con la sua utilizzazione, una funzione
          di  sicurezza  e  il  cui  guasto  o  cattivo funzionamento
          pregiudica la sicurezza o la salute delle persone esposte.
              3. Si intende per immissione sul mercato la prima messa
          a  disposizione  sul  mercato dell'Unione europea, a titolo
          oneroso  o  gratuito, di una macchina o di un componente di
          sicurezza   per   la   sua   distribuzione  o  impiego.  Si
          considerano  altresi'  immessi sul mercato la macchina o il
          componente  di  sicurezza  messi  a  disposizione dopo aver
          subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria
          o straordinaria manutenzione.
              4. Si intende per messa in servizio:
                a) la   prima  utilizzazione  della  macchina  o  del
          componente di sicurezza sul territorio dell'Unione europea;
                b) l'utilizzazione della macchina o del componente di
          sicurezza   costruiti   sulla   base   della   legislazione
          precedente  e  gia'  in  servizio  alla  data di entrata in
          vigore   del  presente  regolamento,  qualora  siano  stati
          assoggettati  a  variazioni delle modalita' di utilizzo non
          previste direttamente dal costruttore.
              5.  Sono esclusi dal campo di applicazione del presente
          regolamento:
                a) le  macchine  la  cui  unica  fonte di energia sia
          quella  prodotta  dalla forza umana direttamente applicata,
          ad  eccezione delle macchine per il sollevamento di carichi
          ovvero di persone;
                b) le  macchine  per uso medico destinate all'impiego
          diretto sul paziente;
                c) le   attrezzature   specifiche  per  i  parchi  di
          divertimento;
                d) le caldaie a vapore e i recipienti a pressione;
                e) le  macchine specificamente progettate o destinate
          ad  uso  nucleare  che,  se  difettose,  possono  provocare
          emissioni di radioattivita';
                f) le fonti radioattive incorporate in una macchina;
                g) le armi da fuoco;
                h) i serbatoi di immagazzinamento e le condutture per
          il  trasporto di benzina, gasolio per autotrazione, liquidi
          infiammabili e sostanze pericolose;
                i) i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o
          per  via  d'acqua  destinati  unicamente  al  trasporto  di
          persone  e quelli destinati al trasporto delle merci per la
          sola  parte  inerente  la  funzione del trasporto. Non sono
          esclusi  dal campo di applicazione del presente regolamento
          i veicoli destinati all'industria estrattiva;
                l) le  navi  e  le unita' mobili offshore, nonche' le
          attrezzature destinate ad essere utilizzate a bordo di tali
          navi o unita';
                m) gli  impianti  a fune, comprese le funicolari, per
          il trasporto pubblico o non pubblico di persone;
                n) i  trattori agricoli e forestali quali definiti al
          paragrafo 1   dell'art.   1   della  direttiva  74/150/CEE,
          concernente  il  ravvicinamento  delle  legislazioni  degli
          Stati   membri   relative   all'omologazione  dei  trattori
          agricoli  o  forestali  a ruote, modificata da ultimo dalla
          direttiva 86/297/CEE;
                o) le macchine appositamente progettate e costruite a
          fini militari o di mantenimento dell'ordine;
                p) gli  ascensori  che  collegano  in modo permanente
          piani definiti di edifici e costruzioni mediante una cabina
          che  si  sposta  lungo  guide  rigide  la  cui inclinazione
          sull'orizzontale  e'  superiore  a  15  gradi, destinata al
          trasporto:
                  1) di persone;
                  2) di persone e cose;
                  3)  soltanto  di  cose se la cabina e' accessibile,
          ossia  se  una persona puo' penetrarvi senza difficolta', e
          attrezzata con elementi di comando situati al suo interno o
          alla portata di una persona che si trovi al suo interno;
                q) i  mezzi  destinati  al  trasporto  di persone che
          utilizzano veicoli a cremagliera;
                r) gli ascensori utilizzati nei pozzi delle miniere;
                s) gli elevatori di scenotecnica;
                t) gli  ascensori  da  cantiere  per  il trasporto di
          persone o di persone e materiale.
              6. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n.
          183, con decreto del Ministro dell'industria, del commercio
          e  dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro
          e  della previdenza sociale, sono adottate le modifiche del
          presente  regolamento  concernenti  modalita'  esecutive  e
          caratteristiche di ordine tecnico.».

        
      
          
Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro

 
 
                              Art. 72.
          Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso

  1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria
attrezzature   di   lavoro  di  cui  all'articolo 70,  comma 2,  deve
attestare,  sotto  la  propria  responsabilita',  che le stesse siano
conformi,  al  momento  della consegna a chi acquisti, riceva in uso,
noleggio  o  locazione  finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui
all'allegato V.
  2.  Chiunque  noleggi  o  conceda  in  uso  ad  un datore di lavoro
attrezzature  di  lavoro  senza  conduttore  deve,  al  momento della
cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed
efficienza   a   fini  di  sicurezza.  Dovra'  altresi'  acquisire  e
conservare  agli  atti  per  tutta  la  durata  del  noleggio o della
concessione  dell'attrezzatura una dichiarazione del datore di lavoro
che  riporti l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati
del  loro  uso,  i  quali devono risultare formati conformemente alle
disposizioni del presente titolo.

        
      
          
Titolo III

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE

Capo I

Uso delle attrezzature di lavoro

 
 
                              Art. 73.
                      Informazione e formazione

  1.  Nell'ambito  degli  obblighi  di  cui  agli articoli 36 e 37 il
datore  di lavoro provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro
messa  a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di
ogni  necessaria  informazione e istruzione e ricevano una formazione
adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:
    a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
    b) alle situazioni anormali prevedibili.
  2.  Il  datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori
sui  rischi  cui  sono  esposti  durante  l'uso delle attrezzature di
lavoro,   sulle   attrezzature   di   lavoro  presenti  nell'ambiente
immediatamente  circostante, anche se da essi non usate direttamente,
nonche' sui cambiamenti di tali attrezzature.
  3.   Le   informazioni  e  le  istruzioni  d'uso  devono  risultare
comprensibili ai lavoratori interessati.
  4.  Il  datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati
dell'uso    delle    attrezzature   che   richiedono   conoscenze   e
responsabilita' particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano
una  formazione  adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo
delle  attrezzature  in  modo  idoneo e sicuro, anche in relazione ai
rischi che possano essere causati ad altre persone.
  5.  In  sede  di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le
regioni   e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  sono
individuate  le  attrezzature di lavoro per le quali e' richiesta una
specifica  abilitazione  degli  operatori nonche' le modalita' per il
riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata,
gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' della formazione.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 74.
                             Definizioni

  1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito
denominato   «DPI»,   qualsiasi   attrezzatura  destinata  ad  essere
indossata  e  tenuta  dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro
uno  o  piu'  rischi  suscettibili  di  minacciarne la sicurezza o la
salute  durante  il  lavoro,  nonche'  ogni  complemento o accessorio
destinato a tale scopo.
  2. Non costituiscono DPI:
    a) gli   indumenti   di   lavoro   ordinari  e  le  uniformi  non
specificamente  destinati  a  proteggere la sicurezza e la salute del
lavoratore;
    b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
    c) le  attrezzature di protezione individuale delle forze armate,
delle   forze  di  polizia  e  del  personale  del  servizio  per  il
mantenimento dell'ordine pubblico;
    d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di
trasporto stradali;
    e) i  materiali  sportivi quando utilizzati a fini specificamente
sportivi e non per attivita' lavorative;
    f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
    g) gli  apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e
fattori nocivi.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 75.
                           Obbligo di uso

  1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione,
da  mezzi  di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti
di riorganizzazione del lavoro.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 76.
                          Requisiti dei DPI

  1.  I  DPI  devono  essere  conformi  alle  norme di cui al decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
  2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
    a) essere  adeguati  ai  rischi da prevenire, senza comportare di
per se' un rischio maggiore;
    b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
    c) tenere  conto  delle  esigenze  ergonomiche  o  di  salute del
lavoratore;
    d) poter   essere   adattati   all'utilizzatore  secondo  le  sue
necessita'.
  3.  In  caso  di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di
piu'  DPI,  questi  devono  essere  tra  loro  compatibili  e tali da
mantenere,  anche  nell'uso  simultaneo,  la  propria  efficacia  nei
confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

        
                    Note all'art. 76:
              - Il  testo del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
          475  (Attuazione  della  direttiva 89/686/CEE del Consiglio
          del  21 dicembre  1989,  in materia di ravvicinamento delle
          legislazioni  degli Stati membri relative ai dispositivi di
          protezione   individuale   e'   pubblicato  nella  Gazzetta
          Ufficiale 9 dicembre 1992, n. 289, supplemento ordinario.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 77.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
    a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono
essere evitati con altri mezzi;
    b) individua  le  caratteristiche  dei  DPI  necessarie affinche'
questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto
delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi
DPI;
    c) valuta,  sulla  base  delle  informazioni  e delle norme d'uso
fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI
disponibili  sul  mercato  e le raffronta con quelle individuate alla
lettera b);
    d) aggiorna  la  scelta  ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione.
  2.  Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite
dal  fabbricante,  individua  le condizioni in cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
    a) entita' del rischio;
    b) frequenza dell'esposizione al rischio;
    c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
    d) prestazioni del DPI.
  3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di
cui  all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai
requisiti previsti dall'articolo 76.
  4. Il datore di lavoro:
    a) mantiene  in  efficienza  i  DPI  e  ne assicura le condizioni
d'igiene,  mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni
necessarie   e   secondo   le   eventuali   indicazioni  fornite  dal
fabbricante;
    b) provvede  a  che  i  DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti,  salvo  casi  specifici  ed eccezionali, conformemente alle
informazioni del fabbricante;
    c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
    d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano  l'uso  di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende
misure adeguate affinche' tale uso non ponga alcun problema sanitario
e igienico ai vari utilizzatori;
    e) informa  preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il
DPI lo protegge;
    f) rende   disponibile   nell'azienda  ovvero  unita'  produttiva
informazioni adeguate su ogni DPI;
    g) stabilisce  le  procedure  aziendali  da  seguire,  al termine
dell'utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
    h) assicura  una  formazione adeguata e organizza, se necessario,
uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico
dei DPI.
  5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
    a) per  ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre
1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
    b) per i dispositivi di protezione dell'udito.

        
                    Nota all'art. 77:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 475 del 1992,
          si veda nota all'art. 76.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 78.
                       Obblighi dei lavoratori

  1.  In  ottemperanza  a  quanto previsto dall'articolo 20, comma 2,
lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento  organizzato  dal  datore  di  lavoro nei casi ritenuti
necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
  2.  In  ottemperanza  a  quanto previsto dall'articolo 20, comma 2,
lettera d),  i  lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente   all'informazione   e   alla   formazione  ricevute  e
all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
  3. I lavoratori:
    a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
    b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
  4.  Al  termine  dell'utilizzo  i  lavoratori  seguono le procedure
aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
  5.  I  lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente  o  al  preposto  qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

        
      
          
Capo II

Uso dei dispositivi di protezione individuale

 
 
                              Art. 79.
                Criteri per l'individuazione e l'uso

  1.   Il  contenuto  dell'allegato  VIII,  costituisce  elemento  di
riferimento  per  l'applicazione  di quanto previsto all'articolo 77,
commi 1 e 4.
  2.  Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di  concerto  con  il  Ministro  dello sviluppo economico, sentita la
Commissione  consultiva  permanente  di  cui  all'articolo 6, tenendo
conto della natura, dell'attivita' e dei fattori specifici di rischio
sono indicati:
    a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
    b) le  circostanze  e  le  situazioni  in  cui, ferme restando le
priorita'  delle misure di protezione collettiva, si rende necessario
l'impiego dei DPI.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 80.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1.  Il  datore  di  lavoro  prende le misure necessarie affinche' i
materiali,  le  apparecchiature  e  gli  impianti  elettrici  messi a
disposizione  dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati,
utilizzati  e  manutenuti  in  modo  da salvaguardare i lavoratori da
tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti
da:
    a) contatti elettrici diretti;
    b) contatti elettrici indiretti;
    c) innesco  e  propagazione  di  incendi  e  di  ustioni dovuti a
sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
    d) innesco di esplosioni;
    e) fulminazione diretta ed indiretta;
    f) sovratensioni;
    g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
  2.  A  tale  fine  il  datore  di lavoro esegue una valutazione dei
rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
    a) le  condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi
comprese eventuali interferenze;
    b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
    c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
  3.  A  seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di
lavoro  adotta  le  misure  tecniche  ed  organizzative necessarie ad
eliminare  o  ridurre  al  minimo i rischi presenti, ad individuare i
dispositivi  di  protezione  collettivi ed individuali necessari alla
conduzione  in  sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di
uso  e  manutenzione  atte  a  garantire  nel tempo la permanenza del
livello  di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al
comma 1.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 81.
                       Requisiti di sicurezza

  1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le
installazioni  e  gli impianti elettrici ed elettronici devono essere
progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
  2.  Ferme  restando  le disposizioni legislative e regolamentari di
recepimento  delle  direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i
macchinari,  le  apparecchiature,  le installazioni e gli impianti di
cui  al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se
sono   realizzati   secondo  le  norme  di  buona  tecnica  contenute
nell'allegato IX.
  3.  Le  procedure  di  uso e manutenzione devono essere predisposte
tenendo   conto   delle   disposizioni   legislative  vigenti,  delle
indicazioni   contenute   nei  manuali  d'uso  e  manutenzione  delle
apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di
quelle  indicate nelle norme di buona tecnica contenute nell'allegato
IX.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 82.
                        Lavori sotto tensione

  1.  E'  vietato  eseguire  lavori  sotto tensione. Tali lavori sono
tuttavia  consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono
di  sicurezza,  secondo  quanto  previsto  dallo  stato della tecnica
secondo  la  migliore  scienza ed esperienza, nonche' quando i lavori
sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
    a) le  procedure  adottate  e  le  attrezzature  utilizzate  sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
    b) per  tensioni  nominali  non  superiori  a  1000 V in corrente
alternata e 1500 V in corrente continua:
      1)  l'esecuzione  di  lavori  su  parti in tensione deve essere
affidata  a  lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei
per  tale attivita' secondo le indicazioni della pertinente normativa
tecnica;
      2)  le  procedure  adottate  e  le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
    c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata
e 1500 V in corrente continua purche':
      1)  i  lavori  su  parti in tensione sono effettuati da aziende
autorizzate  con  specifico  provvedimento  dei competenti uffici del
Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza sociale ad operare sotto
tensione;
      2)  l'esecuzione  di  lavori su parti in tensione e' affidata a
lavoratori  abilitati  dal datore di lavoro ai sensi della pertinente
normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attivita';
      3)  le  procedure  adottate  e  le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica.
  2.  Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
da  adottarsi  entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio
delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
  3.  Hanno  diritto  al  riconoscimento di cui al comma 2 le aziende
gia' autorizzate ai sensi della legislazione vigente.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 83.
                Lavori in prossimita' di parti attive

  1.  Non  possono  essere  eseguiti  lavori  in prossimita' di linee
elettriche  o  di impianti elettrici con parti attive non protette, o
che   per   circostanze   particolari   si   debbano   ritenere   non
sufficientemente  protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti
di  cui  alla  tabella 1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate
disposizioni  organizzative  e  procedurali  idonee  a  proteggere  i
lavoratori dai conseguenti rischi.
  2.  Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni
contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 84.
                       Protezioni dai fulmini

  1.  Il  datore  di  lavoro  provvede  affinche'  gli  edifici,  gli
impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti
dei  fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di
buona tecnica.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 85.
      Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature

  1.  Il  datore  di  lavoro  provvede  affinche'  gli  edifici,  gli
impianti,  le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli
determinati   dall'innesco   elettrico  di  atmosfere  potenzialmente
esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri
infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di
materiali esplosivi.
  2.  Le  protezioni  di  cui al comma 1 si realizzano utilizzando le
specifiche  disposizioni  di cui al presente decreto legislativo e le
pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 86.
                              Verifiche

  1.  Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica  22 ottobre  2001,  n.  462,  il datore di lavoro provvede
affinche'  gli  impianti  elettrici  e gli impianti di protezione dai
fulmini,  siano  periodicamente  sottoposti  a  controllo  secondo le
indicazioni  delle  norme di buona tecnica e la normativa vigente per
verificarne  lo  stato di conservazione e di efficienza ai fini della
sicurezza.
  2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
del  Ministro  della  salute  vengono  stabilite,  sulla  base  delle
disposizioni  vigenti,  le modalita' ed i criteri per l'effettuazione
delle verifiche di cui al comma 1.
  3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato
e tenuto a disposizione dell'autorita' di vigilanza.

        
                    Note all'art. 86:
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          22 ottobre 2001, n. 462 (Regolamento di semplificazione del
          procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi
          di   protezione   contro   le   scariche  atmosferiche,  di
          dispositivi  di  messa  a  terra di impianti elettrici e di
          impianti   elettrici   pericolosi),   e'  pubblicato  nella
          Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2002, n. 6.

        
      
          
Capo III

Impianti e apparecchiature elettriche

 
 
                              Art. 87.
               Sanzioni a carico del datore di lavoro

  1.  Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da tre a
sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
    a) dell'articolo 70,   comma 1   e   dell'articolo 70,   comma 2,
limitatamente  ai  punti  3.2.1,  5.6.1,  5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2,
5.13.8 e 5.13.9 dell'allegato V, parte II;
    b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
    c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
  2.  Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a
quattro  mesi  o  con  l'ammenda  da  1.000  euro a 4.000 euro per la
violazione:
    a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8,
3.1.11,  3.3.1,  5.1.3,  5.1.4,  5.5.3,  5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1,
5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato V, parte II;
    b) dell'articolo 71,  comma 3,  limitatamente ai punti 2.6, 2.11,
3.1.3, 3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
  3.  Il  datore  di  lavoro e' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
    a) dell'articolo 70,  comma 2,  limitatamente ai punti diversi da
quelli  indicati  alle  lettere a)  e b) dell'allegato V, parte II, e
dell'allegato VI;
    b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
    c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
    d) dell'articolo 86, comma 3.

        
      
          
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Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 88.
                        Campo di applicazione

  1.  Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle
misure  per  la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori
nei  cantieri  temporanei  o  mobili  quali definiti all'articolo 89,
comma 1, lettera a).
  2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
    a) ai   lavori  di  prospezione,  ricerca  e  coltivazione  delle
sostanze minerali;
    b) ai  lavori  svolti  negli  impianti  connessi  alle  attivita'
minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle
concessioni o delle autorizzazioni;
    c) ai  lavori  svolti negli impianti che costituiscono pertinenze
della  miniera:  gli  impianti  fissi  interni o esterni, i pozzi, le
gallerie,  nonche'  i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati
alla  coltivazione  della  miniera, le opere e gli impianti destinati
all'arricchimento  dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro
delle concessioni;
    d) ai   lavori   di   frantumazione,  vagliatura,  squadratura  e
trasporto  dei  prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento
di tali prodotti dai piazzali;
    e) alle   attivita'   di  prospezione,  ricerca,  coltivazione  e
stoccaggio   degli  idrocarburi  liquidi  e  gassosi  nel  territorio
nazionale,  nel  mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
    f) ai lavori svolti in mare;
    g) alle  attivita'  svolte  in  studi  teatrali, cinematografici,
televisivi  o  in  altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche'
tali   attivita'   non   implichino  l'allestimento  di  un  cantiere
temporaneo o mobile.

        
      
          
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Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 89.
                             Definizioni

  1.  Agli  effetti  delle  disposizioni  di  cui al presente capo si
intendono per:
    a) cantiere   temporaneo   o   mobile,   di  seguito  denominato:
«cantiere»:  qualunque  luogo  in cui si effettuano lavori edili o di
ingegneria civile il cui elenco e' riportato nell'allegato X.
    b) committente:  il  soggetto  per conto del quale l'intera opera
viene  realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della
sua  realizzazione.  Nel  caso  di  appalto  di  opera  pubblica,  il
committente e' il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa
relativo alla gestione dell'appalto;
    c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente,
della  progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale
soggetto  coincide  con  il  progettista per la fase di progettazione
dell'opera  e  con  il direttore dei lavori per la fase di esecuzione
dell'opera.   Nel  campo  di  applicazione  del  decreto  legislativo
12 aprile  2006,  n. 163, e successive modificazioni, il responsabile
dei lavori e' il responsabile unico del procedimento;
    d) lavoratore   autonomo:   persona   fisica   la  cui  attivita'
professionale   contribuisce   alla  realizzazione  dell'opera  senza
vincolo di subordinazione;
    e) coordinatore  in  materia  di sicurezza e di salute durante la
progettazione  dell'opera,  di seguito denominato coordinatore per la
progettazione:   soggetto   incaricato,   dal   committente   o   dal
responsabile   dei   lavori,   dell'esecuzione  dei  compiti  di  cui
all'articolo 91;
    f) coordinatore  in  materia  di sicurezza e di salute durante la
realizzazione  dell'opera,  di  seguito  denominato  coordinatore per
l'esecuzione  dei  lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal
responsabile   dei   lavori,   dell'esecuzione  dei  compiti  di  cui
all'articolo 92,  che  non  puo'  essere  il  datore  di lavoro delle
imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;
    g) uomini-giorno:  entita'  presunta  del  cantiere rappresentata
dalla  somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche
autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;
    h) piano  operativo  di  sicurezza: il documento che il datore di
lavoro  dell'impresa  esecutrice  redige,  in  riferimento al singolo
cantiere  interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a),
i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
    i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto
con  il  committente  che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo'
avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
    l) idoneita'   tecnico-professionale:   possesso   di   capacita'
organizzative,  nonche' disponibilita' di forza lavoro, di macchine e
di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell'opera.

        
                    Nota all'art. 89:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 163 del 2006,
          si veda nota all'art. 26.

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 90.
       Obblighi del committente o del responsabile dei lavori

  1.  Il  committente  o  il  responsabile  dei lavori, nella fase di
progettazione  dell'opera,  ed in particolare al momento delle scelte
tecniche,  nell'esecuzione  del  progetto e nell'organizzazione delle
operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali
di   tutela   di  cui  all'articolo 15.  Al  fine  di  permettere  la
pianificazione  dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori
o  delle  fasi  di  lavoro  che  si devono svolgere simultaneamente o
successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori
prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
  2.  Il  committente  o il responsabile dei lavori, nella fase della
progettazione  dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91,
comma 1, lettere a) e b).
  3.  Nei  cantieri  in  cui e' prevista la presenza di piu' imprese,
anche   non   contemporanea,   il  committente,  anche  nei  casi  di
coincidenza  con  l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori,
contestualmente   all'affidamento   dell'incarico  di  progettazione,
designa il coordinatore per la progettazione.
  4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei
lavori,  prima  dell'affidamento  dei lavori, designa il coordinatore
per  l'esecuzione  dei  lavori,  in  possesso  dei  requisiti  di cui
all'articolo 98.
  5.  La  disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in
cui,  dopo  l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione
dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu' imprese.
  6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso
dei  requisiti  di  cui  all'articolo 98,  ha facolta' di svolgere le
funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore
per l'esecuzione dei lavori.
  7.  Il  committente  o  il  responsabile  dei  lavori comunica alle
imprese  esecutrici  e  ai  lavoratori  autonomi  il  nominativo  del
coordinatore  per  la  progettazione  e  quello  del coordinatore per
l'esecuzione  dei  lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello
di cantiere.
  8.  Il  committente  o  il  responsabile  dei lavori ha facolta' di
sostituire  in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso
dei  requisiti  di  cui  all'articolo 98,  i  soggetti  designati  in
attuazione dei commi 3 e 4.
  9.  Il  committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di
affidamento dei lavori ad un'unica impresa:
    a) verifica    l'idoneita'   tecnico-professionale   dell'impresa
affidataria,  delle  imprese  esecutrici e dei lavoratori autonomi in
relazione  alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalita' di
cui  all'allegato  XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di
cui   al  periodo  che  precede  si  considera  soddisfatto  mediante
presentazione  da  parte  delle imprese del certificato di iscrizione
alla  Camera  di  commercio,  industria e artigianato e del documento
unico di regolarita' contributiva, corredato da autocertificazione in
ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;
    b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico
medio  annuo,  distinto  per qualifica, corredata dagli estremi delle
denunce   dei  lavoratori  effettuate  all'Istituto  nazionale  della
previdenza   sociale  (INPS),  all'Istituto  nazionale  assicurazione
infortuni  sul  lavoro  (INAIL)  e  alle  casse  edili,  nonche'  una
dichiarazione   relativa  al  contratto  collettivo  stipulato  dalle
organizzazioni   sindacali   comparativamente  piu'  rappresentative,
applicato  ai  lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il
requisito  di  cui  al  periodo  che precede si considera soddisfatto
mediante  presentazione da parte delle imprese del documento unico di
regolarita'   contributiva   e  dell'autocertificazione  relativa  al
contratto collettivo applicato;
    c) trasmette  all'amministrazione  competente,  prima dell'inizio
dei  lavori  oggetto  del  permesso  di costruire o della denuncia di
inizio  attivita',  il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori
unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L'obbligo
di  cui  al  periodo  che  precede  sussiste  anche in caso di lavori
eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a
lavoratori  autonomi,  ovvero  di  lavori realizzati direttamente con
proprio  personale  dipendente  senza ricorso all'appalto. In assenza
del  documento  unico  di  regolarita' contributiva, anche in caso di
variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, l'efficacia del titolo
abilitativo e' sospesa.
  10.  In  assenza  del  piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100  o  del  fascicolo  di cui all'articolo 91, comma 1,
lettera b),  quando  previsti,  oppure  in assenza di notifica di cui
all'articolo 99,  quando  prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo
abilitativo.    L'organo   di   vigilanza   comunica   l'inadempienza
all'amministrazione concedente.
  11.  In  caso  di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3
non  si  applica  ai  lavori non soggetti a permesso di costruire. Si
applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 91.
           Obblighi del coordinatore per la progettazione

  1.  Durante  la  progettazione  dell'opera  e  comunque prima della
richiesta  di  presentazione  delle  offerte,  il coordinatore per la
progettazione:
    a) redige  il  piano  di  sicurezza  e  di  coordinamento  di cui
all'articolo 100,  comma 1,  i  cui  contenuti  sono dettagliatamente
specificati nell'allegato XV;
    b) predispone   un  fascicolo,  i  cui  contenuti  sono  definiti
all'allegato  XVI,  contenente  le  informazioni  utili ai fini della
prevenzione  e  della  protezione  dai  rischi  cui  sono  esposti  i
lavoratori,  tenendo  conto delle specifiche norme di buona tecnica e
dell'allegato  II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo non e'
predisposto  nel  caso  di  lavori  di  manutenzione ordinaria di cui
all'articolo 3,   comma 1,   lettera a)   del   testo   unico   delle
disposizioni  legislative  e regolamentari in materia di edilizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
  2.  Il  fascicolo  di  cui  al  comma 1,  lettera b),  e'  preso in
considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.

        
                    Note all'art. 91:
              - Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto
          del  Presidente  della  Repubblica  6 giugno  2001,  n. 380
          (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
          in materia edilizia. (Testo A), e' il seguente:
              «Art.  3 (Definizioni degli interventi edilizi). (Legge
          5 agosto  1978, n. 457, art. 31). - 1. Ai fini del presente
          testo unico si intendono per:
                a) «interventi   di   manutenzione   ordinaria»,  gli
          interventi  edilizi che riguardano le opere di riparazione,
          rinnovamento  e sostituzione delle finiture degli edifici e
          quelle  necessarie  ad  integrare o mantenere in efficienza
          gli impianti tecnologici esistenti;».

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 92.
        Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori

  1.   Durante  la  realizzazione  dell'opera,  il  coordinatore  per
l'esecuzione dei lavori:
    a) verifica,  con  opportune azioni di coordinamento e controllo,
l'applicazione,  da  parte  delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi,  delle  disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di
sicurezza  e  di  coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta
applicazione delle relative procedure di lavoro;
    b) verifica  l'idoneita'  del  piano  operativo  di sicurezza, da
considerare  come  piano  complementare  di  dettaglio  del  piano di
sicurezza  e  coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la
coerenza  con  quest'ultimo,  adegua  il  piano  di  sicurezza  e  di
coordinamento   di   cui  all'articolo 100  e  il  fascicolo  di  cui
all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei
lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte
delle  imprese  esecutrici  dirette  a  migliorare  la  sicurezza  in
cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario,
i rispettivi piani operativi di sicurezza;
    c) organizza  tra  i  datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori
autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche'
la loro reciproca informazione;
    d) verifica  l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le
parti   sociali   al  fine  di  realizzare  il  coordinamento  tra  i
rappresentanti  della  sicurezza  finalizzato  al miglioramento della
sicurezza in cantiere;
    e) segnala  al  committente  e al responsabile dei lavori, previa
contestazione   scritta   alle   imprese  e  ai  lavoratori  autonomi
interessati,  le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95
e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone
la  sospensione  dei  lavori,  l'allontanamento  delle  imprese o dei
lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel
caso  in  cui  il committente o il responsabile dei lavori non adotti
alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea
motivazione,  il  coordinatore  per  l'esecuzione  da'  comunicazione
dell'inadempienza   alla  azienda  unita'  sanitaria  locale  e  alla
direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;
    f) sospende,  in caso di pericolo grave e imminente, direttamente
riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti
adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
  2.  Nei  casi  di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per
l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il
piano  di  sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di
cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 93.
    Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei lavori

  1.  Il  committente  e'  esonerato  dalle  responsabilita' connesse
all'adempimento  degli  obblighi limitatamente all'incarico conferito
al   responsabile   dei   lavori.   In   ogni  caso  il  conferimento
dell'incarico  al  responsabile dei lavori non esonera il committente
dalle  responsabilita' connesse alla verifica degli adempimenti degli
obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
  2.  La  designazione  del  coordinatore  per la progettazione e del
coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori
dalle  responsabilita'  connesse alla verifica dell'adempimento degli
obblighi   di   cui   agli   articoli 91,  comma 1,  e  92,  comma 1,
lettere a), b), c) e d).

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 94.
                  Obblighi dei lavoratori autonomi

  1.  I  lavoratori  autonomi che esercitano la propria attivita' nei
cantieri,  fermo  restando  gli  obblighi  di cui al presente decreto
legislativo,  si  adeguano  alle indicazioni fornite dal coordinatore
per l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.

        
      
          
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Capo I

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                              Art. 95.
                      Misure generali di tutela

  1.   I   datori   di   lavoro  delle  imprese  esecutrici,  durante
l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui
all'articolo 15  e  curano,  ciascuno  per la parte di competenza, in
particolare:
    a) il  mantenimento  del  cantiere  in  condizioni  ordinate e di
soddisfacente salubrita';
    b) la  scelta  dell'ubicazione  di  posti di lavoro tenendo conto
delle  condizioni  di  accesso  a tali posti, definendo vie o zone di
spostamento o di circolazione;
    c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
    d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e
il  controllo  periodico  degli impianti e dei dispositivi al fine di
eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute
dei lavoratori;
    e) la  delimitazione  e l'allestimento delle zone di stoccaggio e
di  deposito  dei  vari materiali, in particolare quando si tratta di
materie e di sostanze pericolose;
    f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della
durata  effettiva  da  attribuire  ai  vari  tipi di lavoro o fasi di
lavoro;
    g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
    h) le  interazioni  con  le  attivita'  che  avvengono sul luogo,
all'interno o in prossimita' del cantiere.

        
      
          
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                              Art. 96.
     Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

  1.  I  datori  di  lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese
esecutrici,  anche  nel  caso  in  cui  nel  cantiere operi una unica
impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
    a) adottano   le   misure   conformi  alle  prescrizioni  di  cui
all'allegato XIII;
    b) predispongono  l'accesso  e  la  recinzione  del  cantiere con
modalita' chiaramente visibili e individuabili;
    c) curano  la  disposizione  o  l'accatastamento  di  materiali o
attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
    d) curano  la  protezione  dei  lavoratori  contro  le  influenze
atmosferiche  che  possono  compromettere la loro sicurezza e la loro
salute;
    e) curano  le  condizioni  di rimozione dei materiali pericolosi,
previo,   se   del  caso,  coordinamento  con  il  committente  o  il
responsabile dei lavori;
    f) curano  che  lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle
macerie avvengano correttamente;
    g) redigono    il   piano   operativo   di   sicurezza   di   cui
all'articolo 89, comma 1, lettera h).
  2.  L'accettazione  da  parte  di  ciascun  datore  di lavoro delle
imprese  esecutrici  del piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100  e  la  redazione  del  piano operativo di sicurezza
costituiscono,   limitatamente   al   singolo  cantiere  interessato,
adempimento   alle   disposizioni  di  cui  all'articolo 17  comma 1,
lettera a),  all'articolo 18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26,
commi 1, lettera b), e 3.

        
      
          
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                              Art. 97.
       Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria

  1.  Il  datore  di  lavoro  dell'impresa  affidataria  vigila sulla
sicurezza  dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni
e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
  2.   Gli   obblighi  derivanti  dall'articolo 26,  fatte  salve  le
disposizioni  di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al
datore   di   lavoro   dell'impresa   affidataria.  Per  la  verifica
dell'idoneita' tecnico professionale si fa riferimento alle modalita'
di cui all'allegato XVII.
  3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
    a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
    b) verificare  la  congruenza  dei  piani  operativi di sicurezza
(POS)  delle  imprese  esecutrici  rispetto  al  proprio, prima della
trasmissione   dei   suddetti   piani   operativi   di  sicurezza  al
coordinatore per l'esecuzione.

        
      
          
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                              Art. 98.
Requisiti  professionali  del  coordinatore  per la progettazione del
              coordinatore per l'esecuzione dei lavori

  1.  Il  coordinatore  per  la  progettazione  e il coordinatore per
l'esecuzione  dei  lavori  devono  essere  in  possesso  dei seguenti
requisiti:
    a) laurea  magistrale  conseguita  in  una delle seguenti classi:
LM-4,  da  LM-20  a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del
Ministro  dell'universita'  e  della  ricerca  in data 16 marzo 2007,
pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157
del  9 luglio  2007,  ovvero  laurea  specialistica  conseguita nelle
seguenti  classi:  4/S,  da  25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al
decreto  del  Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica   in  data  4 agosto  2000,  pubblicato  nel  supplemento
ordinario  alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero
corrispondente  diploma  di  laurea ai sensi del decreto del Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della ricerca in data 5 maggio
2004,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004,
nonche'  attestazione,  da  parte  di datori di lavoro o committenti,
comprovante  l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle
costruzioni per almeno un anno;
    b) laurea  conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23,
di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero
laurea  conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto
ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche' attestazione, da parte di
datori   di  lavoro  o  committenti,  comprovante  l'espletamento  di
attivita'  lavorative  nel  settore  delle costruzioni per almeno due
anni;
    c) diploma  di  geometra  o perito industriale o perito agrario o
agrotecnico,  nonche'  attestazione,  da  parte di datori di lavoro o
committenti,  comprovante  l'espletamento di attivita' lavorativa nel
settore delle costruzioni per almeno tre anni.
  2.  I  soggetti  di  cui  al  comma 1,  devono essere, altresi', in
possesso  di  attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento
finale,  a  specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle
regioni,  mediante  le  strutture tecniche operanti nel settore della
prevenzione  e della formazione professionale, o, in via alternativa,
dall'ISPESL,  dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale,
dai  rispettivi  ordini  o  collegi professionali, dalle universita',
dalle  associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o
dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
  3.  I  contenuti,  le  modalita'  e  la  durata dei corsi di cui al
comma 2  devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato
XIV.
  4.  L'attestato  di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che,
non  piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia di
sicurezza  nelle  costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di
pubblici  ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro
che  producano un certificato universitario attestante il superamento
di  un  esame  relativo  ad  uno  specifico insegnamento del corso di
laurea  nel  cui  programma  siano presenti i contenuti minimi di cui
all'allegato  XIV,  o  l'attestato  di  partecipazione ad un corso di
perfezionamento   universitario  con  i  medesimi  contenuti  minimi.
L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in
possesso della laurea magistrale LM-26.
  5.  Le  spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2
sono a totale carico dei partecipanti.
  6.   Le   regioni   determinano   la  misura  degli  oneri  per  il
funzionamento  dei  corsi  di cui al comma 2, da esse organizzati, da
porsi a carico dei partecipanti.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 99.
                        Notifica preliminare

  1.  Il  committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio
dei  lavori,  trasmette  all'azienda  unita'  sanitaria locale e alla
direzione  provinciale  del  lavoro  territorialmente  competenti  la
notifica   preliminare   elaborata  conformemente  all'allegato  XII,
nonche' gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
    a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
    b) cantieri   che,   inizialmente  non  soggetti  all'obbligo  di
notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto
di varianti sopravvenute in corso d'opera;
    c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta
di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
  2.  Copia  della  notifica  deve essere affissa in maniera visibile
presso   il  cantiere  e  custodita  a  disposizione  dell'organo  di
vigilanza territorialmente competente.
  3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni
in  attuazione  dell'articolo 51  possono  chiedere  copia  dei  dati
relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 100.
                Piano di sicurezza e di coordinamento

  1.  Il  piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni
correlate   alla   complessita'  dell'opera  da  realizzare  ed  alle
eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire
o  ridurre  i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi
compresi  i  rischi  particolari  di  cui all'allegato XI, nonche' la
stima  dei  costi  di  cui  al  punto 4 dell'allegato XV. Il piano di
sicurezza e coordinamento (PSC) e' corredato da tavole esplicative di
progetto,  relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno
una   planimetria   sull'organizzazione   del   cantiere  e,  ove  la
particolarita'  dell'opera  lo  richieda,  una  tavola  tecnica sugli
scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e
l'indicazione  della  stima  dei  costi della sicurezza sono definiti
all'allegato XV.
  2.  Il  piano  di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del
contratto di appalto.
  3.  I  datori  di  lavoro  delle  imprese esecutrici e i lavoratori
autonomi  sono  tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al
comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.
  4.   I   datori  di  lavoro  delle  imprese  esecutrici  mettono  a
disposizione  dei  rappresentanti per la sicurezza copia del piano di
sicurezza  e  di  coordinamento  e  del  piano operativo di sicurezza
almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.
  5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di presentare al
coordinatore  per  l'esecuzione  proposte di integrazione al piano di
sicurezza  e  di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire
la  sicurezza  nel  cantiere  sulla base della propria esperienza. In
nessun  caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche
o adeguamento dei prezzi pattuiti.
  6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori
la  cui  esecuzione  immediata  e' necessaria per prevenire incidenti
imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 101.
                      Obblighi di trasmissione

  1.  Il  committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano
di  sicurezza  e  di  coordinamento  a  tutte  le  imprese invitate a
presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di
opera  pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del
piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.
  2.  Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il
piano  di  cui  al  comma 1  alle  imprese esecutrici e ai lavoratori
autonomi.
  3.   Prima  dell'inizio  dei  rispettivi  lavori  ciascuna  impresa
esecutrice   trasmette   il  proprio  piano  operativo  di  sicurezza
all'impresa  affidataria,  la quale, previa verifica della congruenza
rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I
lavori  hanno  inizio  dopo l'esito positivo delle suddette verifiche
che  sono  effettuate  tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni
dall'avvenuta ricezione.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 102.
          Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza

  1.   Prima   dell'accettazione   del   piano   di  sicurezza  e  di
coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative
apportate  allo  stesso,  il  datore  di  lavoro  di ciascuna impresa
esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
e  gli  fornisce  eventuali  chiarimenti  sul contenuto del piano. Il
rappresentante  dei  lavoratori  per  la  sicurezza  ha  facolta'  di
formulare proposte al riguardo.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 103.
       Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora

  1.  L'emissione  sonora  di  attrezzature  di  lavoro,  macchine  e
impianti puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a
livelli  di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui
validita'  e' riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di
cui  all'articolo 6,  riportando la fonte documentale cui si e' fatto
riferimento.

        
      
          
Titolo IV

CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Capo I

Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

 
 
                              Art. 104.
             Modalita' attuative di particolari obblighi

  1.  Nei  cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai
duecento   giorni   lavorativi,   l'adempimento  di  quanto  previsto
dall'articolo 102  costituisce  assolvimento dell'obbligo di riunione
di  cui  all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza.
  2.  Nei  cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai
200  giorni  lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti
di  lavoro  in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia'
visitati  dallo  stesso  medico  competente  e  gestiti  dalle stesse
imprese, e' sostituita o integrata, a giudizio del medico competente,
con  l'esame  di  piani  di  sicurezza  relativi  ai  cantieri in cui
svolgono   la   loro   attivita'   i  lavoratori  soggetti  alla  sua
sorveglianza.  Il  medico competente visita almeno una volta all'anno
l'ambiente  di  lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori
soggetti alla sua sorveglianza.
  3.  Fermo  restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i
contenuti  per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione
nazionale di categoria.
  4.  I  datori  di  lavoro,  quando  e'  previsto  nei  contratti di
affidamento  dei  lavori  che  il  committente  o il responsabile dei
lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed
evacuazione   dei  lavoratori,  sono  esonerati  da  quanto  previsto
dall'articolo 18, comma 1, lettera b).

        
      
          
Capo II

Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota

Sezione I

Campo di applicazione

 
 
                              Art. 105.
                         Attivita' soggette

  1.  Le  norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da
chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati
o  autonomi,  concernono  la  esecuzione  dei  lavori di costruzione,
manutenzione,  riparazione,  demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione    o    equipaggiamento,   la   trasformazione,   il
rinnovamento  o  lo  smantellamento  di  opere  fisse,  permanenti  o
temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in
altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere
stradali,  ferroviarie,  idrauliche,  marittime,  idroelettriche,  di
bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre,
lavori  di  costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il
montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la
realizzazione  di  lavori  edili o di ingegneria civile. Le norme del
presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo
e ad in ogni altra attivita' lavorativa.

        
      
          
Capo II

Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota

Sezione I

Campo di applicazione

 
 
                              Art. 106.
                          Attivita' escluse

  1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
    a) ai   lavori  di  prospezione,  ricerca  e  coltivazione  delle
sostanze minerali;
    b) alle   attivita'   di  prospezione,  ricerca,  coltivazione  e
stoccaggio   degli  idrocarburi  liquidi  e  gassosi  nel  territorio
nazionale,  nel  mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
    c) ai lavori svolti in mare.

        
      
          
Capo II

Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota

Sezione I

Campo di applicazione

 
 
                              Art. 107.
                             Definizioni

  1.  Agli  effetti  delle  disposizioni  di  cui al presente capo si
intende  per  lavoro  in  quota:  attivita'  lavorativa che espone il
lavoratore  al  rischio  di  caduta  da  una  quota  posta ad altezza
superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 108.
                       Viabilita' nei cantieri

  1.  Durante  i  lavori  deve  essere  assicurata  nei  cantieri  la
viabilita'  delle  persone  e  dei  veicoli  conformemente al punto 1
dell'allegato XVIII.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 109.
                       Recinzione del cantiere

  1.  Il  cantiere,  in  relazione al tipo di lavori effettuati, deve
essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire
l'accesso agli estranei alle lavorazioni.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 110.
                         Luoghi di transito

  1.  Il  transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e
simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di
misure o cautele adeguate.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 111.
Obblighi  del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in
                                quota

  1.  Il  datore  di  lavoro,  nei casi in cui i lavori temporanei in
quota  non  possono  essere  eseguiti in condizioni di sicurezza e in
condizioni  ergonomiche  adeguate  a  partire da un luogo adatto allo
scopo,  sceglie  le  attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e
mantenere  condizioni  di  lavoro  sicure, in conformita' ai seguenti
criteri:
    a) priorita'  alle  misure di protezione collettiva rispetto alle
misure di protezione individuale;
    b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura
dei  lavori  da  eseguire,  alle  sollecitazioni prevedibili e ad una
circolazione priva di rischi.
  2.  Il  datore  di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di
accesso  ai  posti  di  lavoro  temporanei  in quota in rapporto alla
frequenza  di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego.
Il  sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso
di  pericolo  imminente.  Il  passaggio  da  un  sistema di accesso a
piattaforme,  impalcati,  passerelle  e viceversa non deve comportare
rischi ulteriori di caduta.
  3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a
pioli  quale  posto  di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di
altre   attrezzature   di  lavoro  considerate  piu'  sicure  non  e'
giustificato  a  causa  del limitato livello di rischio e della breve
durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che
non puo' modificare.
  4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e'
direttamente  sostenuto,  soltanto  in  circostanze in cui, a seguito
della  valutazione  dei  rischi,  risulta  che  il lavoro puo' essere
effettuato  in  condizioni  di  sicurezza  e  l'impiego  di  un'altra
attrezzatura  di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a
causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti
dei  siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede
l'impiego  di  un  sedile  munito  di  appositi accessori in funzione
dell'esito  della  valutazione  dei  rischi ed, in particolare, della
durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
  5.  Il  datore  di  lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di
lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte
a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in
questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi
di  protezione  contro  le  cadute.  I  predetti  dispositivi  devono
presentare  una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da
arrestare  le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per
quanto  possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di
protezione   collettiva   contro   le   cadute   possono   presentare
interruzioni  soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o
a gradini.
  6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di
natura   particolare   richiede   l'eliminazione   temporanea  di  un
dispositivo  di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure
di  sicurezza  equivalenti  ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa
adozione  di  tali  misure.  Una  volta  terminato  definitivamente o
temporaneamente  detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di
protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
  7.  Il  datore  di  lavoro  effettua  i  lavori temporanei in quota
soltanto  se  le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la
sicurezza e la salute dei lavoratori.
  8.  Il  datore  di  lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e
somministrare   bevande  alcoliche  e  superalcoliche  ai  lavoratori
addetti ai lavori in quota.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 112.
                 Idoneita' delle opere provvisionali

  1.   Le  opere  provvisionali  devono  essere  allestite  con  buon
materiale  ed  a  regola  d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo;
esse  devono essere conservate in efficienza per la intera durata del
lavoro.
  2.  Prima  di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si
deve  provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti
piu' idonei ai sensi dell'allegato XIX.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 113.
                              S c a l e

  1.  Le  scale  fisse  a  gradini, destinate al normale accesso agli
ambienti  di  lavoro,  devono essere costruite e mantenute in modo da
resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni
di  emergenza.  I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a
regola  d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette
scale  ed  i  relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati
aperti,  di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe
delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
  2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o
incastellature  verticali  o  aventi  una inclinazione superiore a 75
gradi,  devono  essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o
dai  ripiani,  di  una  solida  gabbia metallica di protezione avente
maglie  o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale
della  persona  verso  l'esterno.  La  parete della gabbia opposta al
piano  dei  pioli  non  deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli
devono  distare  almeno  15 centimetri  dalla  parete alla quale sono
applicati  o  alla  quale  la scala e' fissata. Quando l'applicazione
della   gabbia  alle  scale  costituisca  intralcio  all'esercizio  o
presenti notevoli difficolta' costruttive, devono essere adottate, in
luogo  della  gabbia,  altre  misure  di sicurezza atte ad evitare la
caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
  3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con
materiale   adatto   alle   condizioni   di  impiego,  devono  essere
sufficientemente  resistenti  nell'insieme  e  nei singoli elementi e
devono  avere  dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di
legno,  devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I
pioli   devono  essere  privi  di  nodi.  Tali  pioli  devono  essere
trattenuti  con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi;
nelle  scale  lunghe  piu'  di 4 metri deve essere applicato anche un
tirante intermedio. E' vietato l'uso di scale che presentino listelli
di  legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono
inoltre essere provviste di:
    a) dispositivi  antisdrucciolevoli  alle estremita' inferiori dei
due montanti;
    b) ganci   di   trattenuta   o  appoggi  antisdrucciolevoli  alle
estremita'   superiori,  quando  sia  necessario  per  assicurare  la
stabilita' della scala.
  4.  Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi
di  trattenuta,  anche  scorrevoli  su  guide,  non sono richieste le
misure  di  sicurezza  indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le
scale  a  mano usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle
impalcature non devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra.
Le  scale  che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono
sistemate  verso  la parte esterna del ponte, devono essere provviste
sul lato esterno di un corrimano parapetto.
  5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause,
comporti  pericolo  di  sbandamento, esse devono essere adeguatamente
assicurate o trattenute al piede da altra persona.
  6.  Il  datore  di  lavoro  assicura  che  le  scale  a pioli siano
sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e
secondo i seguenti criteri:
    a) le  scale  a  pioli  portatili  devono poggiare su un supporto
stabile,  resistente,  di  dimensioni adeguate e immobile, in modo da
garantire la posizione orizzontale dei pioli;
    b) le  scale  a  pioli  sospese  devono essere agganciate in modo
sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare
spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
    c) lo  scivolamento  del  piede  delle  scale  a pioli portatili,
durante  il  loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte
superiore  o  inferiore  dei  montanti,  o  con qualsiasi dispositivo
antiscivolo,  o  ricorrendo  a qualsiasi altra soluzione di efficacia
equivalente;
    d) le  scale  a  pioli  usate per l'accesso devono essere tali da
sporgere  a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri
dispositivi garantiscono una presa sicura;
    e) le  scale  a  pioli  composte da piu' elementi innestabili o a
sfilo  devono  essere  utilizzate  in  modo  da  assicurare  il fermo
reciproco dei vari elementi;
    f) le  scale  a  pioli  mobili  devono essere fissate stabilmente
prima di accedervi.
  7.  Il  datore  di  lavoro  assicura  che  le  scale  a pioli siano
utilizzate  in  modo  da  consentire  ai  lavoratori  di  disporre in
qualsiasi   momento  di  un  appoggio  e  di  una  presa  sicuri.  In
particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve
precludere una presa sicura.
  8.  Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi
innestati  (tipo  all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel
comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:
    a) la  lunghezza  della  scala  in  opera  non deve superare i 15
metri,  salvo  particolari  esigenze,  nel  qual  caso  le estremita'
superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse;
    b) le  scale in opera lunghe piu' di 8 metri devono essere munite
di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;
    c) nessun  lavoratore  deve  trovarsi  sulla  scala  quando se ne
effettua lo spostamento laterale;
    d) durante  l'esecuzione  dei lavori, una persona deve esercitare
da terra una continua vigilanza della scala.
  9.  Le  scale  doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono
essere  provviste  di  catena  di  adeguata  resistenza  o  di  altro
dispositivo  che  impedisca  l'apertura  della  scala oltre il limite
prestabilito di sicurezza.
  10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo
di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato
XX.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 114.
                   Protezione dei posti di lavoro

  1.  Quando  nelle  immediate  vicinanze dei ponteggi o del posto di
caricamento   e   sollevamento   dei   materiali   vengono  impastati
calcestruzzi   e  malte  o  eseguite  altre  operazioni  a  carattere
continuativo  il  posto  di  lavoro deve essere protetto da un solido
impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.
  2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere
delimitato  con  barriera  per  impedire la permanenza ed il transito
sotto i carichi.
  3.  Nei  lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come
quelli  di  spaccatura  o scalpellatura di blocchi o pietre e simili,
devono  essere  predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia
delle  persone  direttamente  addette a tali lavori sia di coloro che
sostano o transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per
i  lavori  di  normale  adattamento  di pietrame nella costruzione di
muratura comune.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 115.
          Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto

  1.  Nei  lavori  in quota qualora non siano state attuate misure di
protezione   collettiva   come  previsto  all'articolo 111,  comma 1,
lettera a),  e' necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi
di  protezione  composti  da  diversi  elementi,  non necessariamente
presenti contemporaneamente, quali i seguenti:
    a) assorbitori di energia;
    b) connettori;
    c) dispositivo di ancoraggio;
    d) cordini;
    e) dispositivi retrattili;
    f) guide o linee vita flessibili;
    g) guide o linee vita rigide;
    h) imbracature.
  2.  Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve
permettere  una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di
dissipatore di energia a 4 metri.
  3.  Il  cordino  deve  essere  assicurato,  direttamente o mediante
connettore  lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere
fisse o provvisionali.
  4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o
mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 116.
Obblighi  dei  datori  di  lavoro concernenti l'impiego di sistemi di
              accesso e di posizionamento mediante funi

  1.   Il   datore   di  lavoro  impiega  sistemi  di  accesso  e  di
posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
    a) sistema  comprendente  almeno due funi ancorate separatamente,
una  per l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e
l'altra  con  funzione  di  dispositivo  ausiliario,  detta  fune  di
sicurezza. E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in
cui  l'uso  di  una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se
sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
    b) lavoratori  dotati  di  un'adeguata  imbracatura  di  sostegno
collegata alla fune di sicurezza;
    c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa
e  dotata  di  un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel
caso  in  cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti.
La  fune  di  sicurezza  deve  essere munita di un dispositivo mobile
contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
    d) attrezzi   ed   altri  accessori  utilizzati  dai  lavoratori,
agganciati  alla  loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro
strumento idoneo;
    e) lavori  programmati  e  sorvegliati in modo adeguato, anche al
fine  di  poter  immediatamente  soccorrere  il lavoratore in caso di
necessita'.  Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza,
le  tipologie  operative, i dispositivi di protezione individuale, le
tecniche  e  le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento
degli  operatori,  i  metodi  di  accesso, le squadre di lavoro e gli
attrezzi di lavoro;
    f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi
di  lavoro  ai  fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza
competente  per  territorio  di  compatibilita'  ai  criteri  di  cui
all'articolo 111, commi 1 e 2.
  2.  Il  datore  di  lavoro  fornisce  ai lavoratori interessati una
formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare
in materia di procedure di salvataggio.
  3.  La  formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e
deve riguardare:
    a) l'apprendimento   delle  tecniche  operative  e  dell'uso  dei
dispositivi necessari;
    b) l'addestramento  specifico  sia  su strutture naturali, sia su
manufatti;
    c) l'utilizzo  dei  dispositivi  di  protezione individuale, loro
caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
    d) gli elementi di primo soccorso;
    e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
    f) le procedure di salvataggio.
  4.  I  soggetti  formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti
minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

        
      
          
Sezione II

Disposizioni di carattere generale

 
 
                              Art. 117.
                Lavori in prossimita' di parti attive

  1.  Quando  occorre  effettuare  lavori  in  prossimita'  di  linee
elettriche  o  di  impianti elettrici con parti attive non protette o
che   per   circostanze   particolari   si   debbano   ritenere   non
sufficientemente  protette, ferme restando le norme di buona tecnica,
si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:
    a) mettere  fuori  tensione  ed  in sicurezza le parti attive per
tutta la durata dei lavori;
    b) posizionare  ostacoli  rigidi  che impediscano l'avvicinamento
alle parti attive;
    c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi
di  sollevamento,  ponteggi  ed ogni altra attrezzatura a distanza di
sicurezza.
  2.  La  distanza  di  sicurezza  deve  essere  tale che non possano
avvenire  contatti  diretti  o  scariche  pericolose  per  le persone
tenendo  conto  del  tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle
tensioni presenti.

        
      
          
Sezione III

Scavi e fondazioni

 
 
                              Art. 118.
                     Splateamento e sbancamento

  1.   Nei  lavori  di  splateamento  o  sbancamento  eseguiti  senza
l'impiego  di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco
devono  avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla
natura  del  terreno,  da  impedire  franamenti. Quando la parete del
fronte  di  attacco supera l'altezza di m 1,50, e' vietato il sistema
di  scavo  manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento
della parete.
  2.  Quando  per  la  particolare  natura del terreno o per causa di
piogge,  di  infiltrazione,  di  gelo  o disgelo, o per altri motivi,
siano  da  temere  frane  o  scoscendimenti,  deve  essere provveduto
all'armatura o al consolidamento del terreno.
  3.  Nei  lavori  di  escavazione  con  mezzi  meccanici deve essere
vietata  la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore
e sul ciglio del fronte di attacco.
  4.  Il  posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo
non  sia  munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido
riparo.
  5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi
alla  base  della  parete  di  attacco  e,  in  quanto  necessario in
relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilita'
del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve
essere  almeno  delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili
col proseguire dello scavo.

        
      
          
Sezione III

Scavi e fondazioni

 
 
                              Art. 119.
                       Pozzi, scavi e cunicoli

  1.  Nello  scavo  di  pozzi  e  di trincee profondi piu' di m 1,50,
quando  la  consistenza  del  terreno non dia sufficiente garanzia di
stabilita',  anche  in  relazione alla pendenza delle pareti, si deve
provvedere,  man  mano  che procede lo scavo, alla applicazione delle
necessarie armature di sostegno.
  2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi
degli scavi di almeno 30 centimetri.
  3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non
presenti  pericolo  di  distacchi, devono predisporsi idonee armature
per  evitare  franamenti  della  volta e delle pareti. Dette armature
devono   essere   applicate   man  mano  che  procede  il  lavoro  di
avanzamento; la loro rimozione puo' essere effettuata in relazione al
progredire del rivestimento in muratura.
  4.  Idonee  armature  e  precauzioni  devono  essere adottate nelle
sottomurazioni  e  quando  in  vicinanza  dei relativi scavi vi siano
fabbriche  o  manufatti  le  cui fondazioni possano essere scoperte o
indebolite dagli scavi.
  5.  Nella  infissione  di pali di fondazione devono essere adottate
misure  e  precauzioni  per  evitare  che gli scuotimenti del terreno
producano  lesioni  o  danni  alle  opere  vicine  con pericolo per i
lavoratori.
  6.  Nei  lavori  in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve
essere  disposto,  a  protezione  degli  operai addetti allo scavo ed
all'asportazione  del  materiale  scavato,  un  robusto impalcato con
apertura per il passaggio della benna.
  7.  Nei  pozzi  e  nei  cunicoli  deve essere prevista una adeguata
assistenza  all'esterno  e  le  loro dimensioni devono essere tali da
permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.

        
      
          
Sezione III

Scavi e fondazioni

 
 
                              Art. 120.
          Deposito di materiali in prossimita' degli scavi

  1.  E'  vietato  costituire  depositi di materiali presso il ciglio
degli  scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni
del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.

        
      
          
Sezione III

Scavi e fondazioni

 
 
                              Art. 121.
                     Presenza di gas negli scavi

  1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e
fosse  in  genere,  devono  essere  adottate  idonee  misure contro i
pericoli   derivanti   dalla   presenza  di  gas  o  vapori  tossici,
asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura
geologica  del  terreno  o  alla  vicinanza  di  fabbriche, depositi,
raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti
e  condutture  di  gas,  che  possono  dar  luogo ad infiltrazione di
sostanze pericolose.
  2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici,
asfissianti  o  la  irrespirabilita'  dell'aria  ambiente  e  non sia
possibile   assicurare  una  efficiente  aerazione  ed  una  completa
bonifica,  i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi
di  protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di
idonei  dispositivi  di protezione individuale collegati ad un idoneo
sistema  di  salvataggio,  che  deve  essere  tenuto  all'esterno dal
personale  addetto  alla  sorveglianza.  Questo  deve  mantenersi  in
continuo  collegamento  con gli operai all'interno ed essere in grado
di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
  3.  Possono  essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di
autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione
dei  gas  o  vapori  nocivi  o  asfissianti, esse offrano garanzia di
sicurezza  e  sempreche'  sia  assicurata  una  efficace  e  continua
aerazione.
  4.  Quando  si  sia  accertata  la  presenza  di gas infiammabili o
esplosivi,  deve  provvedersi  alla  bonifica  dell'ambiente mediante
idonea  ventilazione;  deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica,
se  siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi
a   fiamma,   di   corpi   incandescenti  e  di  apparecchi  comunque
suscettibili   di   provocare   fiamme  o  surriscaldamenti  atti  ad
incendiare il gas.
  5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere
abbinati nell'esecuzione dei lavori.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 122.
                   Ponteggi ed opere provvisionali

  1.  Nei  lavori  che  sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2,
devono  essere  adottate,  seguendo  lo  sviluppo  dei lavori stessi,
adeguate  impalcature  o  ponteggi  o  idonee  opere  provvisionali o
comunque  precauzioni  atte  ad  eliminare  i  pericoli  di caduta di
persone e di cose conformemente al punto 2 dell'allegato XVIII.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 123.
          Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali

  1.  Il  montaggio  e lo smontaggio delle opere provvisionali devono
essere  eseguiti  sotto  la  diretta  sorveglianza  di un preposto ai
lavori.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 124.
               Deposito di materiali sulle impalcature

  1.  Sopra  i  ponti  di  servizio  e sulle impalcature in genere e'
vietato   qualsiasi   deposito,   eccettuato  quello  temporaneo  dei
materiali ed attrezzi necessari ai lavori.
  2.  Il  peso  dei  materiali  e  delle  persone  deve essere sempre
inferiore a quello che e' consentito dalla resistenza strutturale del
ponteggio;  lo  spazio  occupato  dai  materiali  deve  consentire  i
movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 125.
                      Disposizione dei montanti

  1.  I  montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i
cui  punti  di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un
metro; devono altresi' essere verticali o leggermente inclinati verso
la costruzione.
  2.  Per  le  impalcature  fino  ad  8 metri di altezza sono ammessi
montanti  singoli  in  un  sol  pezzo;  per  impalcature  di  altezza
superiore,  soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere
ad elementi singoli.
  3.  Il  piede  dei montanti deve essere solidamente assicurato alla
base  di  appoggio  o  di  infissione  in  modo che sia impedito ogni
cedimento in senso verticale ed orizzontale.
  4.  L'altezza  dei  montanti  deve  superare  di  almeno metri 1,20
l'ultimo impalcato o il piano di gronda.
  5.  La  distanza  tra  due  montanti  consecutivi  non  deve essere
superiore  a  m  3,60;  puo'  essere consentita una maggiore distanza
quando  cio'  sia  richiesto  da  evidenti  motivi  di  esercizio del
cantiere,  purche',  in tale caso, la sicurezza del ponteggio risulti
da  un  progetto  redatto  da un ingegnere o architetto corredato dai
relativi calcoli di stabilita'.
  6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione
almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due
montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 126.
                              Parapetti

  1.  Gli  impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie,
che  siano  posti  ad  un'altezza  maggiore di 2 metri, devono essere
provvisti  su  tutti  i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in
buono stato di conservazione.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 127.
                           Ponti a sbalzo

  1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di
ponti  normali,  possono  essere consentiti ponti a sbalzo purche' la
loro  costruzione  risponda  a  idonei  procedimenti  di calcolo e ne
garantisca la solidita' e la stabilita'.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 128.
                             Sottoponti

  1.  Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di
sicurezza,  costruito  come  il  ponte,  a distanza non superiore a m
2,50.
  2.  La  costruzione  del  sottoponte puo' essere omessa per i ponti
sospesi,  per  i  ponti  a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di
manutenzione  e  di  riparazione  di  durata  non  superiore a cinque
giorni.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 129.
      Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio

  1.   Nella   esecuzione   di  opere  a  struttura  in  conglomerato
cementizio,  quando  non si provveda alla costruzione da terra di una
normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle
casseforme  per  il  getto  dei  pilastri  perimetrali,  deve  essere
sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di
sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.
  2.  Le  armature  di  sostegno  del  cassero  per  il  getto  della
successiva  soletta  o  della  trave  perimetrale,  non devono essere
lasciate  sporgere  dal filo del fabbricato piu' di 40 centimetri per
l'affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto
ponte  puo'  servire  l'impalcato  o  ponte  a  sbalzo  costruito  in
corrispondenza al piano sottostante.
  3.  In  corrispondenza  ai  luoghi di transito o stazionamento deve
essere  sistemato,  all'altezza  del  solaio  di  copertura del piano
terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la
caduta di materiali dall'alto. Tale protezione puo' essere sostituita
con  una  chiusura  continua  in  graticci  sul fronte del ponteggio,
qualora   presenti   le  stesse  garanzie  di  sicurezza,  o  con  la
segregazione dell'area sottostante.

        
      
          
Sezione IV

Ponteggi e impalcature in legname

 
 
                              Art. 130.
                        Andatoie e passerelle

  1.  Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando
siano  destinate  soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se
destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere
maggiore del 50 per cento.
  2.  Le  andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di
riposo  ad  opportuni  intervalli; sulle tavole delle andatoie devono
essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo
di un uomo carico.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 131.
           Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

  1.  La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi
portanti  prefabbricati,  metallici  o  non,  sono disciplinati dalle
norme della presente sezione.
  2.  Per  ciascun  tipo  di  ponteggio,  il  fabbricante  chiede  al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla
costruzione  ed  all'impiego,  corredando la domanda di una relazione
nella   quale   devono   essere   specificati  gli  elementi  di  cui
all'articolo seguente.
  3.  Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta
all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito
di  esame  della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio
gia' autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i
giunti alla norma UNI EN 74.
  4.  Possono  essere  autorizzati  alla  costruzione  ed all'impiego
ponteggi  aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila
a  condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di
carico  condotte  su  prototipi significativi degli schemi funzionali
garantiscano  la  sussistenza  dei  gradi di sicurezza previsti dalle
norme di buona tecnica.
  5.  L'autorizzazione  e'  soggetta  a  rinnovo  ogni dieci anni per
verificare  l'adeguatezza  del ponteggio all'evoluzione del progresso
tecnico.
  6.  Chiunque  intende  impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal
fabbricante  copia  della  autorizzazione  di  cui al comma 2 e delle
istruzioni  e  schemi  elencati  al  comma 1, lettere d), e), f) e g)
dell'articolo 132.
  7.  Il  Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale si avvale
anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei
ponteggi  dichiarate  dal  titolare  dell'autorizzazione,  attraverso
controlli a campione presso le sedi di produzione.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 132.
                          Relazione tecnica

  1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
    a) descrizione  degli  elementi  che  costituiscono il ponteggio,
loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
    b) caratteristiche   di  resistenza  dei  materiali  impiegati  e
coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
    c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti
i vari elementi;
    d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
    e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
    f) istruzioni   per   il  montaggio,  impiego  e  smontaggio  del
ponteggio;
    g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi
di  sovraccarico,  di  altezza  dei  ponteggi  e  di  larghezza degli
impalcati  per  i  quali  non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni
singola applicazione.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 133.
                              Progetto

  1.  I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali
nella  relazione  di  calcolo  non  sono  disponibili  le  specifiche
configurazioni  strutturali  utilizzate  con  i  relativi  schemi  di
impiego, nonche' le altre opere provvisionali, costituite da elementi
metallici  o  non,  oppure  di  notevole importanza e complessita' in
rapporto  alle  loro  dimensioni  ed  ai sovraccarichi, devono essere
eretti in base ad un progetto comprendente:
    a) calcolo   di  resistenza  e  stabilita'  eseguito  secondo  le
istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
    b) disegno esecutivo.
  2.  Dal  progetto,  che  deve  essere  firmato  da  un  ingegnere o
architetto   abilitato   a   norma   di   legge  all'esercizio  della
professione,  deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio
nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
  3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e
copia  del  progetto  e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed
esibite,  a  richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui
vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 134.
                           Documentazione

  1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed
esibita,   a   richiesta  degli  organi  di  vigilanza,  copia  della
documentazione  di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano
di  montaggio,  uso  e  smontaggio  (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in
quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente
Titolo.
  2.  Le  eventuali  modifiche al ponteggio, che devono essere subito
riportate  sul  disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo
che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 135.
                       Marchio del fabbricante

  1.  Gli  elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o
ad  incisione,  e  comunque in modo visibile ed indelebile il marchio
del fabbricante.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 136.
                       Montaggio e smontaggio

  1.  Nei  lavori  in quota il datore di lavoro provvede a redigere a
mezzo  di  persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio
(Pi.M.U.S.), in funzione della complessita' del ponteggio scelto, con
la  valutazione  delle  condizioni di sicurezza realizzate attraverso
l'adozione  degli  specifici  sistemi  utilizzati  nella  particolare
realizzazione  e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo'
assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato
da  istruzioni  e  progetti particolareggiati per gli schemi speciali
costituenti  il  ponteggio,  ed  e' messo a disposizione del preposto
addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
  2.  Nel  serraggio  di  piu'  aste  concorrenti in un nodo i giunti
devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
  3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di
cui uno puo' fare parte del parapetto.
  4. Il datore di lavoro assicura che:
    a) lo  scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e'
impedito  tramite  fissaggio  su una superficie di appoggio, o con un
dispositivo  antiscivolo,  oppure  con  qualsiasi  altra soluzione di
efficacia equivalente;
    b) i  piani  di  posa dei predetti elementi di appoggio hanno una
capacita' portante sufficiente;
    c) il ponteggio e' stabile;
    d) dispositivi    appropriati    impediscono    lo    spostamento
involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in
quota;
    e) le  dimensioni,  la forma e la disposizione degli impalcati di
un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate
ai  carichi  da  sopportare  e  tali  da consentire un'esecuzione dei
lavori e una circolazione sicure;
    f) il  montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire
lo  spostamento  degli  elementi componenti durante l'uso, nonche' la
presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono
gli  impalcati  e  i  dispositivi  verticali di protezione collettiva
contro le cadute.
  5.  Il  datore  di  lavoro  provvede  ad  evidenziare  le  parti di
ponteggio  non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni
di  montaggio,  smontaggio  o trasformazione, mediante segnaletica di
avvertimento  di  pericolo  generico  e  delimitandole  con  elementi
materiali  che  impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi
del titolo V.
  6.  Il  datore  di  lavoro  assicura  che i ponteggi siano montati,
smontati  o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto,
a  regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori
che  hanno  ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni
previste.
  7.  La  formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e
deve riguardare:
    a) la   comprensione   del   piano  di  montaggio,  smontaggio  o
trasformazione del ponteggio;
    b) la  sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o
trasformazione   del  ponteggio  con  riferimento  alla  legislazione
vigente;
    c) le  misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di
oggetti;
    d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni
meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
    e) le condizioni di carico ammissibile;
    f) qualsiasi   altro   rischio  che  le  suddette  operazioni  di
montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
  8.  I  soggetti  formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti
minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 137.
                      Manutenzione e revisione

  1.  Il  responsabile  del  cantiere, ad intervalli periodici o dopo
violente  perturbazioni  atmosferiche  o  prolungata  interruzione di
lavoro  deve  assicurarsi della verticalita' dei montanti, del giusto
serraggio   dei  giunti,  della  efficienza  degli  ancoraggi  e  dei
controventi,  curando  l'eventuale  sostituzione  o  il  rinforzo  di
elementi inefficienti.
  2.  I  vari  elementi  metallici  devono essere difesi dagli agenti
nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

        
      
          
Sezione V

Ponteggi fissi

 
 
                              Art. 138.
                          Norme particolari

  1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in
modo che non possano scivolare sui traversi metallici.
  2.  E'  consentito  un distacco delle tavole del piano di calpestio
dalla muratura non superiore a 30 centimetri.
  3.   E'  fatto  divieto  di  gettare  dall'alto  gli  elementi  del
ponteggio.
  4. E' fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
  5.  Per  i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto
applicabili,  le  disposizioni  relative  ai  ponteggi in legno. Sono
ammesse deroghe:
    a) alla   disposizione   di   cui  all'articolo 125,  comma 4,  a
condizione  che  l'altezza  dei  montanti  superi  di  almeno 1 metro
l'ultimo impalcato o il piano di gronda;
    b) alla   disposizione   di   cui  all'articolo 126,  comma 1,  a
condizione  che  l'altezza  del  parapetto  sia non inferiore a 95 cm
rispetto al piano di calpestio;
    c) alla   disposizione   di   cui  all'articolo 126,  comma 1,  a
condizione  che  l'altezza  del  fermapiede sia non inferiore a 15 cm
rispetto al piano di calpestio;
    d) alla  disposizione  di cui all'articolo 128, comma 1, nel caso
di  ponteggi  di  cui  all'articolo 131,  commi 2  e 3, che prevedano
specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.

        
      
          
Sezione VI

Ponteggi movibili

 
 
                              Art. 139.
                         Ponti su cavalletti

  1.  I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri
2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.

        
      
          
Sezione VI

Ponteggi movibili

 
 
                              Art. 140.
                       Ponti su ruote a torre

  1.  I  ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere,
con  largo  margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui
possono  essere  sottoposti  durante  gli  spostamenti o per colpi di
vento e in modo che non possano essere ribaltati.
  2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il
carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con
tavoloni o altro mezzo equivalente.
  3.  Le  ruote  del ponte in opera devono essere saldamente bloccate
con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.
  4.  I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno
ogni due piani; e' ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote
a torre conformi all'allegato XXIII.
  5.  La  verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con
livello o con pendolino.
  6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche
di  contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano
lavoratori o carichi.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 141.
                         Strutture speciali

  1.  Durante  la  costruzione  o  il consolidamento di cornicioni di
gronda  e  di  opere  sporgenti  dai  muri,  devono  essere  adottate
precauzioni  per  impedirne  la  caduta, ponendo armature provvisorie
atte   a   sostenerle   fino  a  che  la  stabilita'  dell'opera  sia
completamente assicurata.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 142.
                Costruzioni di archi, volte e simili

  1.  Le  armature  provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali
archi,  volte,  architravi,  piattabande, solai, scale e di qualsiasi
altra  opera  sporgente  dal muro, in cemento armato o in muratura di
ogni  genere,  devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni
fase  del  lavoro,  la  necessaria  solidita' e con modalita' tali da
consentire,  a  getto  o  costruzione  ultimata,  il loro progressivo
abbassamento e disarmo.
  2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti
ad  arco,  per  coperture  ad  ampia luce e simili, che non rientrino
negli  schemi  di  uso  corrente,  devono essere eseguite su progetto
redatto  da un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli
di stabilita'.
  3.   I  disegni  esecutivi,  firmati  dal  progettista  di  cui  al
comma precedente,  devono  essere  esibiti  sul  posto  di  lavoro  a
richiesta degli organi di vigilanza.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 143.
                 Posa delle armature e delle centine

  1.  Prima  della  posa  delle  armature e delle centine di sostegno
delle  opere  di  cui  all'articolo  precedente,  e' fatto obbligo di
assicurarsi  della  resistenza  del  terreno  o delle strutture sulle
quali  esse  debbono  poggiare,  in modo da prevenire cedimenti delle
armature  stesse  o  delle  strutture  sottostanti,  con  particolare
riguardo a possibili degradazioni per presenza d'acqua.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 144.
                      Resistenza delle armature

  1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle
strutture,  anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali,
nonche'   le   sollecitazioni  dinamiche  che  possano  dar  luogo  a
vibrazioni  durante  l'esecuzione  dei lavori e quelle prodotte dalla
spinta del vento e dell'acqua.
  2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere
opportunamente distribuito.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 145.
                       Disarmo delle armature

  1.  Il  disarmo  delle  armature  provvisorie  di  cui  al  comma 2
dell'articolo 142  deve  essere effettuato con cautela dai lavoratori
che  hanno  ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni
previste  sotto  la  diretta  sorveglianza del capo cantiere e sempre
dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l'autorizzazione.
  2.  E'  fatto  divieto  di  disarmare qualsiasi tipo di armatura di
sostegno  quando  sulle  strutture  insistano  carichi  accidentali e
temporanei.
  3.  Nel  disarmo  delle armature delle opere in calcestruzzo devono
essere  adottate  le misure precauzionali previste dalle norme per la
esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 146.
                        Difesa delle aperture

  1.  Le  aperture  lasciate  nei solai o nelle piattaforme di lavoro
devono  essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede
oppure  devono  essere  coperte con tavolato solidamente fissato e di
resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di
servizio.
  2.  Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali
o  di  persone,  un  lato del parapetto puo' essere costituito da una
barriera  mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per
il tempo necessario al passaggio.
  3.  Le  aperture  nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano
una  profondita'  superiore  a m 0,50 devono essere munite di normale
parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate
in modo da impedire la caduta di persone.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 147.
                          Scale in muratura

  1.   Lungo  le  rampe  ed  i  pianerottoli  delle  scale  fisse  in
costruzione,  fino  alla posa in opera delle ringhiere, devono essere
tenuti  parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a
strutture resistenti.
  2.  Il  vano-scala  deve essere coperto con una robusta impalcatura
posta  all'altezza  del  pavimento  del  primo  piano  a difesa delle
persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.
  3.  Sulle  rampe  delle  scale  in  costruzione  ancora mancanti di
gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono
essere  fissati  intavolati  larghi  almeno  60 centimetri, sui quali
devono  essere  applicati  trasversalmente  listelli di legno posti a
distanza non superiore a 40 centimetri.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 148.
                           Lavori speciali

  1.  Prima  di  procedere  alla  esecuzione  di lavori su lucernari,
tetti,  coperture  e simili, deve essere accertato che questi abbiano
resistenza  sufficiente  per  sostenere  il  peso  degli operai e dei
materiali di impiego.
  2.  Nel  caso  in  cui  sia  dubbia  tale resistenza, devono essere
adottati  i  necessari  apprestamenti atti a garantire la incolumita'
delle  persone  addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra
le  orditure,  sottopalchi  e  facendo  uso  di idonei dispositivi di
protezione individuale anticaduta.

        
      
          
Sezione VII

Costruzioni edilizie

 
 
                              Art. 149.
                         Paratoie e cassoni

  1. Paratoie e cassoni devono essere:
    a) ben  costruiti,  con  materiali appropriati e solidi dotati di
resistenza sufficiente;
    b) provvisti   dell'attrezzatura   adeguata   per  consentire  ai
lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
  2.   La  costruzione,  la  sistemazione,  la  trasformazione  o  lo
smantellamento  di  una  paratoia  o  di  un  cassone  devono  essere
effettuati soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.
  3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano
ispezionati ad intervalli regolari.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 150.
                    Rafforzamento delle strutture

  1.  Prima  dell'inizio di lavori di demolizione e' fatto obbligo di
procedere  alla  verifica  delle  condizioni  di  conservazione  e di
stabilita' delle varie strutture da demolire.
  2.  In  relazione  al  risultato  di  tale  verifica  devono essere
eseguite  le  opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad
evitare   che,   durante   la   demolizione,  si  verifichino  crolli
intempestivi.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 151.
                      Ordine delle demolizioni

  1.  I  lavori  di  demolizione  devono  procedere con cautela e con
ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e
condotti in maniera da non pregiudicare la stabilita' delle strutture
portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
  2.  La  successione dei lavori deve risultare da apposito programma
contenuto  nel  POS,  tenendo  conto  di quanto indicato nel PSC, ove
previsto,  che  deve  essere  tenuto  a  disposizione degli organi di
vigilanza.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 152.
                         Misure di sicurezza

  1.  La  demolizione  dei  muri effettuata con attrez-zature manuali
deve  essere  fatta  servendosi  di  ponti  di  servizio indipendenti
dall'opera in demolizione.
  2.  E'  vietato  lavorare  e  fare  lavorare gli operai sui muri in
demolizione.
  3.  Gli  obblighi  di  cui  ai  commi 1  e  2 non sussistono quando
trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 153.
             Convogliamento del materiale di demolizione

  1.  Il  materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto,
ma  deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il
cui  estremo  inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due
metri dal livello del piano di raccolta.
  2.  I  canali  suddetti  devono  essere  costruiti in modo che ogni
tronco  imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono
essere adeguatamente rinforzati.
  3.  L'imboccatura  superiore  del  canale deve essere realizzata in
modo che non possano cadervi accidentalmente persone.
  4.  Ove  sia  costituito  da  elementi  pesanti  od ingombranti, il
materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
  5.  Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il
sollevamento  della  polvere,  irrorando  con  acqua le murature ed i
materiali di risulta.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 154.
                Sbarramento della zona di demolizione

  1.  Nella  zona  sottostante  la demolizione deve essere vietata la
sosta  ed  il  transito,  delimitando  la  zona  stessa  con appositi
sbarramenti.
  2.  L'accesso  allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento
ed  il  trasporto  del  materiale  accumulato  deve essere consentito
soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 155.
                    Demolizione per rovesciamento

  1.  Salvo  l'osservanza  delle  leggi  e dei regolamenti speciali e
locali,  la  demolizione  di  parti  di  strutture aventi altezza sul
terreno  non  superiore  a  5  metri  puo' essere effettuata mediante
rovesciamento per trazione o per spinta.
  2.  La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale
e  senza  strappi  e  deve  essere  eseguita  soltanto su elementi di
struttura   opportunamente   isolati  dal  resto  del  fabbricato  in
demolizione  in  modo  da  non  determinare crolli intempestivi o non
previsti di altre parti.
  3.  Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la
sicurezza  del  lavoro  quali: trazione da distanza non minore di una
volta  e  mezzo  l'altezza  del muro o della struttura da abbattere e
allontanamento degli operai dalla zona interessata.
  4.   Il   rovesciamento  per  spinta  puo'  essere  effettuato  con
martinetti  solo  per  opere  di altezza non superiore a 3 metri, con
l'ausilio  di  puntelli  sussidiari  contro il ritorno degli elementi
smossi.
  5.  Deve  essere  evitato  in  ogni caso che per lo scuotimento del
terreno  in  seguito  alla caduta delle strutture o di grossi blocchi
possano  derivare  danni  o  lesioni  agli  edifici vicini o ad opere
adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.

        
      
          
Sezione VIII

Demolizioni

 
 
                              Art. 156.
                              Verifiche

  1.  Il  Ministro  del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
Commissione   consultiva  permanente,  puo'  stabilire  l'obbligo  di
sottoporre  a  verifiche  ponteggi  e  attrezzature  per costruzioni,
stabilendo le modalita' e l'organo tecnico incaricato.

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 157.
       Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori

  1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
    a) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a
10.000  euro  per  la  violazione degli articoli 90, commi 1, secondo
periodo, 3, 4 e 5;
    b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera a);
    c) con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria da 1.200 a 3.600
euro per la violazione dell'articolo 101, comma 1, primo periodo;
    d) con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria da 2.000 a 6.000
euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera c).

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 158.
                     Sanzioni per i coordinatori

  1.  Il coordinatore per la progettazione e' punito con l'arresto da
tre  a  sei  mesi  o  con  l'ammenda  da  3.000  a 12.000 euro per la
violazione dell'articolo 91, comma 1.
  2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e' punito:
    a) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
12.000    euro   per   la   violazione   dell'articolo 92,   comma 1,
lettere a), b), c), e) ed f), e con l'arresto da tre a sei mesi o con
l'ammenda  da  3.000 a 8.000 euro per la violazione dell'articolo 92,
comma 2;
    b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 159.
      Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti

  1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
    a) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
12.000   euro   per   la   violazione   degli  articoli 96,  comma 1,
lettere a), b), c)  e g),  97,  comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121,
126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2, 148;
    b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a
5.000  euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125,
commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151,
comma 1, 152, comma 1, 154;
    c) con  l'arresto  sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro  per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97,
comma 3, nonche' per la violazione delle disposizioni del capo II del
presente titolo non altrimenti sanzionate;
    d) con  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria da 1.200 a 3.600
euro  per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e
3.
  2.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto  sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro  per  la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100,
comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
    b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro
per  la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3
e 6, 152, comma 2.

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 160.
                      Sanzioni per i lavoratori

  1. I lavoratori autonomi sono puniti:
    a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
    b) con  l'arresto  fino  a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 94.
  2.  I  lavoratori  sono  puniti  con l'arresto fino a un mese o con
l'ammenda  da  150  a  600 euro per la violazione degli articoli 124,
138, commi 3 e 4, 152, comma 2.

        
      
          
Titolo V

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 161.
                        Campo di applicazione

  1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica
di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
  2.  Le  disposizioni  del  presente  decreto  non si applicano alla
segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario,
fluviale, marittimo ed aereo.

        
      
          
Titolo V

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 162.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente titolo si intende per:
    a) segnaletica  di  sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di
seguito  indicata  «segnaletica  di  sicurezza»: una segnaletica che,
riferita  ad  un  oggetto,  ad  una  attivita'  o  ad  una situazione
determinata,  fornisce una indicazione o una prescrizione concernente
la  sicurezza  o  la  salute  sul  luogo di lavoro, e che utilizza, a
seconda  dei  casi,  un  cartello,  un  colore, un segnale luminoso o
acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;
    b) segnale  di divieto: un segnale che vieta un comportamento che
potrebbe far correre o causare un pericolo;
    c) segnale  di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio
o pericolo;
    d) segnale   di   prescrizione:   un  segnale  che  prescrive  un
determinato comportamento;
    e) segnale  di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce
indicazioni  relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso
o di salvataggio;
    f) segnale  di  informazione: un segnale che fornisce indicazioni
diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
    g) cartello:  un  segnale che, mediante combinazione di una forma
geometrica,  di  colori  e  di un simbolo o pittogramma, fornisce una
indicazione  determinata,  la  cui  visibilita'  e'  garantita da una
illuminazione di intensita' sufficiente;
    h) cartello  supplementare:  un  cartello impiegato assieme ad un
cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni
complementari;
    i) colore  di  sicurezza:  un  colore  al  quale  e' assegnato un
significato determinato;
    l) simbolo   o   pittogramma:  un'immagine  che  rappresenta  una
situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su
un cartello o su una superficie luminosa;
    m) segnale   luminoso:   un  segnale  emesso  da  un  dispositivo
costituito   da  materiale  trasparente  o  semitrasparente,  che  e'
illuminato  dall'interno  o dal retro in modo da apparire esso stesso
come una superficie luminosa;
    n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso
da  un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi
vocale;
    o) comunicazione  verbale:  un  messaggio verbale predeterminato,
con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
    p) segnale  gestuale:  un  movimento  o posizione delle braccia o
delle  mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano
manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.

        
      
          
Titolo V

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 163.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1.   Quando,  anche  a  seguito  della  valutazione  effettuata  in
conformita'  all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere
evitati  o  sufficientemente  limitati  con  misure,  metodi,  ovvero
sistemi  di  organizzazione  del  lavoro,  o  con  mezzi  tecnici  di
protezione   collettiva,   il   datore  di  lavoro  fa  ricorso  alla
segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli
allegati da XXIV a XXXII.
  2.  Qualora  sia  necessario  fornire  mediante  la  segnaletica di
sicurezza   indicazioni   relative   a   situazioni  di  rischio  non
considerate  negli  allegati  da  XXIV  a XXXII, il datore di lavoro,
anche  in  riferimento  alle norme di buona tecnica, adotta le misure
necessarie,  secondo  le particolarita' del lavoro, l'esperienza e la
tecnica.
  3.  Il  datore  di  lavoro,  per  regolare  il traffico all'interno
dell'impresa  o dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla
segnaletica  prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico
stradale,  ferroviario,  fluviale,  marittimo  o  aereo,  fatto salvo
quanto previsto nell'allegato XXVIII.

        
      
          
Titolo V

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 164.
                      Informazione e formazione

  1. Il datore di lavoro provvede affinche':
    a) il   rappresentante  dei  lavoratori  per  la  sicurezza  e  i
lavoratori  siano  informati  di tutte le misure da adottare riguardo
alla  segnaletica  di  sicurezza  impiegata  all'interno dell'impresa
ovvero dell'unita' produttiva;
    b) i  lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare
sotto  forma  di  istruzioni  precise,  che  deve  avere  per oggetto
specialmente   il   significato   della   segnaletica  di  sicurezza,
soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonche'
i comportamenti generali e specifici da seguire.

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 165.
       Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

  1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
    a) con  l'arresto  da  tre  a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
10.000  euro  per  la  violazione  degli articoli 163 e 164, comma 1,
lettera b);
    b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a
4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 166.
                   Sanzioni a carico del preposto

  1.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto  fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200
euro per la violazione dell'articolo 163;
    b) con  l'arresto  fino  ad  un mese o con l'ammenda da 150 a 600
euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).

        
      
          
Titolo VI

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 167.
                        Campo di applicazione

  1.  Le  norme  del  presente  titolo  si  applicano  alle attivita'
lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i
lavoratori  rischi  di  patologie  da  sovraccarico  biomeccanico, in
particolare dorso-lombari.
  2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
    a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto
o  di  sostegno  di  un  carico  ad  opera  di uno o piu' lavoratori,
comprese  le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare
o  spostare  un  carico,  che,  per  le  loro  caratteristiche  o  in
conseguenza  delle  condizioni  ergonomiche  sfavorevoli,  comportano
rischi  di  patologie  da  sovraccarico  biomeccanico, in particolare
dorso-lombari;
    b) patologie   da   sovraccarico  biomeccanico:  patologie  delle
strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.

        
      
          
Titolo VI

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 168.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1.  Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e
ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,
per  evitare  la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi
da parte dei lavoratori.
  2.  Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei
carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure
organizzative  necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai
lavoratori  stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio
che  comporta  la  movimentazione  manuale  di detti carichi, tenendo
conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
    a) organizza  i  posti di lavoro in modo che detta movimentazione
assicuri condizioni di sicurezza e salute;
    b) valuta,  se  possibile  anche  in  fase  di proget-tazione, le
condizioni  di  sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione
tenendo conto dell'allegato XXXIII;
    c) evita   o   riduce  i  rischi,  particolarmente  di  patologie
dorso-lombari,   adottando  le  misure  adeguate,  tenendo  conto  in
particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attivita' comporta,
in base all'allegato XXXIII;
    d) sottopone  i  lavoratori  alla  sorveglianza  sanitaria di cui
all'articolo 41,  sulla  base  della  valutazione  del  rischio e dei
fattori individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
  3.  Le  norme  tecniche costituiscono criteri di riferimento per le
finalita'   del   presente   articolo  e  dell'allegato  XXXIII,  ove
applicabili.  Negli  altri  casi  si puo' fare riferimento alle buone
prassi e alle linee guida.

        
      
          
Titolo VI

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 169.
              Informazione, formazione e addestramento

  1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
    a) fornisce  ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente
al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
    b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi
lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle attivita'.
  2.  Il  datore  di  lavoro  fornisce  ai lavoratori l'addestramento
adeguato  in  merito  alle  corrette  manovre e procedure da adottare
nella movimentazione manuale dei carichi.

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 170.
       Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

  1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
    a) con  l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000
fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2,
169, comma 1, lettera b);
    b) con  l'arresto  da  due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000  a  euro  4.500  per  la violazione dell'articolo 169, comma 1,
lettera a).

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 171.
                   Sanzioni a carico del preposto

  1.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto  fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad
euro 1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
    b) con  l'arresto  fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad
euro 600 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).

        
      
          
Titolo VII

ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 172.
                        Campo di applicazione

  1.  Le  norme  del  presente  titolo  si  applicano  alle attivita'
lavorative   che   comportano   l'uso   di   attrezzature  munite  di
videoterminali.
  2.  Le  norme  del  presente  titolo non si applicano ai lavoratori
addetti:
    a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
    b) ai  sistemi  informatici  montati  a  bordo  di  un  mezzo  di
trasporto;
    c) ai   sistemi   informatici   destinati   in  modo  prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
    d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte
le  attrezzature  munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione
dei   dati  o  delle  misure,  necessario  all'uso  diretto  di  tale
attrezzatura;
    e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

        
      
          
Titolo VII

ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 173.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
    a) videoterminale:   uno   schermo   alfanumerico   o  grafico  a
prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
    b) posto  di  lavoro:  l'insieme  che  comprende  le attrezzature
munite  di  videoterminale,  eventualmente  con tastiera ovvero altro
sistema  di  immissione  dati,  incluso  il  mouse,  il  software per
l'interfaccia    uomo-macchina,    gli    accessori   opzionali,   le
apparecchiature   connesse,   comprendenti   l'unita'  a  dischi,  il
telefono,  il  modem,  la  stampante, il supporto per i documenti, la
sedia,   il   piano   di   lavoro,   nonche'   l'ambiente  di  lavoro
immediatamente circostante;
    c) lavoratore:  il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita
di  videoterminali,  in  modo  sistematico  o abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

 
 
                              Art. 174.
                    Obblighi del datore di lavoro

  1.  Il  datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di
cui  all'articolo 28,  analizza  i  posti  di  lavoro con particolare
riguardo:
    a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
    b) ai  problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o
mentale;
    c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
  2.  Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai
rischi  riscontrati  in  base  alle  valutazioni  di  cui al comma 1,
tenendo  conto  della somma ovvero della combinazione della incidenza
dei rischi riscontrati.
  3.  Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di
cui  all'articolo 173,  in  conformita'  ai  requisiti  minimi di cui
all'allegato XXXIV.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

 
 
                              Art. 175.
                  Svolgimento quotidiano del lavoro

  1.  Il  lavoratore,  ha  diritto  ad  una  interruzione  della  sua
attivita' mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
  2.   Le   modalita'  di  tali  interruzioni  sono  stabilite  dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
  3.   In   assenza  di  una  disposizione  contrattuale  riguardante
l'interruzione  di  cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto
ad   una   pausa   di  quindici  minuti  ogni  centoventi  minuti  di
applicazione continuativa al videoterminale.
  4.  Le  modalita'  e  la  durata  delle interruzioni possono essere
stabilite   temporaneamente  a  livello  individuale  ove  il  medico
competente ne evidenzi la necessita'.
  5.   E'   comunque  esclusa  la  cumulabilita'  delle  interruzioni
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
  6.  Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi
di  attesa  della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati,  a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore
non possa abbandonare il posto di lavoro.
  7.  La  pausa  e'  considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell'orario  di lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno
di  accordi  che  prevedono  la  riduzione dell'orario complessivo di
lavoro.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

 
 
                              Art. 176.
                       Sorveglianza sanitaria

  1.  I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, con particolare riferimento:
    a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
    b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
  2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1
i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
  3.  Salvi  i  casi particolari che richiedono una frequenza diversa
stabilita  dal  medico  competente,  la  periodicita' delle visite di
controllo  e'  biennale per i lavoratori classificati come idonei con
prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il
cinquantesimo anno di eta'; quinquennale negli altri casi.
  4.  Per  i  casi  di  inidoneita'  temporanea  il medico competente
stabilisce il termine per la successiva visita di idoneita'.
  5.  Il  lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per i rischi
di  cui  al  comma 1  a  sua richiesta, secondo le modalita' previste
all'articolo 41, comma 2, lettera c).
  6.  Il  datore  di  lavoro  fornisce  a  sue  spese ai lavoratori i
dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita'
svolta,  quando  l'esito  delle  visite  di  cui ai commi 1, 3 e 4 ne
evidenzi  la  necessita' e non sia possibile utilizzare i dispositivi
normali di correzione.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

 
 
                              Art. 177.
                      Informazione e formazione

  1.   In   ottemperanza   a   quanto   previsto   in   via  generale
dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
    a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto
riguarda:
      1)   le   misure  applicabili  al  posto  di  lavoro,  in  base
all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
      2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
      3) la protezione degli occhi e della vista;
    b) assicura  ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 178.
       Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

  1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
    a) con  l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000
fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3,
175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
    b) con  l'arresto  da  due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000  a  euro  4.500  per  la violazione dell'articolo 177, comma 1,
lettera a).

        
      
          
Capo III

Sanzioni

 
 
                              Art. 179.
                   Sanzioni a carico del preposto

  1.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto  fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad
euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
    b) con  l'arresto  fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad
euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 180.
                 Definizioni e campo di applicazione

  1. Ai  fini  del  presente decreto legislativo per agenti fisici si
intendono  il  rumore,  gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni
meccaniche,  i  campi  elettromagnetici,  le  radiazioni  ottiche, di
origine  artificiale,  il  microclima  e le atmosfere iperbariche che
possono   comportare   rischi  per  la  salute  e  la  sicurezza  dei
lavoratori.
  2.  Fermo  restando  quanto  previsto  dal  presente  capo,  per le
attivita' comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per
quelle  comportanti  esposizione a vibrazioni si applica il capo III,
per  quelle  comportanti  esposizione  a  campi  elettromagnetici  si
applica  il  capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni
ottiche artificiali si applica il capo V.
  3.  La  protezione  dei  lavoratori  dalle radiazioni ionizzanti e'
disciplinata  unicamente  dal  decreto  legislativo 17 marzo 1995, n.
230, e sue successive modificazioni.

        
                    Nota all'art. 180:
              - Il  testo  del  citato decreto legislativo n. 230 del
          1995,  e'  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 13 giugno
          1995, n. 136, supplemento ordinario.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 181.
                       Valutazione dei rischi

  1. Nell'ambito  della valutazione di cui all'articolo 28, il datore
di  lavoro  valuta  tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti
fisici  in  modo  da  identificare  e adottare le opportune misure di
prevenzione  e  protezione  con particolare riferimento alle norme di
buona tecnica ed alle buone prassi.
  2.  La  valutazione  dei  rischi derivanti da esposizioni ad agenti
fisici e' programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale,
da  personale  qualificato  nell'ambito del servizio di prevenzione e
protezione  in  possesso  di  specifiche  conoscenze  in  materia. La
valutazione  dei  rischi e' aggiornata ogni qual volta si verifichino
mutamenti   che   potrebbero  renderla  obsoleta,  ovvero,  quando  i
risultati  della  sorveglianza  sanitaria  rendano  necessaria la sua
revisione.  I  dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo
dei   livelli  di  esposizione  costituiscono  parte  integrante  del
documento di valutazione del rischio.
  3.  Il  datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali
misure  di  prevenzione  e  protezione  devono  essere  adottate.  La
valutazione  dei  rischi e' riportata sul documento di valutazione di
cui  all'articolo 28,  essa  puo'  includere  una giustificazione del
datore  di  lavoro  secondo  cui la natura e l'entita' dei rischi non
rendono necessaria una valutazione dei rischi piu' dettagliata.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 182.
        Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi

  1. Tenuto  conto  del  progresso  tecnico e della disponibilita' di
misure  per  controllare  il  rischio  alla fonte, i rischi derivanti
dall'esposizione  agli  agenti  fisici  sono  eliminati  alla fonte o
ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione
agli  agenti  fisici  si  basa  sui  principi generali di prevenzione
contenuti nel presente decreto.
  2.  In  nessun  caso  i  lavoratori  devono essere esposti a valori
superiori  ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III,
IV  e  V.  Allorche',  nonostante i provvedimenti presi dal datore di
lavoro   in  applicazione  del  presente  capo  i  valori  limite  di
esposizione  risultino  superati,  il  datore di lavoro adotta misure
immediate  per  riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite
di  esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite
di  esposizione  e  adegua  di  conseguenza le misure di protezione e
prevenzione per evitare un nuovo superamento.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 183.
                Lavoratori particolarmente sensibili

  1. Il  datore  di  lavoro  adatta le misure di cui all'articolo 182
alle  esigenze  dei  lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente
sensibili  al  rischio,  incluse le donne in stato di gravidanza ed i
minori.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 184.
              Informazione e formazione dei lavoratori

  1. Nell'ambito  degli  obblighi  di  cui  agli articoli 36 e 37, il
datore  di  lavoro  provvede  affinche' i lavoratori esposti a rischi
derivanti   da   agenti   fisici   sul  luogo  di  lavoro  e  i  loro
rappresentanti  vengano informati e formati in relazione al risultato
della valutazione dei rischi con particolare riguardo:
    a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
    b) all'entita'  e al significato dei valori limite di esposizione
e  dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai
potenziali rischi associati;
    c) ai  risultati  della  valutazione,  misurazione  o calcolo dei
livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
    d) alle   modalita'  per  individuare  e  segnalare  gli  effetti
negativi dell'esposizione per la salute;
    e) alle  circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una
sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
    f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi
derivanti dall'esposizione;
    g) all'uso   corretto   di  adeguati  dispositivi  di  protezione
individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie
all'uso.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 185.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. La  sorveglianza  sanitaria  dei  lavoratori esposti agli agenti
fisici   viene   svolta   secondo   i   principi   generali   di  cui
all'articolo 41,   ed  e'  effettuata  dal  medico  competente  nelle
modalita'  e nei casi previsti ai rispettivi capi del presente titolo
sulla  base  dei risultati della valutazione del rischio che gli sono
trasmessi  dal  datore  di  lavoro  per  il  tramite  del servizio di
prevenzione e protezione.
  2.  Nel  caso  in  cui  la  sorveglianza  sanitaria  riveli  in  un
lavoratore   un'alterazione   apprezzabile   dello  stato  di  salute
correlata  ai  rischi  lavorativi  il medico competente ne informa il
lavoratore  e,  nel  rispetto del segreto professionale, il datore di
lavoro, che provvede a:
    a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
    b) sottoporre  a  revisione le misure predisposte per eliminare o
ridurre i rischi;
    c) tenere  conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.

        
      
          
Titolo VIII

AGENTI FISICI

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 186.
                   Cartella sanitaria e di rischio

  1. Nella  cartella  di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), il
medico  competente  riporta  i dati della sorveglianza sanitaria, ivi
compresi  i  valori  di  esposizione  individuali, ove previsti negli
specifici  capi  del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro
per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 187.
                        Campo di applicazione

  1. Il  presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione  al  rumore  durante  il lavoro e in particolare per
l'udito.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 188.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente capo si intende per:
    a) pressione  acustica  di  picco  (ppeak):  valore massimo della
pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
    b) livello  di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A)
riferito  a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo,
dei  livelli  di  esposizione  al  rumore per una giornata lavorativa
nominale  di  otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:
1990  punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il
rumore impulsivo;
    c) livello  di  esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore
medio,  ponderato  in  funzione del tempo, dei livelli di esposizione
giornaliera  al  rumore per una settimana nominale di cinque giornate
lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:
1990 punto 3.6, nota 2.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 189.
           Valori limite di esposizione e valori di azione

  1. I  valori  limite  di  esposizione  e  i  valori  di  azione, in
relazione  al  livello  di  esposizione  giornaliera al rumore e alla
pressione acustica di picco, sono fissati a:
    a) valori  limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e
ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
    b) valori  superiori  di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e
ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
    c) valori  inferiori  di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e
ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
  2.   Laddove   a  causa  delle  caratteristiche  intrinseche  della
attivita'   lavorativa  l'esposizione  giornaliera  al  rumore  varia
significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile
sostituire,   ai   fini   dell'applicazione   dei  valori  limite  di
esposizione  e  dei  valori  di  azione,  il  livello  di esposizione
giornaliera  al  rumore  con  il livello di esposizione settimanale a
condizione che:
    a) il   livello   di  esposizione  settimanale  al  rumore,  come
dimostrato  da  un  controllo  idoneo, non ecceda il valore limite di
esposizione di 87 dB(A);
    b) siano  adottate  le  adeguate  misure  per ridurre al minimo i
rischi associati a tali attivita'.
  3.  Nel caso di variabilita' del livello di esposizione settimanale
va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 190.
                       Valutazione del rischio

  1. Nell'ambito  di  quanto previsto dall'articolo 181, il datore di
lavoro  valuta  l'esposizione  dei  lavoratori  al  rumore durante il
lavoro prendendo in considerazione in particolare:
    a) il  livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa
ogni esposizione a rumore impulsivo;
    b) i  valori  limite  di  esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 189;
    c) tutti   gli   effetti  sulla  salute  e  sulla  sicurezza  dei
lavoratori  particolarmente  sensibili  al  rumore,  con  particolare
riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
    d) per  quanto  possibile  a  livello  tecnico, tutti gli effetti
sulla  salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra
rumore  e  sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra
rumore e vibrazioni;
    e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori   risultanti  da  interazioni  fra  rumore  e  segnali  di
avvertimento  o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il
rischio di infortuni;
    f) le   informazioni   sull'emissione   di   rumore  fornite  dai
costruttori  dell'attrezzatura  di lavoro in conformita' alle vigenti
disposizioni in materia;
    g) l'esistenza  di  attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre l'emissione di rumore;
    h) il  prolungamento  del  periodo di esposizione al rumore oltre
l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
    i) le   informazioni   raccolte   dalla  sorveglianza  sanitaria,
comprese,  per  quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura
scientifica;
    l) la  disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con
adeguate caratteristiche di attenuazione.
  2.  Se,  a  seguito  della  valutazione  di  cui  al  comma 1, puo'
fondatamente  ritenersi  che  i  valori  inferiori  di azione possono
essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i
lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento
di valutazione.
  3.  I  metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati
alle   caratteristiche   del   rumore   da   misurare,   alla  durata
dell'esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle
norme   tecniche.   I   metodi   utilizzati   possono   includere  la
campionatura,   purche'   sia  rappresentativa  dell'esposizione  del
lavoratore.
  4.  Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore
di  lavoro  tiene  conto  dell'incertezza  delle  misure  determinate
secondo la prassi metrologica.
  5.  La  valutazione  di  cui  al  comma 1  individua  le  misure di
prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193,
194,  195  e  196  ed  e' documentata in conformita' all'articolo 28,
comma 2.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 191.
  Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto variabile

  1. Fatto  salvo  il  divieto  al  superamento  dei valori limite di
esposizione, per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei
livelli  di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro
puo'  attribuire  a  detti  lavoratori un'esposizione al rumore al di
sopra  dei  valori  superiori di azione, garantendo loro le misure di
prevenzione   e  protezione  conseguenti  e  in  particolare:  a)  la
disponibilita'  dei dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b)  l'informazione  e  la  formazione;  c) il controllo sanitario. In
questo  caso  la  misurazione  associata alla valutazione si limita a
determinare  il  livello  di  rumore  prodotto dalle attrezzature nei
posti   operatore   ai  fini  dell'identificazione  delle  misure  di
prevenzione  e  protezione  e per formulare il programma delle misure
tecniche e organizzative di cui all'articolo 192, comma 2.
  2.  Sul  documento  di valutazione di cui all'articolo 28, a fianco
dei  nominativi  dei  lavoratori  cosi' classificati, va riportato il
riferimento al presente articolo.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 192.
                 Misure di prevenzione e protezione

  1. Fermo  restando  quanto previsto dall'articolo 182, il datore di
lavoro  elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le
seguenti misure:
    a) adozione  di  altri  metodi di lavoro che implicano una minore
esposizione al rumore;
    b) scelta  di  attrezzature  di lavoro adeguate, tenuto conto del
lavoro  da  svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa
l'eventualita'  di  rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di
lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o
effetto e' di limitare l'esposizione al rumore;
    c) progettazione  della  struttura  dei  luoghi  e  dei  posti di
lavoro;
    d) adeguata  informazione  e  formazione  sull'uso corretto delle
attrezzature  di  lavoro  in  modo  da  ridurre  al  minimo  la  loro
esposizione al rumore;
    e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
      1)  del  rumore  trasmesso  per  via  aerea, quali schermature,
involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
      2)  del  rumore  strutturale, quali sistemi di smorzamento o di
isolamento;
    f) opportuni  programmi  di  manutenzione  delle  attrezzature di
lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
    g) riduzione  del rumore mediante una migliore organizzazione del
lavoro  attraverso  la  limitazione  della  durata  e dell'intensita'
dell'esposizione  e  l'adozione  di  orari di lavoro appropriati, con
sufficienti periodi di riposo.
  2.   Se   a   seguito   della   valutazione   dei   rischi  di  cui
all'articolo 190  risulta  che  i  valori  inferiori  di  azione sono
superati,  il  datore  di  lavoro  elabora ed applica un programma di
misure  tecniche  e  organizzative  volte  a ridurre l'esposizione al
rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.
  3.  I  luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad
un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da
appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle
stesse   e'   limitato,   ove   cio'  sia  tecnicamente  possibile  e
giustificato dal rischio di esposizione.
  4.  Nel  caso  in cui, data la natura dell'attivita', il lavoratore
benefici  dell'utilizzo  di locali di riposo messi a disposizione dal
datore  di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello
compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 193.
            Uso dei dispositivi di protezione individuali

  1. In  ottemperanza  a  quanto  disposto dall'articolo 18, comma 1,
lettera c),  il  datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti
dal  rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e
protezione   di  cui  all'articolo 192,  fornisce  i  dispositivi  di
protezione   individuali   per  l'udito  conformi  alle  disposizioni
contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
    a) nel  caso  in  cui  l'esposizione  al  rumore  superi i valori
inferiori  di  azione  il  datore  di lavoro mette a disposizione dei
lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;
    b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra
dei  valori  superiori  di azione esige che i lavoratori utilizzino i
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
    c) sceglie  dispositivi  di protezione individuale dell'udito che
consentono  di  eliminare  il  rischio  per  l'udito  o di ridurlo al
minimo,    previa   consultazione   dei   lavoratori   o   dei   loro
rappresentanti;
    d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale
dell'udito.
  2.  Il  datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai
dispositivi   di  protezione  individuale  dell'udito  indossati  dal
lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il
rispetto  del  valore  limite  di esposizione. I mezzi individuali di
protezione   dell'udito  sono  considerati  adeguati  ai  fini  delle
presenti  norme  se,  correttamente  usati,  mantengono un livello di
rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 194.
             Misure per la limitazione dell'esposizione

  1. Fermo  restando  l'obbligo del non superamento dei valori limite
di  esposizione,  se,  nonostante  l'adozione  delle  misure prese in
applicazione  del presente capo, si individuano esposizioni superiori
a detti valori, il datore di lavoro:
    a) adotta  misure  immediate  per  riportare  l'esposizione al di
sotto dei valori limite di esposizione;
    b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
    c) modifica  le misure di protezione e di prevenzione per evitare
che la situazione si ripeta.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 195.
              Informazione e formazione dei lavoratori

  1. Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo 184 nell'ambito
degli  obblighi  di  cui  agli  articoli 36 e 37, il datore di lavoro
garantisce  che  i  lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai
valori  inferiori  di azione vengano informati e formati in relazione
ai rischi provenienti dall'esposizione al rumore.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 196.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. Il  datore  di  lavoro  sottopone  a  sorveglianza  sanitaria  i
lavoratori  la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di
azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una
volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal medico competente,
con  adeguata  motivazione riportata nel documento di valutazione dei
rischi  e  resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori
in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con
provvedimento  motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della
sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
  2.  La  sorveglianza  sanitaria  di  cui  al  comma 1  e' estesa ai
lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione,
su  loro  richiesta  e  qualora  il  medico  competente  ne  confermi
l'opportunita'.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 197.
                               Deroghe

  1. Il   datore  di  lavoro  puo'  richiedere  deroghe  all'uso  dei
dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite
di  esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di
tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza
dei  lavoratori  maggiori  rispetto a quanto accadrebbe senza la loro
utilizzazione.
  2.  Le  deroghe  di  cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti
sociali,  per  un  periodo  massimo  di  quattro  anni dall'organo di
vigilanza  territorialmente  competente  che  provvede  anche a darne
comunicazione,  specificando  le  ragioni  e le circostanze che hanno
consentito  la  concessione  delle  stesse, al Ministero del lavoro e
della  previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe
di  cui  al  comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di
venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione
la disciplina regolare.
  3.  La  concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata
dall'intensificazione  della  sorveglianza  sanitaria e da condizioni
che  garantiscano,  tenuto conto delle particolari circostanze, che i
rischi  derivanti  siano  ridotti  al  minimo.  Il  datore  di lavoro
assicura   l'intensificazione  della  sorveglianza  sanitaria  ed  il
rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
  4.  Il  Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale trasmette
ogni  quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
globale  e  motivato  delle  deroghe  concesse  ai sensi del presente
articolo.

        
      
          
Capo II

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

 
 
                              Art. 198.
Linee  Guida  per i settori della musica delle attivita' ricreative e
                           dei call center

  1. Su  proposta  della  Commissione  permanente  per la prevenzione
degli  infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6, sentite
la  parti  sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente  capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le
linee  guida  per  l'applicazione del presente capo nei settori della
musica, delle attivita' ricreative e dei call center.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 199.
                        Campo di applicazione

  1.  Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute
e  della  sicurezza  dei lavoratori che sono esposti o possono essere
esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei
soggetti  indicati  all'articolo 3,  comma 2,  del  presente  decreto
legislativo  le  disposizioni del presente capo sono applicate tenuto
conto  delle  particolari  esigenze  connesse  al servizio espletato,
quali individuate dai decreti ivi previsti.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 200.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente capo, si intende per:
    a) vibrazioni  trasmesse  al  sistema mano-braccio: le vibrazioni
meccaniche  che,  se  trasmesse  al  sistema  mano-braccio nell'uomo,
comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in
particolare   disturbi   vascolari,  osteoarticolari,  neurologici  o
muscolari;
    b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche
che,  se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e
la  sicurezza  dei  lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del
rachide;
    c) esposizione  giornaliera  a  vibrazioni  trasmesse  al sistema
mano-braccio  A(8):  [ms-2]:  valore  mediato nel tempo, ponderato in
frequenza,  delle  accelerazioni misurate per una giornata lavorativa
nominale di otto ore;
    d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero
A(8):   [ms-2]:   valore   mediato   nel   tempo,   ponderato,  delle
accelerazioni  misurate  per una giornata lavorativa nominale di otto
ore.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 201.
           Valori limite di esposizione e valori d'azione

  1. Ai  fini  del  presente  capo,  si definiscono i seguenti valori
limite di esposizione e valori di azione.
  a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
    1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo  di  riferimento  di  8  ore,  e' fissato a 5 m/s2; mentre su
periodi brevi e' pari a 20 m/s2;
    2)  il  valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento  di  8  ore,  che  fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5
m/s2.
  b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
    1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo  di  riferimento  di  8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su
periodi brevi e' pari a 1,5 m/s2;
    2)  il  valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
  2.  Nel caso di variabilita' del livello di esposizione giornaliero
va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 202.
                       Valutazione dei rischi

  1. Nell'ambito  di  quanto previsto dall'articolo 181, il datore di
lavoro  valuta  e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni
meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
  2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo' essere
valutato   mediante   l'osservazione   delle   condizioni  di  lavoro
specifiche   e  il  riferimento  ad  appropriate  informazioni  sulla
probabile  entita'  delle  vibrazioni per le attrezzature o i tipi di
attrezzature  nelle  particolari  condizioni di uso reperibili presso
banche  dati  dell'ISPESL  o  delle regioni o, in loro assenza, dalle
informazioni  fornite  in materia dal costruttore delle attrezzature.
Questa   operazione  va  distinta  dalla  misurazione,  che  richiede
l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata
e che resta comunque il metodo di riferimento.
  3.  L'esposizione  dei  lavoratori  alle  vibrazioni  trasmesse  al
sistema mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni
di cui all'allegato XXXV, parte A.
  4.  L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo
intero  e'  valutata  o  misurata  in  base  alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte B.
  5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
    a) il  livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa
ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
    b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati
nell'articolo 201;
    c) gli  eventuali  effetti  sulla  salute  e  sulla sicurezza dei
lavoratori  particolarmente  sensibili  al  rischio  con  particolare
riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
    d) gli  eventuali  effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei
lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il
rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
    e) le  informazioni  fornite dal costruttore dell'attrezzatura di
lavoro;
    f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre
i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
    g) il  prolungamento  del  periodo  di  esposizione  a vibrazioni
trasmesse  al  corpo intero al di la' delle ore lavorative, in locali
di cui e' responsabile;
    h) condizioni  di  lavoro particolari, come le basse temperature,
il  bagnato,  l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico degli
arti superiori e del rachide;
    i) informazioni  raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese,
per   quanto   possibile,   quelle   reperibili   nella   letteratura
scientifica.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 203.
                 Misure di prevenzione e protezione

  1. Fermo  restando  quanto previsto nell'articolo 182, in base alla
valutazione  dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati
i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma
di  misure  tecniche  o  organizzative,  volte  a  ridurre  al minimo
l'esposizione   e   i  rischi  che  ne  conseguono,  considerando  in
particolare quanto segue:
    a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a
vibrazioni meccaniche;
    b) la  scelta  di  attrezzature  di lavoro adeguate concepite nel
rispetto  dei  principi  ergonomici e che producono, tenuto conto del
lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
    c) la  fornitura  di attrezzature accessorie per ridurre i rischi
di  lesioni  provocate  dalle  vibrazioni, quali sedili che attenuano
efficacemente  le  vibrazioni  trasmesse al corpo intero e maniglie o
guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
    d) adeguati  programmi  di  manutenzione  delle  attrezzature  di
lavoro,  del  luogo  di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei
DPI;
    e) la  progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di
lavoro;
    f) l'adeguata  informazione  e formazione dei lavoratori sull'uso
corretto  e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da
ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
    g) la     limitazione     della    durata    e    dell'intensita'
dell'esposizione;
    h) l'organizzazione  di orari di lavoro appropriati, con adeguati
periodi di riposo;
    i) la  fornitura,  ai  lavoratori  esposti,  di  indumenti per la
protezione dal freddo e dall'umidita'.
  2.   Se,  nonostante  le  misure  adottate,  il  valore  limite  di
esposizione  e'  stato  superato,  il  datore di lavoro prende misure
immediate  per  riportare  l'esposizione  al di sotto di tale valore,
individua  le  cause  del  superamento  e  adatta, di conseguenza, le
misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 204.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori
d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza
viene  effettuata  periodicamente,  di  norma  una volta l'anno o con
periodicita'  diversa  decisa  dal  medico  competente  con  adeguata
motivazione  riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa
nota  ai  rappresentanti  per la sicurezza dei lavoratori in funzione
della   valutazione   del   rischio.   L'organo   di  vigilanza,  con
provvedimento  motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della
sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
  2.  I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti alla
sorveglianza  sanitaria  quando,  secondo  il  medico  competente, si
verificano  una  o  piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei
lavoratori   alle   vibrazioni   e'   tale   da   rendere   possibile
l'individuazione  di  un  nesso  tra l'esposizione in questione e una
malattia  identificabile  o  ad  effetti  nocivi  per la salute ed e'
probabile   che  la  malattia  o  gli  effetti  sopraggiungano  nelle
particolari  condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche
sperimentate  che consentono di individuare la malattia o gli effetti
nocivi per la salute.

        
      
          
Capo III

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

 
 
                              Art. 205.
                               Deroghe

  1. Nei  settori  della  navigazione marittima e aerea, il datore di
lavoro,  in  circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la
deroga,  limitatamente  al  rispetto dei valori limite di esposizione
per  il  corpo  intero  qualora,  tenuto  conto della tecnica e delle
caratteristiche  specifiche  dei  luoghi di lavoro, non sia possibile
rispettare  tale  valore  limite  nonostante  le  misure  tecniche  e
organizzative messe in atto.
  2.  Nel  caso  di  attivita'  lavorative in cui l'esposizione di un
lavoratore  a  vibrazioni  meccaniche  e'  abitualmente  inferiore ai
valori  di  azione, ma puo' occasionalmente superare il valore limite
di  esposizione,  il  datore  di  lavoro puo' richiedere la deroga al
rispetto   dei  valori  limite  a  condizione  che  il  valore  medio
dell'esposizione  calcolata  su un periodo di 40 ore sia inferiore al
valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i
rischi  derivanti  dal  tipo  di  esposizione  cui  e'  sottoposto il
lavoratore   sono   inferiori  a  quelli  derivanti  dal  livello  di
esposizione corrispondente al valore limite.
  3.  Le  deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo
massimo  di  quattro  anni, dall'organo di vigilanza territorialmente
competente  che provvede anche a darne comunicazione, specificando le
ragioni  e  le  circostanze che hanno consentito la concessione delle
stesse,  al  Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza sociale. Le
deroghe  sono  rinnovabili  e  possono essere revocate quando vengono
meno le circostanze che le hanno giustificate.
  4.  La  concessione  delle  deroghe  di  cui  ai  commi 1  e  2  e'
condizionata  all'intensificazione  della sorveglianza sanitaria e da
condizioni   che   garantiscano,   tenuto   conto  delle  particolari
circostanze,  che  i  rischi  derivanti  siano  ridotti al minimo. Il
datore  di  lavoro  assicura  l'intensificazione  della  sorveglianza
sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
  5.  Il  Ministero  del  lavoro e della previdenza sociale trasmette
ogni  quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
dal  quale  emergano  circostanze  e motivi delle deroghe concesse ai
sensi del presente articolo.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 206.
                        Campo di applicazione

  1. Il  presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione  ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come
definiti   dall'articolo 207,  durante  il  lavoro.  Le  disposizioni
riguardano  la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori  dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel
corpo  umano  derivanti  dalla  circolazione  di  correnti  indotte e
dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
  2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti
a  lungo  termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori
in tensione.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 207.
                             Definizioni

  1. Agli  effetti  delle disposizioni del presente capo si intendono
per:
    a) campi   elettromagnetici:  campi  magnetici  statici  e  campi
elettrici,  magnetici  ed  elettromagnetici  variabili  nel  tempo di
frequenza inferiore o pari a 300 GHz;
    b) valori  limite  di esposizione: limiti all'esposizione a campi
elettromagnetici  che  sono  basati  direttamente sugli effetti sulla
salute  accertati  e  su  considerazioni  biologiche.  Il rispetto di
questi   limiti   garantisce   che  i  lavoratori  esposti  ai  campi
elettromagnetici  sono  protetti  contro  tutti  gli effetti nocivi a
breve termine per la salute conosciuti;
    c) valori   di   azione:  l'entita'  dei  parametri  direttamente
misurabili, espressi in termini di intensita' di campo elettrico (E),
intensita' di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita'
di  potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o piu' delle
misure  specificate  nel  presente capo. Il rispetto di questi valori
assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 208.
           Valori limite di esposizione e valori d'azione

  1. I  valori  limite  di  esposizione  sono riportati nell'allegato
XXXVI, lettera A, tabella 1.
  2.  I  valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera
B, tabella 2.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 209.
      Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

  1. Nell'ambito    della    valutazione    dei    rischi    di   cui
all'articolo 181,  il  datore  di lavoro valuta e, quando necessario,
misura  o  calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono
esposti  i  lavoratori.  La  valutazione, la misurazione e il calcolo
devono   essere   effettuati   in   conformita'  alle  norme  europee
standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica
(CENELEC).  Finche'  le citate norme non avranno contemplato tutte le
pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione
e  calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici,
il  datore  di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od
emanate  dalla  Commissione  consultiva permanente per la prevenzione
degli  infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle
del   Comitato  Elettrotecnico  Italiano  (CEI),  tenendo  conto,  se
necessario,  dei  livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle
attrezzature.
  2.   A   seguito   della   valutazione   dei   livelli   dei  campi
elettromagnetici   effettuata  in  conformita'  al  comma 1,  qualora
risulti   che   siano   superati   i   valori   di   azione   di  cui
all'articolo 208,  il  datore  di lavoro valuta e, quando necessario,
calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.
  3.  La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e
2  non  devono  necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro
accessibili  al  pubblico,  purche'  si  sia  gia'  proceduto  ad una
valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione
dell'esposizione  della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz
a  300  GHz  e  risultino  rispettate per i lavoratori le restrizioni
previste   dalla   raccomandazione  1999/519/CE  del  Consiglio,  del
12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
  4.    Nell'ambito    della   valutazione   del   rischio   di   cui
all'articolo 181,  il  datore di lavoro presta particolare attenzione
ai seguenti elementi:
    a) il  livello,  lo  spettro  di  frequenza,  la durata e il tipo
dell'esposizione;
    b) i  valori  limite  di  esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 208;
    c) tutti   gli   effetti  sulla  salute  e  sulla  sicurezza  dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
    d) qualsiasi effetto indiretto quale:
      1)   interferenza   con   attrezzature   e  dispositivi  medici
elettronici   (compresi  stimolatori  cardiaci  e  altri  dispositivi
impiantati);
      2)  rischio  propulsivo  di  oggetti  ferromagnetici  in  campi
magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
      3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
      4)  incendi  ed  esplosioni  dovuti all'accensione di materiali
infiammabili  provocata  da  scintille  prodotte  da  campi  indotti,
correnti di contatto o scariche elettriche;
    e) l'esistenza  di  attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
    f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare
i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
    g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso
della  sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in
pubblicazioni scientifiche;
    h) sorgenti multiple di esposizione;
    i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
  5.  Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di
cui    all'articolo 28   precisa   le   misure   adottate,   previste
dall'articolo 210.

        
                    Nota all'art. 209:
              - Il   testo   della  raccomandazione  1999/519/CE  del
          Consiglio,  del  12 luglio  1999  relativa alla limitazione
          dell'esposizione     della     popolazione     ai     campi
          elettromagnetici  da  0  Hz  a 300 GHz, e' pubblicato nella
          G.U.C.E. 30 luglio 1999, n. L 199.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 210.
                 Misure di prevenzione e protezione

  1. A  seguito  della  valutazione dei rischi, qualora risulti che i
valori  di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di
lavoro,    a   meno   che   la   valutazione   effettuata   a   norma
dell'articolo 209,   comma 2,   dimostri   che  i  valori  limite  di
esposizione  non  sono  superati  e che possono essere esclusi rischi
relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che
comprenda   misure   tecniche  e  organizzative  intese  a  prevenire
esposizioni  superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto
in particolare:
    a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione
ai campi elettromagnetici;
    b) della    scelta    di    attrezzature   che   emettano   campi
elettromagnetici  di intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da
svolgere;
    c) delle  misure  tecniche  per  ridurre  l'emissione  dei  campi
elettromagnetici,  incluso  se  necessario  l'uso  di  dispositivi di
sicurezza,  schermature  o di analoghi meccanismi di protezione della
salute;
    d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
    e) della  progettazione  e  della  struttura  dei  luoghi e delle
postazioni di lavoro;
    f) della    limitazione    della    durata    e   dell'intensita'
dell'esposizione;
    g) della  disponibilita'  di  adeguati  dispositivi di protezione
individuale.
  2.  I  luoghi  di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a
campi  elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere
indicati  con  un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel
caso  che  dalla  valutazione  effettuata  a norma dell'articolo 209,
comma 2,  il  datore  di  lavoro  dimostri  che  i  valori  limite di
esposizione  non  sono  superati  e che possono essere esclusi rischi
relativi  alla  sicurezza.  Dette  aree  sono  inoltre identificate e
l'accesso  alle  stesse  e'  limitato  laddove  cio' sia tecnicamente
possibile  e  sussista il rischio di un superamento dei valori limite
di esposizione.
  3.  In  nessun  caso  i  lavoratori  devono essere esposti a valori
superiori  ai  valori  limite di esposizione. Allorche', nonostante i
provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente
capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di
lavoro  adotta  misure  immediate  per  riportare l'esposizione al di
sotto  dei  valori  limite  di  esposizione,  individua  le cause del
superamento  dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza
le   misure   di  protezione  e  prevenzione  per  evitare  un  nuovo
superamento.
  4.  A  norma  dell'articolo 209,  comma 4, lettera c), il datore di
lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei
lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 211.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. La  sorveglianza  sanitaria  viene effettuata periodicamente, di
norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente  con  particolare  riguardo  ai lavoratori particolarmente
sensibili  al  rischio  di  cui  all'articolo  183,  tenuto conto dei
risultati  della  valutazione  dei  rischi  trasmessi  dal  datore di
lavoro.  L'organo  di  vigilanza,  con  provvedimento  motivato, puo'
disporre  contenuti  e  periodicita'  diversi  da  quelli forniti dal
medico competente.
  2.  Fermo  restando  il  rispetto di quanto stabilito dall'articolo
182,  sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori
per  i  quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di
azione di cui all'articolo 208, comma 2.

        
      
          
Capo IV

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

 
 
                              Art. 212.
                             Linee guida

  1. Il    Ministero   della   salute,   avvalendosi   degli   organi
tecnico-scientifici  del  Servizio  sanitario  nazionale,  sentita la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome  di Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per
l'applicazione    del   presente   capo   nello   specifico   settore
dell'utilizzo  in  ambito  sanitario  delle attrezzature di risonanza
magnetica.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 213.
                        Campo di applicazione

  1. Il  presente  capo  stabilisce prescrizioni minime di protezione
dei  lavoratori  contro  i  rischi  per  la salute e la sicurezza che
possono    derivare,   dall'esposizione   alle   radiazioni   ottiche
artificiali  durante  il  lavoro  con  particolare riguardo ai rischi
dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 214.
                             Definizioni

  1. Agli  effetti  delle disposizioni del presente capo si intendono
per:
    a) radiazioni  ottiche:  tutte  le  radiazioni  elettromagnetiche
nella  gamma  di  lunghezza  d'onda  compresa  tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo
spettro   delle   radiazioni   ottiche  si  suddivide  in  radiazioni
ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
      1)  radiazioni  ultraviolette:  radiazioni  ottiche a lunghezza
d'onda  compresa  tra  100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e'
suddivisa  in  UVA  (315-400  ¯Fm),  UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280
¯Fm);
      2)  radiazioni  visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda
compresa tra 380 e 780 ¯Fm;
      3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda
compresa tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e' suddivisa
in IRA (780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);
    b) laser  (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di
radiazione):  qualsiasi  dispositivo al quale si possa far produrre o
amplificare  le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze
d'onda  delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di
emissione stimolata controllata;
    c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
    d) radiazione  non  coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa
dalla radiazione laser;
    e) valori  limite  di  esposizione:  limiti  di  esposizione alle
radiazioni  ottiche  che sono basati direttamente sugli effetti sulla
salute  accertati  e  su  considerazioni  biologiche.  Il rispetto di
questi   limiti  garantisce  che  i  lavoratori  esposti  a  sorgenti
artificiali  di  radiazioni  ottiche  siano protetti contro tutti gli
effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;
    f) irradianza  (E)  o  densita'  di  potenza: la potenza radiante
incidente  per  unita'  di area su una superficie espressa in watt su
metro quadrato (W m-2);
    g) esposizione  radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza
espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
    h) radianza  (L):  il  flusso  radiante  o  la potenza per unita'
d'angolo  solido  per unita' di superficie, espressa in watt su metro
quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);
    i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e
radianza alle quali e' esposto un lavoratore.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 215.
                    Valori limite di esposizione

  1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
  2.  I  valori  limite  di  esposizione per le radiazioni laser sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte II.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 216.
      Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

  1. Nell'ambito    della    valutazione    dei    rischi    di   cui
all'articolo 181,  il  datore  di lavoro valuta e, quando necessario,
misura  e/o  calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono
essere   esposti   i   lavoratori.   La   metodologia  seguita  nella
valutazione,  nella  misurazione  e/o  nel  calcolo rispetta le norme
della  Commissione  elettrotecnica  internazionale  (IEC), per quanto
riguarda  le  radiazioni  laser, le raccomandazioni della Commissione
internazionale  per  l'illuminazione  (CIE) e del Comitato europeo di
normazione  (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle
situazioni   di  esposizione  che  esulano  dalle  suddette  norme  e
raccomandazioni,  fino  a  quando  non  saranno  disponibili  norme e
raccomandazioni  adeguate  dell'Unione  europea,  il datore di lavoro
adotta  le  specifiche  linee  guida  individuate  od  emanate  dalla
Commissione  consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni
e  per  l'igiene  del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o
internazionali   scientificamente   fondate.   In  tutti  i  casi  di
esposizione,  la  valutazione  tiene  conto  dei  dati  indicati  dai
fabbricanti   delle   attrezzature,   se  contemplate  da  pertinenti
direttive comunitarie di prodotto.
  2.  Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi,
presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
    a) il   livello,  la  gamma  di  lunghezze  d'onda  e  la  durata
dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
    b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
    c) qualsiasi   effetto   sulla   salute  e  sulla  sicurezza  dei
lavoratori   appartenenti   a  gruppi  particolarmente  sensibili  al
rischio;
    d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori  risultante  dalle  interazioni sul posto di lavoro tra le
radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
    e) qualsiasi  effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le
esplosioni o il fuoco;
    f) l'esistenza  di  attrezzature di lavoro alternative progettate
per   ridurre  i  livelli  di  esposizione  alle  radiazioni  ottiche
artificiali;
    g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare
i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
    h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso
della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
    i) sorgenti  multiple  di  esposizione  alle  radiazioni  ottiche
artificiali;
    l) una  classificazione  dei  laser  stabilita conformemente alla
pertinente  norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali
che  possono  arrecare danni simili a quelli di un laser della classe
3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;
    m) le  informazioni  fornite  dai  fabbricanti  delle sorgenti di
radiazioni  ottiche  e  delle  relative  attrezzature  di  lavoro  in
conformita' delle pertinenti direttive comunitarie.
  3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve
precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 217.
       Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi

  1. Se  la  valutazione  dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a),  mette  in  evidenza  che  i  valori limite d'esposizione
possono  essere  superati,  il  datore di lavoro definisce e attua un
programma  d'azione  che  comprende misure tecniche e/o organizzative
destinate  ad  evitare  che  l'esposizione  superi  i  valori limite,
tenendo conto in particolare:
    a) di   altri   metodi   di  lavoro  che  comportano  una  minore
esposizione alle radiazioni ottiche;
    b) della  scelta  di  attrezzature  che  emettano meno radiazioni
ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
    c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni
ottiche,   incluso,   quando  necessario,  l'uso  di  dispositivi  di
sicurezza,  schermatura  o  analoghi  meccanismi  di protezione della
salute;
    d) degli  opportuni  programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
    e) della  progettazione  e  della  struttura  dei  luoghi e delle
postazioni di lavoro;
    f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
    g) della  disponibilita'  di  adeguati  dispositivi di protezione
individuale;
    h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
  2.  In  base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i
luoghi  di  lavoro  in  cui  i lavoratori potrebbero essere esposti a
livelli  di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono
essere  indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre
identificate  e  l'accesso  alle stesse e' limitato, laddove cio' sia
tecnicamente possibile.
  3.  Il  datore  di  lavoro  adatta  le  misure  di  cui al presente
articolo alle   esigenze   dei   lavoratori   appartenenti  a  gruppi
particolarmente sensibili al rischio.

        
      
          
Capo V

Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

 
 
                              Art. 218.
                       Sorveglianza sanitaria

  1. La  sorveglianza  sanitaria  viene effettuata periodicamente, di
norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente  con  particolare  riguardo  ai lavoratori particolarmente
sensibili  al  rischio,  tenuto conto dei risultati della valutazione
dei  rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria
e' effettuata con l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente
effetti  negativi  per  la  salute, nonche' prevenire effetti a lungo
termine  negativi  per  la  salute  e  rischi  di  malattie  croniche
derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
  2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182
e  di  quanto  previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a
controllo   medico  i  lavoratori  per  i  quali  e'  stata  rilevata
un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
  3.  Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati
effetti nocivi sulla salute:
    a) il  medico o altra persona debitamente qualificata comunica al
lavoratore  i  risultati  che  lo riguardano. Il lavoratore riceve in
particolare   le  informazioni  e  i  pareri  relativi  al  controllo
sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
    b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi
emersi   dalla  sorveglianza  sanitaria  tenendo  conto  del  segreto
professionale.

        
      
          
Capo VI

Sanzioni

 
 
                              Art. 219.
       Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

  1. Il  datore  di  lavoro e' punito con l'arresto da quattro a otto
mesi  o  con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli
articoli 181,  comma 2,  190,  commi 1  e  5,  209, commi 1 e 5, 216,
comma 1.
  2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
    a) con  arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a
4.000  euro  per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185,
190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202,
203, 205, comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
    b) con  l'arresto  da  due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3,
e 217, commi 2 e 3.

        
      
          
Capo VI

Sanzioni

 
 
                              Art. 220.
               Sanzioni a carico del medico competente

  1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre mesi o con
l'ammenda  da  euro  1.000  a  euro  4.000  per  la  violazione degli
articoli 185 e 186.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 221.
                        Campo di applicazione

  1.  Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei  lavoratori  contro  i  rischi  per  la salute e la sicurezza che
derivano,  o  possono  derivare,  dagli  effetti  di  agenti  chimici
presenti  sul  luogo  di  lavoro  o  come risultato di ogni attivita'
lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
  2.  I  requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti
gli  agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro,
fatte  salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali
valgono  provvedimenti  di  protezione  radiologica regolamentati dal
decreto   legislativo   del  17 marzo  1995,  n.  230,  e  successive
modificazioni.
  3.  Le  disposizioni  del  presente  capo  si applicano altresi' al
trasporto  di  agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni
specifiche  contenute  nei  decreti  ministeriali  4 settembre  1996,
15 maggio   1997,   28 settembre   1999  e  nel  decreto  legislativo
13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG del codice
IBC  e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva
93/75/CEE,  del  Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni
dell'accordo  europeo  relativo  al trasporto internazionale di merci
pericolose  per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il
trasporto   delle   sostanze   pericolose   sul  Reno  (ADNR),  quali
incorporate  nella  normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche
per  il  trasporto  sicuro  di merci pericolose emanate alla data del
25 maggio 1998.
  4.  Le  disposizioni  del  presente  capo  non  si  applicano  alle
attivita' comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate
dalle norme contenute al capo III del presente titolo.

        
                    Note all'art. 221:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 230 del 1995,
          si veda nota all'art. 180.
              - Il  testo  del decreto ministeriale 4 settembre 1996,
          (Attuazione   della   direttiva   94/55/CE   del  Consiglio
          concernente  il  ravvicinamento  delle  legislazioni  degli
          Stati  membri  relative al trasporto di merci pericolose su
          strada),  e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 dicembre
          1996, n. 282, supplemento ordinario .
              - Il  testo  del  decreto  ministeriale  15 maggio 1997
          (Attuazione   della   direttiva   96/86/CE   del  Consiglio
          dell'Unione  europea  che  adegua  al  progresso tecnico la
          direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
          4 giugno 1997, n. 128, supplemento ordinario.
              - Il  testo  del decreto ministeriale 28 settembre 1999
          (Attuazione  della  direttiva  1999/47/CE della Commissione
          dell'Unione  europea,  che  adegua  per la seconda volta al
          progresso  tecnico  la  direttiva  94/55/CE), e' pubblicato
          nella   Gazzetta   Ufficiale   22 ottobre   1999,  n.  249,
          supplemento ordinario.
              - Il  testo del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n.
          41 (Attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative
          al   trasporto   di  merci  pericolose  per  ferrovia),  e'
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 27 febbraio 1999, n.
          48, supplemento ordinario .
              - Il  testo  del'art.  2  della direttiva 93/75/CEE del
          13 settembre  1993,  Direttiva  del Consiglio relativa alle
          condizioni  minime  necessarie  per le navi dirette a porti
          marittimi della Comunita' o che ne escono e che trasportano
          merci pericolose o inquinanti, e' il seguente:
              «Art.   2.  -  Ai  fini  della  presente  direttiva  si
          intendono per:
                a) «operatore»:  il  proprietario,  il  noleggiatore,
          l'imprenditore o l'agente marittimo della nave;
                b) «nave»:  qualsiasi  nave  da  carico,  petroliera,
          chimichiera o gasiera o nave passeggeri diretta ad un porto
          della  Comunita'  o  che  ne  esce  e  che  trasporta merci
          pericolose o inquinanti, alla rinfusa o in colli;
                c) «merci  pericolose»: quelle merci classificate nel
          codice  IMDG,  inclusi  i materiali radioattivi di cui alla
          raccolta INF; nel capitolo 17 del codice IBC e nel capitolo
          19 del codice IGC;
                d) «merci inquinanti»:
                  - idrocarburi, secondo la definizione della MARPOL,
          allegato 1,
                  - sostanze  liquide  nocive, secondo la definizione
          della MARPOL, allegato 2,
                  - sostanze  dannose,  secondo  la definizione della
          MARPOL, allegato 3;
                e) «Marpol  73/78»: la convenzione internazionale del
          1973  per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi,
          nella versione modificata dal protocollo del 1978, di volta
          in volta in vigore;
                f) «Codice  IMDG»: il codice marittimo internazionale
          per  il trasporto delle merci pericolose, di volta in volta
          vigente;
                g) «Codice  IBC»: il codice internazionale IMO per la
          costruzione  e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
          alla  rinfusa  di  prodotti chimici pericolosi, di volta in
          volta vigente;
                h) «Codice  IGC»: il codice internazionale IMO per la
          costruzione  e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
          alla rinfusa di gas liquefatti, di volta in volta vigente;
                i) «raccolta INF»: il corpus delle norme di sicurezza
          IMO per il trasporto di combustibile nucleare irradiato, di
          plutonio e di scorie altamente radioattive in fusti a bordo
          di navi, di volta in volta vigente;
                j) «risoluzione   IMO   A.851(20)»:   la  risoluzione
          851(20)   dell'Organizzazione   marittima   internazionale,
          adottata  dall'assemblea  nella 20ª sessione il 27 novembre
          1997,  avente  per  titolo  «General  princi-ples  for ship
          reporting   systems   and   ship   reporting  requirements,
          including  guidelines  for  reporting  incidents  involving
          dangerous   goods,   harmful   substances   and/or   marine
          pollutants»  (Principi  generali  dei sistemi di notifica e
          norme di compilazione delle notifiche, con orientamenti per
          la  notifica  di  sinistri  in  cui  sono  coinvolte  merci
          pericolose,  sostanze  nocive  e/o  sostanze inquinanti per
          l'ambiente marino);
                k) «autorita'   competenti»:   le   autorita'   e  le
          organizzazioni   designate  dagli  Stati  membri  ai  sensi
          dell'art. 3;
                l) «spedizioniere/caricatore»:  una  persona  che  ha
          stipulato  un contratto per il trasporto di merci via mare,
          o  la  persona  nel cui nome o per conto della quale, viene
          stipulato il contratto.».

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 222.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente capo si intende per:
    a) agenti  chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da
soli   sia  nei  loro  miscugli,  allo  stato  naturale  o  ottenuti,
utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante
qualsiasi  attivita' lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente
o no e siano immessi o no sul mercato;
    b) agenti chimici pericolosi:
      1)  agenti  chimici  classificati  come  sostanze pericolose ai
sensi  del  decreto  legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
modificazioni,  nonche'  gli  agenti  che corrispondono ai criteri di
classificazione  come sostanze pericolose di cui al predetto decreto.
Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
      2)  agenti  chimici  classificati  come preparati pericolosi ai
sensi  del  decreto  legislativo  14 marzo  2003, n. 65, e successive
modificazioni,  nonche'  gli  agenti  che  rispondono  ai  criteri di
classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto.
Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;
      3)  agenti  chimici  che,  pur non essendo classifi-cabili come
pericolosi,  in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio
per  la  sicurezza  e  la  salute  dei  lavoratori  a  causa  di loro
proprieta'  chimico-fisiche,  chimiche o tossicologiche e del modo in
cui  sono  utilizzati  o  presenti  sul luogo di lavoro, compresi gli
agenti chimici cui e' stato assegnato un valore limite di esposizione
professionale;
    c) attivita'  che  comporta  la  presenza di agenti chimici: ogni
attivita'  lavorativa  in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne
prevede  l'utilizzo,  in  ogni  tipo  di  procedimento,  compresi  la
produzione,  la  manipolazione,  l'immagazzinamento,  il  trasporto o
l'eliminazione  e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale
attivita' lavorativa;
    d) valore   limite   di   esposizione   professionale:   se   non
diversamente   specificato,  il  limite  della  concentrazione  media
ponderata  nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della
zona  di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato
periodo  di  riferimento; un primo elenco di tali valori e' riportato
nell'allegato XXXVIII;
    e) valore  limite  biologico:  il limite della concentrazione del
relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,
nell'appropriato  mezzo  biologico; un primo elenco di tali valori e'
riportato nell'allegato XXXIX;
    f) sorveglianza  sanitaria:  la valutazione dello stato di salute
del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici
sul luogo di lavoro;
    g) pericolo:  la  proprieta'  intrinseca  di un agente chimico di
poter produrre effetti nocivi;
    h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale nocivo
nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.

        
                    Note all'art. 222:
              - Il  testo del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
          52   (Attuazione   della  direttiva  92/32/CEE  concernente
          classificazione,   imballaggio   ed   etichettatura   delle
          sostanze   pericolose),   e'   pubblicato   nella  Gazzetta
          Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58, supplemento ordinario.
              - Il testo del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65
          (Attuazione  della  direttiva  1999/45/CE e della direttiva
          2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e
          all'etichettatura  dei preparati pericolosi), e' pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento
          ordinario .

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 223.
                       Valutazione dei rischi

  1.  Nella  valutazione  di cui all'articolo 28, il datore di lavoro
determina,  preliminarmente  l'eventuale  presenza  di agenti chimici
pericolosi  sul  luogo  di  lavoro  e  valuta  anche  i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali
agenti, prendendo in considerazione in particolare:
    a) le loro proprieta' pericolose;
    b) le  informazioni  sulla  salute  e  sicurezza  comunicate  dal
responsabile  dell'immissione  sul mercato tramite la relativa scheda
di  sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio
1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
    c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
    d) le  circostanze  in  cui viene svolto il lavoro in presenza di
tali agenti, compresa la quantita' degli stessi;
    e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite
biologici; di cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII
e XXXIX;
    f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da
adottare;
    g) se  disponibili,  le conclusioni tratte da eventuali azioni di
sorveglianza sanitaria gia' intraprese.
  2.  Nella  valutazione  dei rischi il datore di lavoro indica quali
misure   sono  state  adottate  ai  sensi  dell'articolo 224  e,  ove
applicabile,  dell'articolo 225.  Nella  valutazione  medesima devono
essere  incluse  le  attivita',  ivi  compresa  la  manutenzione e la
pulizia,  per  le  quali  e'  prevedibile la possibilita' di notevole
esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi
per  la  salute  e  la  sicurezza,  anche dopo l'adozione di tutte le
misure tecniche.
  3.  Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione a
piu'  agenti  chimici  pericolosi,  i rischi sono valutati in base al
rischio  che  comporta  la  combinazione  di  tutti i suddetti agenti
chimici.
  4.   Fermo   restando   quanto  previsto  dai  decreti  legislativi
3 febbraio  1997,  n.  52,  e  14 marzo  2003,  n.  65,  e successive
modificazioni,  il responsabile dell'immissione sul mercato di agenti
chimici pericolosi e' tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente
tutte   le   ulteriori   informazioni   necessarie  per  la  completa
valutazione del rischio.
  5. La valutazione del rischio puo' includere la giustificazione che
la  natura  e  l'entita'  dei  rischi connessi con gli agenti chimici
pericolosi    rendono   non   necessaria   un'ulteriore   valutazione
maggiormente dettagliata dei rischi.
  6.  Nel  caso  di  un'attivita'  nuova  che comporti la presenza di
agenti  chimici  pericolosi,  la  valutazione  dei  rischi  che  essa
presenta  e l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte
preventivamente.  Tale  attivita'  comincia  solo  dopo  che  si  sia
proceduto   alla   valutazione   dei   rischi  che  essa  presenta  e
all'attuazione delle misure di prevenzione.
  7.  Il  datore  di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e,
comunque,  in  occasione  di notevoli mutamenti che potrebbero averla
resa  superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne
mostrino la necessita'.

        
                    Nota all'art. 223:
              - Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
          n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.
                      Note agli articoli 227, 234 e 239:

              - Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
          n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 224.
      Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi

  1.  Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo 15,  i  rischi
derivanti  da  agenti  chimici  pericolosi  devono essere eliminati o
ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
    a) progettazione  e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul
luogo di lavoro;
    b) fornitura  di  attrezzature  idonee  per il lavoro specifico e
relative procedure di manutenzione adeguate;
    c) riduzione  al  minimo  del  numero  di  lavoratori  che sono o
potrebbero essere esposti;
    d) riduzione   al   minimo   della   durata   e   dell'intensita'
dell'esposizione;
    e) misure igieniche adeguate;
    f) riduzione  al  minimo  della  quantita' di agenti presenti sul
luogo di lavoro in funzione delle necessita' della lavorazione;
    g) metodi  di  lavoro  appropriati  comprese  le disposizioni che
garantiscono  la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento
e  nel  trasporto  sul  luogo  di lavoro di agenti chimici pericolosi
nonche' dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
  2.  Se  i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in
relazione  al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e
alle  modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul
luogo  di  lavoro,  vi  e'  solo  un rischio basso per la sicurezza e
irrilevante  per  la  salute dei lavoratori e che le misure di cui al
comma 1  sono  sufficienti  a ridurre il rischio, non si applicano le
disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 225.
          Misure specifiche di protezione e di prevenzione

  1.   Il  datore  di  lavoro,  sulla  base  dell'attivita'  e  della
valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il
rischio  sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la
natura  dell'attivita'  lo consenta, con altri agenti o processi che,
nelle  condizioni  di  uso,  non  sono  o sono meno pericolosi per la
salute  dei  lavoratori. Quando la natura dell'attivita' non consente
di  eliminare  il  rischio  attraverso  la  sostituzione il datore di
lavoro  garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione
delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorita':
    a) progettazione  di  appropriati processi lavorativi e controlli
tecnici, nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
    b) appropriate  misure  organizzative  e di protezione collettive
alla fonte del rischio;
    c) misure  di  protezione  individuali, compresi i dispositivi di
protezione  individuali,  qualora non si riesca a prevenire con altri
mezzi l'esposizione;
    d) sorveglianza   sanitaria   dei   lavoratori   a   norma  degli
articoli 229 e 230.
  2.  Salvo  che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di
un  adeguato  livello  di  prevenzione  e di protezione, il datore di
lavoro,   periodicamente   ed   ogni  qualvolta  sono  modificate  le
condizioni   che   possono  influire  sull'esposizione,  provvede  ad
effettuare  la  misurazione  degli  agenti  che possono presentare un
rischio  per  la  salute,  con  metodiche  standardizzate  di  cui e'
riportato  un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro
assenza,  con  metodiche appropriate e con particolare riferimento ai
valori   limite   di   esposizione   professionale   e   per  periodi
rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.
  3.  Quando  sia  stato  superato  un  valore  limite di esposizione
professionale  stabilito  dalla normativa vigente il datore di lavoro
identifica  e  rimuove  le cause che hanno cagionato tale superamento
dell'evento,   adottando  immediatamente  le  misure  appropriate  di
prevenzione e protezione.
  4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai
documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per
la  sicurezza  dei  lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle
misurazioni  effettuate  ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli
obblighi   conseguenti   alla   valutazione   dei   rischi   di   cui
all'articolo 223.  Sulla  base  della  valutazione  dei  rischi e dei
principi  generali  di  prevenzione e protezione, il datore di lavoro
adotta  le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle
operazioni,   compresi   l'immagazzinamento,   la   manipolazione   e
l'isolamento   di  agenti  chimici  incompatibili  fra  di  loro;  in
particolare,  il  datore  di  lavoro  previene sul luogo di lavoro la
presenza  di  concentrazioni  pericolose  di  sostanze infiammabili o
quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili.
  5.  Laddove  la  natura  dell'attivita'  lavorativa non consenta di
prevenire   sul   luogo  di  lavoro  la  presenza  di  concentrazioni
pericolose   di  sostanze  infiammabili  o  quantita'  pericolose  di
sostanze   chimicamente  instabili,  il  datore  di  lavoro  deve  in
particolare:
    a) evitare  la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar
luogo  a  incendi  ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse
che  potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze
o miscele di sostanze chimicamente instabili;
    b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative
previste  dalla  normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla
salute  e  la  sicurezza  dei  lavoratori  in  caso  di incendio o di
esplosione  dovuti  all'accensione  di  sostanze  infiammabili, o gli
effetti   dannosi   derivanti  da  sostanze  o  miscele  di  sostanze
chimicamente instabili.
  6.  Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro
ed  adotta  sistemi  di protezione collettiva ed individuale conformi
alle   disposizioni   legislative   e  regolamentari  pertinenti,  in
particolare per quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere
potenzialmente esplosive.
  7.  Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente
controllo  degli  impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a
disposizione  sistemi  e dispositivi finalizzati alla limitazione del
rischio  di  esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle
esplosioni.
  8.  Il  datore  di  lavoro informa i lavoratori del superamento dei
valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e
delle   misure   di  prevenzione  e  protezione  adottate  e  ne  da'
comunicazione, senza indugio, all'organo di vigilanza.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 226.
          Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze

  1.  Ferme  restando  le  disposizioni di cui agli articoli 43 e 44,
nonche' quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data
10 marzo  1998,  pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale  n.  81  del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di
proteggere  la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze
di  incidenti  o  di  emergenze  derivanti  dalla  presenza di agenti
chimici  pericolosi  sul  luogo  di  lavoro,  predispone procedure di
intervento  adeguate  da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali
misure  comprendono  esercitazioni  di  sicurezza  da  effettuarsi  a
intervalli  connessi  alla  tipologia  di  lavorazione  e  la messa a
disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
  2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta
immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare,
di   assistenza,  di  evacuazione  e  di  soccorso  e  ne  informa  i
lavoratori.  Il  datore  di lavoro adotta inoltre misure adeguate per
porre rimedio alla situazione quanto prima.
  3.  Ai  lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita o ai
lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle
attivita'  necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi
di  protezione  individuale  ed idonee attrezzature di intervento che
devono  essere  utilizzate  sino  a  quando  persiste  la  situazione
anomala.
  4.  Il  datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare
sistemi  d'allarme  e  altri  sistemi  di comunicazione necessari per
segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
  5.  Le  misure  di  emergenza  devono  essere  contenute  nel piano
previsto  dal  decreto  di  cui  al comma 1. In particolare nel piano
vanno inserite:
    a) informazioni  preliminari  sulle  attivita'  pericolose, sugli
agenti  chimici  pericolosi,  sulle  misure per l'identificazione dei
rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi
competenti  per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le
proprie procedure e misure precauzionali;
    b) qualunque  altra informazione disponibile sui rischi specifici
derivanti  o  che  possano  derivare  dal  verificarsi di incidenti o
situazioni  di  emergenza,  comprese  le informazioni sulle procedure
elaborate in base al presente articolo.
  6.  Nel  caso  di  incidenti o di emergenza i soggetti non protetti
devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 227.
             Informazione e formazione per i lavoratori

  1.  Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore
di  lavoro  garantisce  che  i  lavoratori  o  i  loro rappresentanti
dispongano di:
    a) dati   ottenuti   attraverso  la  valutazione  del  rischio  e
ulteriori  informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo
di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
    b) informazioni  sugli  agenti  chimici  pericolosi  presenti sul
luogo  di  lavoro,  quali  l'identita'  degli agenti, i rischi per la
sicurezza  e  la  salute,  i  relativi  valori  limite di esposizione
professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
    c) formazione  ed  informazioni su precauzioni ed azioni adeguate
da  intraprendere  per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul
luogo di lavoro;
    d) accesso   ad  ogni  scheda  dei  dati  di  sicurezza  messa  a
disposizione  dal  responsabile  dell'immissione sul mercato ai sensi
dei  decreti  legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n.
65, e successive modificazioni.
  2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
    a) fornite  in  modo  adeguato al risultato della valutazione del
rischio  di  cui  all'articolo 223. Tali  informazioni possono essere
costituite    da   comunicazioni   orali   o   dalla   formazione   e
dall'addestramento   individuali  con  il  supporto  di  informazioni
scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla
valutazione del rischio;
    b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
  3.  Laddove  i  contenitori  e le condutture per gli agenti chimici
pericolosi  utilizzati  durante il lavoro non siano contrassegnati da
segnali  di  sicurezza  in  base  a  quanto disposto dal titolo V, il
datore  di  lavoro  provvede  affinche'  la  natura del contenuto dei
contenitori  e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano
chiaramente identificabili.
  4.  Il  responsabile dell'immissione sul mercato devono trasmettere
ai  datori  di  lavoro  tutte  le informazioni concernenti gli agenti
chimici  pericolosi  prodotti  o forniti secondo quanto stabilito dai
decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e
successive modificazioni.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 228.
                               Divieti

  1.  Sono  vietate  la  produzione, la lavorazione e l'impiego degli
agenti chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
  2.  Il  divieto  non  si  applica  se  un  agente e' presente in un
preparato,  o  quale componente di rifiuti, purche' la concentrazione
individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
  3.  In  deroga  al  divieto  di  cui  al  comma 1,  possono  essere
effettuate,   previa  autorizzazione  da  rilasciarsi  ai  sensi  del
comma 5, le seguenti attivita':
    a) attivita'  a  fini  esclusivi  di  ricerca  e  sperimentazione
scientifica, ivi comprese le analisi;
    b) attivita'  volte  ad  eliminare  gli  agenti  chimici che sono
presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
    c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come
intermedi.
  4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi
di   cui   al   comma 3,   lettera c),  il  datore  di  lavoro  evita
l'esposizione  dei  lavoratori,  stabilendo che la produzione e l'uso
piu' rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in
un  sistema  chiuso  dal  quale  gli  stessi  possono  essere rimossi
soltanto  nella misura necessaria per il controllo del processo o per
la manutenzione del sistema.
  5.  Il  datore di lavoro che intende effettuare le attivita' di cui
al  comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero
del  lavoro  e  della  previdenza  sociale che la rilascia sentito il
Ministero  della  salute  e  la  regione interessata. La richiesta di
autorizzazione e' corredata dalle seguenti informazioni:
    a) i motivi della richiesta di deroga;
    b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
    c) il numero dei lavoratori addetti;
    d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
    e) misure  previste  per la tutela della salute e sicurezza e per
prevenire l'esposizione dei lavoratori.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 229.
                       Sorveglianza sanitaria

  1.  Fatto  salvo  quanto  previsto dall'articolo 224, comma 2, sono
sottoposti  alla  sorveglianza  sanitaria  di  cui  all'articolo 41 i
lavoratori  esposti  agli agenti chimici pericolosi per la salute che
rispondono  ai  criteri  per  la  classificazione come molto tossici,
tossici,  nocivi,  sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per
il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.
  2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
    a) prima  di  adibire  il  lavoratore  alla mansione che comporta
l'esposizione;
    b) periodicamente,  di  norma una volta l'anno o con periodicita'
diversa   decisa  dal  medico  competente  con  adeguata  motivazione
riportata  nel  documento  di  valutazione  dei rischi e resa nota ai
rappresentanti  per  la  sicurezza  dei lavoratori, in funzione della
valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
    c) all'atto  della  cessazione  del  rapporto  di lavoro. In tale
occasione   il  medico  competente  deve  fornire  al  lavoratore  le
eventuali   indicazioni   relative   alle   prescrizioni  mediche  da
osservare.
  3.  Il  monitoraggio  biologico  e'  obbligatorio  per i lavoratori
esposti  agli  agenti  per  i quali e' stato fissato un valore limite
biologico.  Dei  risultati  di  tale  monitoraggio viene informato il
lavoratore  interessato.  I  risultati di tale monitoraggio, in forma
anonima,  vengono  allegati  al documento di valutazione dei rischi e
comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
  4.  Gli  accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il
lavoratore.
  5.  Il  datore di lavoro, su parere conforme del medico competente,
adotta  misure  preventive  e  protettive  particolari  per i singoli
lavoratori   sulla  base  delle  risultanze  degli  esami  clinici  e
biologici  effettuati. Le misure possono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
  6.  Nel  caso  in  cui  all'atto  della  sorveglianza  sanitaria si
evidenzi,  in  un  lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in
maniera   analoga  ad  uno  stesso  agente,  l'esistenza  di  effetti
pregiudizievoli  per  la  salute  imputabili  a tale esposizione o il
superamento  di  un  valore  limite  biologico,  il medico competente
informa  individualmente  i  lavoratori  interessati  ed il datore di
lavoro.
  7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
    a) sottoporre  a revisione la valutazione dei rischi effettuata a
norma dell'articolo 223;
    b) sottoporre  a  revisione le misure predisposte per eliminare o
ridurre i rischi;
    c) tenere  conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
    d) prendere  le misure affinche' sia effettuata una visita medica
straordinaria  per  tutti  gli  altri  lavoratori  che  hanno  subito
un'esposizione simile.
  8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre
contenuti   e   periodicita'  della  sorveglianza  sanitaria  diversi
rispetto a quelli definiti dal medico competente.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 230.
                   Cartelle sanitarie e di rischio

  1.  Il  medico  competente,  per  ciascuno  dei  lavoratori  di cui
all'articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo
quanto  previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al
lavoratore   interessato   tutte   le   informazioni  previste  dalle
lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di
rischio   sono,  tra  l'altro,  indicati  i  livelli  di  esposizione
professionale  individuali  forniti  dal  Servizio  di  prevenzione e
protezione.
  2.  Su  richiesta,  e'  fornita  agli organi di vigilanza copia dei
documenti di cui al comma 1.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 231.
            Consultazione e partecipazione dei lavoratori

  1.  La  consultazione  e  partecipazione  dei lavoratori o dei loro
rappresentanti  sono  attuate  ai  sensi  delle  disposizioni  di cui
all'articolo 50.

        
      
          
Titolo IX

SOSTANZE PERICOLOSE

Capo I

Protezione da agenti chimici

 
 
                              Art. 232.
                        Adeguamenti normativi

  1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della  salute,  d'intesa  con la Conferenza permanente per i rapporti
tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di
Bolzano,  e'  istituito  senza  nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica,   un   comitato   consultivo   per   la   determinazione  e
l'aggiornamento  dei valori limite di esposizione professionale e dei
valori  limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato e'
composto  da  nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia
tossicologica  e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero
della   salute,  su  proposta  dell'Istituto  superiore  di  sanita',
dell'ISPESL  e  della  Commissione  tossicologica  nazionale,  tre in
rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in
rappresentanza  del  Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Il  Comitato  si  avvale del supporto organizzativo e logistico della
Direzione  generale  della  tutela  delle  condizioni  di  lavoro del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
  2.  Con  uno  o  piu'  decreti  dei  Ministri  del  lavoro  e della
previdenza   sociale  e  della  salute  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome,  sentiti  il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato
di  cui  al  comma 1  e  le  parti sociali, sono recepiti i valori di
esposizione  professionale  e biologici obbligatori predisposti dalla
Commissione   europea,   sono  altresi'  stabiliti  i  valori  limite
nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti
dalla  Commissione  medesima  e sono aggiornati gli allegati XXXVIII,
XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di
normative   e   specifiche   comunitarie  o  internazionali  e  delle
conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.
  3.  Con  i  decreti  di  cui  al  comma 2 e' inoltre determinato il
rischio  basso  per  la  sicurezza  e  irrilevante  per la salute dei
lavoratori  di  cui  all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo,
alle  quantita'  ed  alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto
conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei
parametri di sicurezza.
  4.  Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno
o  piu'  decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della  salute,  d'intesa  con la Conferenza permanente per i rapporti
tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di
Bolzano,  possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla
data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto, i parametri per
l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per
la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base
di  proposte  delle  associazioni  di  categoria dei datori di lavoro
interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni
dei     prestatori    di    lavoro    interessate    comparativamente
rappresentative.  Scaduto  inutilmente  il termine di cui al presente
articolo,  la valutazione del rischio moderato e' comunque effettuata
dal datore di lavoro.

        
      
          
Capo II

Protezione da agenti cancerogeni e mutageni

Sezione I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 233.
                        Campo di applicazione

  1.  Fatto  salvo  quanto previsto per le attivita' disciplinate dal
capo  III  e  per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni
previste   dal   trattato   che   istituisce   la  Comunita'  europea
dell'energia  atomica,  le  norme  del presente titolo si applicano a
tutte  le  attivita'  nelle  quali i lavoratori sono o possono essere
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attivita'
lavorativa.

        
      
          
Capo II

Protezione da agenti cancerogeni e mutageni

Sezione I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 234.
                             Definizioni

  1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
    a) agente cancerogeno:
      1)   una   sostanza  che  risponde  ai  criteri  relativi  alla
classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi
del   decreto  legislativo  3 febbraio  1997,  n.  52,  e  successive
modificazioni;
      2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al numero
1),  quando  la  concentrazione  di una o piu' delle singole sostanze
risponde  ai  requisiti  relativi  ai limiti di concentrazione per la
classificazione  di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in
base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive modificazioni;
      3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato
XLII, nonche' una sostanza od un preparato emessi durante un processo
previsto dall'allegato XLII;
    b) agente mutageno:
      1)   una   sostanza  che  risponde  ai  criteri  relativi  alla
classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
      2)  un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto
1),  quando  la  concentrazione  di una o piu' delle singole sostanze
risponde  ai  requisiti  relativi  ai limiti di concentrazione per la
classificazione  di  un  preparato  nelle categorie mutagene 1 o 2 in
base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;
    c) valore  limite: se non altrimenti specificato, il limite della
concentrazione  media,  ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno  o  mutageno  nell'aria,  rilevabile  entro  la  zona  di
respirazione  di  un  lavoratore,  in  relazione  ad  un  periodo  di
riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 235.
                      Sostituzione e riduzione

  1.  Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente
cancerogeno   o   mutageno   sul   luogo  di  lavoro  in  particolare
sostituendolo,  se  tecnicamente  possibile,  con  una  sostanza o un
preparato  o  un  procedimento  che  nelle  condizioni  in  cui viene
utilizzato  non  risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e
la sicurezza dei lavoratori.
  2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno
o  mutageno  il  datore  di lavoro provvede affinche' la produzione o
l'utilizzazione  dell'agente  cancerogeno  o  mutageno  avvenga in un
sistema chiuso purche' tecnicamente possibile.
  3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente possibile
il  datore di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei
lavoratori  sia  ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente
stabilito nell'allegato XLIII.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 236.
                       Valutazione del rischio

  1.  Fatto  salvo  quanto  previsto  all'articolo 235,  il datore di
lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni
o  mutageni,  i risultati della quale sono riportati nel documento di
cui all'articolo 17.
  2.   Detta   valutazione   tiene   conto,   in  particolare,  delle
caratteristiche  delle  lavorazioni,  della  loro durata e della loro
frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero  utilizzati,  della loro concentrazione, della capacita' degli
stessi   di   penetrare   nell'organismo   per   le  diverse  vie  di
assorbimento,  anche  in  relazione  al loro stato di aggregazione e,
qualora  allo  stato  solido,  se in massa compatta o in scaglie o in
forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne
riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto
di  tutti  i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi
e' assorbimento cutaneo.
  3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione
di  cui  al  comma 1,  adotta  le  misure preventive e protettive del
presente  capo,  adattandole  alle  particolarita'  delle  situazioni
lavorative.
  4.    Il    documento    di   cui   all'articolo 28,   comma 2,   o
l'autocertificazione  dell'effettuazione della valutazione dei rischi
di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
    a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze
o  preparati  cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all'allegato  XLII,  con  l'indicazione  dei  motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni;
    b) i  quantitativi  di  sostanze  ovvero  preparati cancerogeni o
mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o
sottoprodotti;
    c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti
ad agenti cancerogeni o mutageni;
    d) l'esposizione  dei  suddetti  lavoratori,  ove nota e il grado
della stessa;
    e) le  misure  preventive  e  protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
    f) le  indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
  5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1   in   occasione   di   modifiche   del  processo  produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
  6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere i dati di cui
al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 237.
             Misure tecniche, organizzative, procedurali

  1. Il datore di lavoro:
    a) assicura,  applicando  metodi  e procedure di lavoro adeguati,
che  nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di
agenti  cancerogeni  o  mutageni  non superiori alle necessita' delle
lavorazioni  e  che  gli  agenti  cancerogeni o mutageni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non
sono  accumulati  sul  luogo di lavoro in quantitativi superiori alle
necessita' predette;
    b) limita  al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o
che  possono  essere  esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche
isolando  le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati
segnali  di  avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato
fumare»,  ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi
per  motivi  connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In
dette aree e' fatto divieto di fumare;
    c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non
vi  e'  emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio'
non   e'   tecnicamente   possibile,   l'eliminazione   degli  agenti
cancerogeni  o  mutageni  deve  avvenire  il piu' vicino possibile al
punto  di  emissione  mediante  aspirazione localizzata, nel rispetto
dell'articolo 18,  comma 1,  lettera q).  L'ambiente  di  lavoro deve
comunque  essere  dotato  di  un  adeguato  sistema  di  ventilazione
generale;
    d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per
verificare  l'efficacia  delle  misure  di  cui alla lettera c) e per
individuare  precocemente le esposizioni anomale causate da un evento
non  prevedibile  o  da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione  conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente
decreto legislativo;
    e) provvede  alla  regolare  e  sistematica  pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti;
    f) elabora   procedure  per  i  casi  di  emergenza  che  possono
comportare esposizioni elevate;
    g) assicura   che   gli   agenti   cancerogeni  o  mutageni  sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
    h) assicura  che  la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello
smaltimento  degli  scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti
agenti   cancerogeni,   avvengano  in  condizioni  di  sicurezza,  in
particolare  utilizzando  contenitori  ermetici  etichettati  in modo
chiaro, netto, visibile;
    i) dispone,  su  conforme  parere  del  medico competente, misure
protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali
l'esposizione  a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 238.
                           Misure tecniche

  1. Il datore di lavoro:
    a) assicura  che  i  lavoratori  dispongano  di  servizi igienici
appropriati ed adeguati;
    b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
    c) provvede  affinche'  i  dispositivi  di protezione individuale
siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione,  provvedendo  altresi'  a  far  riparare  o sostituire
quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
  2.   Nelle   zone  di  lavoro  di  cui  all'articolo 237,  comma 1,
lettera b),  e'  vietato  assumere cibi e bevande, fumare, conservare
cibi  destinati  al  consumo umano, usare pipette a bocca e applicare
cosmetici.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 239.
                      Informazione e formazione

  1.  Il  datore  di  lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze  disponibili,  informazioni  ed istruzioni, in particolare
per quanto riguarda:
    a) gli   agenti   cancerogeni   o  mutageni  presenti  nei  cicli
lavorativi,  la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al
loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
    b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
    c) le misure igieniche da osservare;
    d) la  necessita'  di indossare e impiegare indumenti di lavoro e
protettivi  e  dispositivi  individuali  di  protezione  ed  il  loro
corretto impiego;
    e) il  modo  di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure
da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
  2.  Il  datore  di  lavoro  assicura  ai  lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
  3.  L'informazione  e  la  formazione  di  cui  ai commi 1 e 2 sono
fornite  prima  che  i  lavoratori  siano  adibiti  alle attivita' in
questione  e  vengono  ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e
comunque  ogni  qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti
che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
  4.  Il  datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli impianti, i
contenitori,  gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi
al  disposto  dei  decreti  legislativi  3 febbraio  1997,  n.  52, e
14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 240.
                     Esposizione non prevedibile

  1.  Qualora  si  verifichino eventi non prevedibili o incidenti che
possono  comportare  un'esposizione  anomala dei lavoratori ad agenti
cancerogeni  o  mutageni,  il  datore  di  lavoro adotta quanto prima
misure  appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento
e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
  2.   I   lavoratori   devono   abbandonare   immediatamente  l'area
interessata,   cui   possono   accedere  soltanto  gli  addetti  agli
interventi   di   riparazione  ed  ad  altre  operazioni  necessarie,
indossando  idonei  indumenti  protettivi e dispositivi di protezione
delle  vie  respiratorie,  messi  a  loro  disposizione dal datore di
lavoro.  In  ogni  caso  l'uso dei dispositivi di protezione non puo'
essere  permanente  e la sua durata, per ogni lavoratore, e' limitata
al tempo strettamente necessario.
  3.  Il  datore  di  lavoro  comunica  senza  indugio  all'organo di
vigilanza  il  verificarsi  degli  eventi di cui al comma 1 indicando
analiticamente   le   misure   adottate  per  ridurre  al  minimo  le
conseguenze dannose o pericolose.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 241.
                  Operazioni lavorative particolari

  1.  Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per
le  quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di
prevenzione  tecnicamente  applicabili,  un'esposizione rilevante dei
lavoratori  addetti  ad  agenti  cancerogeni o mutageni, il datore di
lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
    a) dispone  che  soltanto  tali  lavoratori  hanno  accesso  alle
suddette   aree   anche   provvedendo,  ove  tecnicamente  possibile,
all'isolamento  delle  stesse  ed  alla loro identificazione mediante
appositi contrassegni;
    b) fornisce  ai  lavoratori  speciali  indumenti e dispositivi di
protezione  individuale  che  devono  essere indossati dai lavoratori
adibiti alle suddette operazioni.
  2.  La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti
e'  in  ogni  caso  ridotta  al  tempo  strettamente  necessario  con
riferimento alle lavorazioni da espletare.

        
      
          
Sezione III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 242.
  Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

  1.  I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236
ha   evidenziato   un   rischio  per  la  salute  sono  sottoposti  a
sorveglianza sanitaria.
  2.  Il  datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta  misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla
base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
  3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
  4.   Ove   gli   accertamenti  sanitari  abbiano  evidenziato,  nei
lavoratori  esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza
di  una  anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente
ne informa il datore di lavoro.
  5.  A  seguito  dell'informazione  di  cui  al comma 4 il datore di
lavoro effettua:
    a) una    nuova    valutazione   del   rischio   in   conformita'
all'articolo 236;
    b) ove   sia   tecnicamente   possibile,  una  misurazione  della
concentrazione  dell'agente  in aria per verificare l'efficacia delle
misure adottate.
  6.   Il   medico   competente   fornisce   ai  lavoratori  adeguate
informazioni  sulla  sorveglianza  sanitaria cui sono sottoposti, con
particolare  riguardo all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' lavorativa.

        
      
          
Sezione III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 243.
            Registro di esposizione e cartelle sanitarie

  1.  I  lavoratori  di  cui  all'articolo 242  sono  iscritti  in un
registro  nel  quale  e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita'
svolta,  l'agente  cancerogeno  o mutageno utilizzato e, ove noto, il
valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed
aggiornato  dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite
del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed
i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
  2.  Il  medico  competente,  per  ciascuno  dei  lavoratori  di cui
all'articolo 242,  provvede  ad  istituire  e aggiornare una cartella
sanitaria  e  di  rischio  secondo  quanto previsto dall'articolo 25,
comma 1, lettera c).
  3.  Il  datore  di  lavoro  comunica  ai lavoratori interessati, su
richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro
di  cui  al  comma 1  e,  tramite  il medico competente, i dati della
cartella sanitaria e di rischio.
  4.  In  caso  di  cessazione  del  rapporto di lavoro, il datore di
lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore
interessato  unitamente  alle  annotazioni  individuali contenute nel
registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
  5.  In  caso  di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di
lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie
e di rischio all'ISPESL.
  6.  Le  annotazioni  individuali  contenute  nel registro di cui al
comma 1  e  le  cartelle  sanitarie  e di rischio sono conservate dal
datore  di  lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e
dall'ISPESL  fino  a  quarant'anni dalla cessazione di ogni attivita'
che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
  7.  I  registri  di  esposizione,  le  annotazioni individuali e le
cartelle  sanitarie  e  di  rischio  sono  custoditi  e trasmessi con
salvaguardia  del  segreto  professionale  e del trattamento dei dati
personali  e  nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, e successive modificazioni.
  8.  Il  datore  di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad
agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
    a) consegna  copia  del  registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed
all'organo  di  vigilanza  competente per territorio, e comunica loro
ogni  tre  anni,  e  comunque  ogni  qualvolta i medesimi ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
    b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia
del registro di cui al comma 1;
    c) in  caso  di  cessazione  di  attivita' dell'azienda, consegna
copia  del  registro  di  cui  al  comma 1  all'organo  di  vigilanza
competente per territorio;
    d) in  caso  di  assunzione di lavoratori che hanno in precedenza
esercitato attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore
di  lavoro  chiede  all'ISPESL  copia  delle  annotazioni individuali
contenute  nel  registro  di  cui  al  comma 1,  nonche'  copia della
cartella  sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in
possesso ai sensi del comma 4.
  9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle
sanitarie  e  di  rischio  sono  determinati dal decreto del Ministro
della  salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello
stesso  Ministro,  adottato  di concerto con il Ministro del lavoro e
della  previdenza  sociale  e  con  il  Ministro  per le riforme e le
innovazioni  nella  pubblica  amministrazione, sentita la commissione
consultiva permanente.
  10.  L'ISPESL  trasmette annualmente al Ministero della salute dati
di  sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a
richiesta li rende disponibili alle regioni.

        
                    Note all'art. 243:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 196 del 2003,
          si veda nota all'art. 1.
              - Il  testo del decreto ministeriale 12 luglio 2007, n.
          155  (Regolamento  attuativo  dell'art.  70,  comma 9,  del
          decreto  legislativo  19 settembre 1994, n. 626. Registri e
          cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro
          ad   agenti  cancerogeni),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
          Ufficiale 18 settembre 2007, n. 217.

        
      
          
Sezione III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 244.
                      Registrazione dei tumori

  1.   L'ISPESL,  tramite  una  rete  completa  di  Centri  operativi
regionali  (COR)  e  nei  limiti delle ordinarie risorse di bilancio,
realizza   sistemi   di  monitoraggio  dei  rischi  occupazionali  da
esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che
ne  conseguono,  anche  in  applicazione  di  direttive e regolamenti
comunitari.  A  tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i
dati,  anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi
di   cui   all'articolo 8   e  dai  sistemi  di  registrazione  delle
esposizioni  occupazionali  e  delle  patologie  comunque  attivi sul
territorio  nazionale,  nonche'  i  dati  di  carattere occupazionale
rilevati,   nell'ambito  delle  rispettive  attivita'  istituzionali,
dall'Istituto   nazionale  della  previdenza  sociale,  dall'Istituto
nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni
sul  lavoro,  e  da  altre  amministrazioni  pubbliche.  I sistemi di
monitoraggio  di  cui  al  presente comma altresi' integrano i flussi
informativi di cui all'articolo 8.
  2.  I  medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche'
gli  istituti  previdenziali  ed assicurativi pubblici o privati, che
identificano  casi  di  neoplasie  da  loro  ritenute attribuibili ad
esposizioni  lavorative  ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione
all'ISPESL,  tramite  i  Centri  operativi  regionali (COR) di cui al
comma 1,   trasmettendo   le  informazioni  di  cui  al  decreto  del
Presidente  del  Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che
regola   le   modalita'   di  tenuta  del  registro,  di  raccolta  e
trasmissione delle informazioni.
  3.  Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale dei casi di
neoplasia    di   sospetta   origine   professionale,   con   sezioni
rispettivamente dedicate:
    a) ai  casi  di  mesotelioma,  sotto la denominazione di Registro
nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
    b) ai   casi  di  neoplasie  delle  cavita'  nasali  e  dei  seni
paranasali,  sotto  la denominazione di Registro nazionale dei tumori
nasali e sinusali (ReNaTuNS);
    c) ai  casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia riguardo
alle  quali,  tuttavia,  sulla  base  dei  sistemi di elaborazione ed
analisi  dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster
di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di
mortalita' di possibile significativita' epidemiologica in rapporto a
rischi occupazionali.
  4.  L'ISPESL  rende  disponibili  al  Ministero  della  salute,  al
Ministero  del  lavoro  e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle
regioni   e  province  autonome  i  risultati  del  monitoraggio  con
periodicita' annuale.
  5.  I  contenuti,  le  modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione
delle  informazioni  e  di  realizzazione  complessiva dei sistemi di
monitoraggio  di  cui  ai  commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero
della salute, d'intesa con le regioni e province autonome.

        
                    Nota all'art. 244:
              - Il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei
          Ministri  10 dicembre  2002,  n.  308  (Regolamento  per la
          determinazione  del modello e delle modalita' di tenuta del
          registro dei casi di mesotelioma asbesto correlati ai sensi
          dell'art.  36,  comma 3, del decreto legislativo n. 277 del
          1991),  e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 7 febbraio
          2003, n. 31.

        
      
          
Sezione III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 245.
                        Adeguamenti normativi

  1.  La  Commissione  consultiva  tossicologica  nazionale individua
periodicamente  le  sostanze  cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione  che,  pur non essendo classificate ai sensi del decreto
legislativo   3 febbraio  1997,  n.  52,  rispondono  ai  criteri  di
classificazione  ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del
lavoro  e  della  previdenza sociale e della salute, su richiesta, in
tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
  2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della  salute,  sentita  la  commissione  consultiva  permanente e la
Commissione consultiva tossicologica nazionale:
    a) sono  aggiornati  gli  allegati  XLII  e XLIII in funzione del
progresso   tecnico,   dell'evoluzione   di  normative  e  specifiche
comunitarie  o  internazionali  e  delle conoscenze nel settore degli
agenti cancerogeni o mutageni;
    b) e'    pubblicato   l'elenco   delle   sostanze   in   funzione
dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.

        
                    Nota all'art. 245:
              - Per  il testo del decreto legislativo n. 52 del 1997,
          si veda nota all'art. 222.

        
      
          
Capo III

Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto

Sezione I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 246.
                        Campo di applicazione

  1.  Fermo  restando  quanto  previsto dalla legge 27 marzo 1992, n.
257,  le  norme  del  presente  decreto  si  applicano alle rimanenti
attivita'  lavorative  che  possono  comportare, per i lavoratori, il
rischio  di  esposizione  ad  amianto,  quali manutenzione, rimozione
dell'amianto  o  dei  materiali  contenenti  amianto,  smaltimento  e
trattamento   dei  relativi  rifiuti,  nonche'  bonifica  delle  aree
interessate.

        
                    Nota all'art. 246:
              - Il  testo  della  legge  27 marzo 1992, n. 257 (Norme
          relative  alla  cessazione  dell'impiego  dell'amianto), e'
          pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale 13 aprile 1992, n. 87,
          supplemento ordinario.

        
      
          
Capo III

Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto

Sezione I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 247.
                             Definizioni

  l.  Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti
silicati fibrosi:
    a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
    b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
    c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
    d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
    e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
    f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 248.
              Individuazione della presenza di amianto

  1.  Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione,
il   datore   di  lavoro  adotta,  anche  chiedendo  informazioni  ai
proprietari  dei  locali, ogni misura necessaria volta ad individuare
la presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.
  2.  Se  vi  e'  il  minimo  dubbio  sulla presenza di amianto in un
materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste
dal presente capo.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 249.
                       Valutazione del rischio

  l.  Nella  valutazione  di cui all'articolo 28, il datore di lavoro
valuta  i  rischi  dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai
materiali  contenenti  amianto,  al  fine di stabilire la natura e il
grado  dell'esposizione  e  le  misure  preventive  e  protettive  da
attuare.
  2.  Nei  casi  di esposizioni sporadiche e di debole intensita' e a
condizione  che  risulti  chiaramente dalla valutazione dei rischi di
cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non e'
superato  nell'aria  dell'ambiente  di  lavoro,  non si applicano gli
articoli 250, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attivita':
    a) brevi  attivita'  non  continuative di manutenzione durante le
quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
    b) rimozione  senza  deterioramento di materiali non degradati in
cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
    c) incapsulamento  e confinamento di materiali contenenti amianto
che si trovano in buono stato;
    d) sorveglianza  e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai
fini  dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato
materiale.
  3.  Il  datore  di  lavoro  effettua nuovamente la valutazione ogni
qualvolta   si   verifichino  modifiche  che  possono  comportare  un
mutamento  significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
  4.  La  Commissione  consultiva  permanente  di  cui all'articolo 6
provvede  a definire orientamenti pratici per la determinazione delle
esposizioni sporadiche e di debole intensita', di cui al comma 2.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 250.
                              Notifica

  1.  Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore
di  lavoro  presenta  una notifica all'organo di vigilanza competente
per territorio.
  2.  La  notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione
sintetica dei seguenti elementi:
    a) ubicazione del cantiere;
    b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
    c) attivita' e procedimenti applicati;
    d) numero di lavoratori interessati;
    e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
    f) misure  adottate  per  limitare  l'esposizione  dei lavoratori
all'amianto.
  3.  Il  datore  di  lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti  abbiano  accesso,  a  richiesta,  alla documentazione
oggetto della notifica di cui ai commi l e 2.
  4.   Il  datore  di  lavoro,  ogni  qualvolta  una  modifica  delle
condizioni  di  lavoro  possa  comportare  un  aumento  significativo
dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali
contenenti amianto, effettua una nuova notifica.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 251.
                 Misure di prevenzione e protezione

  1. In tutte le attivita' di cui all'articolo 246, l'esposizione dei
lavoratori  alla  polvere  proveniente  dall'amianto  o dai materiali
contenenti  amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo
e,   in   ogni   caso,   al   di  sotto  del  valore  limite  fissato
nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure:
    a) il  numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti
alla  polvere  proveniente  dall'amianto  o  da  materiali contenenti
amianto deve essere limitato al numero piu' basso possibile;
    b) i  lavoratori  esposti devono sempre utilizzare dispositivi di
protezione  individuale  (DPI)  delle vie respiratorie con fattore di
protezione   operativo   adeguato   alla  concentrazione  di  amianto
nell'aria  e  tale  da  garantire  all'utilizzatore  in ogni caso che
l'aria  filtrata presente all'interno del DPI sia non superiore ad un
decimo del valore limite indicato all'articolo 254;
    c) l'utilizzo  dei  DPI  deve  essere  intervallato da periodo di
riposo  adeguati  all'impegno  fisico richiesto dal lavoro, l'accesso
alle  aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione
di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d);
    d) per  la  protezione  dei  lavoratori  addetti alle lavorazioni
previste  dall'articolo 249,  comma 3,  si applica quanto previsto al
comma 1, lettera b), del presente articolo;
    e) i  processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da
evitare  di  produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile,
da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
    f) tutti   i   locali   e  le  attrezzature  per  il  trattamento
dell'amianto  devono  poter  essere  sottoposti  a regolare pulizia e
manutenzione;
    g) l'amianto  o  i  materiali che rilasciano polvere di amianto o
che  contengono  amianto  devono  essere  stoccati  e  trasportati in
appositi imballaggi chiusi;
    h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro
il  piu'  presto  possibile  in  appropriati imballaggi chiusi su cui
sara'  apposta  un'etichettatura  indicante  che  contengono amianto.
Detti  rifiuti  devono essere successivamente trattati in conformita'
alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 252.
                          Misure igieniche

  1.  Fermo  restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per
tutte  le  attivita'  di  cui  all'articolo 246,  il datore di lavoro
adotta le misure appropriate affinche':
    a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
      1)   chiaramente   delimitati   e  contrassegnati  da  appositi
cartelli;
      2)  accessibili  esclusivamente  ai  lavoratori  che vi debbano
accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
      3) oggetto del divieto di fumare;
    b) siano  predisposte  aree speciali che consentano ai lavoratori
di  mangiare  e  bere  senza  rischio di contaminazione da polvere di
amianto;
    c) siano  messi  a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti
di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
    d) detti  indumenti  di  lavoro  o protettivi restino all'interno
dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il
lavaggio  in  lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in
contenitori  chiusi,  qualora  l'impresa  stessa non vi provveda o in
caso di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo
le vigenti disposizioni;
    e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo
separato da quello destinato agli abiti civili;
    f) i  lavoratori  possano disporre di impianti sanitari adeguati,
provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
    g) l'equipaggiamento  protettivo  sia  custodito in locali a tale
scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano
prese  misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o
deteriorato prima di ogni utilizzazione.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 253.
                     Controllo dell'esposizione

  1.  Al  fine  di  garantire  il  rispetto del valore limite fissato
all'articolo 254  e  in  funzione  dei  risultati  della  valutazione
iniziale  dei  rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la
misurazione  della  concentrazione  di fibre di amianto nell'aria del
luogo  di  lavoro  tranne  nei  casi  in  cui ricorrano le condizioni
previste dal comma 2 dell'articolo 249. I risultati delle misure sono
riportati nel documento di valutazione dei rischi.
  2.  Il  campionamento  deve essere rappresentativo dell'esposizione
personale  del lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto.
  3.   I  campionamenti  sono  effettuati  previa  consultazione  dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
  4.  Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in
possesso  di  idonee  qualifiche  nell'ambito  del  servizio  di  cui
all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati
ai  sensi  del  decreto  del Ministro della sanita' in data 14 maggio
1996,  pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.
  5.  La  durata  dei campionamenti deve essere tale da consentire di
stabilire   un'esposizione   rappresentativa,   per   un  periodo  di
riferimento  di  otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel
tempo.
  6.  Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di preferenza
tramite  microscopia  a  contrasto  di  fase,  applicando  il  metodo
raccomandato  dall'Organizzazione  mondiale  della  sanita' (OMS) nel
1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
  7.  Ai  fini  della  misurazione  dell'amianto nell'aria, di cui al
comma l,  si  prendono  in  considerazione  unicamente  le  fibre che
abbiano  una  lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza
inferiore  a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia
superiore a 3:1.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 254.
                            Valore limite

  1.  Il  valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato a 0,1
fibre  per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel
tempo  di  riferimento  di  otto  ore.  I datori di lavoro provvedono
affinche'  nessun  lavoratore  sia  esposto  a  una concentrazione di
amianto nell'aria superiore al valore limite.
  2.  Quando  il  valore limite fissato al comma l viene superato, il
datore  di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu'
presto  possibile  le misure appropriate per ovviare alla situazione.
Il  lavoro  puo'  proseguire  nella  zona interessata solo se vengono
prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
  3.  Per  verificare  l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il
datore  di  lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione
della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
  4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta con altri
mezzi e' necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale
delle  vie  respiratorie  con fattore di protezione operativo tale da
garantire  tutte  le  condizioni previste dall'articolo 251, comma 1,
lettera b); l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di
riposo  adeguati  all'impegno  fisico richiesto dal lavoro; l'accesso
alle  aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione
di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d).
  5.  Nell'ipotesi  di  cui  al  comma 4, il datore di lavoro, previa
consultazione  con  i  lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i
periodi  di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle
condizioni climatiche.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 255.
                  Operazioni lavorative particolari

  1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante
l'adozione   di   misure   tecniche   preventive   per   limitare  la
concentrazione di amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi
il  valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta
adeguate  misure  per  la  protezione  dei  lavoratori addetti, ed in
particolare:
    a) fornisce  ai  lavoratori un adeguato dispositivo di protezione
delle  vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali
tali  da garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1,
lettera b);
    b) provvede  all'affissione  di  cartelli  per  segnalare  che si
prevede il superamento del valore limite di esposizione;
    c) adotta  le misure necessarie per impedire la dispersione della
polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
    d) consulta   i   lavoratori  o  i  loro  rappresentanti  di  cui
all'articolo 46  sulle  misure  da adottare prima di procedere a tali
attivita'.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 256.
           Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto

  1.  I  lavori  di  demolizione  o di rimozione dell'amianto possono
essere  effettuati  solo  da  imprese rispondenti ai requisiti di cui
all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22.
  2.  Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione
o  di  rimozione  dell'amianto  o  di materiali contenenti amianto da
edifici,  strutture,  apparecchi  e  impianti,  nonche'  dai mezzi di
trasporto, predispone un piano di lavoro.
  3.  Il  piano  di  cui  al comma 2 prevede le misure necessarie per
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
e la protezione dell'ambiente esterno.
  4.  Il  piano,  in particolare, prevede e contiene informazioni sui
seguenti punti:
    a) rimozione  dell'amianto  o  dei  materiali  contenenti amianto
prima  dell'applicazione  delle  tecniche  di demolizione, a meno che
tale  rimozione  non  possa  costituire  per  i lavoratori un rischio
maggiore  di  quello  rappresentato  dal  fatto  che  l'amianto  o  i
materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
    b) fornitura  ai  lavoratori  di idonei dispositivi di protezione
individuale;
    c) verifica   dell'assenza   di   rischi  dovuti  all'esposizione
all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione
o di rimozione dell'amianto;
    d) adeguate  misure  per  la protezione e la decontaminazione del
personale incaricato dei lavori;
    e) adeguate  misure per la protezione dei terzi e per la raccolta
e lo smaltimento dei materiali;
    f) adozione,  nel  caso  in  cui  sia previsto il superamento dei
valori   limite   di   cui  all'articolo 254,  delle  misure  di  cui
all'articolo 255,  adattandole  alle  particolari esigenze del lavoro
specifico;
    g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
    h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
    i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
    l) caratteristiche   delle  attrezzature  o  dispositivi  che  si
intendono  utilizzare  per  attuare  quanto previsto dalle lettere d)
ed e).
  5.  Copia  del  piano di lavoro e' inviata all'organo di vigilanza,
almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
  6.  L'invio  della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli
adempimenti di cui all'articolo 50.
  7.  Il  datore  di  lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.

        
                    Nota all'art. 256:
              - Il   testo   dell'art.   30,   comma 4   del  decreto
          legislativo   5 febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione  della
          direttiva   91/156/CEE   sui   rifiuti,   della   direttiva
          91/689/CEE   sui   rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
          94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), e'
          il seguente:
              «Art.   30   (Imprese   sottoposte  ad  iscrizione).  -
          1.-3. (Omissis).
              4.  Le  imprese  che  svolgono  attivita' di raccolta e
          trasporto  di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le
          imprese  che  raccolgono  e trasportano rifiuti pericolosi,
          esclusi  i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano
          la  quantita'  di  trenta chilogrammi al giorno o di trenta
          litri  al  giorno  effettuati  dal  produttore degli stessi
          rifiuti,   nonche'  le  imprese  che  intendono  effettuare
          attivita'  di  bonifica  dei  siti,  di  bonifica  dei beni
          contenenti  amianto,  di  commercio  ed intermediazione dei
          rifiuti,  di  gestione  di  impianti  di  smaltimento  e di
          recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di impianti
          mobili  di  smaltimento  e  di  recupero di rifiuti, devono
          essere   iscritte   all'Albo.   L'iscrizione   deve  essere
          rinnovata  ogni  cinque anni e sostituisce l'autorizzazione
          all'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di
          commercio  e  di  intermediazione dei rifiuti; per le altre
          attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti
          il  cui  esercizio  sia  stato  autorizzato  ai  sensi  del
          presente decreto.».

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 257.
                     Informazione dei lavoratori

  1.  Fermo  restando  quanto previsto dall'articolo 36, il datore di
lavoro  fornisce  ai  lavoratori,  prima  che  essi  siano adibiti ad
attivita'   comportanti  esposizione  ad  amianto,  nonche'  ai  loro
rappresentanti, informazioni su:
    a) i  rischi  per  la  salute dovuti all'esposizione alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
    b) le  specifiche  norme  igieniche da osservare, ivi compresa la
necessita' di non fumare;
    c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e
dei dispositivi di protezione individuale;
    d) le  misure  di precauzione particolari da prendere nel ridurre
al minimo l'esposizione;
    e) l'esistenza  del  valore  limite  di cui all'articolo 254 e la
necessita' del monitoraggio ambientale.
  2.  Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle
misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori
superiori  al  valore  limite fissato dall'articolo 254, il datore di
lavoro  informa il piu' presto possibile i lavoratori interessati e i
loro  rappresentanti  del superamento e delle cause dello stesso e li
consulta  sulle  misure  da  adottare  o,  nel caso in cui ragioni di
urgenza  non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore
di  lavoro  informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro
rappresentanti delle misure adottate.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 258.
                      Formazione dei lavoratori

  1.  Fermo  restando  quanto previsto dall'articolo 37, il datore di
lavoro  assicura  che  tutti  i  lavoratori  esposti o potenzialmente
esposti   a   polveri  contenenti  amianto  ricevano  una  formazione
sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.
  2.   Il   contenuto   della   formazione   deve  essere  facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze  e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di
sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
    a) le  proprieta'  dell'amianto  e  i  suoi effetti sulla salute,
incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
    b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
    c) le    operazioni   che   possono   comportare   un'esposizione
all'amianto  e  l'importanza  dei controlli preventivi per ridurre al
minimo tale esposizione;
    d) le  procedure  di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature
di protezione;
    e) la  funzione,  la scelta, la selezione, i limiti e la corretta
utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
    f) le procedure di emergenza;
    g) le procedure di decontaminazione;
    h) l'eliminazione dei rifiuti;
    i) la necessita' della sorveglianza medica.
  3.  Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell'amianto
e  alla  bonifica  delle  aree  interessate  i lavoratori che abbiano
frequentato    i   corsi   di   formazione   professionale   di   cui
all'articolo 10,  comma 2,  lettera h), della legge 27 marzo 1992, n.
257.

        
                    Nota all'art. 258:
              - Il  testo  dell'art.  10,  comma 2, lettera h), della
          citata legge n. 257 del 1992, e' il seguente:
              «Art. 10 (Piani regionali e delle province autonome). -
          1. (Omissis).
              2. I piani di cui al comma 1 prevedono tra l'altro:
                (omissis);
                h) la   predisposizione   di   specifici   corsi   di
          formazione   professionale  e  il  rilascio  di  titoli  di
          abilitazione  per gli addetti alle attivita' di rimozione e
          di  smaltimento  dell'amianto  e  di  bonifica  delle  aree
          interessate,  che  e'  condizionato  alla frequenza di tali
          corsi;».

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 259.
                       Sorveglianza sanitaria

  1.  I  lavoratori  addetti  alle  opere  di manutenzione, rimozione
dell'amianto  o  dei  materiali  contenenti  amianto,  smaltimento  e
trattamento   dei  relativi  rifiuti,  nonche'  bonifica  delle  aree
interessate  cui  all'articolo 246,  prima  di  essere  adibiti  allo
svolgimento  dei  suddetti  lavori e periodicamente, almeno una volta
ogni tre anni, o con periodicita' fissata dal medico competente, sono
sottoposti   ad   un   controllo  sanitario  volto  a  verificare  la
possibilita'  di  indossare  dispositivi  di  protezione respiratoria
durante il lavoro.
  2.  I  lavoratori che durante la loro attivita' sono stati iscritti
anche   una   sola   volta   nel   registro   degli  esposti  di  cui
all'articolo 243,  comma 1,  sono  sottoposti  ad  una  visita medica
all'atto  della  cessazione del rapporto di lavoro; in tale occasione
il  medico  competente  deve  fornire  al  lavoratore  le indicazioni
relative  alle  prescrizioni mediche da osservare ed all'opportunita'
di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
  3.  Gli  accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi
individuale,  l'esame  clinico generale ed in particolare del torace,
nonche' esami della funzione respiratoria.
  4.   Il   medico   competente,  sulla  base  dell'evoluzione  delle
conoscenze  scientifiche  e  dello  stato  di  salute del lavoratore,
valuta  l'opportunita'  di  effettuare altri esami quali la citologia
dell'espettorato,    l'esame    radiografico    del   torace   o   la
tomodensitometria.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 260.
      Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio

  1.  Il  datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo 246,
che  nonostante  le misure di contenimento della dispersione di fibre
nell'ambiente    e   l'uso   di   idonei   DPI,   nella   valutazione
dell'esposizione  accerta  che  l'esposizione  e'  stata  superiore a
quella  prevista dall'articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si
siano  trovati  nelle  condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive
nel  registro di cui all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli
organi  di  vigilanza  ed  all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve
intendersi come temporanea dovendosi perseguire l'obiettivo della non
permanente  condizione  di  esposizione  superiore  a quanto indicato
all'articolo 251, comma 1, lettera b).
  2.  Il  datore  di  lavoro,  su  richiesta, fornisce agli organi di
vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
  3.  Il  datore  di  lavoro,  in  caso di cessazione del rapporto di
lavoro,  trasmette  all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del
lavoratore   interessato,  unitamente  alle  annotazioni  individuali
contenute nel registro di cui al comma 1.
  4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per
un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.

        
      
          
Sezione II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 261.
                             Mesoteliomi

  1.  Nei  casi  accertati  di  mesotelioma,  trovano applicazione le
disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 262.
           Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

  1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
    a) con  l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000
a  12.000  euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3,
225,  226,  228,  commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3,
237,  238,  comma 1,  239,  comma 2,  240,  commi 1  e  2, 241 e 242,
commi 1,  2  e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1,
254,  255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260,
comma 1;
    b) con  l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a  4.000  euro  per  la  violazione degli articoli 223, comma 1, 227,
commi 1,  2  e  3,  229,  commi 1,  2,  3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240,
comma 3, 248, comma 1, e 252;
    c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000
euro  per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e
7;
    d) con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000
euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253,
comma 3, e 260, commi 2 e 3.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 263.
                      Sanzioni per il preposto

  1.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto  sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200
euro  per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e
5,  235,  236,  comma 3,  237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e
242, commi 1 e 2;
    b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro
per  la  violazione  degli  articoli 229,  commi 1,  2, 3 e 5, e 239,
commi 1 e 4.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 264.
                  Sanzioni per il medico competente

  1. Il medico competente e' punito:
    a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500
euro  per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e
comma 6, 230, e 242, comma 4;
    b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro
per la violazione dell'articolo 243, comma 2.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 265.
                      Sanzioni per i lavoratori

  1.  I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici giorni o
con  l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell'articolo 240,
comma 2.

        
      
          
Titolo X

ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

Capo I

 
 
                              Art. 266.
                        Campo di applicazione

  1.  Le  norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita'
lavorative  nelle  quali  vi  e'  rischio  di  esposizione  ad agenti
biologici.
  2.  Restano  ferme le disposizioni particolari di recepimento delle
norme    comunitarie    sull'impiego   confinato   di   microrganismi
geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati.

        
      
          
Titolo X

ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

Capo I

 
 
                              Art. 267.
                             Definizioni

  1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
    a) agente    biologico:    qualsiasi   microrganismo   anche   se
geneticamente  modificato,  coltura  cellulare ed endoparassita umano
che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
    b) microrganismo:  qualsiasi  entita' microbiologica, cellulare o
meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
    c) coltura  cellulare:  il  risultato  della crescita in vitro di
cellule derivate da organismi pluricellulari.

        
      
          
Titolo X

ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

Capo I

 
 
                              Art. 268.
               Classificazione degli agenti biologici

  1.  Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi
a seconda del rischio di infezione:
    a) agente  biologico  del  gruppo 1: un agente che presenta poche
probabilita' di causare malattie in soggetti umani;
    b) agente  biologico  del  gruppo  2:  un agente che puo' causare
malattie   in   soggetti   umani   e  costituire  un  rischio  per  i
lavoratori; e' poco probabile che si propaga nella comunita'; sono di
norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
    c) agente  biologico  del  gruppo  3:  un agente che puo' causare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori; l'agente biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di
norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
    d) agente  biologico  del  gruppo 4: un agente biologico che puo'
provocare  malattie  gravi  in  soggetti umani e costituisce un serio
rischio  per  i  lavoratori  e  puo' presentare un elevato rischio di
propagazione   nella  comunita';  non  sono  disponibili,  di  norma,
efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
  2.  Nel  caso  in cui l'agente biologico oggetto di classificazione
non  puo'  essere  attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due
gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio piu'
elevato tra le due possibilita'.
  3.   L'allegato   XLVI  riporta  l'elenco  degli  agenti  biologici
classificati nei gruppi 2, 3 e 4.

        
      
          
Titolo X

ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

Capo I

 
 
                              Art. 269.
                            Comunicazione

  1.  Il  datore  di  lavoro  che  intende  esercitare  attivita' che
comportano  uso  di  agenti  biologici  dei  gruppi  2  o 3, comunica
all'organo  di  vigilanza  territorialmente  competente  le  seguenti
informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori:
    a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
    b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
  2.  Il  datore  di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio di
attivita'  che  comporta  l'utilizzazione  di un agente biologico del
gruppo 4 e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
  3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta
si   verificano   nelle  lavorazioni  mutamenti  che  comportano  una
variazione  significativa  del  rischio  per  la  salute sul posto di
lavoro,  o,  comunque,  ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo
agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
  4.  Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni
di cui al comma 1.
  5.  Ove  le  attivita'  di cui al comma 1 comportano la presenza di
microrganismi  geneticamente  modificati,  ai  quali  si  applicano i
livelli  di  contenimento  2,  3  e 4 individuati all'allegato IV del
decreto  legislativo  12 aprile  2001, n. 206, il documento di cui al
comma 1,  lettera b),  e'  sostituito  da  copia della documentazione
prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
  6.  I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti
alla  comunicazione  di  cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli
agenti biologici del gruppo 4.

        
                    Nota all'art. 269:
              - Il  testo  dell'allegato  IV  del decreto legislativo
          12 aprile 2001, n. 206 (Attuazione della direttiva 98/81/CE
          che  modifica la direttiva 90/219/CE, concernente l'impiego
          confinato  di  microrganismi  geneticamente modificati), e'
          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° giugno 2001, n. 126,
          supplemento ordinario.

        
      
          
Titolo X

ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI

Capo I

 
 
                              Art. 270.
                           Autorizzazione

  1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della
propria  attivita',  un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del Ministero della salute.
  2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
    a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
    b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
  3.   L'autorizzazione  e'  rilasciata  dai  competenti  uffici  del
Ministero  della  salute sentito il parere dell'Istituto superiore di
sanita'.   Essa   ha   la   durata  di  5  anni  ed  e'  rinnovabile.
L'accertamento  del  venir  meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
  4.  Il  datore  di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al
comma 1  informa  il  Ministero  della  salute  di  ogni nuovo agente
biologico   del   gruppo  4  utilizzato,  nonche'  di  ogni  avvenuta
cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
  5.  I  laboratori  che  forniscono  un  servizio  diagnostico  sono
esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
  6.  Il  Ministero  della  salute  comunica  all'organo di vigilanza
competente  per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni
sopravvenute  nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il
Ministero  della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli
agenti   biologici  del  gruppo  4  dei  quali  e'  stata  comunicata
l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 271.
                       Valutazione del rischio

  1.  Il  datore  di  lavoro,  nella  valutazione  del rischio di cui
all'articolo 17,  comma 1,  tiene  conto  di  tutte  le  informazioni
disponibili  relative  alle  caratteristiche  dell'agente biologico e
delle modalita' lavorative, ed in particolare:
    a) della  classificazione degli agenti biologici che presentano o
possono  presentare  un pericolo per la salute umana quale risultante
dall'allegato  XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di
lavoro  stesso  sulla  base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
    b) dell'informazione    sulle   malattie   che   possono   essere
contratte;
    c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
    d) della  conoscenza  di  una patologia della quale e' affetto un
lavoratore,  che  e'  da  porre in correlazione diretta all'attivita'
lavorativa svolta;
    e) delle  eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita'
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
    f) del   sinergismo   dei  diversi  gruppi  di  agenti  biologici
utilizzati.
  2.  Il  datore  di  lavoro  applica  i  principi  di  buona  prassi
microbiologica,  ed  adotta,  in  relazione  ai  rischi accertati, le
misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole
alle particolarita' delle situazioni lavorative.
  3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1   in   occasione   di   modifiche  dell'attivita'  lavorativa
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
  4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione
di  operare  con  agenti  biologici,  possono implicare il rischio di
esposizioni  dei  lavoratori  agli  stessi,  il datore di lavoro puo'
prescindere   dall'applicazione   delle   disposizioni  di  cui  agli
articoli 273,  274,  commi 1  e  2,  275,  comma 3,  e 279, qualora i
risultati  della  valutazione  dimostrano  che  l'attuazione  di tali
misure non e' necessaria.
  5.  Il  documento  di cui all'articolo 17 e' integrato dai seguenti
dati:
    a) le  fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio
di esposizione ad agenti biologici;
    b) il  numero  dei  lavoratori  addetti  alle  fasi  di  cui alla
lettera a);
    c) le  generalita' del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
    d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche' le misure
preventive e protettive applicate;
    e) il  programma  di  emergenza  per la protezione dei lavoratori
contro  i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o
del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
  6.   Il   rappresentante  per  la  sicurezza  e'  consultato  prima
dell'effettuazione  della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso
anche ai dati di cui al comma 5.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 272.
             Misure tecniche, organizzative, procedurali

  1.  In  tutte  le  attivita'  per  le  quali  la valutazione di cui
all'articolo 271  evidenzia  rischi  per  la salute dei lavoratori il
datore  di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali,
per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
  2. In particolare, il datore di lavoro:
    a) evita  l'utilizzazione  di agenti biologici nocivi, se il tipo
di attivita' lavorativa lo consente;
    b) limita  al  minimo  i  lavoratori  esposti,  o  potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
    c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
    d) adotta  misure  collettive  di  protezione  ovvero  misure  di
protezione  individuali  qualora non sia possibile evitare altrimenti
l'esposizione;
    e) adotta  misure  igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione  accidentale  di  un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
    f) usa   il   segnale   di   rischio   biologico,   rappresentato
nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
    g) elabora  idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
    h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
    i) verifica  la  presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro
al  di  fuori  del  contenimento  fisico  primario,  se  necessario o
tecnicamente realizzabile;
    l) predispone    i    mezzi    necessari    per    la   raccolta,
l'immagazzinamento  e  lo  smaltimento  dei  rifiuti in condizioni di
sicurezza,    mediante   l'impiego   di   contenitori   adeguati   ed
identificabili  eventualmente  dopo  idoneo  trattamento  dei rifiuti
stessi;
    m) concorda  procedure  per  la  manipolazione ed il trasporto in
condizioni  di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di
lavoro.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 273.
                          Misure igieniche

  1.  In  tutte  le  attivita'  nelle  quali  la  valutazione  di cui
all'articolo 271  evidenzia  rischi  per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro assicura che:
    a) i   lavoratori   dispongano   dei  servizi  sanitari  adeguati
provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di
lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
    b) i  lavoratori  abbiano  in  dotazione  indumenti protettivi od
altri  indumenti  idonei,  da  riporre  in posti separati dagli abiti
civili;
    c) i  dispositivi  di  protezione  individuale siano controllati,
disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a
far  riparare  o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione
successiva;
    d) gli  indumenti  di  lavoro  e  protettivi  che  possono essere
contaminati  da  agenti  biologici vengano tolti quando il lavoratore
lascia  la  zona  di  lavoro,  conservati  separatamente  dagli altri
indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
  2.  Nelle  aree  di  lavoro  in  cui c'e' rischio di esposizione e'
vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al
consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 274.
       Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie

  1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in
sede  di  valutazione  dei rischi, presta particolare attenzione alla
possibile  presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o
degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale
presenza comporta in relazione al tipo di attivita' svolta.
  2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro
definisce  e  provvede a che siano applicate procedure che consentono
di   manipolare,   decontaminare   ed   eliminare  senza  rischi  per
l'operatore e per la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
  3.  Nei  servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che
sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo
3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al
minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 275.
         Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

  1.  Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI,
punto  6,  nei  laboratori  comportanti l'uso di agenti biologici dei
gruppi  2,  3  o  4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei
locali   destinati   ad   animali   da   laboratorio  deliberatamente
contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure
di contenimento in conformita' all'allegato XLVII.
  2.  Il  datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia
eseguito:
    a) in  aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
    b) in  aree  di  lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
    c) in  aree  di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
  3.  Nei  laboratori  comportanti  l'uso  di materiali con possibile
contaminazione  da  agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali
destinati  ad  animali  da  esperimento,  possibili portatori di tali
agenti,  il  datore  di  lavoro adotta misure corrispondenti almeno a
quelle del secondo livello di contenimento.
  4.  Nei  luoghi  di  cui  ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti
biologici  non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un
rischio  grave  per  la  salute  dei  lavoratori, il datore di lavoro
adotta  misure  corrispondenti  almeno  a quelle del terzo livello di
contenimento.
  5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della
salute,  sentito  l'Istituto  superiore  di sanita', puo' individuare
misure di contenimento piu' elevate.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 276.
            Misure specifiche per i processi industriali

  1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII,
punto  6,  nei  processi  industriali  comportanti  l'uso  di  agenti
biologici  dei  gruppi  2,  3  e 4, il datore di lavoro adotta misure
opportunamente  scelte  tra  quelle  elencate  nell'allegato  XLVIII,
tenendo anche conto dei criteri di cui all'articolo 275.
  2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso
puo'  far  sorgere  un rischio grave per la salute dei lavoratori, il
datore  di  lavoro  adotta  misure corrispondenti almeno a quelle del
terzo livello di contenimento.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 277.
                         Misure di emergenza

  1.  Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4,
i  lavoratori  devono abbandonare immediatamente la zona interessata,
cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi,
con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
  2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo di vigilanza
territorialmente    competente,    nonche'   i   lavoratori   ed   il
rappresentante  per  la  sicurezza,  dell'evento,  delle cause che lo
hanno  determinato e delle misure che intende adottare, o che ha gia'
adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
  3.  I  lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente  o  al  preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo
all'uso di agenti biologici.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 278.
                      Informazioni e formazione

  1.   Nelle   attivita'   per   le   quali  la  valutazione  di  cui
all'articolo 271  evidenzia  rischi  per la salute dei lavoratori, il
datore  di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili,  informazioni  ed  istruzioni, in particolare per quanto
riguarda:
    a) i   rischi   per   la  salute  dovuti  agli  agenti  biologici
utilizzati;
    b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
    c) le misure igieniche da osservare;
    d) la  funzione  degli  indumenti  di  lavoro  e protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
    e) le  procedure  da  seguire  per  la  manipolazione  di  agenti
biologici del gruppo 4;
    f) il  modo  di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure
da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
  2.  Il  datore  di  lavoro  assicura  ai  lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
  3.  L'informazione  e  la  formazione  di  cui  ai commi 1 e 2 sono
fornite  prima  che  i  lavoratori  siano  adibiti  alle attivita' in
questione,  e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque
ogni  qualvolta  si  verificano  nelle  lavorazioni  cambiamenti  che
influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
  4.  Nel  luogo  di  lavoro  sono  apposti in posizione ben visibile
cartelli  su  cui  sono  riportate le procedure da seguire in caso di
infortunio od incidente.

        
      
          
Capo III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 279.
                       Prevenzione e controllo

  1.  I lavoratori addetti alle attivita' per le quali la valutazione
dei  rischi  ha  evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti
alla sorveglianza sanitaria.
  2.  Il  datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali,
anche  per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali
di protezione, fra le quali:
    a) la   messa   a  disposizione  di  vaccini  efficaci  per  quei
lavoratori  che  non  sono  gia' immuni all'agente biologico presente
nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
    b) l'allontanamento   temporaneo   del   lavoratore   secondo  le
procedure dell'articolo 42.
  3.   Ove   gli   accertamenti  sanitari  abbiano  evidenziato,  nei
lavoratori  esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza
di  anomalia  imputabile  a tale esposizione, il medico competente ne
informa il datore di lavoro.
  4.  A  seguito  dell'informazione  di  cui  al comma 3 il datore di
lavoro  effettua  una  nuova  valutazione  del rischio in conformita'
all'articolo 271.
  5.   Il   medico   competente   fornisce   ai  lavoratori  adeguate
informazioni  sul  controllo  sanitario  cui  sono sottoposti e sulla
necessita'  di  sottoporsi  ad  accertamenti  sanitari  anche dopo la
cessazione  dell'attivita'  che  comporta  rischio  di  esposizione a
particolari  agenti  biologici individuati nell'allegato XLVI nonche'
sui   vantaggi  ed  inconvenienti  della  vaccinazione  e  della  non
vaccinazione.

        
      
          
Capo III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 280.
          Registri degli esposti e degli eventi accidentali

  1.  I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di agenti del
gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,
per  ciascuno  di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
  2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al
comma 1  e  ne  cura  la  tenuta  tramite  il  medico  competente. Il
responsabile   del   servizio   di  prevenzione  e  protezione  e  il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
  3. Il datore di lavoro:
    a) consegna  copia  del  registro  di cui al comma 1 all'Istituto
superiore  di  sanita',  all'Istituto  superiore per la prevenzione e
sicurezza  sul  lavoro  e  all'organo  di  vigilanza  competente  per
territorio,  comunicando  ad  essi  ogni  tre  anni  e  comunque ogni
qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
    b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul  lavoro  e  all'organo  di vigilanza competente per territorio la
cessazione  del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1,
fornendo  al  contempo  l'aggiornamento  dei dati che li riguardano e
consegna  al  medesimo  Istituto  le relative cartelle sanitarie e di
rischio;
    c) in  caso  di  cessazione  di  attivita' dell'azienda, consegna
all'Istituto   superiore   di   sanita'  e  all'organo  di  vigilanza
competente  per  territorio  copia  del registro di cui al comma 1 ed
all'Istituto  superiore  per  la  prevenzione  e sicurezza sul lavoro
copia  del  medesimo  registro  nonche'  le  cartelle  sanitarie e di
rischio;
    d) in  caso  di  assunzione  di  lavoratori  che hanno esercitato
attivita'  che  comportano  rischio di esposizione allo stesso agente
richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel
registro  di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e
di rischio;
    e) tramite   il   medico   competente   comunica   ai  lavoratori
interessati   le   relative  annotazioni  individuali  contenute  nel
registro  di  cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio,
ed  al  rappresentante  per  la  sicurezza  i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
  4.  Le  annotazioni  individuali  contenute  nel registro di cui al
comma 1  e  le  cartelle  sanitarie  e di rischio sono conservate dal
datore  di  lavoro  fino  a  risoluzione  del  rapporto  di  lavoro e
dall'ISPESL  fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attivita' che
espone  ad  agenti  biologici. Nel caso di agenti per i quali e' noto
che  possono  provocare  infezioni  consistenti o latenti o che danno
luogo  a  malattie  con recrudescenza periodica per lungo tempo o che
possono  avere  gravi  sequele  a  lungo  termine  tale periodo e' di
quaranta anni.
  5.  La  documentazione  di  cui  ai precedenti commi e' custodita e
trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
  6.  I  modelli  e  le  modalita'  di  tenuta del registro di cui al
comma 1  e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con
decreto  del  Ministro  della  salute e del lavoro e della previdenza
sociale sentita la Commissione consultiva permanente.
  7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di
sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

        
      
          
Capo III

Sorveglianza sanitaria

 
 
                              Art. 281.
             Registro dei casi di malattia e di decesso

  1.  Presso  l'ISPESL  e'  tenuto  un  registro dei casi di malattia
ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
  2.  I  medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche o private,
che  refertano  i  casi  di  malattia,  ovvero  di  decesso di cui al
comma 1,  trasmettono  all'ISPESL copia della relativa documentazione
clinica.
  3.  Con  decreto  dei  Ministri  della  salute e del lavoro e della
previdenza   sociale,   sentita   la   Commissione  consultiva,  sono
determinati  il  modello e le modalita' di tenuta del registro di cui
al comma 1, nonche' le modalita' di trasmissione della documentazione
di cui al comma 2.
  4.  Il  Ministero  della  salute  fornisce  alla Commissione CE, su
richiesta,  informazioni  su l'utilizzazione dei dati del registro di
cui al comma 1.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 282.
       Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

  1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
    a) con  l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a  4.000  euro  per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3;
270,  commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3;
275;  276;  277,  comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280,
commi 1 e 2;
    b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro
18.000 per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 283.
                   Sanzioni a carico dei preposti

  1.  Il  preposto  e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
    a) con  l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a  4.000  euro  per  la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272;
273,  comma 1;  274,  commi 2  e  3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279,
commi 1 e 2.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 284.
               Sanzioni a carico del medico competente

  1.  Il  medico competente e' punito con l'arresto fino a due mesi o
con   l'ammenda  da  euro  1.000  a  euro  4.000  per  la  violazione
dell'articolo 279, comma 3.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 285.
                  Sanzioni a carico dei lavoratori

  1. I lavoratori sono puniti:
    a) con  l'arresto  fino  a  un mese o con l'ammenda da euro 150 a
euro 600 per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
    b) con  l'arresto  fino a quindici giorni o con l'ammenda da euro
103 a euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.

        
      
          
Capo IV

Sanzioni

 
 
                              Art. 286.
   Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti

  1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273, comma 2,
e'  punito  con  la  sanzione  amministrativa pecuniaria da 100 a 500
euro.

        
      
          
Titolo XI

PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 287.
                        Campo di applicazione

  1.  Il  presente  titolo  prescrive  le  misure per la tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al
rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
  2.  Il  presente  titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo
ove   e'   presente   un'area  con  atmosfere  esplosive,  oppure  e'
prevedibile,  sulla  base  di  indagini  geologiche, che tale area si
possa formare nell'ambiente.
  3. Il presente titolo non si applica:
    a) alle  aree  utilizzate  direttamente  per  le cure mediche dei
pazienti, nel corso di esse;
    b) all'uso  di  apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
    c) alla  produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio
ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
    d) alle   industrie  estrattive  a  cui  si  applica  il  decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
    e) all'impiego   di  mezzi  di  trasporto  terrestre,  marittimo,
fluviale  e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni
di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto
delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo
al  trasporto  internazionale  di merci pericolose per vie navigabili
interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale
(ICAO),  l'Organizzazione  marittima internazionale (IMO), nonche' la
normativa  comunitaria  che incorpora i predetti accordi. Il presente
titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in
atmosfera potenzialmente esplosiva.

        
                    Note all'art. 287:
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          15 novembre  1996,  n.  661  (Regolamento  per l'attuazione
          della  direttiva  90/396/CEE  concernente  gli apparecchi a
          gas),  e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre
          1996, n. 302, supplemento ordinario.
              - Il testo del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
          624  (Attuazione  della  direttiva  92/91/CEE relativa alla
          sicurezza   e   salute   dei   lavoratori  nelle  industrie
          estrattive  per  trivellazione e della direttiva 92/104/CEE
          relativa  alla  sicurezza  e  salute  dei  lavoratori nelle
          industrie  estrattive  a  cielo  aperto  o sotterranee), e'
          pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 14 dicembre 1996, n.
          293, supplemento ordinario.

        
      
          
Titolo XI

PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE

Capo I

Disposizioni generali

 
 
                              Art. 288.
                             Definizioni

  1.  Ai  fini  del  presente  titolo,  si  intende  per:  «atmosfera
esplosiva»  una  miscela  con  l'aria,  a condizioni atmosferiche, di
sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 289.
            Prevenzione e protezione contro le esplosioni

  1.   Ai  fini  della  prevenzione  e  della  protezione  contro  le
esplosioni,  sulla  base  della valutazione dei rischi e dei principi
generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta
le   misure   tecniche   e   organizzative   adeguate   alla   natura
dell'attivita';  in  particolare  il  datore  di  lavoro  previene la
formazione di atmosfere esplosive.
  2.  Se  la  natura  dell'attivita'  non  consente  di  prevenire la
formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
    a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
    b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo
da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
  3.  Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e
integrate  con  altre  contro la propagazione delle esplosioni e sono
riesaminate   periodicamente   e,  in  ogni  caso,  ogniqualvolta  si
verifichino cambiamenti rilevanti.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 290.
                Valutazione dei rischi di esplosione

  1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1,
il  datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere
esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
    a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
    b) probabilita'  che le fonti di accensione, comprese le scariche
elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
    c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e
loro possibili interazioni;
    d) entita' degli effetti prevedibili.
  2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
  3.  Nella  valutazione  dei  rischi  di  esplosione  vanno presi in
considerazione  i  luoghi  che sono o possono essere in collegamento,
tramite  aperture,  con  quelli  in  cui  possono  formarsi atmosfere
esplosive.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 291.
                          Obblighi generali

  1.   Al  fine  di  salvaguardare  la  sicurezza  e  la  salute  dei
lavoratori,  e  secondo i principi fondamentali della valutazione dei
rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i
provvedimenti necessari affinche':
    a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale
da  mettere  in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di
altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere
di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
    b) negli  ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere
esplosive  in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la
presenza  dei  lavoratori, in funzione della valutazione del rischio,
mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 292.
                            Coordinamento

  1.  Fermo  restando  quanto  previsto  dal Titolo IV per i cantieri
temporanei  e  mobili,  qualora  nello stesso luogo di lavoro operino
lavoratori  di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile
per le questioni soggette al suo controllo.
  2.  Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore
di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che
e'  responsabile  del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte
le  misure  riguardanti  la  salute  e  la sicurezza dei lavoratori e
specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui
all'articolo 294, l'obiettivo, le misure e le modalita' di attuazione
di detto coordinamento.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 293.
          Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

  1.  Il  datore  di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato
XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
  2.  Il  datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1
siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
  3.  Se  necessario,  le  aree  in  cui  possono  formarsi atmosfere
esplosive  in quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute  dei  lavoratori  sono  segnalate nei punti di accesso a norma
dell'allegato LI.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 294.
           Documento sulla protezione contro le esplosioni

  1.  Nell'assolvere  gli  obblighi  stabiliti  dall'articolo 290  il
datore  di  lavoro  provvede  a  elaborare  e  a tenere aggiornato un
documento,   denominato:   «documento   sulla  protezione  contro  le
esplosioni».
  2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
    a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
    b) che   saranno   prese  misure  adeguate  per  raggiungere  gli
obiettivi del presente titolo;
    c) quali  sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di
cui all'allegato XLIX;
    d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime
di cui all'allegato L;
    e) che   i  luoghi  e  le  attrezzature  di  lavoro,  compresi  i
dispositivi  di  allarme,  sono  concepiti,  impiegati e mantenuti in
efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
    f) che,  ai  sensi  del  titolo  III,  sono  stati  adottati  gli
accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
  3.  Il  documento  di  cui  al  comma 1 deve essere compilato prima
dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro,
le   attrezzature   o  l'organizzazione  del  lavoro  abbiano  subito
modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
  4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento
di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 295.
                      Termini per l'adeguamento

  1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere  esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o
dello  stabilimento  per  la  prima  volta  prima del 30 giugno 2003,
devono  soddisfare,  a  decorrere da tale data, i requisiti minimi di
cui all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le
disciplinano.
  2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere  esplosive,  che  sono  a disposizione dell'impresa o dello
stabilimento  per  la  prima  volta  dopo  il  30 giugno 2003, devono
soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
  3.  I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi
atmosfere   esplosive   devono   soddisfare  le  prescrizioni  minime
stabilite dal presente titolo.

        
      
          
Capo II

Obblighi del datore di lavoro

 
 
                              Art. 296.
                              Verifiche

  1.   Il  datore  di  lavoro  provvede  affinche'  le  installazioni
elettriche  nelle  aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi
dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III
e  IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n.
462.

        
                    Nota all'art. 296:
              - Per   il  testo  del  decreto  del  Presidente  della
          Repubblica n. 462 del 2001, si veda nota all'art. 86.

        
      
          
Capo II

Sanzioni

 
 
                              Art. 297.
       Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

  1.  Il  datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da
tre  a  sei  mesi  o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la
violazione  degli  articoli 289,  comma 2,  291,  292,  comma 2, 293,
commi 1 e 2, e 296.

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 298.
                      Principio di specialita'

  1.  Quando  uno stesso fatto e' punito da una disposizione prevista
dal  titolo  I  e  da  una  o  piu' disposizioni previste negli altri
titoli, si applica la disposizione speciale.

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 299.
               Esercizio di fatto di poteri direttivi

  1.   Le   posizioni   di  garanzia  relative  ai  soggetti  di  cui
all'articolo 2,  comma 1,  lettere b), d)  ed e), gravano altresi' su
colui  il  quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in
concreto  i  poteri  giuridici  riferiti  a ciascuno dei soggetti ivi
definiti.

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 300.
       Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

  1.  L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231, e' sostituito dal seguente:
  «Art.  25-septies  (Omicidio  colposo  o lesioni gravi o gravissime
commesse  con  violazione  delle  norme  sulla  tutela della salute e
sicurezza   sul  lavoro).  -  1.  In  relazione  al  delitto  di  cui
all'articolo 589   del   codice   penale,   commesso  con  violazione
dell'articolo 55,  comma 2,  del  decreto legislativo attuativo della
delega  di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute
e  sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura
pari  a  1.000  quote.  Nel caso di condanna per il delitto di cui al
precedente  periodo  si  applicano  le  sanzioni  interdittive di cui
all'articolo 9,  comma 2,  per  una durata non inferiore a tre mesi e
non superiore ad un anno.
  2.  Salvo  quanto  previsto dal comma 1, in relazione al delitto di
cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle
norme  sulla  tutela  della salute e sicurezza sul lavoro, si applica
una  sanzione  pecuniaria  in  misura non inferiore a 250 quote e non
superiore  a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al
precedente  periodo  si  applicano  le  sanzioni  interdittive di cui
all'articolo 9,  comma 2,  per  una durata non inferiore a tre mesi e
non superiore ad un anno.
  3.  In  relazione  al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma,
del  codice  penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela
della  salute  e  sicurezza  sul  lavoro,  si  applica  una  sanzione
pecuniaria  in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna
per  il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni
interdittive  di  cui  all'articolo 9,  comma 2,  per  una durata non
superiore a sei mesi.».

        
                    Nota all'art. 300:
              - Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
          si veda nota alle premesse.
              - Per il testo dell'art. 589 del codice penale, si veda
          nota all'art. 2.

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 301.
Applicabilita'  delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti
          del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758

  1.  Alle  contravvenzioni  in materia di igiene, salute e sicurezza
sul   lavoro   previste   dal   presente  decreto  nonche'  da  altre
disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena
alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni
in  materia  di  prescrizione  ed  estinzione  del  reato di cui agli
articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758.

        
                    Nota all'art. 301:
              - Il  testo  degli  articoli da  20  a  24  del decreto
          legislativo  19 dicembre  1994,  n. 758 (Modificazioni alla
          disciplina  sanzionatoria  in  materia  di  lavoro),  e' il
          seguente:
              «Art.  20  (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
          la   contravvenzione   accertata,  l'organo  di  vigilanza,
          nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
          all'art.  55  del codice di procedura penale, impartisce al
          contravventore  un'apposita  prescrizione,  fissando per la
          regolarizzazione  un  termine  non  eccedente il periodo di
          tempo  tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
          a   richiesta   del   contravventore,  per  la  particolare
          complessita'      o     per     l'oggettiva     difficolta'
          dell'adempimento.  In  nessun caso esso puo' superare i sei
          mesi.   Tuttavia,   quando   specifiche   circostanze   non
          imputabili  al  contravventore determinano un ritardo nella
          regolarizzazione,  il  termine  di  sei  mesi  puo'  essere
          prorogato   per   una   sola   volta,   a   richiesta   del
          contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
          mesi,   con   provvedimento   motivato  che  e'  comunicato
          immediatamente al pubblico ministero.
              2.  Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
          anche  al  rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
          servizio del quale opera il contravventore.
              3.  Con  la  prescrizione  l'organo  di  vigilanza puo'
          imporre  specifiche  misure  atte a far cessare il pericolo
          per  la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
          lavoro.
              4.  Resta  fermo  l'obbligo dell'organo di vigilanza di
          riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
          alla  contravvenzione  ai sensi dell'art. 347 del codice di
          procedura penale.».
              «Art.  21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
          oltre  sessanta  giorni  dalla scadenza del termine fissato
          nella  prescrizione,  l'organo  di vigilanza verifica se la
          violazione  e'  stata  eliminata secondo le modalita' e nel
          termine indicati dalla prescrizione.
              2.  Quando  risulta  l'adempimento  alla  prescrizione,
          l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
          sede  amministrativa,  nel  termine  di  trenta giorni, una
          somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
          la  contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
          scadenza  del  termine fissato nella prescrizione, l'organo
          di  vigilanza  comunica al pubblico ministero l'adempimento
          alla  prescrizione,  nonche'  l'eventuale  pagamento  della
          predetta somma.
              3.  Quando  risulta  l'inadempimento alla prescrizione,
          l'organo  di  vigilanza  ne  da'  comunicazione al pubblico
          ministero  e  al  contravventore entro novanta giorni dalla
          scadenza del termine fissato nella prescrizione.».
              «Art. 22 (Notizie di reato non pervenute dall'organo di
          vigilanza). - 1. Se il pubblico ministero prende notizia di
          una  contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve
          da  privati  o  da  pubblici  ufficiali  o incaricati di un
          pubblico  servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne da'
          immediata  comunicazione  all'organo  di  vigilanza  per le
          determinazioni  inerenti  alla  prescrizione  che  si renda
          necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione.
              2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza
          informa  il pubblico ministero delle proprie determinazioni
          entro  sessanta  giorni  dalla  data  in  cui  ha  ricevuto
          comunicazione   della   notizia   di   reato  dal  pubblico
          ministero.».
              «Art. 23 (Sospensione del procedimento penale). - 1. Il
          procedimento  per la contravvenzione e' sospeso dal momento
          dell'iscrizione  della notizia di reato nel registro di cui
          all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento
          in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni
          di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
              2.   Nel   caso  previsto  dall'art.  22,  comma 1,  il
          procedimento  riprende  il  suo  corso  quando  l'organo di
          vigilanza  informa il pubblico ministero che non ritiene di
          dover  impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza
          del  termine  di  cui  all'art. 22, comma 2, se l'organo di
          vigilanza  omette  di informare il pubblico ministero delle
          proprie  determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora
          nel  predetto  termine  l'organo  di  vigilanza  informi il
          pubblico  ministero  d'aver  impartito una prescrizione, il
          procedimento  rimane  sospeso  fino al termine indicato dal
          comma 1.
              3.  La  sospensione  del  procedimento  non preclude la
          richiesta   di   archiviazione.   Non  impedisce,  inoltre,
          l'assunzione  delle prove con incidente probatorio, ne' gli
          atti  urgenti  di  indagine  preliminare,  ne' il sequestro
          preventivo  ai  sensi  degli  articoli 321  e  seguenti del
          codice di procedura penale.».
              «Art.    24   (Estinzione   del   reato).   -   1.   La
          contravvenzione  si  estingue  se il contravventore adempie
          alla  prescrizione  impartita  dall'organo di vigilanza nel
          termine  ivi  fissato  e  provvede  al  pagamento  previsto
          dall'art. 21, comma 2.
              2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la
          contravvenzione e' estinta ai sensi del comma 1.
              3.   L'adempimento  in  un  tempo  superiore  a  quello
          indicato   nella  prescrizione,  ma  che  comunque  risulta
          congruo    a    norma   dell'art.   20,   comma 1,   ovvero
          l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della
          contravvenzione  con  modalita'  diverse da quelle indicate
          dall'organo   di   vigilanza,   sono   valutati   ai   fini
          dell'applicazione  dell'art.  162-bis del codice penale. In
          tal  caso,  la  somma  da  versare e' ridotta al quarto del
          massimo   dell'ammenda  stabilita  per  la  contravvenzione
          commessa.».

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 302.
Definizione   delle   contravvenzioni   punite   con   la  sola  pena
                            dell'arresto

  1.  Per  le  contravvenzioni previste dal presente decreto e punite
con   la   sola  pena  dell'arresto  il  giudice  applica,  in  luogo
dell'arresto, la pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a
8.000 euro e non superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del
giudizio  di primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarita',
le fonti di rischio e le eventuali conseguenze dannose del reato.
  2.  La  sostituzione  di  cui  al  comma 1  non  e'  in  ogni  caso
consentita:
    a) quando  la  violazione  abbia  avuto un contributo causale nel
verificarsi di un infortunio sul lavoro;
    b) quando  il  fatto e' stato commesso da soggetto che abbia gia'
riportato  condanna  definitiva  per  la violazione di norme relative
alla  prevenzione  degli  infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di
cui   agli  articoli 589  e  590  del  codice  penale,  limitatamente
all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro.
  3.  Nell'ipotesi  prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi
tre  anni  dal  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  senza  che
l'imputato  abbia  commesso  ulteriori  reati  in materia di salute e
sicurezza  sul  lavoro,  ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590
del  codice  penale,  limitatamente  all'ipotesi  di violazione delle
norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo
caso si estingue ogni effetto penale della condanna.

        
                    Nota all'art. 302:
              - Per  il testo dell'art. 589 del codice penale si veda
          nota all'art. 2.
              - Il  testo  dell'art.  590  del  codice  penale  e' il
          seguente:
              «Art.  590  (Lesioni  personali  colpose).  -  Chiunque
          cagiona  ad altri per colpa una lesione personale e' punito
          con  la  reclusione  fino  a tre mesi o con la multa fino a
          euro 309.
              Se  la  lesione e' grave la pena e' della reclusione da
          uno  a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se e'
          gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della
          multa da euro 309 a euro 1.239.
              Se  i  fatti  di cui al secondo comma sono commessi con
          violazione  delle norme sulla disciplina della circolazione
          stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
          lavoro  la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
          tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
          la  pena  per  le lesioni gravissime e' della reclusione da
          uno a tre anni.
              Nel  caso di lesioni di piu' persone si applica la pena
          che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni
          commesse,  aumentata  fino  al  triplo;  ma  la  pena della
          reclusione non puo' superare gli anni cinque.
              Il  delitto e' punibile a querela della persona offesa,
          salvo  nei  casi  previsti  nel  primo e secondo capoverso,
          limitatamente  ai fatti commessi con violazione delle norme
          per  la  prevenzione  degli infortuni sul lavoro o relative
          all'igiene   del  lavoro  o  che  abbiano  determinato  una
          malattia professionale.».

        
      
          
Titolo XII

DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

 
 
                              Art. 303.
                       Circostanza attenuante

  1.  La  pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con
la pena dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad un
terzo   per   il   contravventore   che,   entro  i  termini  di  cui
all'articolo 491   del   codice   di  procedura  penale,  si  adopera
concretamente  per la rimozione delle irregolarita' riscontrate dagli
organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del reato.
  2.  La  riduzione  di  cui  al  comma 1  non si applica nei casi di
definizione del reato ai sensi dell'articolo 302.

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
                              Art. 304.
                             Abrogazioni

  1.  Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo 3,  comma 3, e
dall'articolo 306,  comma 2,  dalla  data  di  entrata  in vigore del
presente decreto legislativo sono abrogati:
    a) il  decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547,  il  decreto  del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.
164,  il  decreto  del  Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303,  fatta  eccezione  per  l'articolo 64,  il  decreto  legislativo
15 agosto  1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626,  il  decreto  legislativo  14 agosto  1996,  n.  493, il decreto
legislativo  14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 187;
    b) l'articolo 36-bis,  commi 1  e  2  del  decreto-legge 4 luglio
2006,  n.  223,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 4 agosto
2006, n. 248;
    c) gli  articoli:  2,  3,  5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n.
123;
    d) ogni  altra  disposizione  legislativa  e  regolamentare nella
materia  disciplinata  dal decreto legislativo medesimo incompatibili
con lo stesso.
  2.  Con  uno  o  piu'  decreti  integrativi  attuativi della delega
prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123,
si   provvede  all'armonizzazione  delle  disposizioni  del  presente
decreto  con  quelle  contenute in leggi o regolamenti che dispongono
rinvii  a  norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive  modificazioni,  ovvero ad altre disposizioni abrogate dal
comma 1.
  3.  Fino  all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2,
laddove  disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a
norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni,  ovvero  ad  altre  disposizioni abrogate dal comma 1,
tali  rinvii  si  intendono  riferiti  alle  corrispondenti norme del
presente decreto legislativo.

        
                    Note all'art. 304:
              - L'art. 64 del decreto del Presidente della Repubblica
          19 marzo 1956, n. 303, ha la seguente rubrica: «Ispezioni».
              - Per  il  testo  dell'art. 1 della citata legge n. 123
          del 2007, si veda nota all'art. 1.
              - Per  il  testo  del citato decreto legislativo n. 626
          del 1994, si veda nota alle premesse.

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
                              Art. 305.
                        Clausola finanziaria

  1.  Fatto  salvo  quanto  disposto  dall'articolo 11,  commi 1 e 2,
dall'esecuzione  del  presente  decreto, ivi compreso quanto disposto
dagli  articoli 5  e  6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico   della   finanza   pubblica.  Le  amministrazioni  competenti
provvedono agli adempimenti derivanti dal presente decreto attraverso
una  diversa  allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali
ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
                              Art. 306.
                         Disposizioni finali

  1.  Le  disposizioni  contenute  nel  decreto  del Presidente della
Repubblica  19 marzo  1956,  n.  302,  costituiscono  integrazione di
quelle contenute nel presente decreto legislativo.
  2.  Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e
28,  nonche'  le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi
che   ad   esse  rinviano,  ivi  comprese  le  relative  disposizioni
sanzionatorie,  previste  dal  presente  decreto,  diventano efficaci
decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di  pubblicazione del presente
decreto  nella  Gazzetta  Ufficiale;  fino  a  tale data continuano a
trovare applicazione le disposizioni previgenti.
  3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore
alla  data  fissata  dal  primo  comma dell'articolo 13, paragrafo 1,
della  direttiva  2004/40/CE;  le  disposizioni  di cui al capo V del
medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.
  4.  Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di  concerto  con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,
sentita  la  commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6,
si da' attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori  sul  luogo  di lavoro dell'Unione europea per le parti in
cui  le  stesse  modificano  modalita' esecutive e caratteristiche di
ordine  tecnico  previste dagli allegati al presente decreto, nonche'
da altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
    Dato Roma, addi' 9 aprile 2008

                             NAPOLITANO

                              Prodi,  Presidente  del  Consiglio  dei
                              Ministri
                              Damiano,  Ministro  del  lavoro e della
                              previdenza sociale
                              Turco, Ministro della salute
                              Di      Pietro,      Ministro     delle
                              infrastrutture
                              Bersani,    Ministro   dello   sviluppo
                              economico
                              Bonino,   Ministro   per  le  politiche
                              europee
                              Scotti, Ministro della giustizia
                              De  Castro,  Ministro  delle  politiche
                              agricole alimentari e forestali
                              Amato, Ministro dell'interno
                              Parisi, Ministro della difesa
                              Fioroni,    Ministro   della   pubblica
                              istruzione
                              Ferrero,  Ministro  della  solidarieta'
                              sociale
                              Mussi,   Ministro   dell'universita'  e
                              della ricerca
                              Lanzillotta,  Ministro  per  gli affari
                              regionali e le autonomie locali
                              Padoa  Schioppa, Ministro dell'economia
                              e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Scotti

        
                    Note all'art. 306:
              - Il  testo del decreto del Presidente della Repubblica
          19 marzo 1956, n. 302 (Norme di prevenzione degli infortuni
          sul  lavoro  integrative  di  quelle  generali  emanate con
          decreto  del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
          547),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 30 aprile
          1956, n. 105, supplemento ordinario.
              - Il  testo  dell'art.  13,  primo  comma, della citata
          direttiva 2004/40/CE, e' il seguente:
              «Art.  13  (Recepimento). - 1. Gli Stati membri mettono
          in  vigore  le  disposizioni  legislative,  regolamentari e
          amministrative  necessarie  per  conformarsi  alla presente
          direttiva  entro  il  30 aprile  2008.  Essi  ne  informano
          immediatamente la Commissione.
              Quando  gli  Stati  membri  adottano tali disposizioni,
          queste  contengono un riferimento alla presente direttiva o
          sono  corredate  di  un siffatto riferimento all'atto della
          pubblicazione  ufficiale.  Le modalita' di tale riferimento
          sono decise dagli Stati membri.».

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
        ---->   Vedere Allegati da pag. 93 a pag. 186  <----

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
        ---->   Vedere Allegati da pag. 187 a pag. 271  <----

        
      
          
Titolo XIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

 
 
        ---->   Vedere Allegati da pag. 272 a pag. 324  <----