LEGGE
10 APRILE 1991 N. 125 vedi anche il DECRETO LEGISLATIVO 23 maggio 2000, n. 196
Articolo 1 - Finalità1. Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di favorire l'occupazione femminile e di realizzare, l'ugualianza sostanzialmente tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione di misure , denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità. 2. Le azioni positive di cui al comma
1 hanno in particolare lo scopo di: 3. Le azioni positive di cui commi 1 e 2 possono essere promosse dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di parità di cui all'articolo 8 dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale locale e aziendale comunque denominati dai datori di lavoro pubblici e privati dai centri di formazione professionale dalle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983 n. 93. Articolo 2 - Attuazione di azioni positive, finanziamenti1. Le imprese anche in forma cooperativa i loro consorzi gli enti pubblici economici le associazioni sindacali dei lavoratori e i centri di formazione professionale che adottano i progetti di azioni positive di cui all'articolo 1, possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziati connessi all'attuazione dei predetti progetti ad eccezione di quelli di cui all'articolo 3. 2. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, sentito il Comitato di cui all'articolo 5 ammette i progetti
di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e con lo stesso provvedimento
autorizza le relative spese. 3. Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro sono stabilite le modalità di presentazione delle richieste di erogazione dei fondi e dei tempi di realizzazione del proggetto. In ogni caso i contributi devono essere erogati sulla base della verifica dell'attuazione del progetto di azioni positive, o di singole parti, in relazione alla complessità del progetto stesso. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza del beneficio e la restituzione delle somme eventualmente già riscosse in caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente alla parte non attuata la cui valutazione èeffettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al presente comma. 4.I progetti di azioni positive concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al comma 1. 5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive ad eccezione di quelli di cui all'articolo 3 è subordinato al parere del Comitato di cui all'articolo 5. 6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983 n. 93 o in loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale sentito inoltre, in relazione alla sfera d'azione della propria attività, il Comitato di cui all'articolo 5 o il consigliere di parità di cui all'articolo 8 adottano piani di azioni positive tendenti ad assicurare nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Articolo 3 - Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell'obietivo di cui all'articolo1. comma 1, autorizzati secondo le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 ed approvati dal Fondo sociale europeo è destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica. In sede di prima applicazione la predetta quota è fissata nella misura del dieci per cento. 2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto il termine al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 5. 3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati. Articolo 4 - Azioni in giudizio1. Costituisce discriminazione ai sensi della legge 9 dicembre 1977 n. 903 qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori in ragione del sesso. 2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente alla adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell'uno dell'altro sesso e riguardano requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa. 3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate da imprese private e pubbliche la prestazione richiesta deve essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso", fatta eccezione per casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. 4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puó promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile anche tramite il consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma 2, competente per territorio. 5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della discriminazione. 6. Qualora il datore di lavoro ponga in
essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori
lesi dalle discriminazioni, il ricorso puó essere proposto dal consigliere
di parità istituito a livello regionale previo parere non vincolante del
collegio istruttorio di cui all'articolo 7, da allegare al ricorso stesso,
e sentita la commissione regionale per l'impiego. 7. Il giudice nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina al datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonchè il consigliere regionale per la parità competente per territorio, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nella sentenza il giudice fissa un termine per la definizione del piano. 8. In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al comma 7 si applica l'articolo 650 del codice penale richiamato dall'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903. 9. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, viene comunicato immediatamente dall'ispettorato del lavoro ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi piú gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. 10. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903. Articolo 5 - Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici1. Al fine di promuovere la rimonizione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di carriera è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici. 2. Fanno parte del Comitato: a) il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale o per sua delega, un Sottosegretario
di Stato, con funzioni di presidente; 3. Partecipano, inoltre, alle riunioni
del Comitato, senza diritto di voto: a) sei esperti in materia giuridiche,
economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro; 4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente. 5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta metà piú uno dei suoi componenti. 6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'articolo 7, nonchè in ordine alle relative spese. 7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti. Articolo 6 - Compiti del Comitato1. Per il perseguimento delle finalità
di cui all'articolo 5, comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile
ed in particolare: Articolo 7 - Collegio istruttorio e segreteria tecnica1. Per l'istruzione degli atti relativi
alla individuazione e alla rimozione delle discriminazioni e per la redazione
dei pareri al Comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri di parità,
è istituito un collegio istruttorio cosí composto: 2. ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato di cui all'articolo 5 possono essere elevati a due possono essere elevati a due. 3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio è istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze della presidenza del Comitato ed è composta di personale proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale coordinato da un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria tecnica è determinata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato. 4. Il Comitato ha facoltà di deliberare in ordine alla stipula di convenzioni per la effettuazione di studi e di ricerche. Articolo 8 - Consiglieri di parità1. consiglieri di parità di cui al decreto-legge 30 ottobre 1984,n. 726 convertito, con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1984 n. 863, sono componenti tutti gli effetti delle rispettive commissioni regionali per l'impiego. 2. A livello provinciale è nominato un consigliere di parità presso la commissione circoscrizionale per l'impiego che ha sede nel capoluogo di provincia, con facoltà di intervenire presso le altre commissioni circoscrizionali per l'impiego operanti nell'ambito della medesima provincia. 3. I consiglieri di parità di cui ai comuni 1 e 2 sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione del competente organo delle regioni sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e devono essere scelti tra le persone che abbiano maturato un'esperienza tecnicoprofessionale di durata almeno triennale nelle materie concernenti l'ambito della presente legge. 4.Il consigliere di parità di cui all'articolo 4, comma 2. della legge 28 febbraio 1987, n.56, è componente con voto deliberativo della commissione centrale per l'impiego. 5. Qualora si determini paritàdi voti nelle commissioni di cui ai commi 1, 2 e 4 prevale il voto del presidente. 6. Oltre ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell'ambito delle competenze delle commissioni circoscrizionali, regionali e centrale per l'impiego, i consiglieri di parità svolgono ogni utile iniziativa per la realizzazione delle finalità della presente legge. Nell'esercizio delle funzioni loro attribuita i consiglieri di parità sono pubblici funzionari e hanno l'obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni medesime. I consiglieri di parità, ai rispettivi livelli, sono componenti degli organismi di parità presso gli enti locali regionali e provinciali. 7. Per l'espletamento dei propri compiti i consiglieri di parità possono richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale . 8. I consiglieri di parità di cui al comma 2 e quelli regionali competenti per territorio, ferma restando l'azione in giudizio di cui all'articolo 4, comma 6, hanno facoltà di agire in giudizio sia nei procedimenti promossi davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che davanti al tribunale amministrativo regionale su delega della lavoratrice ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima ai sensi dell'articolo 4. 9. I consiglieri di parità ricevono comunicazioni sugli indirizzi dal Comitato di cui all'articolo 5 e fanno ad esso relazione circa la propria attività. I consiglieri di parità hanno facoltà di consultare il Comitato e il consigliere nazionale di parità su ogni questione ritenuta utile. 10. I consiglieri di parità di cui ai commi 1, 2 e 4, per l'esercizio delle loro funzioni, sono domiciliari rispettivamente presso l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione e presso una direzione generale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Tali uffici assicurano la sede, l'attrezzatura, il personale e quanto necessario all'espletamento delle funzioni dei consiglieri di parità. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto puó modificare la collocazione del consigliere di parità nell'ambito del Ministero. 11. Oltre al gettone giornaliero di presenza per la partecipazione alle riunioni delle commissioni circoscrizionali regionali e centrale per l'impiego, spettano ai consiglieri di parità gettoni dello stesso importo per le giornate di effettiva presenza nelle sedi dove sono domiciliati in ragione del loro ufficio entro un limite massimo fissato annualmente con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L'onere relativo fa carico al bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 12. Il consigliere di parità ha diritto, se lavoratore dipendente a permessi non retribuiti per l'espletamento del suo mandato. Quando intenda esercitare questo diritto deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima. Articolo 9 - Rapporto sulla situazione del personale1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione categorica o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. 2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità. 3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità alle indicazioni definite nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. Qualora nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi piú gravi puó essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda. Articolo 10 - Relazione al Parlamento1. Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce, entro trenta giorni, alle componenti commissioni parlamentali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sull'attuazione della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato di cui all'articolo 5. Articolo 11 - Copertura finanziaria1. Per il funzionamento degli organi di cui agli articoli 5 e 7 a decorrere dal 1991, è autorizzata la spesa di lire 1.000 milioni annui. Per il finanziamento degli interventi previsti dall'articolo 2 è autorizzata, a decorrere dal 1991, la spesa di lire 9.000 milioni annui. 2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991 - 1993 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991 - 1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento "Finanziamento del Comitato nazionale per la parità presso il Ministero e delle azioni positive per le pari opportunità". 3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |