FUNZIONE PUBBLICA
RIVISTA
QUADRIMESTRALE
ANNO IX
- N.N. 2-3 / 2003
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Foto
di copertina: Palazzo Vidoni. Elaborazione
grafica di Romualdo Chiesa
FUNZIONE
PUBBLICA Periodico
della Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento
della Funzione pubblica Anno
IX – N.N. 2-3/2003 – Nuova serie
Registrazione
presso il Tribunale civile di Roma n. 263/86 del 18 maggio
1995.
Si
autorizzano riproduzioni complete o parziali degli elaborati con citazione della
fonte, con esclusione del caso in cui l’articolo contenga la clausola
“riproduzione riservata” richiesta dall’autore. La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli firmati è assunta dagli autori.
DOCUMENTI
CONVENZIONE TRA LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E IL FORMEZ - CENTRO DI FORMAZIONE E STUDI - PER L'ATTUAZIONE DEL "PROGETTO A SOSTEGNO DELL'INFORMAZIONE PUBBLICA E DELLA FORMAZIONE DEL PERSONALE DEGLI UFFICI STAMPA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE".
Il giorno
20 del mese di dicembre dell'anno 2002 in Roma, presso la sede del Dipartimento
della Funzione Pubblica, sita in Largo del Teatro Valle, 6 tra la Presidenza del
Consiglio dei ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica (C.F. n.
80243510585), successivamente indicato come Dipartimento, rappresentato dalla
dr.ssa Gabriella Salone, nella qualità di dirigente del servizio per la
programmazione e gestione dei piani formativi nazionali, nell'ambito
dell'Ufficio per la formazione del personale delle pubbliche amministrazioni e
il FORMEZ - Centro di Formazione e Studi (C.F. n. 80048080636), con sede legale
in Roma, rappresentato dal dr. Carlo Flamment nella qualità di presidente e
rappresentante legale pro-tempore del Centro. Premesso che: — il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 285 - Riordino del centro di formazione studi (FORMEZ) - afferma che il Dipartimento della Funzione Pubblica, nell'ambito delle sue funzioni di coordinamento delle attività di formazione e promozione dell'innovazione organizzativa, si avvale del FORMEZ; — il FORMEZ ha già realizzato interventi di formazione e assistenza alle Pubbliche Amministrazioni in materia di comunicazione istituzionale; — assume particolare rilevanza, in un contesto di forte cambiamento del sistema istituzionale ed amministrativo, lo sviluppo alle strutture deputate alla realizzazione delle attività d'informazione e la creazione dei nuovi profili professionali; — con decreto prot. n. 240 del 18 dicembre 2002, è stata conferita alla dott.ssa Gabriella Salone la delega alla stipula della presente convenzione; — le spese relative all'attuazione della presente convenzione graveranno sul pertinente capitolo di bilancio; tutto ciò premesso, che costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto, si stipula e si conviene quanto segue Art. 1.
Oggetto. II Dipartimento affida al FORMEZ l'attuazione del "Progetto a sostegno dell'informazione pubblica e della formazione del personale degli uffici stampa della pubblica amministrazione" descritto nell'allegato A, parte integrante e sostanziale della presente convenzione. Il progetto sarà realizzato in conformità al quadro finanziario contenuto nell'allegato B. Art. 2. Progettazione
esecutiva e tempi di realizzazione. II FORMEZ si impegna a realizzare le attività indicate all'articolo 1 entro 12 mesi a decorrere dalla data di sottoscrizione della presente convenzione, secondo l'articolazione temporale riportata nell'allegato C. Eventuali proroghe potranno essere autorizzate dal Dipartimento, se motivate, purché espressamente richieste dal FORMEZ almeno 30 giorni prima della data di scadenza. Art. 3.Modalità di
realizzazione. II FORMEZ avrà la funzione di soggetto attuatore. Al Dipartimento è riservata la definizione degli obiettivi operativi e degli indirizzi per la realizzazione del Progetto e l'approvazione di documenti di particolare rilevanza nella strategia progettuale. Art. 4 Finanziamento e
Rendicontazione. Per la realizzazione delle attività oggetto della convenzione, il Dipartimento corrisponderà al FORMEZ un importo massimo globale di € 524.500,00 IVA inclusa nei casi previsti dalle norme vigenti, di cui € 50.000,00 da destinarsi alle attività strumentali e direttamente collegabili agli interventi formativi oggetto della presente convenzione. L’ importo massimo di € 524.500,00, sarà erogato con le seguenti modalità: a) una prima erogazione, pari al 10%, su presentazione di una relazione tecnica sulle attività svolte entro trenta giorni dalla firma della presente convenzione; b) una
seconda erogazione, pari al 20%, su presentazione di una relazione sulle
attività realizzate e della rendicontazione analitica, attestante pagamenti
effettuati pari al 35% del primo acconto, entro il secondo mese di
attività; c) successive erogazioni bimestrali, di importo pari al 20%, su presentazione di una dettagliata relazione sulle attività realizzate e della rendicontazione analitica, attestante il completamento dei pagamenti relativi al penultimo acconto e l'effettuazione di pagamenti per almeno il 35% dell'ultimo acconto; d) il saldo, pari al 10%, su presentazione di una dettagliata relazione conclusiva sulle attività realizzate e della rendicontazione analitica finale, attestante i pagamenti effettuati. In occasione di ciascuna rendicontazione, il FORMEZ dovrà dichiarare che il rendiconto è conforme alle proprie scritture contabili. Le erogazioni degli importi
avverranno con accredito a favore del FORMEZ sul conto corrente bancario n.
2640900, Credito Italiano Filiale Roma EUR - cod. ABI 02008 CAB 03232.
Art. 5. Obblighi e responsabilità del
FORMEZ. Il FORMEZ solleva il Dipartimento da ogni responsabilità penale e civile verso terzi, ivi comprese le responsabilità derivanti da rapporti di lavoro, comunque connessa alla realizzazione ed all'esercizio delle attività affidate. Nessun ulteriore onere o responsabilità potrà dunque derivare a carico del Dipartimento, oltre al pagamento di quanto stabilito a fronte delle attività effettivamente realizzate. Il FORMEZ dovrà dichiarare, in occasione di ciascun pagamento, che sono state adempiute tutte le prescrizioni fiscali e previdenziali ed esigere analoghe dichiarazioni dagli enti coinvolti nell'attuazione del progetto. Il FORMEZ, inoltre, s'impegna a conservare e a mettere a disposizione del Dipartimento tutta la documentazione contabile, comprensiva dei documenti amministrativi originali, per almeno 5 (cinque) anni dal termine di conclusione delle attività. Art. 6. Riduzione del
saldo e variazioni di parti del progetto. Qualora il rendiconto finale presentato dal FORMEZ registri un totale inferiore all'importo massimo globale messo a disposizione dal Dipartimento, il saldo sarà corrisposto fino alla concorrenza del totale effettivamente speso. Qualsiasi modifica delle attività in corso di attuazione, rispetto a quanto previsto nell'allegato A), dovrà essere preventivamente autorizzata, su richiesta del FORMEZ, dal Dipartimento, che si riserva la facoltà di non riconoscere spese relative a parti del progetto non autorizzate e a non erogare i relativi importi. Art. 7. Diritto di
recesso. Il Dipartimento, previa diffida, potrà recedere in qualunque momento dagli impegni assunti con la presente convenzione nei confronti del FORMEZ, qualora, a proprio giudizio, nel corso di svolgimento delle attività, intervengano fatti o provvedimenti i quali modifichino la situazione esistente all'atto della stipula della presente convenzione e ne rendano impossibile o inopportuna la sua conduzione a termine. In tale ipotesi saranno riconosciute al FORMEZ le spese sostenute e/o impegnate alla data di comunicazione del recesso. Art. 8. Facoltà di
risolvere la convenzione. II Dipartimento potrà avvalersi della facoltà di risolvere il contratto qualora il FORMEZ non rispetti, per causa imputabile allo stesso FORMEZ, i termini stabiliti nella presente convenzione e nell'allegato A pregiudicando l'assolvimento, da parte del Dipartimento, degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e dalla relativa disciplina in materia di attuazione, rendicontazione e conseguimento degli obiettivi. Qualora l'inadempienza non pregiudichi, a giudizio del Dipartimento l'assolvimento ei suddetti obblighi, potrà essere ridotto a titolo di penale il corrispettivo complessivo riconosciuto all'affidatario, nella misura del 5% per un mese di ritardo, del 15% per due mesi, trascorsi i quali il contratto potrà essere, previa diffida, risolto unilateralmente dal Dipartimento. In caso di risoluzione, il FORMEZ dovrà restituire le somme già versate dal Dipartimento.
Art. 9. Clausola
compromissoria. Le parti si impegnano a risolvere amichevolmente tutte le controversie che dovessero comunque insorgere tra loro in dipendenza del corrente atto. In caso di mancato accordo, la risoluzione della controversia insorta, anche in corso di realizzazione del Progetto, sarà devoluta ad un Collegio Arbitrale composto da tre membri, dei quali due saranno designati uno ciascuno dalle parti e il terzo, con funzioni di Presidente, dal Presidente del Consiglio di Stato. Il Collegio arbitrale, che avrà sede a Roma, deciderà con procedimento rituale secondo equità. Art. 10. Applicabilità
della normativa sulla contabilità di Stato. Per quanto non previsto dal presente atto, saranno applicate le vigenti disposizioni di contabilità generale dello Stato. Art. 11. Cessione dei
diritti sugli elaborati prodotti ed eventuale divulgazione. Gli elaborati originali prodotti, i prodotti informatici, i documenti progettuali, le relazioni, i materiali didattici, la documentazione reperita e sistematicamente organizzata e raccolta in conseguenza del presente contratto, resteranno di proprietà esclusiva del Dipartimento che ne potrà disporre la pubblicazione e la diffusione, con l'indicazione di quanti ne hanno curato la produzione. Previa espressa autorizzazione del Dipartimento, il FORMEZ potrà utilizzare tale materiale a condizione che sullo stesso venga riportato il logo del Dipartimento della Funzione Pubblica, con l'indicazione di quanti ne hanno curato la produzione. In particolare, i Ioghi del Dipartimento e di Cantieri dovranno essere messi in grande evidenza sulla home page della banca-dati e durante tutta la navigazione all'interno della stessa. Inoltre, nelle azioni di comunicazione rivolte all'esterno le iniziative oggetto della presente convenzione dovranno essere indicate come "iniziative del Dipartimento della funzione pubblica realizzate in collaborazione con il FORMEZ". Art. 12.
Registrazione. Il presente atto, che è redatto in n. 3 (tre) originali, mentre è vincolante per il FORMEZ dalla data della sua sottoscrizione, lo sarà per il Dipartimento dall'avvenuta registrazione da parte degli organi di controllo. Tutte le spese saranno in ogni caso a carico del FORMEZ. APPROVAZIONI SPECIFICHE. Il FORMEZ accetta espressamente le clausole contenute negli articoli: 3) Modalità di realizzazione; 6) Riduzione del saldo; 8) Diritto di recesso; 9) Clausola compromissoria. Allegato A) "Progetto a sostegno dell'informazione pubblica e della formazione del personale degli uffici stampa della pubblica amministrazione" 1.
PREMESSA La recente normativa in materia di comunicazione (legge n.150 del 7 giugno 2000, regolamento n. 422 del 21 settembre 2001, direttiva a firma del Ministro per la Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002) pone alle pubbliche amministrazioni i seguenti obiettivi: • lo sviluppo di una coerente politica di comunicazione integrata con i cittadini e le imprese; • la gestione professionale e sistematica dei rapporti con tutti gli organi d'informazione; • la realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione interna incentrato l'intenso utilizzo delle tecnologie informatiche e banche dati; • la formazione e valorizzazione del personale impegnato nelle attività di informazione e comunicazione. Per raggiungere lo scopo le amministrazioni pubbliche devono dare avvio e sviluppo alle strutture deputate alla realizzazione delle attività d'informazione, Portavoce e Ufficio stampa, e di comunicazione, Ufficio per le Relazioni con il Pubblico. Inoltre, nella creazione dei nuovi profili professionali e delle nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico e della sua comunicazione interna, deve essere favorita la definizione di adeguati interventi formativi e di aggiornamento che promuovono operatori dell'informazione e comunicazione competenti e motivati. 2. IL
CONTESTO I processi di riforma della pubblica amministrazione hanno portato notevoli e significativi cambiamenti nel rapporto tra istituzioni e cittadino. In questo contesto si è manifestato un accentuato diritto all'informazione e una conseguente consistente crescita della domanda d'informazione da parte dei cittadini. Con l'affermarsi della modernizzazione è anche aumentata la richiesta di una sempre maggiore trasparenza nell'attività amministrativa che ha finito per influenzare sia la domanda di informazione che i bisogni di comunicazione pubblica. La modernizzazione essendo stata caratterizzata da un rapido sviluppo delle tecnologie informatiche che sono state strumentalmente acquisite alquanto diffusamente dalla pubblica amministrazione, ha determinato una sostanziale modifica delle modalità di divulgazione e dei tempi di trasmissione dell'informazione. In questo clima di cambiamenti, i provvedimenti emanati per disciplinare ed indirizzare l'intero processo, hanno impresso una notevole accelerazione allo sviluppo della comunicazione così che, oggi, l'informazione assume una funzione primaria nella modernizzazione della pubblica amministrazione. Infatti possiamo richiamare i seguenti importanti provvedimenti che sono stati emanati negli ultimi anni: — la legge sulla trasparenza 241/90; — la legge 150 del 7 giugno 2000 che disciplina le attività di informazione e di comunicazione di tutte le amministrazioni dello Stato; — il regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività d'informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi (D.P.R. n. 422 del 21 settembre 2001); — la direttiva sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002; — l'Action Plan sull'e-government del 23 giugno 2000 che pone l'obiettivo di sviluppare un rapporto più rapido, diretto e trasparente tra i vari livelli di governo della cosa pubblica e i cittadini, attraverso l'utilizzo dei sistemi più avanzati dell'informazione e della tecnologia. Prevede, inoltre, che le amministrazioni si attrezzeranno per essere in grado di reperire le informazioni necessarie, ovunque esse siano collocate, attraverso i servizi pubblici on line; — il Piano per lo Sviluppo della società dell'informazione del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, approvato nel mese di giugno, prevede consistenti finanziamenti per l'informatizzazione dell'amministrazione centrale, per lo sviluppo della banda larga e pone le premesse per sostenere il macrosettore ICT composto da informatica e telecomunicazioni; — il Progetto Chiaro del Dipartimento della Funzione Pubblica si pone l'obiettivo di operare per la semplificazione del linguaggio amministrativo e di accelerare il processo di conversione linguistica della burocrazia. In questo
quadro si inseriscono le nuove figure professionali dell'amministrazione
pubblica che devono curare l'informazione e la comunicazione in senso moderno a
servizio delle istituzioni e del cittadino. Nel moltiplicarsi dei linguaggi
settoriali e specialistici, è estremamente importante formare queste figure
professionali capaci di presentarsi ai cittadini nelle forme comunicative più
efficaci, con linguaggi chiari e condivisi che garantiscano l'immagine di una
pubblica amministrazione che intende essere trasparente nell'informare e
dialogare. 3. GLI OBIETTIVI DEL
PROGETTO La differenziazione e specializzazione delle funzioni e delle attività dei diversi attori sociali, il moltiplicarsi di linguaggi settoriali e specialistici, la necessità di un linguaggio condiviso richiede una diffusa e finalizzata azione formativa che favorisca una revisione dei linguaggi e rinnovi le modalità di formulazione dell'informazione per adeguarle ai più avanzati strumenti di informazione. II linguaggio burocratico tipico di una pubblica amministrazione impegnata a trasferire unilateralmente le informazioni deve essere rinnovato per favorire la comunicazione che si allarga, fra l'altro, a materie quali fisco, legislazione, mercato del lavoro, pensioni, mercato comune europeo. In questo nuovo scenario, i componenti dell'ufficio stampa delle pubbliche amministrazioni e i comunicatori pubblici devono elaborare un nuovo linguaggio che si adatti ai nuovi mezzi di comunicazione e che sia comprensibile dall'interlocutore. Un linguaggio condiviso che sia in grado di semplificare, chiarire, introdurre negli astrusi percorsi delle istituzioni i cittadini e le imprese si è reso sempre più necessario agli informatori e comunicatori pubblici. L'obiettivo principale dell'iniziativa è quello di fornire, attraverso un'attività formativa complessa, le conoscenze derivate dalle maggiori e più autorevoli esperienze svolte da riconosciuti comunicatori iscritti all'Ordine dei giornalisti in modo da fornire quelle caratteristiche e quella professionalità non reperibile fra le esperienze della pubblica amministrazione. In sintesi, l'iniziativa intende favorire i soggetti che svolgono comunicazione pubblica mediante: — lo sviluppo professionale degli addetti, — la valorizzazione delle attività comunicazionali legate al territorio, — la costruzione dell'informazione anche in base alle richieste, alle aspettative e alle identità locali, — la formazione degli operatori finalizzata all'utilizzo delle più moderne ed efficaci, — la modalità di formulazione e divulgazione dell'informazione. 4. I DESTINATARI DEL
PROGETTO I destinatari sono prevalente i funzionari addetti agli uffici stampa delle strutture pubbliche centrali, nonché locali (Regioni, Province, Comuni), e coloro che occupano posti similari nella pubblica amministrazione, in quanto sono le figure professionali più interessate alle nuove modalità di comunicazione e devono essere capaci di utilizzare, come richiesto da una moderna professionalità, i nuovi mezzi di comunicazione (internet, web-tv, teleconferenze, strumenti multimediali, ecc.). 5. LE ATTIVITA' DA
REALIZZARE Il progetto si propone di definire e realizzare le seguenti attività: A. svolgere un'attività informativa-formativa on line che preveda un programma base di alto livello per la preparazione di operatori di uffici stampa. Il programma dovrà favorire la formazione di base a tutti i partecipanti al fine di una migliore partecipazione all'attività corsuale, nonché facilitare l'avvio e il processo di sviluppo della costituenda comunità professionale; B. svolgere un'attività formativa in aula curata da esperti della comunicazione che presenteranno esperienze e casi di studio esemplari. L'attività d'aula sarà pensata per sviluppare un rapporto costante e diretto tra esperti giornalisti, addetti stampa, comunicatori ed operatori. Nelle pause dell'attività corsuale, verranno alternati collegamenti tra formatori e partecipanti mediante la creazione di aule virtuali e scambi d'informazioni ed esercitazioni on line al fine di abituare gli operatori ai nuovi sistemi di comunicazione. Nella realizzazione di queste due linee saranno svolte le seguenti tipologie di attività: - attività di informazione-formazione on line e aule virtuali; - attività di formazione e trasferimento di competenze, in linea con gli standard e i requisiti minimi previsti dalle scuole pubbliche di formazione e dal FORMEZ, nei confronti dei funzionar! delle amministrazioni coinvolte. Per la realizzazione del programma sarà istituito un Comitato tecnico scientifico composto da esperti del FORMEZ e dell'Ordine nazionale dei giornalisti. Il Comitato avrà il compito d'indirizzare l'intera attività, approvare il progetto esecutivo, valutare il previsto questionario d'accesso, definire il profilo professionale dei formatori, monitorare il lavoro svolto, suggerire eventuali modifiche e/o integrazioni del percorso formativo. Per la definizione delle attività corsuali si farà ricorso anche alle raccomandazioni contenute all'art. 7 del Regolamento (DPR. n. 422 del 21/9/2001), per cui saranno trattati i seguenti temi: 1) tendenza ed evoluzione della comunicazione e dell'informazione istituzionale e di interesse generale; analisi dei processi di trasformazione dei sistemi amministrativi; 2) quadro normativo riguardante l'informazione, la comunicazione pubblica, la stampa, la privacy; 3) le
tecniche e strumenti della comunicazione e dell'informazione, l'utilizzo delle
nuove tecnologie le qualità della comunicazione pubblica su
internet; 4) la predisposizione dei piani annuali di comunicazione e delle campagne d'informazione; 5) il marketing nel sistema pubblico; 6) la comunicazione interna e la comunicazione organizzativa; 7) le logiche organizzative e le strategie comunicative; 8) le tecniche di relazioni pubbliche; 9) la comunicazione interpersonale; 10) i new media; 11) le tecniche di elaborazione dei messaggi e prodotti di comunicazione; 12) le tecniche di vantazione dei progetti e prodotti comunicativi. Le attività di formazione in aula verranno svolte, prevalentemente nelle sedi dell'Ordine al fine di valorizzare le varie realtà locali e vedranno coinvolti come relatori principalmente esperti iscritti all'Ordine al fine di rispondere meglio ai diversi bisogni formativi favorendo anche l'approfondimento dei più importanti aspetti della cultura giornalistica locale. La formazione on line verrà curata dal FORMEZ che si avvarrà, per la scelta dei contenuti, principalmente di esperti dell'Ordine. Tale attività si sviluppa in un percorso individuale controllato che include tests di valutazione e di verifica. I relatori saranno scelti soprattutto fra i professionisti e i giornalisti più qualificati ovvero fra i testimoni privilegiati dei vari settori operativi dell'informazione e della comunicazione. L'attività d'aula, rivolta ad un massimo di 20 partecipanti, si sviluppa soprattutto nel presentare le singole esperienze in modo da animare dibattiti e condurre ad esercitazioni che inducano alla formulazione di progetti operativi della comunicazione nelle sue varie forme verbale, scritta, on line. La formazione on line prevede un programma di base di livello elevato, formulato sui risultati derivanti da un apposito questionario distribuito on line, prima della definizione delle attività, per individuare il grado medio di preparazione dei partecipanti e promettere di valutarne le competenze professionali. Saranno obbligati di svolgere completamente il corso coloro che non posseggono una esperienza superiore ai due anni, gli altri potranno seguire gli approfondimenti che ritengano più opportuni. A ogni partecipante verrà fornito un codice di accesso che permetterà di seguire un percorso di autoapprendimento, con tests predisposti per valutare l'eventuale livello di apprendimento raggiunto attraverso l'uso di una piattaforma che permetta il tracciamento dell'attività formativa effettuata. La creazione della comunità professionale è creata al fine di sviluppare la comunicazione on line in modo che avvenga un interscambio di esperienze tra gli stessi operatori. La comunità professionale costituita nell'ambito delle attività corsuali e on line, verrà allargata, al termine delle attività formativa, ad altri operatori degli uffici stampa ed esperti della comunicazione che potranno arricchire il dibattito che si sviluppa nella comunità. Alla fine dell'attività verrà svolta una prova finale assegnando, ad ogni partecipante, una tesina che sarà oggetto di valutazione. Successivamente le tesine saranno presentate e discusse nell'ambito della comunità professionale con lo scopo di mettere a confronto gli stessi partecipanti sui risultati raggiunti. Al termine del corso verrà rilasciato un diploma-attestato nel quale saranno evidenziati sia i risultati relativi alla partecipazione all'attività on line che quella in aula.
PROTOCOLLO D’INTESA TRA
LA
PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI–DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE
PUBBLICA NELLA PERSONA
DEL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA
E IL
FIABA - FONDO
ITALIANO ABBATTIMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE NELLA PERSONA
DEL PRESIDENTE
Premesso: 1
che il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fra i compiti e le
attività istituzionali di competenza la realizzazione di processi e strategie
opportune per la modernizzazione della Pubblica Amministrazione, al fine di
renderla sempre più rispondente alle esigenze amministrative e gestionali del
Paese e per renderla sempre più vicina ai bisogni dei
Cittadini; 2
che il Dipartimento della Funzione Pubblica, realizza processi di
formazione volti alla modernizzazione dei procedimenti e alla loro
semplificazione anche con la finalità di promuovere la crescita della società
civile e politica, a garanzia dei crescenti spazi di cittadinanza reale a tutti
i cittadini; 3
che, in data 27/07/2000 si è costituito il FIABA con atto notarile
(Studio Notarile – Dr. Antonio Mosca – n. repertorio 57.622 – n. 9678 di
raccolta), con sede in via Achille Russo, 18 – 00134 Roma – C.F. 97240590584
presieduta da Giuseppe Trieste; 4
che con direttiva n. 96 del 28/02/03, pubblicata in G.U. n. 85 del
11/04/2003, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del FIABA, ha indetto la giornata nazionale
di sensibilizzazione all’abbattimento delle barriere architettoniche (FIABA DAY)
che si terrà la prima domenica di ottobre di ogni anno; 5
che il FIABA si pone quale obiettivo primario l’abbattimento delle
barriere culturali che impediscono qualità di vita e pari opportunità per le
persone con disabilità anche attraverso l’abbattimento delle barriere
architettoniche; 6
che, la citata associazione esplicita ed individua i diversi livelli di
responsabilità e coinvolgimento di persone, enti, istituzioni ed aziende
prendendo come modello di riferimento quella della “rete”, in cui le relazioni
tra gli attori pubblici e privati siano ispirate al principio della
sussidiarietà e non più della delega e
dell’assistenzialismo; 7
che, il CNEL sostiene il FIABA ed ha costituito, su sollecitazione dello
Stesso, opportuno Gruppo di lavoro per lo studio delle problematiche di che
trattasi; 8
che, in questo nuovo quadro “politico-culturale”, assume rilevanza
particolare il ruolo che viene assegnato ai Ministeri, agli enti locali, agli
operatori privati e alle associazioni per concorrere attivamente alla presa in
carico e alla risoluzione della problematica; 9
che il FIABA ha già firmato protocolli d’intesa in tema di barriere
architettoniche con Regioni, Province e Comuni in occasione del FIABA Tour; e
successivamente con Enti pubblici e privati e
associazioni; 10 che, pertanto, è
intendimento del Dipartimento della Funzione Pubblica incoraggiare la
riflessione e discussione delle misure necessarie alla promozione di pari
opportunità, anche aumentando l’attenzione e la consapevolezza dei diritti delle
persone con disabilità per il pieno raggiungimento dei loro diritti, d’intesa
con l’associazione FIABA attraverso opportune strategie formative dei funzionari
nello specifico ambito per migliorare la qualità dei servizi, della relazione e
la vigilanza di concerto con il FIABA.
Tutto ciò premesso, tra i soggetti sopra indicati si è stabilito
di stipulare il presente protocollo d’intesa quale strumento partecipativo con
l’obiettivo di: - impedire il sorgere e la diffusione di
nuove barriere culturali anche attraverso processi atti a fondare una cultura
diffusa di pari opportunità per tutti e stimolando la vigilanza degli organi
preposti per garantire l’osservanza della normativa
esistente; - promuovere lo studio di snellimento ed
armonizzazione della normativa esistente e la diffusione della stessa per
garantire a tutti i cittadini la conoscenza dei diritti sanciti della stessa e
dei protocolli d’accesso ai servizi previsti; - attuare in sinergia azioni atte a
diffondere la cultura della diversità come ricchezza della società con il
coinvolgimento attivo e fattivo di persone, associazioni, enti e
istituzioni; - organizzare giornate di promozione
dell’attività svolta dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal FIABA per
coinvolgere cittadini, forze sociali e produttive per la presa di coscienza
delle problematiche di che trattasi e inoltre rappresentare “le buone
pratiche”; - il Dipartimento della Funzione Pubblica
nell’esercizio delle proprie competenze, in ragione del patto d’intesa e in
armonia con la determina della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 96 del
28/02/2003 costituisce opportuno gruppo di lavoro di concerto con il FIABA sulle
problematiche della tutela delle parità e pari opportunità per tutti i
cittadini, per creare in sinergia azioni efficaci volte alla concretizzazione
delle rispettive missioni che hanno scopi e finalità ricche di punti di
coerenza. Roma, 11 settembre
2003
MEMORANDUM DI INTESA tra la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione, Repubblica italiana e
la
Graduate School,
United States Department of Agriculture
1. La Scuola
Superiore della Pubblica Amministrazione, un’autonoma istituzione della
Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Dipartimento
della Funzione Pubblica (qui di seguito denominata SSPA) è la principale
istituzione pubblica per la formazione e lo sviluppo professionale dei
funzionari e dei dirigenti pubblici ed ha lo scopo di migliorare l’efficienza,
la produttività e la qualità del servizio pubblico
italiano.
2. La Graduate
School, United States Department of Agriculture (qui di seguito denominata
Graduate School) è un ente del Governo degli Stati Uniti. La Graduate School è
la principale istituzione educativa dedicata allo sviluppo professionale degli
impiegati e al miglioramento delle prestazioni delle agenzie del governo
federale degli Stati Uniti.
3. Considerati gli
scopi e gli interessi comuni di queste due istituzioni e il ruolo che rivestono
nello sviluppo della qualità della pubblica amministrazione è reciprocamente
vantaggioso per entrambe le istituzioni sottoscrivere questo
accordo.
4. Lo scopo
principale di questo Memorandum d’Intesa tra la SSPA e la Graduate School è di
tracciare le linee-guida per gli scambi professionali di dipendenti pubblici tra
i due Paesi. Lo scopo di questo programma di scambio è di: - favorire la cooperazione internazionale e
la mutua conoscenza tra i due Paesi tramite le opportunità di scambio
professionale nel settore della pubblica amministrazione; - offrire opportunità ai leaders
emergenti delle amministrazioni pubbliche italiana e statunitense di acquisire
un’effettiva esperienza e conoscenza della pubblica amministrazione nei loro
rispettivi settori.
5.Coloro che
prenderanno parte al programma di scambio della pubblica amministrazione avranno
l’opportunità di essere assegnati ad uno specifico incarico o progetto e saranno
integrati il più possibile nell’organizzazione ospitante. I partecipanti
dovranno conoscere bene la lingua del Paese ospitante in modo da poter espletare
produttivamente i compiti che saranno assegnati loro.
6. Per quanto è
possibile, sarà mantenuta una parità numerica di partecipazione nei rispettivi
scambi per assicurare un equilibrio di benefici e contributi per ciascun
governo. E’ auspicabile che siano effettuati circa 10 scambi (in ogni senso)
all’anno. Gli scambi non saranno di norma fra posti corrispondenti ma lo
potranno essere in caso di accordo in tal senso.
7. Il programma
sarà rivolto ai dipendenti pubblici emergenti della pubblica amministrazione
italiana e statunitense e a specialisti tecnici che dimostrino di avere una
particolare potenzialità. I partecipanti dovranno dimostrare di sapere assumere
un livello appropriato di responsabilità e di capacità decisionale o di
competenza tecnica nel loro settore di servizio. Il programma sarà aperto anche
ai funzionari italiani e statunitensi che hanno completato, con ottimi
risultati, il periodo iniziale di formazione. La durata degli scambi sarà
oggetto di accordo tra i partecipanti e l’organizzazione ospitante, ma
presumibilmente sarà dai 6 ai 12 mesi.
8. La SSPA e la
Graduate School provvederanno a promuovere il programma con i rispettivi
governi, a sollecitare le domande dei partecipanti e a facilitare la definizione
degli incarichi di scambio. Nel fare questo, le organizzazioni collaboreranno
nel preparare e realizzare i progetti individuali di scambio e amministreranno e
risolveranno, nella misura del possibile, problemi personali e tecnici che si
presenteranno nel corso del programma. 9. La SSPA e la
Graduate School prepareranno e si scambieranno la documentazione opportuna,
compresi i curricula di ciascun partecipante nonché le informazioni
necessarie per i controlli relativi alla sicurezza. Inoltre, saranno fornite
informazioni sui settori di interesse dei partecipanti e sugli obiettivi di
sviluppo professionale. Sarà fatto ogni sforzo per garantire l’assegnazione
dell’incarico di scambio entro 4 mesi dalla ricezione delle
domande.
10. I partecipanti
riceveranno dalla loro organizzazione lo stipendio, il rimborso delle spese di
viaggio tra i due Paesi e le relative indennità. I costi relativi ai viaggi o
alle prestazioni svolte nell’ambito dell’incarico di lavoro, autorizzate
dall’organizzazione ospitante, saranno sostenuti da
quest’ultima.
11. La SSPA e la
Graduate School forniranno l’orientamento per i singoli o i gruppi prima
dell’inizio degli incarichi e organizzeranno incontri periodici con i
partecipanti al programma di scambio per valutare il programma e le esperienze
dei partecipanti.
12.
L’amministrazione e il coordinamento delle disposizioni contenute nel MOU
spetteranno alla Divisione Rapporti Internazionali della SSPA e al Graduate
School’s International Institute.
Questo MOU entrerà
in vigore alla firma delle parti autorizzate per le rispettive
organizzazioni.
Il presente
documento rappresenta l’intesa raggiunta tra la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione della presidenza del Consiglio della Repubblica italiana,
Dipartimento della Funzione Pubblica e la Graduate School, United States
Department of Agricolture.
Fatto a Roma il 24
luglio 2003 in due originali ciascuno nelle lingue italiana e inglese; i due
testi facenti ugualmente fede.
Per la Scuola
Superiore della
Per la Graduate School, United States Pubblica Amministrazione
Department of
Agriculture
Prof. Angelo Maria
Petroni
Dr. Jerry Ice Direttore
Direttore
Esecutivo
FISSAZIONE,
PER LE AMMINISTRAZIONI PROVINCIALI E COMUNALI, DI CRITERI E LIMITI PER LE
ASSUNZIONI DI PERSONALE A TEMPO INDETERMINATO PER L'ANNO
2003.
(DPCM 12 settembre 2003 - GU
n. 239 del 14-10-2003)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI Vista la legge 27 dicembre 2002, n. 289,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato» (legge finanziaria 2003); visto, in
particolare, l'art. 34, comma 11 della citata legge 27 dicembre 2002, n. 289, il
quale prevede che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali
da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati per le
amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore
a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno
per l'anno 2002, per gli altri enti locali e per gli enti del Servizio sanitario
nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno
2003; considerato che
l'art. 34, comma 11, della legge n. 289/2002 stabilisce che le assunzioni che
riguardano le amministrazioni regionali, le province e i comuni con popolazione
superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di
stabilità interno per l'anno 2002 e gli altri enti locali e gli enti del
Servizio sanitario nazionale devono comunque, fatto salvo il ricorso alle
procedure di mobilità, essere contenute entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal
servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002, ad eccezione delle assunzioni
per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto,
in relazione alla tipologia di enti, della dimensione demografica, dei profili
professionali del personale da assumere, dell'essenzialità' di servizi da
garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate
correnti; considerato,
inoltre, che il citato art. 34, comma 11, della legge n. 289/2002 prevede che venga definito per
le regioni, per le autonomie locali le per gli enti del Servizio sanitario
nazionale l'ambito applicativo delle disposizioni relative ai commi 1, 2 e 3
del medesimo art. 34, concernenti
le dotazioni organiche delle
amministrazioni pubbliche; ritenuto di dover
procedere alla individuazione per le province e per i comuni dei criteri e dei
limiti relativi alle assunzioni a tempo indeterminato nell'anno 2003, nonché
alla definizione dell'ambito applicativo delle disposizioni relative alla
rideterminazione degli organici; visto il
decreto-legge 31 marzo 2003, n. 50, convertito nella legge 20 maggio 2003, n.
116, recante: «Disposizioni urgenti in materia di bilanci degli enti
locali»; visto l'accordo
sancito, nella seduta del 19 giugno
2003, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano unificata, ai sensi dell'art. 9, comma 2,
lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con la Conferenza
Stato, città ed autonomie locali; vista la nota
(prot. n. 3552/03/2.2.1 in data 1° luglio 2003) della Conferenza unificata della
Presidenza del Consiglio dei Ministri concernente l'Accordo tra Governo, regioni
ed autonomie locali per la fissazione di criteri e limiti per le assunzioni di
personale a tempo indeterminato nell'anno 2003 per le regioni, le province e i
comuni, per gli altri enti locali e per gli enti del Servizio sanitario
nazionale, ai sensi dell'art. 34, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n.
289; acquisiti i pareri
dei Ministeri dell'economia e delle finanze, dell'interno, della salute e
del Dipartimento per gli affari
regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri rispettivamente con note
n. 13607 del 28 luglio 2003, uf. Gab. del 3 luglio 2003, n. 100/275.0/10546 del
6 agosto 2003 e n. 1248/590 del 7 agosto 2003; vista la legge 23
agosto 1988, n. 400; visto il decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2002, registrato alla
Corte dei conti il 4 dicembre 2002, concernente delega di funzioni del Presidente del Consiglio
dei Ministri in materia di funzione pubblica al Ministro senza portafoglio avv.
Luigi Mazzella;
Decreta Art. 1. Ambito di applicazione
1. Il presente
decreto, ai sensi dell'art. 34, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
individua, per le amministrazioni provinciali e comunali, i criteri e i limiti
per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per l'anno 2003, nonché
definisce l'ambito applicativo delle disposizioni relative alla rideterminazione
degli organici ai sensi dei commi 1, 2 e 3 del citato art. 34, in attuazione
dell'Accordo tra Governo, regioni e autonomie locali sancito in data 19 giugno
2003 in sede di Conferenza unificata.
Art. 2. Rideterminazione degli organici dei comuni e
delle province
1. I comuni e le
province procedono alla rideterminazione delle rispettive dotazioni organiche in
applicazione di quanto previsto dall'art. 34, commi 1, 2 e 3 della legge 27
dicembre 2002, n. 289. 2. Sono esclusi
dagli adempimenti di cui al comma precedente i seguenti enti:
a) gli enti terremotati e quelli colpiti da
calamità naturali; b) gli enti in dissesto finanziari di cui
all'art. 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267; c) le unioni di comuni e le comunità
montane. 3. I comuni
appartenenti alla fascia demografica fino a 10.000 abitanti, nel provvedere alla
determinazione delle dotazioni organiche, possono fare riferimento al rapporto
dipendenti-popolazione della fascia demografica di appartenenza di cui all'art.
119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive
modificazioni ed integrazioni, anziché ai criteri ed ai limiti di cui all'art. 34, comma 2,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 4. Le province
appartenenti alla fascia demografica fino a 299.999 abitanti, nel provvedere
alla rideterminazione delle dotazioni organiche, possono fare riferimento al
rapporto dipendenti-popolazione della fascia demografica di appartenenza di cui
all'art. 119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, anziché
ai criteri ed ai limiti di cui all'art. 34, comma 2, della legge 27 dicembre
2002, n. 289. 5. Gli enti
istituiti nel corso del quadriennio 1999-2002 possono provvedere alla
rideterminazione definiva della dotazione organica sulla base dei posti in
organico complessivamente vigenti alla data del 31 dicembre
2002. 6. Ai fini del
calcolo per la determinazione delle dotazioni organiche di cui al comma 2
dell'art. 34 della citata legge 27 dicembre 2002, n. 289, va tenuto conto dei
posti formalmente istituiti, successivamente al 29 settembre 2002 ma comunque
entro il 31 dicembre 2002, per l'esercizio di funzioni trasferite dallo Stato e
dalle regioni ai comuni ed alle province. Detti posti sono fatti salvi anche ai
fini della provvisoria individuazione delle dotazioni organiche di cui al comma
3 del medesimo art. 34. 7. Qualora la
provvisoria individuazione delle dotazioni organiche come determinate secondo le
modalità di cui al comma 3 dell'art. 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
risultasse numericamente superiore a quella di cui al comma 2 del citato art.
34, i comuni e le province possono rideterminare definitivamente gli organici
prendendo come riferimento le dotazioni provvisoriamente individuate al 31
dicembre 2002.
Art. 3. Criteri e limiti per le assunzioni di
personale nelle amministrazioni comunali
1. Per l'anno 2003,
fermo restando quanto previsto dai commi 2 e 3 dell'art. 34 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per le assunzioni di personale a tempo indeterminato
nelle amministrazioni comunali, ai sensi del comma 11 del citato art. 34, le
classi demografiche sono le seguenti: oltre 65.000 abitanti; da 10.001 a 65.000
abitanti; fino a 10.000
abitanti. 2. I comuni con
popolazione superiore a 65.000 abitanti possono procedere ad assunzioni di
personale a tempo indeterminato entro percentuali non superiori ai limiti della
spesa annua lorda corrispondente al 48 per cento delle cessazioni dal servizio
verificatesi nel corso del 2002, ovvero al 20 per cento nei casi previsti dal
quarto periodo del comma 11 dell'art. 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289
(allegata Tabella A). Detti enti, nel
rispetto della programmazione triennale dei fabbisogni di cui all'art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, procedono nella scelta della tipologia e della
distribuzione di personale da assumere, in relazione a specifici fabbisogni ed
esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da assumere e
dell'essenzialità' dei servizi da garantire. 3. I comuni con
popolazione fino a 65.000 abitanti possono procedere ad assunzioni di personale
a tempo indeterminato entro un numero di unità pari al 50 per cento, ovvero al
20 per cento nei casi previsti dal quarto periodo del comma 11 dell'art. 34
della legge n. 289/2002 (allegata tabella A), delle cessazioni dal servizio
verificatesi nel corso dell'anno 2002 moltiplicato per i valori numerici
attribuiti ai seguenti parametri: a) classe
demografica: enti con popolazione fino a 14.999 abitanti,
parametro 1,15; enti con popolazione da 15.000 a 24.999 abitanti, parametro
1,05; enti con popolazione da 25.000 a 49.999
abitanti, parametro 1,00; enti con popolazione da 50.000 a 65.000
abitanti, parametro 0,80; b)
incidenza della spesa del personale
sulle entrate correnti accertata nell'ultimo consuntivo approvato nel corso del
2000: inferiore o uguale al 30%, parametro
1,15; superiore al 30%, parametro
0,85; c) tipologia di
servizi: servizi sociali, scolastici ed
assistenziali, parametro 1,20; servizi tecnici ed ambientali, parametro
1,10; servizi amministrativi, contabili e di
vigilanza, parametro 1,00; servizi culturali e sportivi, parametro
0,90; altri servizi, parametro
0,70. 4. Ai fini del
calcolo per la determinazione delle unità di personale da assumere nell'anno
2003 e' consentito agli enti l'arrotondamento per eccesso. 5. I comuni con
popolazione da 10.001 a 65.000 abitanti non possono, comunque, assumere a tempo
indeterminato un numero di dipendenti superiore al 50 per cento, ovvero al 20
per cento nei casi previsti dal quarto periodo del comma 11 dell'art. 34 della
legge n. 289/2002 (allegata tabella A), delle cessazioni dal servizio
verificatesi nell'anno 2002, anche se dal calcolo di cui al comma 3 dovessero
risultare percentuali superiori. 6. I comuni con
popolazione fino a 10.000 abitanti, fermo restando l'applicazione dei parametri
previsti dal comma 3, sono esclusi dai limiti di cui al precedente comma 5.
7. Ai comuni il cui
turn over relativo all'anno 2002 sia pari a zero o ad una unità e' consentita
comunque l'assunzione di una unità.
Art. 4. Criteri e limiti per le assunzioni di
personale nelle amministrazioni provinciali
1. Per l'anno 2003,
fermo restando quanto previsto dai commi 2 e 3 dell'art. 34, della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per le assunzioni di personale a tempo indeterminato
nelle amministrazioni provinciali, ai sensi del comma 11 del citato art. 34, le
classi demografiche sono le seguenti: oltre 2.000.000
abitanti; da 300.000 a 2.000.000
abitanti; fino a 299.999
abitanti. 2. Le province con
popolazione superiore ai 2.000.000 di abitanti possono procedere ad assunzioni
di personale a tempo indeterminato entro percentuali non superiori ai limiti
della spesa annua lorda corrispondente al 48 per cento delle cessazioni al
servizio verificatesi nel corso del 2002 ovvero al 20 per cento nei casi
previsti dal quarto periodo del comma 11 dell'art. 34 della legge n. 289/2002
(allegata Tabella B). Detti enti, nel
rispetto della programmazione triennale dei fabbisogni di cui all'art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, procedono nella scelta della tipologia e della
distribuzione di personale da assumere, in relazione agli specifici fabbisogni
ed esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da assumere e
dell'essenzialità' dei servizi da garantire. 3. Le province con
popolazione fino ai 2.000.000 di abitanti, possono procedere ad assunzioni di
personale a tempo indeterminato entro un numero di unità pari al 50 per cento,
ovvero al 20 per cento nei casi previsti dal quarto periodo del comma 11
dell'art. 34 della legge n. 289/2002 (allegata Tabella B), delle cessazioni dal
servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002 moltiplicato per i valori
numerici attribuiti ai seguenti parametri: a) classe
demografica: enti con popolazione fino a 299.999
abitanti, parametro 1,15; enti con popolazione da 300.000 a 499.999
abitanti, parametro 1,05; enti con popolazione da 500.000 a 999.999
abitanti, parametro 1,00; enti con popolazione da 1.000.000 a
2.000.000 abitanti, parametro 0,80. b)
incidenza della spesa del personale sulle entrate correnti accertata nell'ultimo
consuntivo approvato nel corso del 2000: inferiore o uguale al 24%, parametro
1,15; superiore al 24%, parametro
0,85. c) tipologia di
servizi: servizi istruzione, formazione e lavoro,
parametro 1,20; servizi tecnici ed ambientali, parametro
1,15; servizi di vigilanza, parametro
1,10; servizi culturali e sportivi, parametro
0,85; servizi amministrativi e contabili,
parametro 0,90; altri servizi, parametro
0,80. 4. Ai fini del
calcolo per la determinazione delle unità di personale da assumere nell'anno
2003 e' consentito alle province l'arrotondamento per eccesso.
5. Le province con
popolazione da 300.000 a 2.000.000 abitanti non possono, comunque, assumere a
tempo indeterminato un numero di
dipendenti superiore al 50 per cento, ovvero al 20 per cento nei casi previsti
dal quarto periodo del comma 11 dell'art. 34 della legge n. 289/2002 (allegata Tabella B), delle
cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno 2002, anche se dal calcolo di cui
al comma 3 dovessero risultare percentuali superiori. 6. Le province con
popolazione fino a 299.999 abitanti, fermo restando l'applicazione dei parametri
previsti dal comma 3, sono escluse dai limiti di cui al precedente comma 5.
7. Alle province il
cui turn over relativo all'anno 2002 sia pari a zero o ad una unità, e'
consentita comunque l'assunzione di una unità.
Art. 5. Assunzione di personale nelle unioni di
comuni e nelle comunità montane
1. Le unioni di
comuni e le comunità montane, per l'anno 2003, possono procedere ad assunzioni
di personale a tempo indeterminato entro percentuali non superiori ai limiti
della spesa annua lorda corrispondente al 50 per cento delle cessazioni dal
servizio verificatesi nel corso del 2002. Detti enti, nel
rispetto della programmazione triennale dei fabbisogni di cui all'art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, procedono nella scelta della tipologia e della
distribuzione di personale da assumere, in relazione agli specifici fabbisogni
ed esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da assumere e
dell'essenzialità' dei servizi da garantire. 2. Le unioni di
comuni istituite nel corso dell'anno 2002 possono assumere nel limite delle
dotazioni organiche vigenti alla data del 31 dicembre
2002.
Art. 6. Passaggi di funzioni e competenze agli enti
locali
1. Fermo restando
quanto previsto dal terz'ultimo periodo del comma 11 dell'art. 34 - con cui si
consentono, in ogni caso, le assunzioni connesse a passaggi di funzioni e
competenze alle regioni ed agli enti locali il cui onere risulta coperto da
trasferimenti erariali compensativi
della mancata assegnazione delle unità di personale -, e' consentita, in
caso di trasferimento di funzioni e competenze previsto con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri con relativa assegnazione di personale,
l'assunzione, in deroga alle disposizioni del presente decreto, di un numero di
unità pari a quello definito dal citato decreto presidenziale nel caso in cui le
previste procedure di mobilità non siano mai state
attivate. Il presente decreto
e' trasmesso alla Corte dei conti per gli adempimenti di competenza ed e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Roma, 12 settembre
2003 p. Il Presidente:
Mazzella
Registrato alla
Corte dei conti il 7 ottobre 2003.
FISSAZIONE, PER LE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E PER GLI ENTI E LE AZIENDE APPARTENENTI AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, DI CRITERI E LIMITI PER LE ASSUNZIONI DI PERSONALE A TEMPO INDETERMINATO PER L'ANNO 2003.
(DPCM 12 settembre 2003 - GU
n. 239 del 14-10-2003) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Vista la legge 27 dicembre 2002, n. 289 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” ( legge finanziaria 2003 ); visto l’art. 34, comma 11 della citata legge
27 dicembre 2002, n. 289 il quale prevede che, ai fini del concorso delle
autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica,
con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra
Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza
unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i
comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le
regole del patto di stabilità interno per l’anno 2002, per gli altri enti locali
e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti per le
assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2003; considerato, in particolare, che l’articolo
34, comma 11, della legge n. 289/2002 stabilisce che le assunzioni che
riguardano le amministrazioni regionali, le province e i comuni con popolazione
superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di
stabilità interno per l’anno 2002 e gli altri enti locali e gli enti del
Servizio sanitario nazionale devono comunque, fatto salvo il ricorso alle
procedure di mobilità, essere contenute entro percentuali non superiori al 50
per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell’anno 2002,
ad eccezione delle assunzioni per il personale infermieristico del Servizio
sanitario nazionale, tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti, della
dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere,
dell’essenzialità di servizi da garantire e dell’incidenza delle spese del
personale sulle entrate correnti; considerato, inoltre, che il citato articolo
34, comma 11, della legge n. 289/2002 prevede che venga definito per le regioni,
per le autonomie locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale l’ambito
applicativo delle disposizioni relative ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo
34, concernenti le dotazioni organiche delle amministrazioni
pubbliche; ritenuto di dover procedere alla
individuazione per le regioni e per gli enti del Servizio sanitario nazionale
dei criteri e dei limiti relativi alle assunzioni a tempo indeterminato
nell’anno 2003, nonché alla definizione dell’ambito applicativo delle
disposizioni relative alla rideterminazione degli
organici; visto l’accordo sancito, nella seduta del 19
giugno 2003, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano unificata, ai sensi dell’articolo 9,
comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con la
Conferenza Stato, città ed autonomie locali; vista la nota (prot. N. 3552/03/2.2.1 in
data 1 luglio 2003) della Conferenza unificata della Presidenza del Consiglio di
Ministri concernente l’Accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali per la
fissazione di criteri e limiti per le assunzioni di personale a tempo
indeterminato nell’anno 2003 per le regioni, le province e i comuni, per gli
altri enti locali e per gli enti del servizio sanitario nazionale, ai sensi
dell’articolo 34, comma 11, della legge 27 dicembre 2002,
n. 289; acquisiti i pareri dei Ministeri
dell’economia e delle finanze, dell’Interno, della Salute e del Dipartimento per
gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri rispettivamente
con note n. 13607 del 28 luglio 2003, uf. Gab. Del 3 luglio 2003, n.
100/275.0/10546 del 6 agosto 2003 e n. 1248/590 del 7 agosto
2003; vista la legge 23 agosto 1988, n.
400; visto il decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 29 novembre 2002, registrato alla Corte dei conti il 4
dicembre 2002, concernente Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei
Ministri in materia di funzione pubblica al Ministro senza portafoglio avv.
Luigi Mazzella;
Decreta Articolo
1. Ambito di
applicazione
1. Il presente decreto, ai sensi dell’art.
34, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 individua, per le
amministrazioni regionali e per gli enti e le aziende appartenenti al Servizio
sanitario nazionale, i criteri e i limiti per le assunzioni di personale a tempo
indeterminato per l’anno 2003, nonché definisce l’ambito applicativo delle
disposizioni relative alla rideterminazione degli organici ai sensi dei commi 1,
2 e 3 del citato articolo 34, in attuazione dell’accordo tra Governo, regioni e
autonomie locali sancito in data 19 giugno 2003 in sede di Conferenza
unificata. 2. La individuazione dei
criteri e dei limiti per le assunzioni e la definizione dell’ambito applicativo
della rideterminazione degli organici di cui al precedente comma è effettuata
distintamente per il personale delle regioni e per quello del Servizio
sanitario nazionale. 3. Le regioni e i rispettivi enti
strumentali e dipendenti delle medesime per i quali sussistono provvedimenti che
dichiarano lo stato di emergenza derivante da terremoti o calamità naturali sono
esclusi dagli adempimenti previsti dall’articolo 34, comma 11 della legge n.
289/2002. 4. Le disposizioni del presente decreto non si
applicano, ai sensi dall’articolo 95, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n.
289, alle Regioni a Statuto Speciale e alle Province
autonome. Articolo
2. Rideterminazione degli
organici della Regione
1. Le regioni procedono alla
rideterminazione delle rispettive dotazioni organiche nel rispetto di quanto
previsto dall’articolo 34, commi, 1, 2 e 3 della legge 27 dicembre 2002, n.
289. 2 Ai fini del calcolo per la determinazione
delle dotazioni organiche di cui al comma 2 dell’art. 34 della citata legge 27
dicembre 2002, n. 289, va tenuto conto dei posti formalmente istituiti,
successivamente al 29 settembre 2002 ma comunque entro il 31 dicembre 2002, per
l’esercizio di funzioni trasferite dallo Stato alle regioni. Detti posti sono
fatti salvi anche ai fini della provvisoria individuazione delle dotazioni
organiche di cui al comma 3 del medesimo articolo 34. Qualora si procedesse, nel
corso dell’anno 2003, ad ulteriori passaggi di personale dallo Stato alle
regioni, queste potranno procedere alla rideterminazione delle rispettive
dotazioni organiche integrandole con i posti necessari ai fini dei predetti
trasferimenti. 3 Le regioni determinano gli indirizzi applicativi relativi alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, per l’anno 2003, per i rispettivi enti strumentali o dipendenti della medesima Regione in armonia con quanto previsto dal presente decreto. Articolo
3. Rideterminazione degli
organici degli enti del Servizio sanitario nazionale
1. Le amministrazioni statali, per quanto di
competenza, e quelle regionali possono autorizzare, in attuazione dell’articolo
34, commi 1 e 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la rideterminazione delle
dotazioni organiche degli enti e delle aziende appartenenti al Servizio
sanitario nazionale e operanti nella singola regione, tenendo conto
prioritariamente delle risorse umane necessarie ad erogare le prestazioni dei
livelli essenziali di assistenza (LEA), fermo restando il numero complessivo dei
posti di organico vigenti alla data del 29 settembre 2002 in tutte le strutture
sanitarie della regione, nonché i vincoli finanziari posti dalle medesime
regioni, in attuazione dell’Accordo tra Governo, regioni e province autonome
dell’8 agosto 2001.
Articolo
4. Assunzione di personale
nelle Regioni 1. Per
l’anno 2003, le regioni, fermo restando quanto previsto dai commi 2 e 3 ,
dell’art. 34, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e dall’articolo 2 del
presente decreto, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato entro percentuali non superiori ai limiti della spesa annua lorda
corrispondente al 50% delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del
2002. 2. Ogni regione, nel rispetto della
programmazione triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449, procede autonomamente nella scelta della tipologia e
della distribuzione di personale da assumere, in relazione agli specifici
fabbisogni ed esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da
assumere, dell’essenzialità dei servizi da garantire e dell’incidenza delle
spese del personale sulle entrate correnti. 3 Le regioni determinano, inoltre, gli indirizzi applicativi relativi alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, per l’anno 2003, per i rispettivi enti strumentali o dipendenti della medesima regione in armonia con quanto previsto dal presente articolo. Articolo 5. Assunzione di personale
negli enti del Servizio sanitario nazionale 1. Le regioni, fermo restando quanto
previsto dai commi 2 e 3 dell’art. 34, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e
dall’articolo 3 del presente decreto, possono autorizzare, per l’anno 2003, gli
enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale operanti nell’ambito della
rispettiva regione, ad assumere personale a tempo indeterminato entro il limite
e secondo i criteri stabiliti dall’articolo 34 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, e comunque entro i limiti delle risorse finanziarie previste nell’Accordo
tra Governo, regioni e province autonome dell’8 agosto
2001. 2. Ogni regione nel rispetto della
programmazione triennale dei fabbisogni di cui all’articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449, procede autonomamente nella scelta della tipologia e
della distribuzione di personale da assumere, in relazione agli specifici
fabbisogni ed esigenze degli enti e delle aziende del Servizio sanitario
nazionale operanti nell’ambito della medesima regione, tenendo conto dei profili
professionali del personale da assumere, dell’essenzialità dei servizi da
garantire e dell’incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Il
presente decreto è trasmesso alla Corte dei conti per gli adempimenti di
competenza ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana. Roma,12 settembre 2003 p. Il Presidente:
Mazzella Registrato alla Corte dei conti il 7 ottobre
2003
AUTORIZZAZIONE ALLE
ASSUNZIONI DI PERSONALE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
(DPR
31 luglio 2003 - GU n. 198 del 27-8-2003)
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA Vista la legge 27 dicembre 2002, n. 289,
recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge finanziaria 2003); visto, in particolare, il comma 4 dell'art.
34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il quale stabilisce che alle
amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ad
esclusione dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, ivi comprese
le Forze armate, i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco,
è fatto divieto, per l'anno 2003, di procedere ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato, fatte salve le assunzioni di personale relative a figure
professionali non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore
all'unita', nonché le assunzioni relative alle categorie protette;
visto il comma 5 dell'art. 34 della citata
legge 27 dicembre 2002, n. 289, il quale stabilisce che, in deroga al divieto di
procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, per effettive,
motivate ed indilazionabili esigenze di servizio e previo esperimento delle
procedure di mobilità, le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento
autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti
di ricerca possono procedere ad assunzioni nel limite di un contingente di
personale corrispondente ad una spesa annua lorda a regime pari a 220 milioni di
euro e che, a tale fine, è costituito un apposito fondo nello stato di
previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze con uno
stanziamento pari a 80 milioni di euro per l'anno 2003 e a 220 milioni di euro a
decorrere dall'anno 2004; visto l'art. 39 della legge 27 dicembre
1997, n. 449, ed, in particolare, il comma 3-ter del medesimo
articolo; visto, il comma 6, dell'art. 34, della
citata legge 27 dicembre 2002, n. 289, il quale prevede che le deroghe al
divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato siano
autorizzate secondo la procedura di cui all'art. 39, comma 3-ter, della legge 27
dicembre 1997, n. 449, e che è prioritariamente considerata l'immissione in
servizio degli addetti a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto
degli impegni internazionali, alla difesa nazionale, al soccorso tecnico
urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi, alla ricerca scientifica e
tecnologica, al settore della giustizia ed alla tutela dei beni culturali,
nonché dei vincitori di concorsi espletati alla data del 29 settembre 2002 e di
quelli in corso di svolgimento alla medesima data che si concluderanno con
l'approvazione della relativa graduatoria di merito entro e non oltre il 31
dicembre 2002; considerato che dall'istruttoria prevista
dall'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed
integrazioni, risulta che le richieste di assunzioni pervenute dalle
amministrazioni interessate nel corso dell'anno 2003, comporterebbero una spesa
annua lorda a regime non compatibile con le risorse finanziarie previste dal
fondo di cui al citato art. 34, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n.
289; considerate le richieste di assunzioni di
personale a tempo indeterminato pervenute dalle amministrazioni interessate
tutte prioritarie secondo i criteri ed i limiti previsti dall'art. 34, comma 6,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289; ritenuto di assicurare il rispetto del
limite di spesa derivante dal fondo di cui al comma 5 del citato art.
34; considerato che occorre tenere conto
prioritariamente delle richieste delle Forze armate, dei Corpi di polizia e del
Corpo dei vigili del fuoco riguardanti la sicurezza pubblica, la difesa
nazionale ed il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e vigilanza antincendi
espressamente richiamate dall'art. 39 della legge n. 449 del 1997 e dall'art.
34, comma 6, della legge n. 289 del 2002; considerato che le assunzioni di personale
richieste dall'ACI non debbano gravare sul fondo di cui al comma 5 dei citato
art. 34, in quanto detto istituto non rientra nell'elenco degli enti facenti
parte dell'aggregato amministrazioni pubbliche definito secondo i criteri di
contabilità nazionale (SEC 95); ritenuto che occorre dare priorità ai
vincitori di concorsi pubblici, ad un numero prefissato di assunzioni per le
sedi maggiormente carenti di personale, alle assunzioni di professionalità del
settore informatico, della ricerca, legale, tecnico e sanitario; quindici unità
in mobilità provenienti dalle ex basi Nato per le esigenze dei Ministeri dei
beni ed attività culturali e del Ministero della giustizia - Dipartimento degli
archivi notarili; ai vincitori del terzo corso-concorso dirigenziale bandito
dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione per le esigenze delle
amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non
economici; ritenuto che, ai fini della determinazione e
del calcolo dell'onere finanziario complessivo, si tiene conto del differenziale
concernente la spesa annua lorda nel caso di assunzione di personale già
dipendente di pubbliche amministrazioni; ritenuto, pertanto, di dover autorizzare, in
deroga al divieto di cui al comma 4 dell'art. 34 della citata legge n. 289 del
2002, le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie,
gli enti pubblici non economici, le università e gli enti di ricerca a procedere
ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente
di personale corrispondente ad una spesa annua lorda a regime pari a 220 milioni
di euro da far valere sul fondo appositamente costituito nello stato di
previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze con uno
stanziamento pari ad 80 milioni di euro per l'anno 2003 e a 220 milioni di euro
a decorrere dall'anno 2004; vista la deliberazione del Consiglio dei
ministri, adottata nella riunione del 25 luglio 2003; sulla proposta del ministro per la funzione
pubblica e del ministro dell'economia e delle finanze,
Decreta: 1. Le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, le università
e gli enti di ricerca di cui alle tabelle l e 2 allegate al presente decreto,
sono autorizzate, ai sensi dell'art. 34, commi 4, 5 e 6 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, ad assumere, nell'anno 2003, un contingente di personale a tempo
indeterminato pari a complessive seimilanovecentosessantasette unità
corrispondente ad una spesa complessiva annua lorda a regime pari a 219.783.023
euro, di cui 57.969.404 euro quale onere relativo all'anno 2003 e 219.783.023
euro corrispondente alla spesa complessiva annua lorda a regime per l'anno 2004,
da far valere sul fondo di cui all'art. 34, comma 5 della legge 27 dicembre
2002, n. 289. 2. Alle Forze armate, ai Corpi di polizia ed
al Corpo dei vigili del fuoco è assegnato, per l'anno 2003, un contingente di
personale pari a cinquemilaseicentouno unità, come risulta dalla tabella 1
allegata al presente decreto, nel limite di spesa, per l'anno 2003, di
27.377.376 euro, e di 165.216.174 euro a decorrere dall'anno 2004. Per l'anno
2003 è posto a carico del fondo di cui all'art. 34, comma 5, della legge 27
dicembre 2002, n. 289, la spesa di 10.464.828 euro relativa ai richiami in
servizio autorizzati ai sensi della normativa vigente per le Forze armate,
l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza. 3. Nell'ambito del contingente di cui al
comma 1, le amministrazioni di cui alla tabella 2 allegata al presente decreto,
sono autorizzate, a decorrere dal 1° settembre 2003, ad assumere a tempo
indeterminato milletrecentosessantasei unità di personale corrispondente ad una
spesa complessiva annua lorda a regime pari a 54.566.849 euro, di cui 20.127.200
euro quale onere relativo all'anno 2003 e 54.566.849 euro corrispondente alla
spesa complessiva annua lorda a regime per l'anno 2004. 4. Il contingente di assunzioni di personale
di cui alla citata tabella 2 autorizzato in favore delle università è ripartito
tra i singoli istituti universitari su proposta del Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca scientifica, mediante istruttoria prevista
dall'art. 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, tenendo conto
delle richieste e delle esigenze dei singoli atenei, fermo restando il limite
delle risorse finanziarie assegnate al settore dell'università dal presente
decreto. 5. Nell'ambito del contingente di cui al
comma 3, è autorizzata l'immissione di quindici unità di personale provenienti
dalle ex basi Nato presso i Ministeri dei beni ed attività culturali e della
giustizia - Direzione degli archivi notarili. 6. Le amministrazioni, con esclusione di
quelle di cui al precedente comma 2, che hanno presentato richiesta di
autorizzazione all'assunzione avvalendosi della deroga concernente le priorità
che non riguardano l'assunzione dei vincitori di concorsi espletati alla data
del 29 settembre 2002 e di quelli in corso di svolgimento alla medesima data che
si sono conclusi con l'approvazione della relativa graduatoria di merito entro e
non oltre il 31 dicembre 2002, sono autorizzate ad assumere personale a tempo
indeterminato nel limite del contingente di cui al comma 3, fermo restando
quanto previsto dall'art. 34, commi 1, 2 e 3 della legge 27 dicembre 1997, n.
289. 7. Nell'ambito del contingente di personale
di cui al comma 6, è autorizzata l'assunzione di quarantacinque unità di
personale a tempo indeterminato presso l'ACI e l'ACI Terni il cui onere
finanziario è posto direttamente a carico dei bilanci autonomi dei predetti
istituti. 8. Nell'ambito del contingente di cui al
comma 3, è autorizzata la spesa annua lorda a regime di 4.399.167 euro relativa
all'assunzione di novantatre vincitori del terzo corso-concorso dirigenziale
bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione per le esigenze
delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non
economici; 9. Le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3
che, per esigenze organizzative e gestionali sopravvenute, intendano assumere
unità di personale appartenenti a categorie e professionalità diverse rispetto a
quelle autorizzate con il presente decreto, ovvero utilizzare graduatorie
concorsuali diverse rispetto a quelle considerate nel corso dell'istruttoria
prevista dall'art. 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono
autorizzate ad avviare le relative assunzioni, nel rispetto di quanto previsto
dall'art. 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e fermo restando il limite
delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna amministrazione dal presente
decreto. 10. Le amministrazioni di cui al comma 1
sono tenute, entro e non oltre il 15 novembre 2003, a trasmettere per le
necessarie verifiche alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica, ufficio per il personale delle pubbliche
amministrazioni, e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento
della ragioneria generale dello Stato, IGOP, i dati concernenti il numero dei
dipendenti assunti e in corso di assunzione, distinti per profili professionali
ed area di appartenenza, specificando se a tempo pieno o ridotto, indicando in
tale caso la tipologia e la quota percentuale del part-time, nonché l'eventuale
amministrazione di provenienza, ivi inclusa la relativa qualifica funzionale o
area professionale, la spesa per l'anno 2003, nonché quella annua lorda a regime
effettivamente da sostenere. Al completamento delle procedure di assunzione va,
altresì, fornita dimostrazione, da parte delle amministrazioni interessate, del
rispetto dei limiti di spesa previsti dal presente decreto.
11. Alla copertura dell'onere a carico delle
amministrazioni interessate, con esclusione di quella di cui al comma 7, si
provvede mediante utilizzo delle risorse iscritte nell'Unità previsionale di
base (UPB) 4.1.5.4. Fondi da ripartire per oneri di personale - cap. 3032, dello
Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003
e corrispondenti capitoli per esercizi successivi. Il presente decreto sarà inviato alla Corte
dei conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. Dato a Roma, addì 31 luglio
2003 CIAMPI Berlusconi, Presidente del Consiglio dei
Ministri Mazzella, Ministro per la funzione
pubblica Tremonti, Ministro dell'economia e delle
finanze Registrato alla Corte dei conti il 22 agosto
2003 Tabella 1
Tabella
2
ESPERIENZE
AMMINISTRATIVE 1. L'esperienza del SIO di Ravenna Nel settembre 1997 è stato avviato il progetto sperimentale per l'attivazione del Servizio Integrato di Orientamento (SIO). Tale progetto ha consentito, nel corso degli anni 1998 e 1999, di elaborare, sperimentare e mettere a regime un modello organizzativo e una serie di attività operative che prefigurano in maniera molto precisa 1a configurazione del Centro per l'Impiego. · Accoglienza: il funzionamento del servizio e l'utenza All'accoglienza è affidata la funzione di illustrare il servizio all'utente, individuarne il bisogno, rinviarlo ad altri servizi interni e/o territoriali. Deve garantire un primo approccio senza tempi di attesa troppo lunghi. Gli operatori dell'accoglienza fissano gli appuntamenti per il servizio di consulenza orientativa, di preselezione, di informazione guidata. L'approccio con l'utente rispetta modalità relazionali comuni tra tutti gli operatori e si qualifica come relazione caratterizzata da apertura, disponibilità all'ascolto e attenzione al bisogno della singola persona. Nell'arco dei due anni di sperimentazione si sono rivolti all'accoglienza del SIO oltre 38.000 utenti con un'affluenza media di oltre 70 persone al giorno. · Informazione Tale servizio reperisce ed elabora materiali di informazione con la finalità. di fornire agli utenti maggiori strumenti per la ricerca del lavoro e la elaborazione di progetti professionali. L’erogazione del servizio di informazione può avvenire con tre modalità: auto-consultazione, informazione guidata in accoglienza, informazione guidata su appun-tamento. Il monitoraggio sugli accessi al servizio evidenzia che oltre il 50% di coloro che si rivolgono all'accoglienza consulta autonomamente i materiali messi a disposizione negli spazi attrezzati per tale scopo e che tale modalità di fruizione del servizio è in continuo aumento. Il servizio di informazione ha inoltre ricevuto (nel ‘98 e ‘99) circa 200 utenti in percorsi di informazione guidata o per la consultazione di banche dati su appuntamento. Gli operatori dell'informazione si dedicano ad attività di back-office con la ricerca di materiali informativi di interasse locale, nazionale e europeo. Le informazioni raccolte vengono poi elaborate {per renderle più facilmente fruibili dall'utenza), catalogate e sistemate negli appositi raccoglitori a disposizione degli utenti. Gli operatori provvedono anche a mantenere aggiornati i cataloghi, così come si occupano dell'aggiornamento degli indirizzari e della schedatura informatizzata dei materiali acquisiti. Il catalogo dei materiali disponibili è consultabile anche attraverso il sito Internet del SIO (http://www.racine.ra.it/sio). È a disposizione del pubblico una postazione informatica attrezzata per la consultazione di banche dati e la compilazione del CV e di lettere di auto-candidatura. Nel corso dell'anno 1999 è stata avviata una attività specifica per l'allestimento di uno spazio di informazione in auto-consultazione sul territorio provinciale. · Orientamento e sostegno all'inserimento lavorativo L'area orientamento è dedicata alle persone che hanno bisogno di un sostegno nella scelta professionale e per pianificare il proprio percorso di inserimento formativo/lavorativo ed offre la possibilità sia di una consulenza individuale sia di attività di gruppo. L'attività orientativa individuale si ispira a un modello di consulenza breve che si articola, di norma, su tre incontri. Nel corso della sperimentazione (alla data del 15/12/99) hanno fruito della consulenza orientativa individuale 379 utenti. Si è potuto così definire in maniera precisa quello che è il ruolo di tale servizio all'interno di un Centro per l'impiego e configurarlo in modo da rispondere al meglio ai bisogni degli utenti (l'esperienza del SIO è stata utilizzata dalla Regione Emilia-Romagna come caso di studio per la elaborazione del modello di consulenza orientativa breve). Nel corso della sperimentazione si sono evidenziati i seguenti aspetti: a) la consulenza orientativa si trova a dover far fronte a "richieste orientative" molto diversificate, (dai giovani drop-out che vogliono transitare nel mondo del lavoro ad utenti cinquantenni con bassa professionalità); per questo è fondamentale durante il primo incontro riuscire a decodificare chiaramente la richiesta d'aiuto e a valutare quale patto di cooperazione proporre all'utente perché possa aderirvi; b) di fronte alla richiesta di trovare lavoro espressa dall'utente, l'utente deve sentire che ha ricevuto anche un aiuto spendibile subito; per tale motivo nel corso del secondo anno di sperimentazione sono state attivate iniziative specifiche: - la promozione di tirocini formativi; - la sperimentazione di brevi percorsi formativi individualizzati, realizzati in accordo con aziende alla ricerca di personale. Gli incontri di gruppo tra utenti vengono programmati a cadenza regolare; dall'apertura del SIO al 15 dicembre 1999 sono stati realizzati 63 incontri di gruppo incentrati prevalentemente sulle tecniche di ricerca attiva del lavoro (compilazione del CV e lettera di accompagnamento, il colloquio di selezione). · Incontro domanda offerta di lavoro Sono il complesso di attività finalizzate a reperire personale per le aziende e ad offrire ai lavoratori opportunità di inserimento lavorativo. Il servizio si occupa del reperimento di candidati, in possesso dei requisiti richiesti, da segnalare alle aziende in cerca di personale. Tali candidature vengono reperite attraverso la gestione di una banca dati di lavoratori disponibili o, nel caso questa prima modalità non dia esito positivo, attraverso la diffusione delle richieste di personale tramite i mezzi di comunicazione (stampa e di R@cine) e gli sportelli di alcuni servizi pubblici (URP, circoscrizioni, informa-giovani). Si sono rivolte a questo servizio 1.143 aziende che hanno effettuato oltre 2.500 richieste di personale (1.196 nel 1998 e 1.373 al 15/12/99). Sono stati segnalati alle aziende 6.752 candidati nel corso del 1998 e 5.376 nel corso del 1999. Gli esiti del servizio vengono costantemente monitorati ricontattando le aziende a due mesi di distanza dalla richiesta per verificare come si è conclusa la ricerca di personale. Tale attività ha evidenziato nel corso del tempo un progressivo miglioramento dei risultati passando dal 32% di assunzioni di personale segnalato dal SIO nel 1998 all’ 8% del 1999. Il SIO ha qualificato i servizi alle aziende introducendo una specifica figura addetta alla consulenza nella definizione del profilo professionale ricercato e sulle assunzioni agevolate ed adottando modalità di erogazione del servizio orientate al cliente-azienda sovente trascurato nei tradizionali servizi di incontro domanda offerta di lavoro. Relativamente al settore turistico-alberghiero è stato inoltre avviato un progetto finalizzato al reperimento di personale stagionale. Tale servizio ha operato attraverso il reperimento di auto-candidature di lavoratori da tutto il territorio nazionale così da fronteggiare il fabbisogno relativo al periodo estivo. Si sono rivolti al SIO per richieste di personale stagionale nel settore turistico-alberghiero, nel 1998, 560 aziende che hanno formulato 1.785 richieste corrispondenti a 2.179 posti di lavoro. Nel 1999 le richieste sono state 1.859 corrispondenti a 2.228 posti di lavoro. Analogo servizio è stato attivato, anche se con minor successo, per il settore agricolo. Le richieste di personale per l'anno 1999 nel settore agricolo sono state 70, ed hanno interessato 43 aziende agricole.
2. Il progetto integrato per l’anno 2000. Inserimento lavorativo dei rifugiati in
Italia. Il progetto, realizzato con il contributo finanziario della Commissione Europea, Fondo Sociale Europeo, e del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, ha previsto l’articolazione dei suoi interventi in quattro regioni: in Puglia attraverso la collaborazione CTM-MOVIMONDO, in Umbria con il CIDIS, in Lombardia con l'Ufficio Stranieri del Comune di Milano e nel Lazio, con l'Associazione Centro Astalli ed il CIR (Consiglio Italiano peri rifugiati), che ha svolto la funzione di coordinamento dell'intero progetto. I rifugiati, pur beneficiando degli stessi diritti dei cittadini italiani in materia di accesso al lavoro, devono affrontare una molteplicità di ostacoli che si aggiungono al già difficile inserimento occupazionale nel mercato italiano. Oltre ai problemi linguistici ed alla scarsa conoscenza del nuovo contesto culturale ed istituzionale, si somma l'errata omologazione dello status di rifugiato alla condizione dell'immigrato, con la conseguente disapplicazione delle normative sull’inserimento lavorativo autonomo e dipendente, in particolare di quelle specificamente rivolte si rifugiati. Ulteriori ostacoli all'inserimento lavorativo sono, inoltre, dovuti alla difficoltà di ottenere il riconoscimento dei titoli di studio, delle qualifiche e professionalità acquisite, anche per la frequente impossibilità di fornire una documentazione. Le possibilità di inserimento sociale e lavorativo (dipendente o autonomo) sono complicate dalla difficoltà di accesso ai servizi territoriali ed alle informazioni. Rispetto ai destinatari dell'intervento, un problema rilevante è rappresentato dalla difficoltà di garantire la partecipazione dei rifugiati ai percorsi formativi a fronte di una indennità inadeguata ai loro bisogni di sostentamento. Le risorse rese disponibili dall'attuazione di questo progetto sono state integrate con finanziamenti provenienti dal Programma di integrazione locale dei rifugiati, promosso e finanziato congiuntamente dal Ministero dell’Interno e dall’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). L’obiettivo del progetto è stato quello di promuovere l’inserimento nel mercato del lavoro italiano dei rifugiati sia attraverso interventi diretti ai rifugiati stessi (orientamento, formazione, sostegno alla ricerca del lavoro dipendente, consulenza per il lavoro autonomo) sia attraverso contatti e attività di sensibilizzazione rivolte alle istituzioni pubbliche e del privato sociale. BANCA DATI E' stata creata una banca dati contente circa 1000 schede personali, compilate nelle 4 regioni coinvolte nel progetto. Il programma è stato realizzato con lo scopo di ottenere dati statistici, ulteriore strumento di comprensione del fenomeno dei rifugiati, così come interrogazioni mirate volte ad individuare profili professionali nel caso di specifiche offerte di lavoro, e ad attivare una più efficiente programmazione delle attività di formazione professionale. RICERCA-INTERVENTO La ricerca-intervento, basata sul coinvolgimento attivo di 5 rifugiati, selezionati e seguiti dagli operatori delle quattro organizzazioni partner del progetto, ha avuto come obiettivo quello di individuare le esigenze, problematiche ed ostacoli che i rifugiati incontrano durante il loro percorso di inserimento socio-lavorativo e, quindi, di predisporre progetti individuali di inserimento professionale. E' stata, inoltre, effettuata un'analisi del mercato del lavoro e delle possibili risposte all'offerta di lavoro da parte dei rifugiati attraverso interviste ad attori chiave (imprenditori, sindacalisti, rappresentanti di categorie professionali). CORSI DI FORMAZIONE In collaborazione con il Centro Astalli, partner operativo del progetto, sono stati realizzati i seguenti corsi di qualificazione professionale: gestione di lavanderia operatori del settore edile videoscrittura (I livello). videoscrittura (II livello) personale alberghiero (in fase di realizzazione). Questa attività ha coinvolto in totale 73 rifugiati. ORIENTAMENTO Attraverso un'utenza limitata, si è cercato di individuare percorsi di integrazione lavorativa personalizzati ed elaborati con i rifugiati. In molti casi il ruolo degli operatori è quello di aiutare i rifugiati a comprendere il contesto italiano e a progettare il proprio futuro professionale sulla base delle effettive possibilità di impiego. Il servizio di "Guida al Lavoro", costituito presso gli uffici del CIR di Roma, è diviso in tre aree, formazione, lavoro dipendente, lavoro autonomo, ciascuna delle quali si è occupata della raccolta di informazioni e documentazione, contatti con gli enti pubblici e privati e sensibilizzazione. Ha svolto inoltre un'attività di front office, attraverso la quale il rifugiato è stato accompagnato e sostenuto nella ricerca del lavoro: elaborazione dei curriculum vitae, individuazione di possibilità di impiego, tirocini e stages, borse lavoro ecc.. DOCUMENTAZIONE E’ stata realizzata una guida multilingue per i rifugiati sulla formazione e riqualificazione professionale, lavoro dipendente e lavoro autonomo, che ha lo scopo di fornire le principali informazioni necessarie per orientarsi nel mercato del lavoro italiano.
ACCORDI E PROTOCOLLI D'INTESA CON ENTI PUBBLICI E
PRIVATI La metodologia del progetto quindi, pur avendo previsto l’istituzione di un servizio ad hoc interno ai nostri uffici, è stata fondamentalmente quella di cercare di sensibilizzare gli uffici istituzionalmente responsabili delle politiche del lavoro. Ciò anche al fine di rendere i risultati ottenuti dal progetto sostenibili nel tempo. Con il servizio si sono voluti sperimentare metodi e percorsi di inserimento lavorativo, da diffondere e replicare aia a livello locale che all’interno delle istituzioni. CILO La possibilità di dare una concreta continuità al servizio di orientamento avviato all'interno degli uffici del CIR è stata offerta dall'accordo con il Comune di Roma che si: impegna alla specializzazione di due Centro di Iniziativa Locale per l’Occupazione (CILO) sulla tematica dei lavoratori stranieri ed in particolare dei rifugiati.
L’accordo prevede l’inserimento negli uffici dei CILO individuati di cinque rifugiati in uno stage formativo. Allo stesso tempo gli operatori presenti verranno preparati sulle normative e sulle principali tematiche sociali relative ai rifugiati. Alla fine del percorso formativo, i rifugiati dovranno essere inseriti nei CILO come operatori. CONFCOMMERCIO NAZIONALE Con la CONFCOMMERCIO NAZIONALE è stato siglato un accordo in base al quale i rifugiati potranno usufruire della consulenza amministrativa e legale per l'avvio e consolidamento di attività commerciali. CONFINDUSTRIA REGIONE LAZIO In collaborazione con l'associazione di categoria degli industriali dei Lazio, è in corso di realizzazione un accordo per la realizzazione di percorsi formativi comprensivi di corsi di lingua e cultura italiana, ma soprattutto stage presso le stesse aziende che fanno parte dell'associazione. In questo modo si creeranno figure professionali effettivamente richieste dal mercato del lavoro, superando un tipico problema dell'offerta formativa italiana non sempre adeguata alle esigenze delle aziende. CNA Con la CNA (Confederazione delle piccole e medie imprese artigiane) è stato siglato un accordo che prevede la collaborazione con il CIR sia per interventi nella formazione professionale che per la consulenza legale ed amministrativa per l'avvio di attività autonome nel settore artigianale.
la valutazione delle politiche
pubbliche* Marcel Pochard, Direttore generale dell’Amministrazione e
della Funzione Pubblica: “Ogni azione pubblica può avere i suoi strumenti di
misurazione”.
D.: La prassi della
valutazione, in materia di politiche pubbliche, non è particolarmente recente:
in un modo o in un altro, ad essa si è fatto ricorso. In che cosa, dunque, la
valutazione è considerata di grande attualità? M.P.: è vero ed è positivo che
nell’amministrazione la valutazione della qualità delle azioni pubbliche non ha
un passato recente. La novità consiste nel fatto che quell’aspetto, nelle
problematiche più ricorrenti, è impiegato secondo metodi predefiniti,
sistematici, secondo criteri sia quantitativi che qualitativi. È necessario
puntualizzare che l’aspetto qualitativo deve essere indagato sul
campo. Quando abbiamo domandato a Hervé
Seyriex di valutare i progetti dei servizi, lanciati negli anni 1990-1991, egli
ha fatto riferimento alle classiche inchieste e, qualche volta, si é recato sul
posto, per avere un’idea più obiettiva e precisa delle ragioni del successo di
questi progetti di servizio. Alcune forti constatazioni sono
state riproposte, riassunte nella seguente formula, che la dice lunga sul
cammino da percorrere: “gli utenti sono i passeggeri clandestini dei progetti
dei servizi”…. D.: Quello che voi stessi
considerate una vostra aspirazione, è ciò che induce ad osservare che la cultura
e gli effetti della funzione pubblica dello Stato sono ancora relativamente
lontani dalle esigenze di una valutazione più
sistematica,? M.P.: diciamo, più esattamente,
che noi non siamo ancora organizzati per condurre delle politiche che
permettano, realmente, una valutazione. Ciò presuppone, in effetti, che fin
dall’inizio gli obiettivi ed i mezzi siano chiaramente fissati. Pertanto, al
sopraggiungere di un certo termine, è possibile esaminare i
risultati. Oppure, in un certo numero di
casi, le politiche sono attuate, senza che i loro obiettivi siano determinati
piuttosto chiaramente né fissati quantitativamente. Da qui scaturisce, per
esempio, l’interesse per la generalizzazione degli studi
d’impatto. Tuttavia, è noto che il
procedimento della valutazione non rileva particolarmente, né nelle politiche
nazionali, né nelle politiche locali. Uno degli elementi, che condurrà a
sviluppare la cultura della valutazione, è la moltiplicazione dei dispositivi
che coordinano l’attività dell’amministrazione centrale e degli uffici
decentrati. Ciò permetterà di agire prima,
attraverso la definizione delle missioni e, poi, attraverso la stipulazione dei
contratti. È piuttosto difficile poter
valutare la politica globale urbana, la politica di lotta contro la
disoccupazione, che rappresentano delle politiche globali, integrative l’un
l’altra, a livello nazionale. Al contrario, ai fini pratici,
fissare gli obiettivi per i capi ufficio o per i prefetti, determinare con loro
i mezzi da utilizzare, tutto ciò permette di avere una moltiplicazione di
effetti. D.: La vostra direzione ha
creato un “circolo per la valutazione”. Di cosa si tratta,
esattamente? M.P.: alla Funzione Pubblica, noi
abbiamo creato dodici circoli con questo stile, tutti basati su un semplice
principio: l’amministrazione non si evolverà mai, se non attraverso lo scambio
di esperienze. Per la valutazione (vedere, anche,
le pagine successive), noi cerchiamo di “mutuare” alcune esperienze, di successo
e fallimentari. Io credo, infatti, alla importanza degli insuccessi. Ho lavorato
molto insieme ad Edgar Faure, fervente seguace di Karl Popper, che ha attribuito
a quel nome la nozione di “sperimentazione”. Un insuccesso non è mai
completamente tale, esso può dimostrare in che cosa consiste un approccio
sbagliato. Si tratta di una constatazione, in riferimento ad un dato momento e
ad una determinata azione. D.: La valutazione ha, inoltre,
una finalità: quella di incidere concretamente sulle decisioni. La Francia è
ancora lontana dalla realizzazione di questo
obiettivo? M.P.: esiste, certamente, un
rischio legato alle evoluzioni divergenti, del settore privato che impiega, non
senza commettere errori, degli sforzi per la produttività, la redditività ed un
settore pubblico che non impegnerà, con altrettanta intensità, gli stessi
sforzi. Pertanto, gli effetti di un
miglioramento del funzionamento dei servizi, si moltiplicano. Nella maggior
parte dei ministeri, si assiste ad una presa di coscienza. Essa è uno dei
molteplici aspetti della modernizzazione della funzione pubblica. Si assiste,
dunque, ad una serie di cambiamenti di fondo. D.: Come credete che evolverà
il tema della valutazione? M.P.: innanzitutto, con la
responsabilizzazione. Il sistema amministrativo francese è stato, per troppo
lungo tempo, un sistema di irresponsabilità generalizzata. In un sistema di
questo tipo, ogni valutazione è, evidentemente,
impossibile. Occorre creare dei poli di
responsabilità, ovvero persone incaricate di missioni da portare a compimento,
che dispongano di mezzi, dei quali debbono rendere conto. In questo modo, la
valutazione ne costituirà una naturale conseguenza.
per
la valutazione delle politiche pubbliche, la creazione di un “circolo”
produttore di idee. Lontano
da ogni preoccupazione gerarchica o
di struttura, il circolo sulla valutazione delle politiche pubbliche, costituito
presso la direzione generale dell’amministrazione e della funzione pubblica,
permette un fruttuoso scambio di esperienze e di riflessioni. Da sei
anni, la sera dalle cinque alle sette, due o tre volte ogni trimestre, una
ventina di individui riservati, si introduce nel seminterrato dell’albergo nel
quale si trova la direzione generale dell’amministrazione della Funzione
Pubblica, al numero 32, di via Babilonia. Malgrado le loro attività possano turbare la quiete di
alcune abitudini amministrative, non si tratta di cospiratori. Semplicemente,
essi sono gli esperti del laboratorio della valutazione (n.d.t.:
sottinteso: delle politiche pubbliche). Inizialmente, nel 1991, essi non erano che «cinque o sei
appassionati», spiega Catherine Toussaint, organizzatrice delle attività del
laboratorio, costituito presso la DGAFP (Direzione Generale dell’Amministrazione
della Funzione Pubblica). Il
laboratorio è sorto sulla falsariga del CSE (Consiglio scientifico di
valutazione), fondato dal Primo Ministro Michel Rocard. «Successivamente,
molte persone, con responsabilità in materia di valutazione, si sono domandate
come fosse possibile assicurarne il suo sviluppo», ricorda Bernard Perret,
membro fondatore e, inoltre, relatore ufficiale al CSE. L’importante iniziativa non prevede nessuna struttura
gerarchica, ma la presenza di professionisti indipendenti; ciò significa che la
formula originale deve essere mantenuta. «Quando qualcuno di noi esprime la
propria opinione, non si cerca di sapere di chi si tratti, né da dove
parli», afferma Claire Guignard-Hamon, membro del gruppo di animazione del
circolo e relatore generale aggiunto al CSE. Fanno
parte del circolo, ovviamente, dei professionisti; degli esperti, i quali
vengono liberamente a partecipare ai dibattiti che vi si svolgono, ma il loro
“biglietto da visita” non è preso in considerazione.
La
professione del valutatore è, del resto, piuttosto difficile da delimitare, in
considerazione della novità dell’iniziativa. Non esistono (a dispetto dei
progressi compiuti) delle scuole di valutazione, non esistono dei valutatori
istituzionali ed il circolo ha, come ambizione, precisamente quella di colmare
questo vuoto. La
valutazione delle politiche pubbliche consiste, in generale, nel constatare se i
mezzi amministrativi e finanziari impiegati hanno permesso di realizzare gli
obiettivi prefissati; ma essa va ben oltre il semplice bilancio obiettivi-mezzi.
«Valutare è una nuova maniera di iscrivere la ricerca nelle scienze sociali,
nell’ambito del funzionamento degli organismi pubblici e del sistema
politico», precisa Bernard Perret.
Partire dal
concreto La
ristrutturazione nell’edilizia popolare, per esempio, costituisce una risposta
ad obiettivi che sono, nello stesso tempo, tecnici, urbanistici, sociali,
sociologici. La valutazione in materia dovrà, indubbiamente, verificare che le
ristrutturazioni programmate, siano state realizzate a regola d’arte ma, al
contempo, occorre verificare se l’ambiente sociale ha cognizione dei mutamenti,
se la struttura della popolazione si è evoluta…
Al
momento delle sue riunioni, il circolo inizia a trattare sempre aspetti
concreti. Il tema del dibattito è scelto da un gruppo di animatori, costituito
da sei membri, portavoce della classe dirigente.
È
contattato uno specialista, il quale presenta una valutazione reale, in corso di
svolgimento o, meglio, già compiuta, al fine di «scongiurare le digressioni
astratte», precisa Bernard Perret. Se il relatore, convocato per un solo
giorno, non è membro del circolo egli, di fatto, lo
diventa.
La sua
prestazione è stimolata da un dibattito estremamente aperto; qui vengono
inevitabilmente messe a punto le ristrutturazioni in questione. «Noi ci
sforziamo di non mascherare le difficoltà; gli intervenuti devono essere capaci
di riconoscere le loro debolezze, e ciò non è facile», ammette Danièle
Lamarque, consigliere referendario alla Corte dei conti e membro del gruppo di
animazione del circolo.
Nessun
rapporto, nemmeno quello di natura contabile, è reso ufficiale in questo
contesto, al solo scopo di favorire uno scambio di esperienze. «A ciascuno,
il compito di conoscere le tecniche, i contatti, gli indirizzi che possono
essergli utili», conclude Danielle Lamarque.
Il
successo del circolo, è basato sulla sua utilità. Esso è uscito dall’anonimato
nel 1992, dopo avere organizzato a Chantilly un incontro sulla valutazione delle
prassi amministrative, con la partecipazione di un centinaio di
invitati.
All’inizio, i suoi membri erano sei, oggi sono duecento. Si
tratta, per lo più, di funzionari parigini, ma ne fanno parte anche i membri del
Consiglio economico e sociale, revisori dei conti, politici locali…. Per ogni
appuntamento, Catherine Toussaint invia duecento inviti. «Ogni volta, sono coinvolte una ventina di persone,
quelle interessate al tema che, di volta in volta, deve essere affrontato.
Tuttavia, i temi sono talmente diversi tra loro che, durante l’anno, ci
incontriamo tutti». Sette anni di
lavoro Dal
1990, si sono tenute non meno di trenta riunioni del circolo della valutazione,
sui temi più diversi (valutazione delle politiche locali, valutazione
dell’azione di modernizzazione, presso il Ministero della Giustizia, livelli di
qualità, problemi metodologici, valutazione della politica di monopolio
dell’energia…), con la partecipazione di prestigiosi relatori, provenienti da
ogni settore (professori universitari, esperti incaricati di una missione
speciale, ricercatori…). La prossima riunione, dell’11 dicembre 1997, si baserà
sulla testimonianza di Jacques Horaist, il quale presenterà l’esperienza di
collaborazione vissuta nel Nord del Passo-del-Calais (vedi più
avanti).
la
valutazione delle politiche pubbliche anche i ministeri sono
valutati Il Comitato interministeriale
di valutazione (CIME) è stato creato nel 1990. Lunghi lavori delicati, che
richiedono, per i loro autori, una grande diplomazia. Un’alta posta in gioco,
vincoli e risultati. Michel
Rocard, con decreto del 22 gennaio 1990, ha creato il Comitato interministeriale
di valutazione (CIME), dipendente direttamente dal Presidente del Consiglio dei
Ministri, l’unico Organismo istituzionale autorizzato a decidere delle
valutazioni interministeriali delle politiche pubbliche.
Il
CIME, elabora dei progetti, li prepara insieme ai ministeri interessati, li
propone al Primo Ministro. Per realizzare i suoi lavori, esso crea degli
“organismi di valutazione”, gruppi di circa venti professionisti, che lavorano
per diversi anni, ordinano degli studi ad organismi esterni, finanziati dal
Fondo nazionale di sviluppo della valutazione (FNDE) e dai ministeri
interessati.
Una
valutazione interministeriale deve sempre riguardare più dipartimenti
ministeriali. «Per lanciare questa iniziativa, noi procediamo con l’accordo
del Gabinetto del Primo ministro e dei Ministeri in questione», precisa
Nicolas Tenzer, capo del servizio della valutazione e della modernizzazione
dello Stato, presso il Commissariato generale del progetto, che assicura il
segretariato del CIME. Una presidenza
indipendente È a
Nicolas Tenzer, insieme ai gabinetti interessati – anche a quello del Primo
ministro -, che è stato assegnato il compito delicato di costituire un organismo
di valutazione. Esso comprende circa venti membri: esperti indipendenti
(professori universitari, per esempio), rappresentanti delle amministrazioni
coinvolte, rappresentanti politici (possibilmente, di tendenze politiche
differenti) e, qualche volta, anche sindacalisti…, tutti designati “intuitu
personae”.
Una
particolare attenzione è rivolta alla scelta del presidente. Tale personalità
deve essere quanto più indipendente possibile: magistrati di provata esperienza,
alti funzionari, alla fine della loro carriera o all’inizio del
pensionamento…. Questo
organismo non è una commissione ufficiale e il suo rapporto non vincola il
Commissariato del piano: esso non impegna che i suoi autori; questo è l’aspetto
che lascia loro una grande libertà di comportamento.
Ma si
tratta, ugualmente, di giudicare l’efficienza della pubblica amministrazione e
di tradurre tale valutazione in un documento ufficiale, ma tale organismo non è
al riparo da pressioni. Queste valutazioni hanno qualche
impatto?
Il
numero delle iniziative fallite nella fase progettuale o, perfino, delle
interruzioni (su 140 redatti, soltanto 14 rapporti sono stati pubblicati),
dimostra, quanto meno, che esse arrecano un certo scompiglio o che non sempre
sono il risultato di una chiara volontà politica. «Nessuno può costringere un
ministro ad essere valutato».
Ora,
anche se tutti i rapporti di valutazione affrontano tematiche cruciali, altri
aspetti molto importanti della vita pubblica non sono mai stati trattati. Essi
riguardano: la previdenza sociale, la difesa, la politica economica,
l’istruzione pubblica ….
Altra
riserva: anche se una valutazione richiede un certo lasso di tempo, (una durata
di sei mesi è inevitabile, secondo Nicolas Tenzer), impiegare quattro anni per
valutare una politica, significa incorrere nel rischio che la valutazione non
interessi più a nessuno e sia in ritardo con i tempi della
politica. Da ciò
ne è conseguito l’intendimento del governo di correggere i suoi metodi e dare,
così, nuovo respiro alla valutazione, riformando il dispositivo del 1990.
Probabilmente, conducendo le loro indagini su dei punti più circoscritti, gli
organismi potrebbero produrre rapporti più frequenti.
Per il
momento, le valutazioni sfociano su delle analisi, perfino (sebbene questa non
sia la loro precipua funzione) su delle proposte che, qualche volta, conducono a
dei cambiamenti politici. «Anche quando questi cambiamenti non sono
ufficiali, si perviene ad una migliore conoscenza del settore, ad un maggiore
dialogo e ad una migliore collaborazione tra le amministrazioni coinvolte»,
conclude Nicolas Tenzer. I RAPPORTI
PUBBLICATI Dal 1990, il CIME ha pubblicato i
seguenti studi: - Il
sistema informatico nello Stato - La
legge quinquennale sull’impiego, il lavoro e la formazione
professionale - La
regolazione dei ritmi della vita del bambino - Le
zone umide - La
politica sociale dello Stato in favore dei suoi operatori - La
riforma dello Stato sociale -
L’inserimento degli adolescenti disagiati - La
valutazione degli aiuti per l’incentivazione dell’attività d’impresa (al di
fuori del CIME) -
L’accesso delle persone meno abbienti ai servizi pubblici I RAPPORTI IN CORSO DI
PUBBLICAZIONE Il monopolio del sistema
energetico I rischi naturali
maggiori
A
SCUOLA, SI APPRENDE. PROVE ALLA MANO Creata nel 1987, la Direzione
della valutazione e dell’evoluzione del Ministero della pubblica istruzione
svolge la missione di valutazione dello stato del sistema dell’istruzione in
Francia e prepara, per gli operatori del settore, tutte le direttive necessarie
per il miglioramento delle loro prassi. Essa svolge, altresì, il compito di
correggere numerosi comportamenti preconcetti. Regolarmente, viene messo in evidenza lo stesso
convincimento: «I bambini non sanno più leggere, non sanno più contare…Il
livello del crollo…». Vero, falso? Falso, si indigna la pubblica istruzione.
Come tanti altri settori, quello dell’istruzione provoca, spesso, nel grande
pubblico questa fantasmatica visione de: “la situazione era migliore nel
passato”.
Intensa e diffusa nostalgia, non recente, sulla quale
storici e sociologi potrebbero interrogarsi a lungo. In ogni caso, se si afferma
che le situazioni non sono peggiori rispetto al passato, ma semplicemente
diverse, se non migliori, occorre sempre dimostrarlo in modo
pertinente.
Questo
è il tema sul quale è impegnata la Direzione della valutazione e dell’evoluzione
(DEP) dell’istruzione pubblica, diretta da Claude Thélot. La posta è alta: in
effetti, la Francia destina, oggi, quasi 580 miliardi di franchi per
l’insegnamento.
Questa
valutazione deve, innanzitutto, partire da parametri quantitativi essenziali. La
più completa documentazione di questo lavoro, svolto dalla DEP, è pubblicata
nello “Stato della scuola”, una rivista annuale che, in 30 brevi capitoli,
arricchiti da numerosi grafici e schede, presenta un’immagine d’insieme dello
stato e dell’evoluzione del sistema dell’istruzione francese, dalla scuola
materna alle scuole superiori, senza dimenticare la formazione
continua.
Tutte
le direttive sono, per quanto è possibile, il risultato di una combinazione di
confronti internazionali (sono stati presi in considerazione undici paesi). Per
un livello di spesa, che la situa in una posizione media, la Francia fa parte
dei Paesi dove le aspettative di scolarizzazione di un bambino sono fra le più
elevate.
I
risultati, ottenuti dagli studenti francesi, al momento delle indagini
internazionali, sono soddisfacenti: nella lettura, nella matematica, «il
sistema d’istruzione francese testimonia una buona efficienza», stima lo
stato della scuola. I risultati del sistema educativo sono, complessivamente,
migliorati. Effetto
specchio Oggi,
il doppio dei giovani è titolare di un diploma di scuola media superiore,
all’età di vent’anni. Diploma, di cui “Lo stato della scuola” sottolinea il
valore: «esso accresce le opportunità di lavoro». Rimangono due nei: gli
studenti sono deboli in scienza; circa il 10% degli studenti di prima media, non
possiede nessuna padronanza nella lettura di base e nel calcolo, e 53.000
giovani escono dal sistema educativo senza nessuna
qualificazione.
Ma non
bisogna dimenticare che, all’età di vent’anni, un quarto degli studenti che
abbandona la scuola senza un diploma trova, ciò nonostante, lavoro. Oggi, anche
chi possiede un diploma incontra difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro.
Valutare, significa anche guardare in prospettiva….
La
DEP, d’altronde, non si accontenta di effettuare una semplice constatazione
della situazione. «Le nostre direttive hanno ugualmente un effetto specchio:
esse riflettono lo stato della scuola, per meglio svolgere l’attività
d’indirizzo», stima Claude Thélot, direttore della
DEP.
Per
esempio, grazie agli indicatori per effettuare un accertamento, i presidi
possono apprezzare i risultati raggiunti, inquadrare la loro posizione nel loro
ambiente e adottare gli indirizzi appropriati, per migliorare la loro
prestazione. Peraltro, la DEP elabora, dal 1992, delle banche-dati per la
valutazione, messe a completa disposizione del corpo
insegnanti. Si
tratta di strumenti che comprendono esercizi destinati a conoscere meglio quanto
gli studenti hanno appreso, oltre che dei commenti, di ordine pedagogico, che
devono permettere all’insegnante di elaborare delle strategie di risposta,
adatte alla personalità di ogni allievo.
«Da
tre anni, il sistema educativo non migliora più quantitativamente. I suoi
progressi riguardano ormai il solo aspetto qualitativo delle prassi,
dell’aspetto pedagogico e gestionale e, in particolare, dell’adattamento
dell’insegnamento al singolo destinatario. Da qui, la necessità di fare
circolare l’innovazione: è questa la strada da percorrere per fare progredire il
sistema dell’istruzione», conclude il direttore della
DEP. Per saperne di più sulla
DEP. La DEP
pubblica: Lo stato della scuola, geografia
della scuola, riferimenti e rapporti statistici: riviste annuali
sull’insegnamento e la formazione. La rivista Educazione e
formazione, quattro numeri ogni anno. Le inchieste sull’istruzione e la
formazione, dodici numeri ogni anno. Note informative, da quattro a sei
pagine, da cinquanta a sessanta numeri ogni anno. Queste pubblicazioni sono
consultabili su internet: http://www.cri.ensmp.fr/de. E possono essere
reperite presso la DEP A2 Diffusione di vendita, tel.:
01.40.65.72.04. Su videotel, 3615 EDUTEL (1,01
franchi, per ogni minuto di collegamento), sono presentati gli indicatori delle
prestazioni, nelle scuole secondarie superiori statali (codice
IVAL).
LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE
PUBBLICHE VALUTARE PIÙ A MONTE LE MISURE
PER L’OCCUPAZIONE Le spese d’intervento per
l’incentivazione dell’occupazione e dell’inserimento, rappresentano un onere
sempre più gravoso per il bilancio dello Stato. La loro valutazione è, più che
mai, indispensabile. Sempre puntuale da quindici anni, questa valutazione è
ormai diventata molto più metodica. Complessivamente, più di 300 miliardi di franchi nel 1996,
ossia il 4% del prodotto interno lordo: la spesa totale per l’occupazione è
cresciuta considerevolmente dal 1973, quando rappresentava appena lo 0,3 % del
PIL. Allo stesso tempo, i soggetti destinatari delle politiche specifiche sono
cresciuti numericamente, da 100.000 individui, nel 1973, a 2,3 milioni di
persone, nel 1996….
Di
fronte a queste cifre vertiginose, si comprende l’imprescindibile necessità di
conoscere quale impatto ed efficacia provocano le numerose misure di lotta alla
disoccupazione. Questo compito di valutazione grava, per lo più, su una delle
direzioni del Ministero del lavoro e della solidarietà sociale, la Dares
(Direzione per l’incentivazione della ricerca, degli studi e della scienza
statistica), costituita nel 1993, su sollecitazione di Martine Aubry, precisa il
direttore di questa direzione, Claude Seibel.
La
missione della direzione succitata, consiste anche nell’espandere il ruolo e le
competenze del servizio degli studi e della scienza statistica, già esistente
dal 1975. Ma gli studi, avviati a partire dal 1976, in seguito ad un netto
aumento delle spese pubbliche per l’occupazione (la crisi petrolifera lo
impone…), sono sempre stati, per numerosi anni, analitici, successivamente ad un
graduale rodaggio della metodologia adottata.
Ovviamente, questi tentativi di partenza non possono
stupire: essi sono legati all’estrema complessità della nozione delle politiche
per l’occupazione, i cui obiettivi sono, per loro stessa natura,
eterogenei.
Alcune
misure, per esempio, mirano a diminuire il livello della disoccupazione,
favorendo la creazione di nuovi impieghi. Altre misure, qualitativamente
migliori e più mirate, si sforzano di ridistribuire le opportunità di accesso
all’impiego, in favore di “soggetti in difficoltà economica e sociale”. I
soggetti interessati sono numerosi.
Le
interazioni di misure differenti sono piuttosto delicate da gestire. Gli effetti
di una determinata misura, in rapporto alla congiuntura economica generale, sono
molto difficili da delineare…. Queste difficoltà, non hanno impedito alle
procedure di valutazione di evolversi considerevolmente.
A poco
a poco, si è compreso come collegare, nel modo migliore, studi macroeconomici e
dati microeconomici. L’interesse non si focalizza più soltanto sui puri e
semplici risultati di una misura, ma anche sulle condizioni della sua
applicazione. Vengono sviluppati degli approcci “multidirezionali” e
viene completata la nozione di “tasso di accesso all’impiego”, con osservazioni
sul comportamento dei beneficiari o sull’evoluzione del loro percorso
professionale. È così che, a forza di ritocchi, le pubblicazioni della Dares
sono utili tanto agli operatori delle politiche per l’occupazione che alle
stesse imprese ed indicano che, se nessuna misura fosse stata adottata, circa
altri 500.000 disoccupati sarebbero comparsi dalla metà del
1980. Verso valutazioni quasi
permanenti Tuttavia, restano dei miglioramenti da apportare: la Dares
non lo nasconde. In rapporto alle valutazioni straniere, le ricerche francesi
lasciano uno spazio ancora troppo ristretto ai problemi dell’efficienza, in
particolare alla nozione di “costo sostenuto per avere evitato la presenza di un
disoccupato in più”. In
particolare, ed anche se le valutazioni sono sempre più spesso previste al
momento in cui è adottata una nuova misura (nella legge quinquennale del 1993,
per esempio, o nella più recente legge sull’”occupazione giovanile”), sarà
vantaggioso sostituire le valutazioni effettuate in un momento determinato, con
delle procedure quasi permanenti. In
effetti, una delle grandi lezioni di questi ultimi anni, è che una misura
specifica non produce gli stessi effetti, a breve termine e a medio termine. A
breve termine, le incentivazioni al prepensionamento agiscono più sui tassi di
disoccupazione, che sugli aiuti alle imprese, per esempio, attraverso la
promozione dei contratti per lo sviluppo dell’occupazione (CIE). Ma, a medio
termine, accade l’inverso… Rivelare gli
ostacoli Infine, un problema di particolare importanza è
rappresentato dalla concreta influenza delle valutazioni sulle decisioni dei
rappresentanti del governo. «Non c’è sempre concordanza tra la conoscenza
precisa degli effetti di una misura e le scelte politiche. Un esempio classico,
è quello del RMI: alcune raccomandazioni dei valutatori, dalla loro
pubblicizzazione, per esempio, non sono state
eseguite». Tuttavia, il fatto che alcune valutazioni non producano
cambiamenti automatici di una politica, ha anche il suo risvolto positivo. Si
rileva, in modo significativo, l’esistenza di ostacoli nell’espletamento
dell’azione pubblica, per alcuni tipi di misure.
Alla
Dares, è maturata la convinzione che i processi di valutazione stiano
conquistando un posto sempre più rilevante. La creazione prossima di una
sotto-direzione, incaricata esclusivamente delle valutazioni, costituisce un
nuovo segnale di un futuro impegnativo, per queste
procedure.
esiste un modello britannico di
valutazione? In termini cronologici e,
spesso, d’impatto, le tecniche di valutazione anglosassoni sono risultate più
avanzate di quelle francesi. Tuttavia, questa affermazione non perché valida
nella sua interezza, anche se la visione francese si sottrae, spesso, con
abilità ed astuzia ad ogni difficile confronto. “La
Francia è in vantaggio, rispetto ad altri paesi, come la Gran Bretagna,
impegnati nella gestione e nell’organizzazione del mercato della valutazione”.
Questa citazione è stata estratta da un articolo vendicativo del Financial
Times? Nient’affatto. Essa è ricavata, più semplicemente, dall’introduzione
al rapporto 1996 del Consiglio scientifico della valutazione e sembrerebbe
indicare che, agli occhi degli esperti francesi, i nostri vicini d’Oltre-Manica
operino meglio di noi…
Infatti, secondo Bernard Perret, relatore in questo
Consiglio, «con il termine di ‘valutazione’ s’intendono prassi piuttosto
differenti da un paese all’altro. La concezione britannica è, quasi
esclusivamente, “gestionale”, allorché la finalità della valutazione in Francia
s’iscrive, per lo più, in una prospettiva democratica, piuttosto che in una
dimensione puramente manageriale». La svolta degli anni
’80 È
incontestabile che il popolo britannico sia più avanzato, rispetto a noi, in
materia di valutazione. In Gran Bretagna, le prassi di valutazione sono una
costante e vengono formalizzate dal 1970, anche se il decreto costitutivo risale
al 1990[1].
I primi studi, promossi Oltre-Manica, in un contesto di crescita economica, si
interrogano sui mezzi per rispondere al meglio ai bisogni della società,
attraverso lo sviluppo dei programmi socio-educativi o della
sanità.
Gli
anni ’80 hanno segnato una svolta: la valutazione si trasforma in strumento di
verifica sistematica del costo e dell’utilità degli interventi dell’autorità
pubblica. Questa costante preoccupazione di rendimento s’iscrive fra i principi
fondamentali della dottrina della “Nuova gestione pubblica”, che preconizza il
fenomeno delle privatizzazioni, lo sviluppo dei meccanismi di mercato e
l’instaurazione di un rapporto fornitore/cliente (laddove la Francia preferisce
il termine di “utente”), in seno al settore pubblico. Questi
importanti orientamenti riguardano la creazione di agenzie, incaricate di
assicurare, in modo autonomo, alcune funzioni amministrative, come il versamento
delle prestazioni sociali. L’autonomia di queste agenzie facilita il controllo
del loro rendimento; ma la valutazione si applica anche ai diversi interventi
economici dello Stato, sia che si tratti di sovvenzioni o di aiuti alle
imprese.
Infine, sempre all’interno di questa logica gestionale, è stata creata una “commissione di controllo”, incaricata di valutare i servizi pubblici locali.
Uno strumento di
gestione In
Francia, lo sviluppo della valutazione si svolge in un altro contesto: quello
della modernizzazione del servizio pubblico. Sono state fissate,
volontariamente, delle finalità ben precise: aiutare i sostenitori d’iniziative
politiche a valorizzare i risultati delle loro decisioni.
La
valutazione è anche uno strumento al servizio dell’attività gestionale degli
operatori, quasi una formazione professionale. Non è esclusa la finalità del
bilancio, ma essa rimane secondaria, probabilmente a causa degli insuccessi
registrati nella “razionalizzazione delle scelte di
bilancio”… In
Francia, inoltre, è privilegiato lo studio delle politiche generali, complesse
e, spesso, eterogenee: l’inserimento, l’istruzione, la salute, laddove la
valutazione britannica, più sistematica e più mirata, tocca misure e programmi
ben definiti.
Tuttavia, in finale, quale uso, il governo e la politica
dei due paesi, fanno dei risultati delle loro valutazioni? In Gran Bretagna, a
priori, politica e amministrazione giungono, molto spesso, a decisioni di
riforma del bilancio o di ridefinizione dei programmi, quando i risultati sulle
politiche seguite appaiono insoddisfacenti.
«Ma, sottolinea Bernard Perret, prima di
attribuire agli uni o agli altri un trofeo di efficienza, bisogna sottolineare
le differenze culturali, spesso profonde». Il parlamento britannico,
contrariamente al nostro, ha sempre privilegiato la sua missione di controllo
della spesa pubblica, sostitutiva delle conclusioni tratte dalle
valutazioni.
Gli
anglosassoni hanno il culto della trasparenza, mentre in Francia l’interesse
reale dell’amministrazione per i processi valutativi si scontra spesso con la
volontà di proteggere il suo ambito d’intervento. Ma, malgrado la sua giovane
età e le sue peculiarità, la valutazione in Francia presenta, secondo Bernard
Perret, un bilancio piuttosto positivo.
Se
essa non si è imposta come una tecnica di rinnovamento del lavoro del governo
ha, nondimeno, dato prova della sua efficacia nel ridare senso al lavoro dei
funzionari.
la
valutazione delle politiche pubbliche l’occhio del privato Le grandi
istituzioni (società) di controllo sono spesso chiamate a sostegno della
valutazione delle politiche pubbliche. È quanto è accaduto, per esempio, a
Ginevra. Da
qualche mese, i responsabili politici ginevrini dispongono di un voluminoso
studio, intitolato: “Controllo globale dello Stato di Ginevra”. Di che cosa si
tratta? Non è altro che una valutazione d’insieme delle politiche pubbliche,
condotte nel Cantone svizzero, accompagnata da circa 250 raccomandazioni, per
migliorare la sua efficacia.
Questo
studio, che ha richiesto un anno di lavoro, presenta due particolarità. Da una
parte, esso è il risultato della volontà degli stessi amministrati; esso è
stato, infatti, lanciato in seguito ad una “votazione”, una sorta di referendum
ad iniziativa popolare. Dall’altra parte, questo studio è stato commissionato,
dopo una licitazione pubblica, ad un organismo privato per il controllo
finanziario: la società internazionale “Arthur Andersen”.
«Noi abbiamo, dopo diversi anni, spiega Bruno Kern,
uno degli avvocati associati del Gabinetto, un dipartimento per i servizi
pubblici e la collettività, specializzato nella valutazione delle politiche
pubbliche. In effetti, privato o pubblico, la problematica differisce poco.
Bisogna rispondere alla domanda che gli anglosassoni formulano in questi
termini: “quale valore dare al denaro”».
È
facile rispondere a questo quesito? Probabilmente, no. Infatti, gli indicatori
variano quando si controlla un’impresa e quando si valuta una politica pubblica.
«Nel primo caso, riconosce Pilippe Puech, altro associato allo studio
Andersen, gli strumenti di misura sono evidenti: si tratta di indici che
prendono in considerazione il rendimento dei capitali investiti. Nel secondo
caso, la situazione è più complessa. L’aspetto qualitativo si mescola a quello
quantitativo. Inoltre, è difficile misurare alcuni parametri come, per esempio,
l’immagine che gli amministrati percepiscono di una politica realizzata
…». Occorre, dunque, trovare gli strumenti idonei, atti a
quantificare “l’immissione d’informazioni” e “le risposte ottenute”, in altri
termini: i mezzi adottati e i risultati ottenuti. Per questi specialisti del
controllo, d’ora in avanti, la regola d’oro prima di lanciarsi è, perciò, di
impegnare il tempo a disposizione nella definizione della metodologia e di
assicurarsi che questa metodologia sia condivisa dagli operatori di una politica
pubblica.
«Per il controllo dello Stato di Ginevra, precisa
Philippe Puech, ci siamo preoccupati di affiancare, al comitato pilota,
alcuni responsabili dell’amministrazione. Ad ogni tappa, l’insieme dei
funzionari ha ricevuto, insieme al cedolino dello stipendio, un rendiconto del
nostro procedimento».
Infine, il valutatore deve imparare a non oltrepassare il
suo ruolo: quello di ausilio ai servizi pubblici. Rimettere in discussione gli
obiettivi di una parte della politica o di un’altra, non è di sua competenza.
Pertanto, la valutazione non deve limitarsi ad essere una semplice
constatazione, ma deve essere accompagnata anche a delle raccomandazioni,
contenenti proposte di modifica precise.
«La
nostra forza, conclude Philippe Puech, è la nostra indipendenza e la
nostra neutralità». Si tratta, insomma, di realizzare un percorso di
“semplificazione dei procedimenti di valutazione”; in questo senso gli organismi
privati concepiscono il loro ruolo. Senza dubbio, una pista da
seguire.
ISPEttorati GENERALI: DAL
CONTROLLO ALLA VALUTAZIONE Dalle più datate, che risalgono
agli inizi del XIX secolo (come quelle delle finanze), alle più recenti, come
l’IGAS (Ispettorato generale degli affari sociali, creato trent’anni fa),
«tutti gli Ispettorati generali svolgono, ovviamente e innanzitutto, una
funzione di controllo, di verifica della regolarità delle procedure e della
contabilità», spiega Jacky Richard, capo ufficio dell’Ispettorato generale
dell’amministrazione della pubblica istruzione. Eppure, sempre più spesso, la loro missione si orienta
anche verso la valutazione, considerata «una nozione più ampia, più
flessibile, più moderna», rispetto a quella di controllo. Un esempio? «La
valutazione, consisterà non soltanto nell’assicurarsi che un’istituzione, una
scuola, siano in regola, ma anche che funzionino
bene».
La
procedura si basa, dunque, sul principio di un “dibattito in contraddittorio”.
Dal suo arrivo a questo ufficio, da poco più di un anno, Jacky Richard si è
impegnato nel perfezionamento di questo principio. Prima di essere inviati al
Ministro, i rapporti che egli fa effettuare sono, innanzitutto, sottoposti alla
persona o alla struttura controllate, «perché possa esprimere il suo punto di
vista». Ciò malgrado, l’ultima parola resta al
controllore.
Recentemente, è stato effettuato uno studio sullo spreco di
ore supplementari nelle università. Queste ultime, hanno spiegato con quale
rigidità regolamentare sono disciplinate: «i diversi punti di vista possono
incontrarsi, anche prendendo in considerazione una modifica della
normativa», spiega Jacky Richard.
«Bisogna superare la dicotomia tra controllo e
valutazione, considerando il primo termine come una delle modalità con cui si
esprime il secondo», conclude Jacky Richard: «ogni operatore di
un’istituzione deve potere, ad un certo punto, valutare il suo operato. Le
direzioni specializzate nella valutazione, sono create proprio per fornirgli gli
strumenti necessari».
quale formazione per la
valutazione? Fino ad oggi, l’insegnamento
della valutazione delle politiche pubbliche è stato piuttosto dispersivo.
L’università e gli istituti di formazione hanno, successivamente, iniziato ad
organizzarsi. La valutazione è, dunque, diventata sempre più una disciplina
autonoma. Esistono delle scuole di formazione, che si indirizzano non
soltanto agli stessi “valutatori”, ma anche agli amministratori, preoccupati di
mettere a frutto una valutazione in corso, nella loro
istituzione.
Esse
sono di recente costituzione, anche se ancora poco diffuse, ma progrediscono,
con la finalità della formazione iniziale e di quella continua. Per quanto
concerne la formazione iniziale, i due organismi guida sono: l’università e il
CNFPT (Centro nazionale dell’amministrazione pubblica
locale).
Nell’università, a settembre 1997, avrà inizio il primo
corso di studenti, titolari del Dess (diploma di studi superiori specialistici),
dell’Università di Rennes, denominato “Valutazione e analisi finanziaria negli
enti territoriali”.
Interesse del diploma: un corso teorico-pratico che,
sottolinea uno dei responsabili, Alain Guengant, permette agli studenti di
«partecipare a perizie valutative all’interno – in seno alle collettività
locali – di studi privati o di strutture, come il Cemaref (Centro nazionale
delle macchine agricole del genio rurale delle acque e delle foreste), per
valutare, per esempio, i programmi di trattamento dei vari tipi di
residui».
Il
CNFPT, la cui funzione consiste nella valutazione delle politiche pubbliche,
organizza corsi di formazione per alcuni amministratori locali. «Questi corsi
teorico-pratici obbligatori, spiega Michel Pastor, direttore della
formazione presso il CNFPT, permettono loro di acquisire i metodi e gli
strumenti necessari». In
occasione di uno di questi corsi, per esempio, i praticanti hanno elaborato un
progetto preliminare di valutazione delle azioni condotte dal distretto di
Rennes. I corsi di formazione nelle
amministrazioni Numerose strutture offrono insegnamenti sulla valutazione.
«Ma, constata Jean-Paul Mazion, capo della missione valutazione presso il
segretariato di Stato dell’Industria, essi costituiscono sempre pretesto per
lo studio di altre materie. In Francia, la valutazione rappresenta, ormai sempre
più raramente, una disciplina autonoma: il suo insegnamento è, generalmente,
integrato con altre materie, di cui essa costituisce una componente secondaria.
La Dess di Rennes, a questo riguardo, costituisce
un’eccezione».
La
valutazione è, perciò, approdata “trasversalmente” all’Ena, negli Ira (Istituti
amministrativi regionali), negli istituti di scienze Po, in altre unità
amministrative… Esistono, anche, laboratori di ricerca ( alle Mines di Parigi,
alla Normale Sup di Cachan, al CNRS), in cui si sono formati
studenti-ricercatori e in cui è stata elaborata una riflessione
teorica.
In
materia di formazione continua, l’insegnamento della valutazione delle politiche
pubbliche è, relativamente, informale. La Dess di Rennes, sarà in grado di
organizzare la formazione continua fra, circa, uno o due anni. Alcuni funzionari
locali e consulenti negli organismi di controllo, l’hanno già
fatto.
Numerose amministrazioni hanno, peraltro, organizzato dei
corsi di formazione. Per esempio, da quando una circolare del 1994 obbliga le
regioni a valutare le politiche applicate, nel quadro degli accordi di programma
Stato-regioni, il commissariato generale, preposto al programma, organizza dei
seminari di formazione specifici. «Tuttavia, nonostante tutti questi sforzi per lo
sviluppo, la parte essenziale delle competenze in valutazione, si acquisisce con
gli scambi tra i tirocinanti, constata Jean-Paul Mazion. Gli specialisti
si tengono continuamente in contatto tra loro, per conoscere le prassi a livello
nazionale, ma anche fuori dal proprio territorio, tanto più che la Francia è
ancora in ritardo, in questo campo. Tutte queste esperienze sono confrontate
regolarmente, per migliorare e sviluppare nuovi metodi. Inoltre, in occasione di
incontri, di conferenze, di seminari, ciascuno comunica le proprie capacità
professionali specifiche».
In
questo modo ed anche se l’amministrazione invia sempre più spesso dei
tirocinanti ad acquisire esperienza nella valutazione, resta ancora molto da
fare, in due direzioni essenziali. Innanzitutto, occorre intervenire affinché la
valutazione diventi, com’è il caso dei paesi anglosassoni e scandinavi, una
disciplina autonoma, appartenente al ramo delle scienze economiche e/o sociali.
Successivamente, bisognerà costruire e sviluppare dei veri e propri percorsi
formativi, per tutti i potenziali destinatari.
la
valutazione attraverso LA NEGOZIAZIONE nel nord di passo del calais. «Il mio obiettivo è di
impiantare una prassi perenne». È in questi termini che Jacques Horaist,
consigliere alla Camera regionale dei conti di Rhônes-Alpes, arrivato ad ottobre
1995 alla direzione del programma e della valutazione, del consiglio regionale
del Nord di Passo del Calais, definisce la sua
missione. Certamente, la Regione aveva già in passato adottato dei
procedimenti di valutazione, in materia di formazione professionale e di
politica urbanistica. «È mancato, tuttavia, un quadro organizzativo»,
sottolinea Jacques Horaist. «Chi decide i settori da valutare? Chi pilota il
procedimento e i lavori? Come si procede nelle validazioni dei metodi di
lavoro?».
La
prima tappa è consistita, dunque, nel 1996, nel presentare al governo regionale
e alla commissione permanente un quadro organizzativo per lo svolgimento delle
valutazioni, suddiviso in tre settori: le politiche d’iniziativa regionale,
l’accordo di programma Stato/Regione e i fondi europei. Approvato a maggio
dall’esecutivo, a giugno dalla commissione del progetto e ad ottobre dalla
commissione permanente, il quadro ha previsto la ratifica di una convenzione,
esecutiva della valutazione dell’accordo di programma con lo Stato, il 9
dicembre 1996.
Chi ha
il compito dell’attuazione? Innanzitutto, all’interno del nucleo di valutazione,
ci sono dei funzionari (uno alla Regione e due al SGAR – segretariato generale
per gli affari regionali – almeno fino al mese di gennaio). La loro azione sarà
sostituita da garanti, preposti agli uffici competenti. Successivamente, saranno
previste alcune figure di esperti, in virtù di un’apertura progressiva verso
forme di collaborazione, stabilite fin dall’inizio.
Già,
tre valutazioni (impatto ambientale, azioni economiche, formazione
professionale) hanno dato luogo ad una elaborazione concertata dell’avviamento
dei loro capitolati d’oneri e delle loro licitazioni pubbliche. Le prime due
hanno i loro beneficiari: rispettivamente, il BCEOM-BIPE e Ernst &
Young. Una memoria
collettiva Al di
sopra del nucleo di valutazione, il comitato pilota (organo consultivo e di
validazione tecnica) comprende il segretariato generale agli affari regionali,
il direttore generale dei servizi della Regione e i direttori dei servizi, dello
Stato o della Regione.
Ancora
al di sopra, il comitato ristretto permanente, per l’attuazione dell’accordo di
programma (costituito dal prefetto, dal Presidente di regione, dall’intendenza
di finanza, dal consiglio economico e sociale della Regione…), corrisponde
all’Organo decisorio.
All’inizio, ben inteso, il progetto di valutazione, che
serve anche da «memoria collettiva del procedimento», afferma Jacques
Horaist, è dovuto essere elaborato con particolare cura. Alcune riunioni
tematiche di gruppi di lavoro hanno permesso «di mettere in luce aspetti fino ad allora non
affrontati, non ancora chiariti, punti vista inediti…», il cui confronto ha
permesso l’adozione di nuovi approcci di lavoro in comune.
«Non si tratta, per la Regione, di produrre una
valutazione fine a se stessa», continua Jacques Horaist. Il procedimento si
iscrive in un’autentica capitalizzazione di esperienze e nell’animazione della
strategia, in particolare negli orientamenti del piano regionale e del progetto
regionale di pianificazione del territorio, da cui la creazione della direzione
del piano e della valutazione della responsabilità.
Questa
valutazione è particolarmente importante, in vista del futuro accordo di
programma Stato/Regione, nella misura in cui sarà possibile raggiungere una
migliore percezione della situazione delle materie trattate, delle conseguenze
degli interventi della Regione e dello Stato ed una formulazione più precisa
degli obiettivi. Pragmatica, costante, determinata, modesta, la valutazione
è uno degli atti che permettono alla Regione di comprendere l’adagio di Edgar
Pisani: «il breve termine urlante non deve occultare il lungo termine
silenzioso», conclude Jacques Horaist. A
Rhône-Alpes, la politica pubblica dello sviluppo della città sottoposta a
valutazione. Sono
le società di Ten Conseil (a Lione) e di Cerat (a Grenoble) che, in seguito ad
una licitazione pubblica lanciata, insieme dalla Regione e dalla Prefettura,
sono impegnati ad intraprendere a Rhône-Alpes una valutazione dell’attuazione
della politica della città e dei suoi strumenti, specialmente regionali,
cognitivi e permanenti (quadro degli strumenti dei quartieri, centro di risorse
dello sviluppo sociale urbano, informazione…).
Tra
l’altro, un’analisi del sistema degli operatori dovrà permettere di studiare
come i servizi pubblici si sono meglio organizzati, per adattarsi alla
situazione dei quartieri. Una sintesi finanziaria, apporterà dati quantitativi
significativi. Lanciate prima dell’estate, le valutazioni saranno condotte fino
al mese di novembre 1998.
A metà
percorso, un seminario permetterà di dibattere sui primi risultati. Senza
dubbio, fin d’ora, essi avranno un impatto sulla politica pubblica dello
sviluppo della città, fino alla conclusione dell’accordo di
programma.
RUBRICHE RISPOSTE AI
QUESITI
AREA
DIRIGENZIALE
ACCESSO
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della
dirigenza n. 129/02 Al Ministero delle attività produttive ROMA Oggetto:
inquadramento nella qualifica dirigenziale.
Sintesi:
se un funzionario frequenta il corso di formazione dirigenziale e raggiunge
l'età della pensione prima della conclusione del corso, non potrà essere
inquadrato come dirigente.
Con riferimento ai
quesiti concernenti l'argomento indicato in oggetto, lo scrivente ufficio
ritiene opportuno che codesta Amministrazione si conformi al parere del
Consiglio di Stato n. 26/88, reso in data 27 gennaio 1988, non potendosi
rilevare nella fattispecie in esame ragioni giuridiche che consentano di
discostarsene.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 3 giugno 2002 ALLEGATO CONSIGLIO DI STATO
Sezione I
Parere n. 26/88 del 27.01.1988 Oggetto: quesito relativo all’ammissibilità al corso di formazione dirigenziale di pensionandi per limiti di età. Vista la relazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica- ha chiesto il parere di questo Consiglio di Stato in ordine ad un quesito concernente l’ammissibilità al corso- concorso, di cui all’art. 3 della legge 10 luglio 1984, n. 301 (contenente norme di accesso alla dirigenza statale), di un dipendente, che dovrà essere collocato a riposo prima della conclusione del corso medesimo; esaminati gli atti ed udito il relatore; PREMESSO
La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica chiede se sia possibile ammettere al corso-concorso, indetto per posti vacanti nella qualifica di primo dirigente al 31 gennaio 1984, un funzionario risultato primo nella graduatoria del relativo concorso preliminare per titoli, che dovrà essere collocato a riposo per raggiunti limiti di età prima della conclusione del corso medesimo.
CONSIDERATO 1- L’Amministrazione referente prospetta il quesito indicato in quanto ritiene che sussistano argomentazioni valide a sorreggere sia la soluzione negativa sia quella positiva. In particolare la Presidenza ritiene che “il nodo del problema” sia nella rilevanza da attribuire al superamento del concorso per titoli, che all’interno del procedimento complesso istituito dall’art. 3 della legge 301/1984, costituisce il momento conclusivo della prima fase. Tale conclusione si esprime in un provvedimento - l’approvazione della graduatoria - che verrebbe a costituire titolo, concreto, non solo per l’ammissione al corso-concorso, bensì per la conseguente nomina a primo dirigente. La Sezione ritiene, al contrario, che tale tesi non sia da condividere. Va, anzitutto, precisato, che la questione sottoposta all’esame di questa Sezione, non è nuova. La giurisprudenza del Consiglio di stato si è già pronunciata in merito, affermando che “i requisiti per la partecipazione al concorso (primo fra tutti l’appartenenza alla amministrazione in costanza di rapporto di servizio) debbano sussistere non solo all’inizio del concorso (presentazione della domanda) ma anche al momento della nomina”. Tale orientamento, ormai consolidato, va seguito, a parere della sezione, anche in relazione all’ipotesi “de qua agitur”. E ciò sia in quanto non sussistono, allo stato, motivi validi per discostarsene, sia, soprattutto, perché l’Amministrazione ha prospettato, a favore della tesi contraria, argomentazioni prive di consistenza. Non può invero seguirsi la Presidenza allorché afferma che l’approvazione della graduatoria per titoli, di cui al secondo comma dell’art. 3 legge n. 301/1984, costituisce l’atto, che sebbene non concluda l’intera procedura del corso-concorso, “determina, in pratica, l’esito dell’intero procedimento, poiché, aggiunge l’Amministrazione, “ammettendosi al corso un numero di candidati pari ai posti da ricoprire, avviene ben di rado che un candidato ammesso al corso non superi, poi, l’esame finale”. Al riguardo è agevole rilevare che nella specie non si tratta di un atto di inquadramento, né di una promozione rappresentante uno sviluppo necessario e garantito che trova titolo immediato e diretto nella graduatoria per titoli. Si tratta, invece, di un vero e proprio concorso (per esami e a partecipazione facoltativa “a domanda”, recita, il 1° comma dell’art. 3) per l’accesso alla dirigenza statale, cioè ad una carriera diversa da quella di provenienza e, quindi, con l’attribuzione di un nuovo “status”. Ciò è comprovato dal fatto che i candidati ammessi al corso di formazione dirigenziale, devono partecipare al medesimo corso per la durata di mesi sei. Al termine di tale periodo devono essere applicati per tre mesi presso grandi imprese pubbliche o private, per compiervi studi comparativi sull’organizzazione e gestione aziendale. Al termine di tale ulteriore periodo di applicazione debbono “redigere una relazione scritta illustrativa degli aspetti critico-analitici.., e avanzando osservazioni e proposte in ordine alla migliore organizzazione dei servizi della pubblica amministrazione, ed al miglioramento dell’azione amministrativa al servizio dei cittadini”. A ciascuna relazione, a conclusione del seminario, verrà assegnato un punteggio in trentesimi, e solo nell’ipotesi che il candidato avrà ottenuto sulla relazione un punteggio non inferiore a 24 trentesimi, egli è ammesso a sostenere l’esame finale. Esame che consisterà in due prove scritte e in un colloquio. Da tutto ciò consegue che solo il provvedimento di nomina, all’esito della complessa procedura indicata, determinerà la nascita del nuovo status di dirigente. Il fatto poi che, per i vincitori, gli effetti della nomina siano fatti retroagire alla data del 1° gennaio dell’anno successivo, a quello in cui si sono verificate le vacanze, rappresenta solo una particolarità dell’efficacia dell’atto di nomina; efficacia che si risolve in un vantaggio aggiuntivo per i vincitori, non significando, affatto, che il nuovo “status” si costituisca a quella data. Pertanto proprio il criterio della retroattività, fissato dal citato art. 6, e la identificazione del titolo, per l’ammissione alla dirigenza, nel superamento del corso-concorso escludono che la nomina coincida con l’inizio dell’anno, immediatamente successivo a quello della vacanza. Né può valere a scalfire tale conclusione l’ulteriore argomentazione addotta dalla Amministrazione a sostegno della tesi contraria, e cioè la circostanza che il funzionario di cui si discute avrebbe potuto partecipare in costanza di rapporto di servizio all’intera procedura prevista per il corso-concorso, se l’Amministrazione avesse proceduto tempestivamente al suo avvio. Tale asserita “possibilità” se vale ad evidenziare una eventuale inerzia dell’Amministrazione, nell’adempimento di determinate specifiche incombenze non vale certamente a invalidare la procedura medesima di corso-concorso, trattandosi di termini aventi, in mancanza di espressa contraria previsione, natura meramente sollecitatoria. Senza tacere, poi, che l’accoglimento della tesi prospettata dall’Amministrazione, condurrebbe all’assurdo di considerare irrilevante l’intera procedura selettiva per esami prevista. A parere della Sezione le giustificate aspettative di coloro che, come il funzionario di cui si tratta nel quesito, si trovano alla fine della carriera esclusi da un beneficio che avrebbe modificato favorevolmente il loro trattamento di quiescenza, potrebbero costituire oggetto di specifica valutazione in sede di un procedimento legislativo sulla dirigenza. Esula certo dall’ambito della funzione consultiva del Consiglio di stato la indicazione di soluzioni, ai problemi amministrativi, di soluzioni difformi dall’ordinamento vigente. P.Q.M.
Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.
Ufficio P. P. A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
Parere n.
169/2003
Alla Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura Ufficio per il personale delle pubbliche
amministrazioni Roma, e p.c. al Ministero dell'Economia e delle
Finanze RGS – IGOP Via XX settembre Roma
Oggetto: accesso alla
dirigenza presso le Camere di commercio.
La Camera di
commercio, cui si risponde, chiede un parere in merito alla inderogabilità dei
principi fissati dall'articolo 28 del d.lgs 165/2001 nella parte in cui è
previsto il possesso del Diploma di laurea per l'accesso alla dirigenza. Al
riguardo deve ritenersi applicabile l'articolo 27 dello stesso decreto il quale
prevede che le PP.AA., nell'esercizio della propria potestà statutaria e
regolamentare, adeguano i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative
peculiarità, alle norme contenute nel Capo II del medesimo decreto legislativo.
Previsione integralmente riprodotta dall'articolo 111 del d.lgs 267/2000. La
specifica disciplina contenuta nell'articolo 91, comma 3, del d.lgs 267/200, in
base alla quale gli EE. LL. possono prevedere concorsi interamente riservati al
personale dipendente in relazione a professionalità acquisite all'interno
dell'Ente, ha carattere derogatorio rispetto al principio del concorso pubblico
e non può essere generalizzata, bensì applicata solo quando la figura
professionale sia acquisibile esclusivamente mediante una formazione interna
all'Ente.
In riferimento alla
nota con la quale Codesta Camera di commercio ha richiesto un parere in merito
all'accesso alla dirigenza, si rappresentano le considerazioni dello
scrivente.
Le Camere di
commercio sono pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
dettate dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (si veda l'articolo 1,
comma 2) ed hanno natura di enti autonomi di diritto pubblico, come statuito
dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante riordinamento della camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura. Al suo personale si applicano
le norme previste dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 e del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, ora confluito nel citato d.lgs 165/2001, come previsto
dall'articolo 19 (rubricato Personale delle camere di commercio) della stessa
legge 580/1993. Il comparto di contrattazione collettiva è quello denominato del
personale delle regioni e delle autonomie locali, previsto dall'articolo 2,
comma 1, lett. B) del DPCM 30 dicembre 1993, n. 593.
Per quanto concerne i
requisiti per l'accesso alle qualifiche dirigenziali nella Pubblica
Amministrazione è oramai opinione consolidata in dottrina e giurisprudenza (si
veda in particolare Corte dei Conti, Sezione centrale del controllo di
legittimità, deliberazione n. 22 del 23 maggio 2000) che non si possa
prescindere dal possesso del diploma di laurea, come previsto dall'articolo 28
del d.lgs n. 165 del 2001. Sul punto recentemente il Consiglio di Stato, in un
parere espresso dalla Prima sezione (il n. 117 del 20 febbraio 2002), ha
ribadito il principio della necessità del possesso del titolo di studio, in base
al quale, in sede di concorso, non è consentito prevedere un titolo di studio
inferiore, neanche in virtù dell'autonomia riconosciuta agli enti locali e
neanche in presenza del possesso di altri requisiti, quali l'anzianità di
servizio. La posizione
dell'Amministrazione si basa essenzialmente su un parere pro veritate
espresso in ordine alla legittimità del regolamento di accesso alla dirigenza
camerale, espresso dall'avvocato ………. del Foro di ………. . Tale parere si basa sul
presupposto che il principio generale contenuto nell'articolo 28 del decreto
legislativo n. 165 del 2001 (già articolo 28 del d.lgs 29/93) fosse applicabile
esclusivamente alle Amministrazioni dello Stato, con esclusione delle altre
indicate nel secondo comma dell'articolo 1 del medesimo decreto. Tale
interpretazione non è condivisibile ed appare contrastante con il dettato
normativo e con quanto affermato, ormai pacificamente dalla giurisprudenza
amministrativa.
Inoltre tale
impostazione si basa su una interpretazione non corretta del disposto
dell'articolo 13 del d.lgs 29/93, il quale subordina l'applicazione delle
disposizioni alla previa verifica, ove necessario, degli ordinamenti delle
Amministrazioni nel termine di sei mesi, superato il quale la nuova normativa è
operante e prevale, in forza del principio della gerarchia delle fonti, sulle
norme secondarie, quale quella degli ordinamenti locali (si veda al riguardo TAR
Lazio, sede di Roma, Sez. II, 16 ottobre 1995 n. 1555, 22 ottobre 1997 n. 1635,
nonché 23 gennaio 2002, n. 596 e TAR Campania, sede di Napoli, 21 settembre 2000
n. 3466).
Infine si sottolinea
che il riferimento all'articolo 12 della legge 11 maggio 1999, n. 140 è
fuorviante, poiché anche tale norma riveste carattere derogatorio e, pertanto, è
di stretta interpretazione. Inoltre la Corte Costituzionale, con sentenza 22-29
maggio 2002, n. 218 ne ha dichiarato l'illegittimità per contrasto con
l'articolo 97 della Costituzione, in quanto deroga ingiustificatamente alla
regola del pubblico concorso, senza neppure prevedere alcuna verifica del
possesso dei requisiti per l'attribuzione della qualifica
superiore.
Pertanto deve ritenersi applicabile l'articolo 27 del citato d.lgs n. 165 del 2001, il quale prevede che le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità, alle norme contenute nel capo II del medesimo decreto legislativo. La medesima previsione è integralmente riprodotta anche dall'articolo 111 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante testo unico sull'ordinamento degli enti locali, testo unico che può essere ulteriore elemento di riferimento in considerazione del fatto che al personale delle camere di commercio e gli enti locali hanno il medesimo comparto di contrattazione. Per quanto concerne
il punto relativo alle selezioni interne si osserva che il loro fondamento
normativo si rinviene nelle disposizioni contenute nell'articolo 6, comma 12,
della legge n. 127/97, ora confluito nell'articolo 91, comma 3, del d.lgs n. 267
del 2000 e nell'articolo 36 bis del decreto legislativo n. 29/93, ora confluito
nell'articolo 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 rubricato
Reclutamento.
Nello specifico la
disciplina contenuta nell'articolo 91, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, in
base alla quale gli enti locali possono prevedere concorsi interamente riservati
al personale dipendente in relazione a professionalità acquisite all'interno
dell'Ente, ha carattere derogatorio rispetto al criterio del concorso pubblico
di cui all'articolo 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, pertanto, non può essere
generalizzata, ma applicata al solo caso in cui la figura professionale sia
acquisibile esclusivamente mediante una formazione interna all'Ente. Inoltre, la
possibilità che il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli
enti locali disciplini i requisiti per l'accesso è subordinato al rispetto dei
principi fissati dal medesimo articolo.
Il carattere eccezionale di quest'ultima disposizione è, infine, indirettamente confermato dalle note pronunce della Corte Costituzionale, n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002, le quali hanno ribadito la regola dell'accesso tramite pubblico concorso, in quanto tale sistema di selezione del personale è quello maggiormente rispondente alla necessità di tutelare l'interesse pubblico al buon andamento della Pubblica Amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione.
Il direttore
dell'ufficio Roma, 15 gennaio
2003
COLLOCAMENTO
A DISPOSIZIONE
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della
dirigenza Parere n.
106/2002
Ufficio del
giudice di pace Milano
Oggetto:
procedura di utilizzazione e di conferimenti di incarichi.
Sintesi: gli incarichi dei
dirigenti collocati a disposizione presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri sono temporanei, possono essere dati con semplice lettera d'incarico e
permettono al dirigente messo a disposizione di cercare un nuovo incarico presso
altre amministrazioni.
In relazione alle
richieste formulate concernenti la tematica in oggetto, si forniscono alcune
informazioni e chiarimenti in merito.
L'ipotesi di
mancata conferma nell'incarico è disciplinata dall'articolo 6, comma 2 del DPR
n. 150/99. La norma prevede che i dirigenti che non abbiano avuto incarichi di
direzione di un ufficio o ispettivi, di consulenza, studio e ricerche o di altri
specifici incarichi previsti dall'ordinamento, sono posti a disposizione della
Presidenza del Consiglio dei Ministri per essere utilizzati nell'ambito di
specifici programmi di ispezione, verifica, ricerca, studio e monitoraggio del
grado di attuazione delle riforme legislative e delle innovazioni
amministrative.
Trattasi
ovviamente di funzioni temporanee alle quali non corrispondono posti di funzione
specificatamente individuati dai singoli ordinamenti.
Con circolare del
ministro per la Funzione pubblica del 5 agosto 1999 è stato stabilito che i
conferimenti di incarichi ai sensi dell'articolo 6, comma 2, possano
esplicitarsi, in ragione della temporaneità dell'incarico, anche con semplice
lettera. L'articolo 24, comma 2, del CCNL ha previsto che l' utilizzazione può
svolgersi anche presso amministrazioni esterne al Rud.
Si fa presente,
inoltre, che l'Ufficio del ruolo unico ha il compito di promuovere ogni
opportuna iniziativa intesa alla più ottimale utilizzazione del dirigente
collocato a disposizione. Tale attività è espletata attraverso una finestra nel
sistema informativo automatizzato, con il quale si rendono pubblici i nominativi
dei dirigenti a disposizione, con l'indicazione di un sintetico
curriculum dal quale si evincono le professionalità e le esperienze
lavorative di ognuno.
Gli indicati dati
possono essere consultati esclusivamente dalle Amministrazioni del Rud a mezzo
di una specifica password assegnata personalmente ai soggetti che ne
hanno titolo.
L'Ufficio
provvede, altresì, a promuovere l'utilizzazione del detto personale, formulando
proposte specifiche di incarichi sulla base dei curricula dei dirigenti
in relazione alle esigenze e/o alle aree di interesse delle
amministrazioni.
Si evidenzia,
infine, che alcuna norma vieta il potere di iniziativa del dirigente a
richiedere l'attribuzione di uno specifico incarico, anche in considerazione
dell'ulteriore obbligo dello scrivente Ufficio di rendere pubblici i posti di
funzione dirigenziali che vengono segnalati dalle amministrazioni del
Rud.
Il direttore dell'ufficio del ruolo
unico Roma,
18 febbraio 2002
INCARICHI
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
108/2002.
Al Ministero per i beni e le attività culturali.
Oggetto:
incarichi di II fascia. Sintesi: gli incarichi di seconda fascia a persone esterne all'amministrazione devono essere preceduti da un'autorizzazione del Ministro al direttore dell'ufficio in cui sarà svolto l'incarico.
Facendo seguito
ai contatti intercorsi nelle vie brevi, si fa presente che l'attribuzione di
incarichi di II fascia a personale estraneo all' amministrazione, ai sensi
dell'art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, secondo consolidata
giurisprudenza della Corte dei conti, richiede una preventiva autorizzazione del
Ministro diretta al dirigente titolare del centro di responsabilità presso cui
dovrà essere esplicato l'incarico. La richiesta di autorizzazione al RUD, che
dovrà pervenire dal medesimo soggetto titolare, dovrà essere corredata da ogni
opportuna notizia riguardante la titolarità dell'ufficio che si intende
affidare, nonché del curriculum dell'interessato.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 7 marzo
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
134/2002 Alla regione Lazio
Oggetto: conferimento
incarico a soggetto esterno all'Amministrazione, già in trattamento di
quiescenza
Sintesi: può essere
conferito un incarico dirigenziale ad una persona esterna all'amministrazione
anche se ha superato il limite d' età previsto per i dirigenti dello
Stato.
Si fa riferimento
alla nota di codesto Ente con la quale si chiede il parere di questo
Dipartimento circa la possibilità di conferire un incarico dirigenziale ad un
soggetto esterno all'Amministrazione regionale, già in trattamento di quiescenza
e con età superiore a 67 anni. Al riguardo, si fa osservare che non sussiste
alcuna disposizione normativa che osti al conferimento di incarichi a soggetti
estranei all'amministrazione e che preveda limiti di età o che rinvii ai limiti
fissati per il personale di ruolo della Pubblica Amministrazione. L'art. 19,
comma 6 del d.lgs. 165/2001, infatti, nel disciplinare i casi di conferimento di
incarichi dirigenziali a soggetti esterni, dotati di particolare e comprovata
qualificazione professionale (… ;omissis), non contempla tra i requisiti
richiesti a tal fine il limite dell'età del candidato. Si segnala che la Corte
dei conti, sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e
delle amministrazioni centrali, con la decisione n. 27/2001/P del 7 giugno 2001,
ha espresso il medesimo avviso dello scrivente Ufficio.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 6 giugno 2002
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della
dirigenza Parere n. 170/2003 Ispettorato della Funzione
pubblica
Oggetto:
incarichi di II fascia - Applicazione dell'art. 53
del d.lgs n. 165/2001. Partecipazione in qualità di docente a corsi di
formazione, il cui pagamento è stato fatturato come docenza legata al diritto
d'autore
Sintesi:
anche al personale dirigenziale si applica il principio di carattere generale
dell'art. 53. L'amministrazione presso la quale il dirigente presta servizio può
segnalare l'eventuale incompleta o erronea fatturazione al Ministero
dell'Economia e delle Finanze
Il
quesito attiene ad un aspetto di ordine generale dell'ordinamento giuridico
riguardante il personale delle pubbliche amministrazioni, non circoscritto
meramente al personale dirigenziale.
In
particolare, si tratta di stabilire se, in materia di incarichi per attività
svolte nell'ambito di enti diversi dall'amministrazione presso cui si presta
servizio, occorra l'autorizzazione prevista dall'art. 53 del d.lgs. n.
165/2001.
Al
riguardo, si fa presente che anche al personale dirigenziale si applica il
principio di carattere generale contenuto nel citato art. 53 e che, una volta
rimosso l'impedimento all'espletamento dell'incarico con la prescritta
autorizzazione concessa nei termini del citato art. 53, l'amministrazione presso
la quale il dirigente presta servizio può segnalare l'eventuale incompleta o
erronea fatturazione al Ministero dell'Economia e delle Finanze, che provvede
all'accertamento della violazione avvalendosi della Guardia di Finanza, ai sensi
dell'art. 53, comma 9 del d.lgs. n. 165/2001.
Il
Direttore dell'ufficio del ruolo unico Roma, 27 gennaio
2003
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della dirigenza Parere n. 174/2003 Ispettorato della Funzione
pubblica
Oggetto: applicazione
dell'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 a rapporti di lavoro instaurati sotto la
disciplina pubblicistica.
Sintesi: per lo
svolgimento di incarichi relativi ad attività svolte "extra officium", occorre
l'autorizzazione prevista dall'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, a prescindere
dalla sussistenza di un contratto di lavoro effettivamente sottoscritto tra il
dipendente e l'amministrazione presso la quale il medesimo svolge attività di
servizio.
Con riferimento alla
richiesta di parere da parte dell'Ufficio ispettorato di questo Dipartimento, si
fa presente quanto segue.
Si prende innanzitutto
atto che molte amministrazioni, al momento dell'entrata in vigore del decreto
legislativo n. 29 del 1993, con il quale si è avviata la prima fase della
privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, non hanno predisposto gli
opportuni schemi contrattuali da far sottoscrivere ai dipendenti, con i quali
era già in atto un rapporto di lavoro pubblicistico; ciononostante, non può
dubitarsi circa l'effettività della disciplina privatistica sotto la quale i
rapporti in parola devono ritenersi convertiti.
A parere dello scrivente,
pertanto, per lo svolgimento di incarichi relativi ad attività svolte "extra
officium", occorre l'autorizzazione prevista dall'art. 53 del d.lgs. n.
165/2001, a prescindere dalla sussistenza di un contratto di lavoro
effettivamente sottoscritto tra il dipendente delle pubbliche amministrazioni e
l'amministrazione presso la quale il medesimo svolge attività di
servizio.
Il direttore dell'ufficio del ruolo
unico Roma, 16 aprile 2003
Ufficio P. P. A. Servizio Programmazione
assunzioni e reclutamento Parere n.
176/2003 Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione 00100 ROMA Al Ministero dell'Economia e
Finanze Dipartimento della Ragioneria Generale dello
Stato – IGOP 00100 Roma
Oggetto:
conferimento di
incarichi di ricerca, di consulenza e di supporto ad esperti, consulenti esterni
per lo svolgimento delle attività istituzionali Sintesi: gli incarichi di
ricerca, di consulenza e di supporto ad esperti, consulenti esterni per lo
svolgimento delle attività istituzionali non debbono essere fatti rientrare nel
limite di spesa fissato dall'art. 34, comma 13, della legge n. 289/2002 qualora
l'onere finanziario non gravi sul bilancio dell'amministrazione, inclusa quella
derivante dall'utilizzo di fondi e contributi disciplinati da specifiche
disposizioni legislative e da convenzioni, provenienti da altre amministrazioni
per garantire il funzionamento della medesima amministrazione e fornire, nel
contempo, un servizio alle stesse amministrazioni per cui è necessario ricorrere
a personale a tempo determinato.
Con riferimento
alla nota indicata in oggetto con la quale codesta amministrazione ha chiesto
l'orientamento di questo Dipartimento in merito alla questione relativa al
conferimento di incarichi di ricerca, di consulenza e di supporto ad esperti,
consulenti esterni per lo svolgimento delle attività istituzionali, si
rappresenta quanto segue.
In particolare
codesta amministrazione ha posto la questione circa l'applicabilità ai
suindicati incarichi di quanto previsto dall'art. 34, comma 13, della legge n.
289/2002 il quale prevede un limite di spesa per le assunzioni a tempo
determinato, le convenzioni e le collaborazioni coordinate e continuative, fatte
salve quelle che non gravano sui bilanci e sulle risorse proprie
dell'amministrazione, come i finanziamenti comunitari e internazionali o fondi
derivanti da contratti con le imprese o con altre amministrazioni
pubbliche.
In merito, si
ritiene che non debbano essere fatti rientrare nel limite di spesa fissato dal
citato comma 13 dell'art. 34, la costituzione di rapporti a tempo determinato
ovvero incarichi e collaborazioni coordinate e continuative il cui onere
finanziario non grava sul bilancio dell'amministrazione, inclusa quella
derivante dall'utilizzo di fondi e contributi disciplinati da specifiche
disposizioni legislative e da convenzioni, provenienti da altre amministrazioni
per garantire il funzionamento della medesima amministrazione e fornire, nel
contempo, un servizio alle stesse amministrazioni per cui è necessario ricorrere
a personale a tempo determinato.
Ciò posto,
considerato che codesta scuola per il suo funzionamento si avvale delle risorse
derivanti da convenzioni stipulate con altre amministrazioni, sia pubbliche che
private, poste a carico di quest'ultime e ritenuta detta forma di finanziamento
espressamente prevista dall'art. 7 del d.lgs. n. 287/1999 e dal regolamento
attuativo di detta normativa, si ritiene che nel caso di specie non si applichi
il limite del 90 per cento della spesa media annua sostenuta per le assunzioni
di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero alla stipula di
contratti di collaborazione coordinata e continuativa sostenuta nel triennio
1999/2001, così come previsto dal citato art. 34, comma 13 della L. n.
289/2002.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 3 luglio
2003
MOBILITA’
R.U.D. Ufficio del
ruolo unico della dirigenza
Parere n.
99/2002
Oggetto:
dirigente AUSL – Trasferimento nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato –
Condizioni. Sintesi: le
condizioni per entrare in mobilità nel ruolo unico della dirigenza sono:
la
disponibilità di un posto di funzione che corrisponde alla qualifica
professionale del dirigente; un'amministrazione
che intenda affidare l'incarico. In risposta alla sua richiesta
si fa presente che l'istituto della mobilità ex art. 30 del d.lgs.165/2001 può
trovare applicazione, per quanto concerne l' entrata nel ruolo unico della
dirigenza, qualora risultino vacanze di posti di funzione nell'ambito del ruolo
unico, corrispondenti alla qualifica professionale posseduta, e vi sia
un'amministrazione disposta a conferire al dirigente interessato un incarico di
funzione, con conseguente stipulazione di contratto individuale. L'Ufficio
scrivente, che annovera tra le sue competenze la definizione di direttive che
stabiliscono i criteri per l'attuazione dell'istituto della mobilità in entrata
(e in uscita) dal ruolo unico, al momento non registra alcuna possibilità di
trasferimento in tal senso. Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 14
gennaio 2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
103/2002
Senato della Repubblica Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio
Oggetto: dirigente
dello Stato - Comando presso il Senato della Repubblica.
Sintesi: il comando di un dirigente dello Stato presso un organo a ordinamento separato rende indisponibile un posto di funzione nell'amministrazione di appartenenza fino alla cessazione del provvedimento di mobilità, ma non dà diritto alla conservazione dello specifico incarico ricoperto.
Preso atto di quanto
comunicato da codesto Ministero in ordine al comando di cui in oggetto, si
precisa che la richiesta di porre a carico del R.U.D. la gestione
giuridico-finanziaria del dirigente nonché tutti gli oneri stipendiali, diretti
e riflessi non può essere accolta, in quanto questo Ufficio ha istituzionalmente
la gestione diretta dei soli dirigenti collocati a disposizione secondo le
vigenti norme previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Peraltro,
anche sulla base di orientamenti in tal senso espressi dalla Corte dei Conti, il
comando non rende disponibile il posto di funzione lasciato vacante. Ne consegue
che qualora un dirigente, in servizio presso una data Amministrazione, venga
posto in posizione di comando, con il consenso dell'Amministrazione stessa, è
necessario che prioritariamente sia definito il rapporto di servizio del
dipendente. Al termine del periodo di comando, il dirigente, pur non avendo
diritto allo specifico incarico cui era adibito, dovrà trovare allocazione nella
dotazione complessiva dell'amministrazione che ha accolto il comando. Al
riguardo, si fa presente, che la dotazione organica complessiva è data dalla
somma delle dotazioni delle singole Amministrazioni, ciò per significare che
questo Ufficio dovrà comunque considerare indisponibile, fino al ritorno del
dirigente comandato, una posizione dirigenziale presso l'amministrazione che ha
concesso l'assenso al comando. Stante quanto rappresentato, si resta in attesa
di conoscere il nuovo avviso del Ministero dell'ambiente e per quanto riguarda
il Senato della Repubblica la data di decorrenza del comando, al fine di
consentire allo scrivente di formalizzare il provvedimento in parola. Sarà cura
di questo Ufficio provvedere successivamente alla formalizzazione del
comando.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 6 febbraio 2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
119/2002
Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro Azienda
ospedaliera................
Oggetto: mobilità
intercompartimentale.
Sintesi: il
trasferimento in mobilità del dirigente dall'azienda ospedaliera all'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro è possibile. La stipula
del nuovo contratto di lavoro deve essere preceduta dal provvedimento d'ingresso
nel ruolo unico. Con riferimento a quanto comunicato da codesto I.S.P.E.S.L. circa il conferimento di incarico da attribuire al dott. XXX, si comunica che, previa istanza dell'interessato, nulla osta al provvedimento in questione, risoluzione consensuale del contratto stipulato con l'amministrazione di appartenenza, né al trasferimento dall'Azienda ospedaliera .Si precisa, tuttavia, che il conferimento dell'incarico da attribuire al dott. XXX deve essere preceduto dal formale provvedimento di ingresso nel Ruolo Unico della Dirigenza adottato a cura dello scrivente Ufficio. La stipulazione del contratto dirigenziale con il dirigente potrà avvenire soltanto contestualmente ovvero successivamente all' adozione del citato provvedimento. Sarà cura dello scrivente provvedere alla formalizzazione del provvedimento di trasferimento non appena perverrà la documentazione richiesta.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 8 maggio
2002
TRATTAMENTO
GIURIDICO
ED
ECONOMICO
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
100/2002
Corte dei
conti
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Dirigente di
seconda fascia - Contratto individuale di lavoro – Risoluzione - Necessità di un
nuovo contratto.
Sintesi: se il
contratto di lavoro individuale di un dirigente è sciolto consensualmente,
l'amministrazione deve stipulare un nuovo contratto con lo stesso dirigente,
anche se l'incarico ha contenuto identico al precedente.
In risposta alla
nota pervenuta, preso atto delle motivazioni addotte in relazione alla vicenda
del dirigente in oggetto, si osserva, tuttavia, che la soluzione non possa
essere quella della "reviviscenza" del contratto già concluso, una volta
intervenuta la risoluzione consensuale del contratto individuale di lavoro con
il predetto dirigente.
Dovrà, infatti,
farsi luogo alla stipulazione di un nuovo contratto individuale, avente il
medesimo oggetto, obiettivi e trattamento economico del precedente stipulato in
data 14 marzo 2001, ma non anche la durata (per evidente modificazione del
termine iniziale, rispetto al precedente), e al conseguente atto di conferimento
dell' incarico, nei fatti già svolto.
Si resta in
attesa di ricevere la documentazione relativa, ai fini dell'aggiornamento della
banca dati della dirigenza.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 21 gennaio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
101/2002
Prefettura di
Avellino
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - CCNL – Area I
della dirigenza - Art. 14 onnicomprensività del trattamento economico dei
dirigenti. Sintesi: la nomina a commissario ad acta o commissario straordinario negli enti locali rientra tra i casi di incarichi aggiuntivi conferiti ai dirigenti per i quali si applica il principio dell'onnicomprensività.
In risposta al
quesito posto a questo Dipartimento, si fa presente che l'Ufficio scrivente
ritiene applicabile indistintamente a tutti i dirigenti dell'area I la
disposizione di cui all'art. 14 del CCNL, relativa agli incarichi aggiuntivi ove
ricorrano le condizioni previste.
La norma
considera, infatti, ricadenti nel regime dell'onnicomprensività i compensi
previsti per gli incarichi conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio,
ovvero conferiti dalle amministrazioni presso le quali prestano servizio, ovvero
su designazione delle stesse. Nelle prestazioni sottoposte al regime
dell'onnicomprensività, infatti, giusto quanto chiarito dalla direttiva del
Ministro per la funzione pubblica del 1° marzo 2000 (G.U. n. 123 del 29 maggio
2000), è compreso qualsiasi incarico conferito ai dirigenti in ragione del loro
ufficio, laddove "s'intendono conferiti in ragione dell'ufficio anche gli
incarichi conferiti da terzi consequenziali a quello conferito presso di essi
dall'amministrazione o su designazione di essa (come ad es. quelli degli
amministratori di società controllate da società a partecipazione
statale).
Si fa osservare,
invero, che i casi di nomina di commissari ad acta o di nomina di
commissari straordinari, rientrano nelle fattispecie disciplinate dall'art. 14
citato, in quanto non rileva l'autorità che conferisce l'incarico, il Prefetto
in via autonoma, o il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
competente, né assume valore l'ampiezza della discrezionalità del potere
esercitato nell'individuazione del commissario cui affidare le funzioni
dell'ente locale. Né, peraltro, può affermarsi, ai fini dell'esclusione dal
regime dell'onnicomprensività degli incarichi di commissario, che le nomine in
questione siano operate esclusivamente a tutela degli interessi dell'ente
locale, in quanto la previsione nel nostro ordinamento di un potere sostitutivo
in capo al Governo per casi specifici, importa che gli interessi coinvolti
appartengano alla intera collettività amministrata.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 30 gennaio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
102/2002
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Diniego di
riammissione in servizio.
Sintesi: la
riammissione in servizio non è applicabile ai dirigenti dello Stato, sia di
prima sia di seconda fascia.
In risposta alla Sua richiesta, si trasmette la copia della nota n. 15/99 del 3 novembre 1999, con la quale l'Ufficio del Ruolo unico ha posto un quesito al Consiglio di Stato, in merito all'istituto della riammissione in servizio di personale dirigente, alla luce del mutato quadro normativo che ha interessato la dirigenza. Come potrà
evincere dalla nota allegata, questo Ufficio riteneva che l'istituto in oggetto
non fosse applicabile ai dirigenti generali, mentre esprimeva dubbi per quanto
riguarda i dirigenti della seconda fascia. Il Consiglio di Stato, tuttavia, nel
parere della I sezione n. 982/99, ha escluso l'applicabilità dell'istituto della
riammissione in servizio nei confronti della dirigenza statale, sia di prima che
di seconda fascia.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 4 febbraio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
104/2002
Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Dirigenti in
comando presso il C.O.N.I.
Sintesi: il
dirigente comandato non perde i benefici giuridici ed economici riconosciuti ai
dipendenti dell'amministrazione d'origine. Si riscontra la nota di pari oggetto, per significare che l'istituto del comando è disposto per un tempo determinato, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza del dirigente appartenente da amministrazione diversa. Il dirigente in posizione di comando, infatti, non perde la qualità di dirigente dello Stato, né muta, a seguito del provvedimento di comando, l'amministrazione di appartenenza. Con l'entrata in vigore del ruolo unico, il sistema prefigurato, pur avendo subito taluni aggiustamenti, non è stato modificato nella sostanza. Il ruolo unico, invero, è dato dalla somma di tutte le dotazioni organiche delle amministrazioni che ne fanno parte. In virtù di ciò, l'amministrazione che acconsente al comando è tenuta a rendere indisponibile un posto di funzione (non è detto che debba essere necessariamente quello lasciato libero dal dirigente) per l'affidamento dell'incarico al termine del comando. Ciò posto e in virtù delle
disposizioni normative relative ad alcuni benefici giuridici ed economici,
normalmente riconosciuti ai dipendenti in servizio di ruolo presso codesta
amministrazione, è possibile considerare l'estensibilità degli stessi al
personale in comando presso altri enti o amministrazioni, tenuto conto
dell'aspettativa di rientro che è sempre riconosciuta al dirigente. Da una
lettura delle disposizioni applicabili, infatti, il ritiro della tessera di
riconoscimento è previsto nei soli casi di destituzione dall'impiego, di
cessazione dal servizio senza diritto a pensione, ovvero a seguito di
sospensione cautelare obbligatoria (art. 4 del DPR n. 851/1967), così pure
l'iscrizione presso la Cassa di previdenza e assistenza di codesto ministero
cessa solo con il venir meno della qualità di dipendente della MCTC. (art. 2 del DPR n.
950/1985).
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 11 febbraio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
107/2002
ISTAT
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Autorizzazione
espletamento incarico esterno – Autorità competente Sintesi:
l'amministrazione competente ad autorizzare incarichi aggiuntivi esterni è
quella presso la quale il dirigente presta servizio. In risposta alla nota di pari oggetto, si fa presente che la prevista autorizzazione all'espletamento di incarichi esterni, ai sensi dell'art. 53 del d.lgs. 165/2001, deve essere rilasciata dall'amministrazione presso la quale il dipendente pubblico espleta la propria attività lavorativa. La corretta valutazione della compatibilità dell'incarico esterno con la normale attività di ufficio, infatti, non può che essere effettuata dall' amministrazione presso la quale si presta servizio.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 21 febbraio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
110/2002
Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Onnicomprensività
del trattamento economico- Disciplina transitoria
Sintesi: la legge
finanziaria 2002 rinvia l'operatività del principio di onnicomprensività per i
dirigenti di seconda fascia. In risposta alla nota pervenuta, si fa presente che, ai fini dell'applicazione del principio dell'onnicomprensività, la disciplina transitoria introdotta dalla legge n. 448/2001 riguarda i soli dirigenti titolari di uffici di livello non generale, rimanendo invariata la disciplina concernente i compensi per incarichi aggiuntivi percepiti dai dirigenti di prima fascia. Ai sensi della direttiva del Ministro per la funzione pubblica del 1° marzo 2000, (G.U. n. 123 del 29 maggio 2000), e della circolare del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento ragioneria generale dello Stato del 15 marzo 2001 prot. 53735, il sistema dell'onnicomprensività è stato reso operativo per i dirigenti titolari di incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale generale, in quanto già titolari di regolare contratto, a decorrere dal 1° luglio 2000, mentre per i dirigenti di prima fascia con incarichi di studio, consulenza, studio e ricerca, di cui all'art. 19, comma 10 del d.lgs. n. 165/2001, e per i dirigenti di seconda fascia, l'operatività fu rinviata alla data di entrata in vigore del C.C.N.L. - Area I della dirigenza. Questo Ufficio considera, di conseguenza, pienamente operante la disposizione dell'art. 24, comma 3 del d.lgs. 165/2001 per i dirigenti titolari di strutture di livello dirigenziale generale.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 13 marzo
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
112/2002
Ministero degli
Affari Esteri
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Posti di funzione
dirigenziale all'estero – Conferimento
Sintesi:
l'espressione "dirigente generale" ha lo stesso significato dell'espressione
"dirigente di prima fascia", sia agli effetti giuridici sia a quelli
economici.
Si fa riferimento
alla di pari oggetto, con la quale è stato richiesto il parere di questo ufficio
in ordine alla interpretazione da dare all'art. 2, comma 2, del D.P.R. 368/2000.
Nella citata nota si chiede, in particolare, se la terminologia usata "dirigenti
generali o di prima fascia" possa essere interpretata ritenendo trattarsi, per
entrambe le fattispecie, di dirigenti con incarico di livello dirigenziale
generale. Aderendo all'orientamento espresso nella nota in riferimento, ritiene
questo ufficio che la diversa tecnologia usata nel citato articolo possa essere
ricompresa nel più generale concetto di "dirigenti con incarico di livello
dirigenziale generale" per due ordini di considerazioni.
In primo luogo
deve intendersi superata la terminologia "dirigenti generali". Il d.lgs n.
165/2001, invero, nel disciplinare la dirigenza, ha stabilito una qualifica
unica divisa in due fasce di appartenenza. Nella prima fascia sono confluiti i
dirigenti generali, nella seconda gli altri dirigenti. Il termine, pertanto,
attualizzato con l'ordinamento vigente, assume il medesimo significato di
dirigente di prima fascia.
In secondo luogo
è da evidenziare l'orientamento generale, esplicitato in sede di direttive,
circolari o nel medesimo CCNL della dirigenza dell'area 1, ad equiparare la
locuzione dirigente generale (oggi di prima fascia) con quella di dirigente con
incarico di livello dirigenziale generale, e ciò sia agli effetti giuridici che
agli effetti economici.
In relazione a
quanto sopra ed in virtù delle ulteriori argomentazioni evidenziate da codesta
Direzione, si condivide la soluzione prospettata.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 19 marzo
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
113/2002
Ministero delle
attività produttive Ministero
dell'economia e delle finanze
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Onnicomprensività
del trattamento economico dei dirigenti. Sintesi: sono
soggetti al principio di onnicomprensività della retribuzione gli incarichi che
sono strettamente connessi col rapporto funzionale e di servizio che il
dirigente ha con l'amministrazione. In risposta alla nota pervenuta, si fa presente che, non avendo fornito alcun riferimento normativo per identificare la fattispecie alla quale si fa riferimento, e considerato che il quesito posto nella nota citata riguarda un'ipotesi diversa ("incarichi per i quali la nomina è assembleare e la relativa proposta è effettuata dal rappresentante della società controllata") da quella sottoposta nella precedente nota del 6 novembre 2001, sub lett.d) ("nomina assembleare e la relativa designazione o proposta di competenza del rappresentante della società controllante o partecipante") si possono accordare le seguenti indicazioni in via generale. Ai fini della valutazione dell'applicabilità o meno nel caso concreto del principio dell'onnicomprensività, occorre adottare il criterio di natura oggettiva seguito dal legislatore del d.lgs. n. 165/2001. Ciò comporta che assume rilevanza il rapporto funzionale e di servizio che il dirigente designato o nominato ha con l'amministrazione che rappresenta in seno a organismi, comitati, organi collegiali. Gli incarichi soggetti al regime dell'onnicomprensività, di cui all'art. 24 del d.lgs. n. 165/2001, definiti dalla direttiva del Ministro per la funzione pubblica del 1° marzo 2000, riguardano, infatti, tutti gli incarichi conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio o comunque conferiti dall' amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa, e quelli conferiti da terzi consequenziali a quello conferito presso di essi dall'amministrazione o su designazione di essa (come ad es. quelli degli amministratori di società controllate da società a partecipazione statale) e comunque gli incarichi il cui svolgimento è collegato alla rappresentanza di interessi dell'amministrazione. Nel caso in cui
non si rinvenga la sussistenza del predetto nesso, come sembrerebbe nel caso di
specie, viene a mancare il presupposto dell' operatività del principio
dell'onnicomprensività e si applicano le disposizioni sull'autorizzazione degli
incarichi esterni, sulla base dell'opportuna valutazione degli eventuali profili
di compatibilità o di conflitto d'interesse.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 19 marzo
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
114/2002
Presidenza del
Consiglio dei ministri A.R.A.N.
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Retribuzione
individuale di anzianità.
Sintesi: la
retribuzione individuale di anzianità, conseguita nella carriera
predirigenziale, spetta solo a chi è stato inquadrato nella qualifica di
dirigente nel periodo di applicazione del Contratto nazionale del lavoro per la
dirigenza dell'area 1, nel quadriennio 1998/2001. Con riferimento alla nota concernente l'argomento indicato in oggetto, lo scrivente ufficio ritiene di poter concordare con l'orientamento adottato da codesto Segretariato in ordine alla conformità con le vigenti disposizioni collettive del riconoscimento della retribuzione individuale di anzianità, conseguita nella carriera predirigenziale, al personale inquadrato nella qualifica dirigenziale in vigenza del C.C.N.L. per la dirigenza dell'area 1 relativo al quadriennio 1998/2001; conseguentemente, appare conforme alle predette disposizioni il mancato riconoscimento del beneficio in questione al personale nominato dirigente nel corso del 1997. Per quanto concerne la fattispecie dei dipendenti cancellati dal ruolo di appartenenza per aver volontariamente risolto il rapporto di lavoro con codesta Presidenza, e tuttavia nuovamente inquadrati in ruolo per aver conseguito la qualifica dirigenziale in quanto vincitori di concorso interno, lo scrivente Ufficio ritiene che non possa essere loro attribuita la RIA goduta nella pregressa carriera, in quanto il riconoscimento di tale beneficio presuppone la mancanza di soluzione di continuità nel rapporto di servizio svolto con amministrazioni appartenenti al medesimo comparto di contrattazione del personale dirigenziale (Area 1). In ogni caso, presupposto indefettibile per il riconoscimento dei benefici economici maturati per anzianità di servizio in carriere pregresse svolte presso altre pubbliche amministrazioni è pur sempre la parità di contenuto professionale fra i servizi svolti nell' amministrazione di provenienza ed in quella di nuovo inquadramento.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 12 aprile
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
115/2002
Agenzia per le
erogazioni in agricoltura (AGEA)
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Dirigente di
prima fascia del ruolo unico collocato in posizione di fuori ruolo presso
l'AGEA.
Sintesi: il
contratto individuale di lavoro del dirigente fuori ruolo unico deve essere
stipulato con l'amministrazione presso cui lavora. Il compenso per l'incarico di
revisore dei conti, se svolto a tempo pieno ed esclusivo, è da considerare
retribuzione. In risposta alla nota con la quale codesta Agenzia ha posto in sostanza due ordini di quesiti in merito alla posizione del dott. XXX, dirigente di prima fascia del ruolo unico, collocato in posizione di fuori ruolo quale componente effettivo del Collegio dei revisori dei conti dell'AGEA, con funzioni di presidente, si fa presente quanto segue. In relazione alla applicazione alla fattispecie in esame delle disposizioni di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° luglio 1999 e alla circolare 6 ottobre 1999, n. 44124/99/RUD, preme far rilevare che la disciplina contenuta nelle citate normative è stata oggetto di diversa interpretazione da parte della Corte dei conti. L'organo di controllo, infatti, nella decisione n. 25/2001/P, alla quale peraltro anche altre amministrazioni si sono adeguate, ha sostenuto che l'utilizzazione di dirigenti "presso enti non soggetti alla disciplina dell'art. 19 del d.lgs. 165/2001 e che provvedono alla spesa per il relativo trattamento economico, esime l'Amministrazione dello Stato che dispone il trasferimento dall'obbligo di delimitare l'ambito ed i contenuti degli incarichi che dovranno essere svolti, dovendo ritenersi attribuita alla competenza degli enti interessati (….) l'eventuale definizione delle modalità di prestazione del servizio dei componenti il collegio sindacale". Ne consegue che i contratti individuali non possono essere stipulati con l'amministrazione di appartenenza. Per quanto concerne il secondo quesito, e cioè se l'incarico in questione rientri tra quelli conferiti in ragione d'ufficio, in applicazione del principio dell'onnicomprensività del trattamento economico di cui all'art. 24 del d.lgs. 165/2001, o se possa considerarsi tra quelli autorizzati, si ritiene che il compenso correlato all'incarico di componente effettivo del Collegio dei revisori dei conti costituisca parte integrante del trattamento retributivo del dott. XXX, in quanto incarico di funzione e non incarico aggiuntivo o autorizzato. A parere dello scrivente Ufficio, quindi, la spesa relativa al trattamento economico del dirigente in questione va imputata al capitolo di bilancio per il pagamento degli stipendi.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 18 aprile
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
118/2002
Ministero delle
Finanze
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Fondo di
previdenza per il personale del Ministero delle finanze - Direttiva PCM 1.3.2000
– Onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti- Compensi
corrisposti dal Fondo di previdenza per il Ministero delle
finanze.
Sintesi:
l'incarico di componente del Consiglio di amministrazione del fondo di
previdenza per il personale del ministero delle finanze è sottoposto al
principio di onnicomprensività, poiché è conferito in rappresentanza
dell'Amministrazione finanziaria. In relazione al quesito posto da codesto Ente circa l'applicabilità o meno del principio dell'onnicomprensività, di cui all'art. 24 del d.lgs. 165/2001, ai compensi percepiti dai dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze (già Ministero delle finanze) che vengono nominati nel Consiglio di amministrazione, ai sensi dell'art. 13 del DPR 1034/1984, si osserva quanto segue. Gli incarichi soggetti al regime dell' onnicomprensività sono stati definiti dalla direttiva di questo dipartimento del 1° marzo 2000, la quale, dopo aver ribadito che nelle prestazioni ricadenti nel regime dell'onnicomprensività è compreso qualsiasi incarico, anche a carattere non continuativo, conferito ai dirigenti in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa, precisa che "s'intendono conferiti in ragione dell'ufficio anche gli incarichi conferiti da terzi consequenziali a quello conferito presso di essi dall'amministrazione o su designazione di essa (come ad es. quelli degli amministratori di società controllate da società a partecipazione statale) e comunque gli incarichi il cui svolgimento è collegato alla rappresentanza di interessi dell'amministrazione. Sono invece esclusi gli incarichi semplicemente autorizzati, non rientranti nelle ipotesi di cui sopra". Il legislatore del d.lgs. n. 165/2001, nell'individuazione delle tipologie degli incarichi, ha seguito un criterio di natura oggettiva, che è stato successivamente puntualizzato nella direttiva sopra citata. Nella fattispecie in esame l' incarico deve necessariamente essere conferito a dirigenti dell'amministrazione che ha il compito di designare i componenti, fattispecie questa che rientra a pieno titolo nelle ipotesi descritte dalla normativa citata. La scelta dei componenti del Consiglio di amministrazione, da nominare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, infatti, non può che essere effettuata, per espressa e specifica previsione normativa, tra i dirigenti dello stesso ministero. L'incarico è conferito in rappresentanza dell'Amministrazione finanziaria al fine di assicurare il rispetto della economicità della gestione, la regolarità della contabilità e dell'amministrazione.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 8 maggio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
122/2002
Alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri
Oggetto:
applicazione art. 13 CCNL Dirigenza Area I – Trattamento economico.
Sintesi: la
cessazione dell'incarico dirigenziale per qualsiasi oggettiva ragione fa venir
meno il diritto al trattamento economico accessorio–parte variabile,
strettamente legato alla permanenza dello svolgimento di un
incarico.
Questo ufficio ha
provveduto a richiedere all'Avvocatura generale dello Stato un parere in merito
ai seguenti punti: -
sull'interpretazione da dare alle disposizioni di cui agli artt. 13 e 24 del
CCNL, in combinato disposto con quanto previsto dall'art. 21 del dlgs n.
165/2001; - se ai dirigenti
collocati a disposizione dalle amministrazioni in violazione delle disposizioni
citate, questo ufficio, chiamato a gestire i dirigenti collocati a disposizione,
debba provvedere alla decurtazione dello stipendio nella misura prevista dal
richiamato art. 24 del CCNL; - se la messa a
disposizione possa ragionevolmente conseguire da un interpello presso
l'amministrazione medesima e, in caso negativo, presso le altre amministrazioni
del ruolo unico, inteso all'eventuale conferimento di un incarico equivalente.
In tal caso si chiede se fino all'espletamento dell'interpello sia legittimo
mantenere al dirigente il trattamento intero, pur in assenza dello svolgimento
di una qualsiasi funzione; - se, in caso di
risposta negativa da parte della amministrazione interessata, ed eventualmente
delle altre amministrazioni del ruolo unico, possa considerarsi legittima la
messa a disposizione e la decurtazione dello stipendio. Nel caso di specie, in
sostanza, si chiede di conoscere un parere sull'ambito di applicabilità delle
tutele previste al citato art. 13 del CCNL.
In risposta alla illustrata richiesta di parere, l'Avvocatura Generale dello Stato ha ritenuto che "…con la cessazione per qualsiasi oggettiva ragione, diversa da quella della responsabilità dirigenziale, dell'incarico dirigenziale non possa non cessare anche il trattamento economico già percepito in costanza dell'incarico cessato e debbasi procedere alla messa a disposizione del dirigente. Non appare infatti ipotizzabile da un lato l’esistenza di dirigenti che, pur privi di incarico, non siano a disposizione della Presidenza del Consiglio e dall'altro che a dirigenti privi di incarico si continui ad erogare una retribuzione pari a quella di coloro che svolgono un incarico almeno equivalente a quello già svolto in passato. La prima
affermazione deriva dal fatto che non sembra sussistere, oltre alla categoria
dei dirigenti con incarico ed a quella di dirigenti senza incarico e perciò a
disposizione, un tertium genus di dirigenti, che, già assegnatari di
incarico, più non lo siano e siano perciò in una posizione non esattamente
individuale. La seconda affermazione deriva dal fatto che, fermo restando il
trattamento economico fondamentale, non può essere riconosciuto, se non con i
limiti temporali e quantitativi dettati dall'art. 24 C.C.N.L. dirigenti Area 1,
un trattamento di posizione che è strettamente legato alla permanenza dello
svolgimento di un incarico. Conferma di tale conclusione è offerta proprio
dall'art. 24 C.C.N.L. dirigenti Area 1 là dove prevede che, mentre per i soli
casi di valutazione negativa sull'espletamento dell'incarico non è dovuta alcuna
retribuzione di posizione, per i casi di disposizione non dovuta a valutazione
negativa la retribuzione di posizione va decurtata, fino ad essere del tutto
eliminata dopo il rifiuto di due offerte di incarichi.
L'ultimo caso
potrebbe essere proprio quello delle disposizioni derivanti da cessazione di
incarico per ragioni oggettive che comporta una decurtazione prima e dopo il
reiterato rifiuto di incarico offerto la perdita della retribuzione di
posizione".
Tanto si
rappresenta per le conseguenti determinazioni.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 20 maggio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
123/2002
Al Ministero dell’economia e delle
finanze Oggetto:
retribuzione di posizione parte variabile e retribuzione di
risultato.
Sintesi: per
stipulare un contratto e conferire un incarico dirigenziale di livello generale
è necessario che l'amministrazione abbia normativamente previsto un posto di
funzione. In tale caso ai dirigenti di prima fascia compete la retribuzione di
posizione parte variabile e la retribuzione di risultato.
Con riferimento
alla nota di codesto ministero ed in relazione alle indicazioni nella medesima
fornite, si fa presente che in entrambi i casi esposti i dirigenti, prima della
nomina a componenti della Commissione Tributaria Centrale, non ricoprivano un
incarico specificatamente individuato dall'ordinamento. Tale condizione è,
invero, anche alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali,
presupposto per la stipulazione di un contratto e per l'emanazione di un
D.P.C.M. In relazione a quanto sopra, lo scrivente Ufficio concorda con
l'orientamento espresso da codesto Ufficio in merito alla liquidazione delle
retribuzioni previste nell'articolo 37, secondo comma, numeri 1), 2), 3) e 4) a
decorrere dal 31 dicembre 1988.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
Roma, 21 maggio
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
133/2002
Ministero della
difesa
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Onnicomprensività
del trattamento economico dei dirigenti dell'area 1^
dirigenza.
Sintesi: Sono
soggetti al principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti del
Ministero della difesa: i compensi per le lezioni svolte presso la Scuola di
formazione e perfezionamento del personale civile della Difesa; i "gettoni di
presenza" ed i compensi dovuti per la partecipazione alle commissioni d'esame
della scuola stessa.
Si fa riferimento alle note di codesto Ministero con le quali si chiede un parere di questo Dipartimento in merito agli incarichi di docenza e di componente di commissioni esaminatrici per esami di fine corso presso la Scuola di Formazione e Perfezionamento del Personale Civile della Difesa, disciplinati dal D.M. 20/10/1998, ed in particolare si chiede di conoscere se tali incarichi rientrino nei casi disciplinati dall'art. 24 del d.lgs. 165/2001. Al riguardo, si fa presente che ai fini della individuazione degli incarichi che rientrano nella previsione dell'art. 24 del d.lgs. 165/2001, occorre risalire all' ulteriore specificazione contenuta nella direttiva del Dipartimento per la funzione pubblica del 1° marzo 2000, la quale ribadisce che nelle prestazioni ricadenti nel regime dell'onnicomprensività sono compresi gli incarichi, anche a carattere non continuativo, conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio o comunque conferiti dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa, precisando che "s'intendono conferiti in ragione dell'ufficio anche gli incarichi conferiti da terzi consequenziali a quello conferito presso di essi dall'amministrazione o su designazione di essa (come ad es. quelli degli amministratori di società controllate da società a partecipazione statale) e comunque gli incarichi il cui svolgimento è collegato alla rappresentanza di interessi dell'amministrazione. Sono invece esclusi gli incarichi semplicemente autorizzati, non rientranti nelle ipotesi di cui sopra". La fattispecie rappresentata da codesta Amministrazione risulta essere ricompresa nei casi di cui all'art. 24 del d.lgs. 165/2001. Il D.M. 20 ottobre 1998, che disciplina specificatamente gli incarichi in oggetto, indica nelle premesse che i corsi e le lezioni sono svolte da personale civile e militare della Difesa ( equivalgono alla specie "incarichi conferiti dall' amministrazione presso cui prestano servizio"). Nelle stesse premesse si legge che il personale "esplica l'attività didattica come prestazione aggiuntiva alle ordinarie attribuzioni di servizio". Non confligge con
l'interpretazione sopra indicata la motivazione in base alla quale i compensi
vengono erogati e giustificati, anche in considerazione del numero delle
ore/anno di docenza, e cioè "la necessità di retribuire tali soggetti per le
spese non documentate né documentabili da loro sostenute per l'aggiornamento
professionale e per la preparazione di pubblicazioni, sinossi e comunque sussidi
didattici strumentali per lo svolgimento dell'insegnamento", spese tutte che
correttamente dovrebbero essere sostenute dall'Amministrazione interessata,
salvo l'eventuale documentato rimborso ai dirigenti che le abbiano sostenute in
sua vece. Parimenti rientrano nel principio dell' onnicomprensività i gettoni di
presenza per i docenti facenti parte delle commissioni d'esame a fine corso, di
cui all'art. 4 del D.M. in questione.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 6 giugno
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo
unico della dirigenza
Parere n.
137/2002
Ministero
dell'economia e delle finanze
Oggetto:
trattamento economico e normativo della dirigenza - Indennità di
bilinguismo per i dirigenti statali
Sintesi: non
spetta ai dirigenti in servizio nelle province di Bolzano ed Aosta l'indennità
di bilinguismo, perché è soggetta al principio di onnicomprensività della
retribuzione
In riscontro alla
nota concernente l'argomento indicato in oggetto, lo scrivente ufficio ritiene
che l'indennità di bilinguismo rientri nella disciplina della onnicomprensività
retributiva del trattamento economico dei dirigenti, orientamento peraltro già
espresso in precedenza da questo Dipartimento.
Al riguardo,
stante la natura accessoria della retribuzione in questione, il disagio
derivante dal bilinguismo potrà essere ricompensato dalle Amministrazioni in
termini economici nell'ambito della retribuzione di posizione variabile e,
comunque, in via definitiva, o in sede di stipulazione delle code contrattuali
previste dall'art. 36 del C.C.N.L. per l'Area 1 della dirigenza o di rinnovo del
medesimo contratto per il prossimo quadriennio.
Pertanto, questo
ufficio ritiene di non poter concordare con l'orientamento di codesto
Dipartimento relativamente alla corresponsione della indennità in questione in
aggiunta all'ordinario trattamento economico.
Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico Roma, 17 giugno
2002
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della
dirigenza Parere n.
171/2003 Ministero della
difesa Oggetto: onnicomprensività del
trattamento economico dei dirigenti - Art.16 legge n.
448/2001. Sintesi: la legge
n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002) sospende l'applicazione del
principio dell'onnicomprensività dal 1° gennaio 2002 fino al 30 giugno 2002;
riguarda i soli dirigenti titolari di uffici di livello non generale, rimanendo
invariata la disciplina concernente i compensi per incarichi aggiuntivi
percepiti dai dirigenti di prima fascia.
Si fa riferimento
alla nota di codesto Ministero con la quale codesta amministrazione, nel
trasmettere i dati relativi al trattamento economico dei dirigenti di prima e di
seconda fascia, ai sensi di quanto richiesto dalla circolare dell'Ufficio del
Ruolo Unico prot. n.2684/01/RUD/P/LM del 15 maggio 2001, chiede
chiarimenti.
Il sistema
dell'onnicomprensività, il cui principio è affermato nell'art. 24 del d.lgs.
n.165/2001, è stato reso operativo, ai sensi della direttiva del Ministro per la
funzione pubblica del 1° marzo 2000, (G.U. n. 123 del 29 maggio 2000), e della
circolare del Ministero dell'Economia e delle finanze - Dipartimento ragioneria
generale dello Stato del 15 marzo 2001 prot. 53735, per i dirigenti titolari di
incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale generale, in quanto già
titolari di regolare contratto, a decorrere dal 1° luglio 2000, mentre per i
dirigenti di prima fascia con incarichi di studio, consulenza, studio e ricerca,
di cui all'art. 19, comma 10 del d.lgs. n. 165/2001, e per i dirigenti di
seconda fascia, l'operatività fu rinviata alla data di entrata in vigore del
C.C.N.L. - Area I della dirigenza.
La legge n.
448/2001 (legge finanziaria per il 2002), con la quale l'applicazione del
principio dell'onnicomprensività è stata temporaneamente sospesa fino al 30
giugno 2002, ha riguardato i soli dirigenti titolari di uffici di livello non
generale, rimanendo invariata la disciplina concernente i compensi per incarichi
aggiuntivi percepiti dai dirigenti di prima fascia.
Si precisa,
tuttavia, che lo specifico riferimento alla contrattazione integrativa,
contenuta nell'art. 52, comma 69, della legge citata, rimanda la definizione
della disciplina del trattamento economico, presso ogni singola amministrazione,
al livello di contrattazione di secondo livello, che costituisce uno strumento
che maggiormente assicura autonomia e responsabilità nelle politiche premiali,
nel rispetto della normazione contenuta nella contrattazione nazionale.
Il direttore dell'ufficio del ruolo
unico
Roma, 4
marzo 2003
R.U.D. Ufficio del
ruolo unico della dirigenza
Parere n.
172/2003
Presidenza del Consiglio dei
Ministri Dipartimento per le risorse
umane e l'organizzazione Servizio del trattamento
giuridico
Oggetto:
onnicomprensività del trattamento economico - Richiesta di inquadramento nel
ruolo di dirigenti di prima fascia.
Sintesi: non può essere
considerato equivalente al posto di funzione dirigenziale di prima fascia, ai
sensi dell'art. 19, comma 4 del d.lgs. 165/2001, lo svolgimento da parte dei
docenti della S.S.P.A. (in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo) di
un'attività che è considerata equiparabile a quella svolta dai professori
universitari di prima fascia. Le due figure professionali, dirigenti di prima
fascia e professori universitari di prima fascia, infatti, sono soggette a
discipline del tutto distinte. Si fa riferimento alla nota con
la quale si pone all'attenzione di questo Ufficio la questione relativa alla
posizione di alcuni dirigenti di seconda fascia, attualmente docenti stabili
della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Si osserva, prioritariamente,
che le disposizioni che prevedono la possibilità per i dirigenti di seconda
fascia di transitare nella prima fascia riguardano quelle particolari
fattispecie nelle quali a dirigenti iscritti nella seconda fascia vengano
conferiti incarichi di livello dirigenziale generale, ai sensi dell'art. 19,
comma 4 del d.lgs. 165/2001 e, inoltre, richiedono che la durata complessiva
degli stessi, anche se svolti per periodi non continuativi, raggiungano
complessivamente la durata di cinque anni ( art. 5, comma 5 del D.P.R. n.
150/1999). La procedura descritta dalle
disposizioni testè citate attiene ad incarichi di direzione di uffici di livello
generale, conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del ministro competente; né vi è nella legge di riordino della
dirigenza n. 145/2002 alcuna modifica relativa alle disposizioni concernenti il
transito dalla seconda alla prima fascia, né per quanto riguarda le modalità di
conferimento degli incarichi di prima fascia, né per quanto riguarda la durata
complessiva degli stessi. L'art. 3, comma 4, della legge
di riordino della dirigenza statale n. 145/2002, infatti, non ha apportato
modifiche sostanziali alla previsione dell'art. 23 del decreto legislativo n.
165/2001; seppure il legislatore abbia aggiunto, invero, la dicitura di
incarichi equivalenti, rendendo esplicito il riferimento agli incarichi che sono
previsti specificatamente dai singoli ordinamenti, di cui all'art. 19, comma 11,
e che sono considerati, ai fini della maturazione del quinquennio, al pari degli
incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale
generale. A parere dello scrivente
Ufficio, non può essere considerato equivalente al posto di funzione
dirigenziale di prima fascia, ai sensi della citata disciplina della dirigenza
dello Stato, lo svolgimento da parte dei docenti della S.S.P.A. (in posizione di
comando, aspettativa o fuori ruolo) di un'attività che è considerata
equiparabile a quella svolta dai professori universitari di prima fascia,
soprattutto per il profilo del trattamento economico. Le due figure
professionali, dirigenti di prima fascia e professori universitari di prima
fascia, infatti, sono soggette a discipline del tutto
distinte. Il direttore dell'ufficio del
ruolo unico
R.U.D. Ufficio del ruolo unico della
dirigenza Parere n.
173/2003 Ministero delle
comunicazioni Consiglio
superiore tecnico delle poste e delle telecomunicazioni Oggetto: corresponsione
emolumenti per incarichi aggiuntivi a dirigenti di prima e seconda
fascia. Sintesi: la
partecipazione dei dirigenti dei vari ministeri al Consiglio superiore tecnico
delle poste e delle telecomunicazioni è in funzione di un mandato di
rappresentanza degli interessi della propria amministrazione; pertanto, si
applica il principio dell'onnicomprensività.
In risposta alla
nota pervenuta all'Ufficio scrivente dall'Ufficio personale pubbliche
amministrazioni, con la quale si chiede di conoscere la corretta applicazione
dell'art. 24, comma 3, del d.lgs. 165/2001, si fa presente quanto
segue.
La disposizione
in oggetto stabilisce un principio di carattere generale, che si applica al
personale dirigenziale, secondo il quale il trattamento economico determinato
dai contratti collettivi e dal contratto individuale di lavoro remunera tutte le
funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti, nonché qualsiasi incarico
conferito in ragione del proprio ufficio o comunque conferito
dall'amministrazione di servizio o su designazione della
stessa.
La normativa
citata delinea l'ambito di applicazione oggettiva: incarichi conferiti in virtù
di un nesso funzionale e di servizio che il dirigente designato o nominato ha
con l'amministrazione che rappresenta in seno a organismi, comitati, organi
collegiali.
Nel caso dei
componenti del Consiglio superiore tecnico delle poste e delle
telecomunicazioni, secondo la disposizione contenuta nel DPR 27 ottobre 1994, n.
632, che disciplina la composizione del Consiglio stesso (art. 2), è di tutta
evidenza che la partecipazione dei dirigenti dei vari ministeri sia in funzione
di un mandato di rappresentanza degli interessi della propria amministrazione e
pertanto nei casi in questione si applica il principio dell'onnicomprensività.
Non rileva, ai fini della determinazione dell'applicabilità del principio, la
collocazione in posizione di fuori ruolo del dirigente presso un'altra
amministrazione.
Per quanto
riguarda il personale dirigenziale non contrattualizzato, occorre prendere in
esame gli ordinamenti di ciascun settore di appartenenza.
Si può, comunque,
ritenere che per i prefetti e ai diplomatici il principio di onnicomprensività
trovi applicazione in ragione dell'equiparazione del trattamento economico,
rispettivamente ai sensi del D.P.R. 316/2001 e del D.P.R. 114/2001. Per quanto
riguarda, invece, i componenti del Consiglio appartenenti alle Forze armate,
alle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, che rivestono la
qualifica di dirigente od equiparati, la disciplina dell'onnicomprensività non
trova applicazione, ai sensi della specifica normativa di
settore.
Da ultimo, per
dare risposta alla parte che va sotto il punto 5 del quesito, occorre rifarsi
all'ordinamento dell'Autorità indipendente e alla sua autonoma disciplina in
materia.
Il direttore dell'ufficio del ruolo
unico
Roma, 1
aprile 2003
R.U.D. Ufficio del
ruolo unico della dirigenza
Parere n.
175/2003
A.G.E.A. Oggetto: dirigente ammesso al
dottorato di ricerca - Trattamento economico.
Sintesi: durante
il periodo di ammissione ad un corso di dottorato di ricerca al dirigente di
seconda fascia non spetta la retribuzione di posizione- parte
variabile.
In risposta alla
nota, stesso oggetto, con la quale si rappresentano alcune questioni correlate
al trattamento economico da corrispondere ad un dirigente di seconda fascia
ammesso ad un corso di dottorato di ricerca, si fa presente che l'interessato
collocato in aspettativa conserva il trattamento economico fondamentale,
comprensivo dell'indennità di posizione parte fissa, mentre durante il periodo
speso nella formazione la retribuzione di posizione- parte variabile, essendo
correlata alle funzioni dirigenziali concretamente espletate, non può essere
corrisposta.
Il direttore dell'ufficio del ruolo
unico
Roma, 5
giugno 2003
AREA
NON DIRIGENZIALE
ASSUNZIONI
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
157/02
Al Ministero della
Giustizia Dipartimento dell'organizzazione
penitenziaria Direzione Generale del Personale e della
formazione ROMA
Oggetto: autorizzazione ad assumere a tempo determinato, ai sensi dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001
Sintesi:
l'art. 19
della Legge n. 448/2001 (Finanziaria 2002), che ha stabilito nei confronti delle
amministrazioni dello Stato il divieto di avviare, per l'anno 2002, assunzioni
di personale a tempo indeterminato, non preclude alle medesime amministrazioni
la possibilità di procedere alla instaurazione di rapporti di lavoro a termine,
nel rispetto delle norme legislative e contrattuali vigenti.
Con riferimento
alla nota con la quale codesta amministrazione ha chiesto l'autorizzazione ad
assumere alcune unità a tempo determinato al fine di sopperire, anche se
temporaneamente, alla preoccupante carenza di personale in cui versa attualmente
l'amministrazione penitenziaria, si rappresenta quanto
segue.
Per l'anno 2002,
l'art. 19 della legge n. 448/2001 (Finanziaria 2002) ha stabilito nei confronti
di tutte le amministrazioni pubbliche il divieto di avviare assunzioni di
personale a tempo indeterminato. Detta norma, tuttavia, non preclude alle
medesime amministrazioni la possibilità di procedere alla instaurazione di
rapporti di lavoro a termine, nel rispetto delle norme legislative e
contrattuali vigenti, per fronteggiare situazioni contingenti ed
imprevedibili.
In merito alla
richiesta di assunzione a tempo determinato di alcune unità di personale
concernenti tecnici laureati (area C, posizione C1) e tecnici diplomati (area B,
posizione B3), si informa codesta amministrazione che nel caso di specie non si
applica l'art. 39 della Legge n. 449/97 (concernente la programmazione delle
assunzioni nelle pubbliche amministrazioni) in quanto detta normativa riguarda
la sola disciplina delle autorizzazioni per le assunzioni a tempo indeterminato;
è tuttavia possibile per le amministrazioni pubbliche la stipula di contratti
individuali a tempo determinato nei casi espressamente previsti dal d.lgs n.
368/2001 e con le modalità di cui agli artt. 35 e 36 del d.lgs. n.
16/2001.
Come è noto, il
d.lgs. n. 368/2001, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa
all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, contiene una nuova disciplina
del lavoro a tempo determinato, la quale prevede, tra l'altro, la possibilità di
apporre un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato, a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, e ciò
superando il previgente principio per cui il contratto di lavoro si reputa a
tempo indeterminato, salvo alcune eccezioni, costituite dai casi tassativi
stabiliti da specifiche disposizioni legislative e/o
contrattuali.
Il citato
decreto, inoltre, ha abrogato, dalla sua entrata in vigore, la normativa già
vigente in materia (L. n. 230/62, l'art. 8 bis L. n. 79/83,
l'art. 23 L. n. 56/87, nonché
tutte le disposizioni di legge incompatibili e non espressamente richiamate),
prevedendo, tuttavia, che le vigenti clausole dei CCNL mantengano la loro
efficacia, in via transitoria e salve diverse intese, fino alla scadenza dei
contratti collettivi nazionali di lavoro. In merito, per scadenza si intende la
data del 31/12/2001, formalmente stabilita per tutti i contratti collettivi di
comparto, e non le successive date di effettiva stipulazione dei singoli CCNL
relativi alla tornata contrattuale 2002-2005. Il d.lgs. n.
368/2001, infine, rinvia alla contrattazione collettiva per la disciplina di
alcuni aspetti, quali i limiti quantitativi di utilizzo del contratto a termine,
la formazione professionale del personale assunto a tempo determinato, nonché le
modalità delle informazioni da rendere ai lavoratori e alle loro
rappresentanze.
Ciò posto, stante
la dichiarata esigenza di personale necessario ad assicurare il pieno
svolgimento delle attività istituzionali, si ritiene che codesta Amministrazione
possa avviare le procedure di reclutamento per le assunzioni di personale a
tempo determinato nel rispetto ed entro i limiti fissati dal citato d.lgs. n.
368/2001 e dalla circolare n. 42/2002 in data 1/9/2002 del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali, e con le modalità di cui agli artt. 35 e 36 del
d.lgs. n. 16/2001.
Il direttore dell'Ufficio per il
personale
Roma, 24
ottobre 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
161/02
Al Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti Direzione generale per le politiche del
personale e gli affari generali 00161 ROMA Al Ministero dell'economia e delle
finanze Dipartimento della Ragioneria dello
Stato IGOP Via XX settembre 00100 Roma
Oggetto:
riammissione
in servizio di un ex dipendente presso il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti.
Sintesi: il divieto di procedere alle assunzioni per l'anno 2002 disposto dall'art. 19, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 si applica a tutte le assunzioni di personale a tempo indeterminato, ivi comprese le ricostituzioni dei rapporti di lavoro, come nel caso delle riammissioni in servizio dei dipendenti, pur deliberate nel 2001, per le quali non si sia proceduto alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro entro il 31 dicembre 2001.
Con riferimento
alla nota con cui codesta Amministrazione ha posto un quesito circa la
riammissibilità in servizio di un ex dipendente, per sopperire alle urgenti
esigenze di personale concernenti un ufficio periferico, si rappresenta quanto
segue.
Il divieto di
procedere, per il 2002, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato,
disposto dall'art. 19, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 si applica
anche alle ricostituzioni dei rapporti di lavoro, quale è la riammissione in
servizio di dipendenti di pubbliche amministrazioni, per le quali non si sia
proceduto alla sottoscrizione del contratto di lavoro entro il 31 dicembre
2001.
Nell'ipotesi,
infatti, della riammissione in servizio, la recente giurisprudenza
amministrativa (Consiglio di Stato , 1.9/1997, n. 938; Consiglio di Stato,
9.2.1996, n. 147; Consiglio di Stato, 18.10.2001, n. 5486;22.6.2001, n. 3515),
ha chiarito come il rapporto che si costituisce pur non essendo del tutto
estraneo a quello precedente, concretizza un nuovo rapporto di lavoro che, in
quanto tale, resta soggetto alla citata normativa vigente in materia di blocco
delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni per l'anno
2002.
Ciò posto, tenuto
conto che il divieto di cui all'art. 19 L. 448/2001 si applica anche alle
ricostituzioni del rapporto di lavoro, quali sono le riammissioni in servizio ai
sensi dell'art. 55 del CCNL del 16/5/2001, pur deliberate o disposte nel 2001,
per le quali non si sia proceduto alla sottoscrizione del formale contratto
individuale di lavoro entro il 31/12/2001, si rappresenta che codesta
Amministrazione non può procedervi per un proprio ex
dipendente.
Tuttavia, stante
la dichiarata esigenza straordinaria di personale e nell'ambito della
determinazione dei fabbisogni complessivi del stesso, codesto Ufficio potrà
avviare la suddetta procedura di riassunzione in servizio del citato
ex-dipendente, con un contratto a tempo determinato nel rispetto ed entro i
limiti fissati dagli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 368/2001 e dalla circolare n.
42/2002 in data 1/9/2002 del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali.
Su quanto sopra
esposto, si rimane in attesa del parere del Dipartimento della Ragioneria dello
Stato - RGS- IGOP.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 23
dicembre 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
165/02
Al Ministero della
Salute Direzione del personale ROMA e p.c. Ministero dell'Economia e delle
Finanze RGS - IGOP ROMA
Oggetto: assunzione di
tre dirigenti chimici di secondo livello del ruolo sanitario presso il Ministero
della Salute relativa ad un concorso riservato al personale in servizio,
appartenenti allo stesso ruolo.
Sintesi: il blocco delle assunzioni di personale a tempo indeterminato previsto dall'art. 19 della Legge n. 448/2001 non si applica alla procedura concorsuale riservata al personale interno bandita dal Ministero della salute – in applicazione del decreto legge 11/1/2001, n. 1, convertito nella legge 9/3/2001, n. 49 - per l'assunzione di tre unità di personale dirigenziale del ruolo sanitario, in quanto detta procedura non rientra nel concetto di assunzione di cui al citato art. 19 L. n. 448/2001. Con riferimento
alla nota indicata in oggetto mediante la quale codesta amministrazione ha
chiesto l'orientamento di questo Ufficio in merito alla possibilità di assumere,
nel corrente anno, tre unità di personale già interno all'amministrazione,
vincitore a seguito di un concorso, riservato, per esami, a tre posti di
dirigente chimico di secondo livello del ruolo sanitario, si rappresenta quanto
segue.
L'art. 19 della
L. 448/2001 (Finanziaria 2002) prevede, tra l'altro per tutto l'anno 2002, il
divieto di assunzione di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni
dello Stato.
Al riguardo,
tenuto conto che la partecipazione alla procedura concorsuale bandita dal
Ministero della Salute – in applicazione dell'art. 3, comma 7, del decreto legge
11/1/2001, n. 1, convertito nella legge 9/3/2001, n. 49 - per l'accesso alla
qualifica di dirigente chimico di secondo livello del ruolo sanitario, è
riservata, come risulta dall'art. 2, comma 1, del bando di concorso emanato ai
sensi della citata normativa, ai dipendenti dell'amministrazione con qualifica
di dirigente chimico di primo livello ed in possesso di un'anzianità di servizio
di almeno cinque anni, si ritiene che nel blocco delle assunzioni di personale
di cui al citato art. 19 della L. n. 448/2001, non debbano essere ricomprese
quelle relative al personale già in servizio con diversa qualifica o livello
presso la medesima amministrazione.
Dette assunzioni,
infatti, comportando una progressione economica e professionale del personale
attuata mediante passaggi tra le diverse posizioni professionali nell'ambito
dello stesso ruolo e non una immissione ex novo dall'esterno, non rientrano nel
concetto di assunzione, cui si riferisce il citato art. 19 L. n.
448/2001.
Si segnala in
merito quanto stabilito dalla Suprema Corte di cassazione – Sezioni Unite Civili
– con sentenza n. 7859 dell'11 giugno 2001, che, in sede di regolamento
preventivo di giurisdizione, ha posto una precisa distinzione tra le procedure
di assunzione strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e le
assunzioni che ineriscono a vicende modificative del rapporto stesso e
finalizzate alla progressione in carriera, anche se realizzate attraverso
procedure selettive di tipo concorsuale.
Ciò posto,
considerato il carattere speciale della su indicata normativa, con particolare
riguardo all'art. 3, comma 7, del citato decreto legge 11/1/2001, n. 1,
convertito nella legge 9/3/2001, n. 49, la quale prevede che per le esigenze di
potenziamento dell'attività di prevenzione, profilassi e controllo sanitario al
fine di fronteggiare il fenomeno delle encefalopatie spongiformi bovine, il
Ministero della salute possa, per una sola volta, avviare procedure di
reclutamento per la copertura di vacanze esistenti in organico nella qualifica
di dirigente di primo livello, mediante concorsi interamente riservati al
personale in servizio, nel condividere la tesi esposta nella nota indicata in
oggetto, si ritiene che codesta amministrazione possa procedere all'assunzione
del ripetuto personale prescindendo da quanto previsto dall'art. 19 della L. n.
448/2001.
Al riguardo, si
rimane in attesa del parere del Dipartimento della Ragioneria Generale dello
Stato- IGOP.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 20
dicembre 2002
U.P.P.A. Servizio Programmazione assunzioni e reclutamento
n. 167/02
Al Ministero delle Attività Produttive Direzione generale per i servizi interni Div. II ROMA
e p.c. al Ministero dell'Economia e delle Finanze RGS – IGOP ROMA Oggetto: assunzione di una unità di personale con qualifica di funzionario informatico (area C - posizione economica C2). Sintesi:
ai sensi dell'art. 19 della legge n. 448/2001, divieto di assunzione a tempo
indeterminato per l'anno 2002, non si applica alle assunzioni di personale
relative a figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non
sia superiore all'unità. Dette
assunzioni, come chiarito nella Circolare del Ministero dell'Interno n. 1/2002
del 4/3/2002 concernente problematiche interpretative dell'art. 19 della legge
28/12/2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), sono relative ai cosiddetti "posti
unici" di organico, i quali, l'amministrazione nel momento in cui programma
l'assunzione in deroga, deve dimostrare la non sostituibilità, in relazione alla
propria struttura organizzativa. Pertanto, tale deroga va riferita ai singoli
profili professionali e non alla categoria di appartenenza che può riferirsi ad
una pluralità di profili. Codesta amministrazione ha chiesto l'orientamento di questo Ufficio in merito alla possibilità di avviare, nel corrente anno, la procedura di assunzione di una unità di personale a tempo indeterminato mediante l'utilizzo di una graduatoria concorsuale: in merito si rappresenta quanto segue. L'art. 19 della L. 448/2001 (Finanziaria 2002) per tutto l'anno 2002 prevede, tra l'altro, per gli enti pubblici non economici, quale codesta amministrazione, il divieto assoluto di assunzione di personale a tempo indeterminato. Ai sensi della predetta normativa il divieto non si applica alle assunzioni di personale relative a figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore all'unità. Dette assunzioni, come chiarito nella circolare del Ministero dell'Interno n. 1/2002 del 4/3/2002 concernente problematiche interpretative dell'art. 19 della legge 28/12/2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), sono relative ai cosiddetti "posti unici" di organico dei i quali l'ente, nel momento in cui programma l'assunzione in deroga, deve dimostrare la non sostituibilità in relazione alla propria struttura organizzativa. Pertanto, tale deroga va riferita ai singoli profili professionali e non alla categoria di appartenenza che può riferirsi ad una pluralità di profili. Ciò posto, tenuto conto di quanto previsto dal DPR n. 175/2001 e dalla proposta con nota n. 20020185045 in data 9/12/2002 di DPCM, sottoscritta dal Ministro delle attività produttive e trasmessa a questo Dipartimento, concernente la ripartizione in profili professionali della dotazione organica del personale dell'ex Ministero del Commercio con l'Estero ex DPR. n. 175/2001, risulta che codesta amministrazione non si trova nella suindicata situazione di ipotesi di deroga al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato così come previsto dall'art. 19 della L. n. 448/2001; si ritiene, pertanto, che la stessa non possa avviare, nel corrente anno, l'assunzione a tempo indeterminato di un funzionario informatico mediante l'utilizzo della graduatoria concorsuale.
Il direttore dell’ufficio
Roma, 23 dicembre 2002
U.P.P.A. Servizio
Mobilità n.
179/03 Al Comune di Cervia Piazza G. Garibaldi, 1 48015 – Cervia
p.c. alla Provincia di Ravenna Settore Formazione Orientamento Lavoro
c.a. dott. Andrea Panzavolta Piazza Caduti per la Libertà, 2/4 48100 – Ravenna
Al Ministero dell'Interno Dipartimento Affari Interni e Territoriali Direzione Centrale Autonomie Piazza del Viminale, 1 00184 – Roma Oggetto:
comunicazione preventiva allo scorrimento di graduatorie di concorso ai fini
dell'assunzione di personale, ai sensi dell'art. 34 bis del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165, introdotto dall'art. 7 della legge 16 gennaio 2003, n.
3. Sintesi: la previsione
dell'art. 34 bis del d.lgs. 165/2001 della necessità della preventiva
comunicazione, nei confronti dei soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3,
dell'intenzione di assumere personale costituisce per le amministrazioni e per
gli enti un obbligo con riferimento all'avvio di nuove procedure selettive di
reclutamento e non allo scorrimento delle graduatorie di concorsi già
espletati.
Si fa riferimento
alla nota con la quale è stato chiesto se l'obbligo di comunicazione previsto
dall'art.34 bis, comma 1, del d.lgs.165/2001 ricorra anche nel caso in cui, per
la copertura di posti a tempo indeterminato, si utilizzi una graduatoria di
concorso vigente.
Al riguardo, si
ritiene che poiché la normativa in argomento opera un esplicito riferimento
all'assunzione di personale mediante avvio di procedure selettive con
riferimento all'intenzione di bandire concorsi, la comunicazione di cui al
citato art. 34 è esclusa nel caso in cui le amministrazioni reputino necessario
o opportuno effettuare uno scorrimento delle graduatorie di concorsi
precedentemente banditi per la copertura di posti vacanti a tempo
indeterminato.
Il direttore
dell'ufficio Roma, 15 ottobre 2003
MOBILITA’
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
54/02
Comune di
San Severo
Oggetto:
amministrazioni diverse - Passaggio diretto di personale - mobilità (art. 30
d.lgs. n. 165/2001). Sintesi: il
passaggio diretto di personale da un'amministrazione all'altra previsto dal
Testo Unico sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche è consentito solo ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni
disciplinate dal predetto Testo Unico.
Con la nota
trasmessa codesta amministrazione comunale ha chiesto di conoscere se sia
applicabile l'istituto della mobilità volontaria (o concordata) al personale
dipendente del Centro tecnico per l'assistenza ai soggetti che utilizzano la
rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA).
In via generale
si premette che l'istituto della mobilità volontaria è disciplinato dall'art. 30
del d.lgs. 165/2001, che prevede la possibilità per le amministrazioni pubbliche
di coprire posti vacanti in organico con dipendenti della stessa qualifica in
servizio presso altre amministrazioni.
Il Centro tecnico
è stato istituito sotto il controllo e la direzione dell'Autorità per
l'informatica nella pubblica amministrazione dall'art. 17, comma 19, della L.
127/97, che ha previsto l' assunzione, per un massimo di cinquanta unità, di
personale con contratto di diritto privato, anche a tempo
determinato.
Successivamente
l'articolo 24, comma 6, della L. 340/2000 ha previsto che il Governo si avvale
del Centro tecnico di cui al comma 19 dell'articolo 17 della legge 15 maggio
1997, n. 127, che è collocato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in
posizione di autonomia amministrativa e funzionale, ai sensi dell'art. 7 del
d.lgs. 303/1999.
In base al
sistema normativo sopra delineato e alla normativa generale in materia di
mobilità si ritiene che la mobilità volontaria è applicabile solo al personale
con rapporto di lavoro disciplinato dai contratti collettivi stipulati ai sensi
del titolo III del d.lgs. 165/2001, mentre il rapporto di lavoro del personale
di cui trattasi è disciplinato dal regolamento del Centro tecnico (DPCM 18
maggio 2001, in particolare), dal contratto individuale di lavoro e dal
contratto collettivo del settore delle telecomunicazioni.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 29
marzo 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
177/03
Ministero
dell'Interno
Oggetto: corpo nazionale
dei vigili del fuoco - Mobilità - Personale operativo e navigante -
Esclusione.
Sintesi: in base
alle norme di legge e contrattuali, il passaggio diretto tra diverse
amministrazioni per mobilità volontaria dei dipendenti del Corpo nazionale
VV.FF. – comparto Aziende - è possibile con riferimento al solo personale
amministrativo, con esclusione di quello operativo e
navigante.
Si fa riferimento
alla lettera con la quale si è
chiesto un parere in merito ai procedimenti di mobilità applicabili al personale
del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e, in particolare, alla possibilità di
applicare la mobilità volontaria.
Al riguardo, come
anche segnalato da codesta Amministrazione, il passaggio diretto di dipendenti
per il personale compreso nel comparto Aziende è previsto dagli articoli 3, 4 e
5 del CCNL 24.04.2002, che disciplinano rispettivamente la mobilità tra
amministrazioni diverse a seguito di domanda dell'interessato, anche in caso di
previo comando, e il passaggio diretto ad altre amministrazioni del personale in
eccedenza.
Tali clausole
contengono pure esclusioni espresse di applicabilità per il personale del
settore operativo e aereonavigante del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Conseguentemente, si ritiene che l'art. 70, comma 11, e l'art. 34-bis del d.lgs.
n. 165/2001 vadano letti alla luce di tale disciplina contrattuale, intendendosi
pertanto come assoggettati al regime generale i dipendenti del Corpo diversi da
quelli del settore operativo ed areonavigante. D'altro canto, le disposizioni
derogatorie sembrano fondarsi sulla base delle peculiarità proprie del personale
operativo in questione, mentre la loro estensione non pare giustificarsi per il
rimanente personale amministrativo, che non presenta profili di differenziazione
rispetto agli altri dipendenti pubblici. Il direttore
dell'ufficio Roma, 16 maggio 2003
Ufficio P. P.
A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
Parere n.
178/03
Acquedotto pugliese
S.p.a.
Oggetto: personale -
Mobilità - Art. 30 d.lgs. 165/2001 - Inapplicabilità.
Sintesi: le
disposizioni in materia di mobilità volontaria dei pubblici dipendenti previste
dal d.lgs. n. 165/2001 si applicano al solo personale dipendente dalle pubbliche
amministrazioni (di cui all'art.1, comma 2, del medesimo decreto). Pertanto, di
regola, salvo diversa disposizione, esse non trovano applicazione dopo la
trasformazione di un ente in società per azioni.
Con lettera del 10
febbraio u.s., si è richiesto un parere in merito alle richieste di
trasferimento per mobilità nei ruoli dell'Amministrazione civile dell'Interno
che provengono da parte di dipendenti dell'Acquedotto pugliese
S.p.a..
Al riguardo, si
ritiene che, essendo ormai intervenuta la trasformazione in società per azioni
dell'Ente autonomo acquedotto pugliese, il rapporto di lavoro del personale sia
disciplinato dalle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva,
così come previsto dal d.lgs. n. 141/1999 (art. 5, c. 1), recante
"Trasformazione dell'Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni, a
norma dell'articolo 11, comma 1, lettera b), della L. 15 marzo 1997, n.
59.
Pertanto, si concorda
con quanto rappresentato da codesta Amministrazione, che ha rilevato che il
citato d.lgs. n. 141/1999 non ha previsto l'applicazione al predetto personale
delle disposizioni sulla mobilità volontaria dei dipendenti pubblici (di cui
all'art.30 del d.lgs. n. 165/2001, ex art. 33 del d.lgs. n.
29/1993). Il direttore dell'ufficio Roma, 11 aprile 2003
PERMESSI
Ufficio P. P.
A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
Parere n.
168/2003
Al Ministero degli affari
esteri Direzione generale per la promozione e la
cooperazione culturale Ufficio IV P.le della Farnesina,
1 00194 ROMA Oggetto: personale
collocato fuori ruolo – Diritto allo studio ex art. 3 del D.P.R. 395/
88. Sintesi:
i permessi straordinari retribuiti per motivi di studio, previsti dall'art. 3
del DPR 395/88, non possono essere negati al personale fuori ruolo, di cui
all'art. 626 del d.lgs. n. 297/94, che ne ha i presupposti previsti e ne faccia
richiesta. Il diritto allo studio, se l'esercizio dello stesso non contrasta con
l'interesse dell'Amministrazione, è un diritto che va garantito a tutti i
dipendenti che abbiano un rapporto d'impiego, indipendentemente dalla loro
posizione in ruolo, fuori ruolo o di comando.
Si fa riferimento
alla nota con la quale codesto
ministero ha posto un quesito circa le modalità di concessione dei permessi
retribuiti per motivi di studio, previsti dall'art. 3 del D. P. R. 395/ 88, al
personale fuori ruolo di cui all'art. 626 del d.lgs. 297/ 94.
In via preliminare
va ribadito quanto già puntualizzato dal MAE nella circolare n. 341 del 29
novembre 1986, che "tutto il personale in posizione di comando o fuori ruolo,
pur mantenendo il rapporto d'impiego con l'amministrazione di provenienza,
risponde gerarchicamente, per tutta la durata del comando o del fuori ruolo,
alle amministrazioni presso le quali presta servizio".
Conseguentemente, i
provvedimenti amministrativi che riguarderanno detto personale dovranno essere
adottati da tali amministrazioni, le quali ne daranno, a loro volta,
comunicazione alle amministrazioni di appartenenza dei dipendenti interessati.
Posto ciò, in
ordine al quesito formulato, lo scrivente ufficio, è dell'avviso che i permessi
straordinari retribuiti previsti dall'art. 3 del DPR 395/88, non possono essere
negati a chi, avendone i presupposti previsti dallo stesso articolo, ne faccia
richiesta.
Si fa osservare a
tal proposito che il diritto allo studio, se l'esercizio dello stesso non
contrasta con l'interesse dell'Amministrazione, è un diritto che va garantito a
tutti i dipendenti che abbiano un rapporto d'impiego, indipendentemente dalla
loro posizione in ruolo, fuori ruolo o di comando.
Per quanto riguarda
poi, la concessione dei benefici in questione, va considerato che il rispetto
del limite del 3% di cui al comma 3, lettera a) dell'art. 3 in argomento, deve
riferirsi al totale delle unità in servizio all'inizio di ogni anno, con
arrotondamento all'unità superiore.
Il calcolo del 3%
degli aventi diritto deve, pertanto, riferirsi sul numero effettivo delle unità
presenti in servizio al momento della concessione del
beneficio.
Qualora le
richieste, ai fini della selezione, siano in numero superiore al contingente
delle unità in servizio, sarà cura dell’Amministrazione definire, nel rispetto
delle priorità stabilite dall'art. 3, comma 3, del DPR 395/ 88, nonché dall'art.
13 del CCNL integrativo 2000/ 2001, i criteri per la concessione dei permessi in
argomento.
Roma, 19 maggio
2003
Allegato
1
D.P.R. 23-8-1988 n.
395 art. 3. Diritto allo
studio.
1. Al fine di
garantire il diritto allo studio sono concessi permessi straordinari retribuiti,
nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali.
2. I permessi di
cui al comma 1 sono concessi per la frequenza di corsi finalizzati al
conseguimento di titoli di studio in corsi universitari, postuniversitari, di
scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale,
statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio
di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti
dall'ordinamento pubblico. 3. Nella concessione dei permessi di cui ai commi 1 e 2 vanno osservate, garantendo in ogni caso le pari opportunità, le seguenti modalità: a) i dipendenti che contemporaneamente
potranno usufruire, nell'anno solare, della riduzione dell'orario di lavoro, nei
limiti di cui al comma 1, non dovranno superare il tre per cento del totale
delle unità in servizio all'inizio di ogni anno, con arrotondamento all'unità
superiore; b) a parità di condizioni sono ammessi a
frequentare le attività didattiche i dipendenti che non abbiano mai usufruito
dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso;
c) il permesso per il conseguimento dei
titoli di studio o di attestati professionali di cui al comma 2 può essere
concesso anche in aggiunta a quello necessario per le attività formative
programmate dall'amministrazione. 4. Il personale
interessato ai corsi di cui ai commi 1, 2 e 3 ha diritto, salvo eccezionali ed
inderogabili esigenze di servizio, a turni di lavoro che agevolino la frequenza
ai corsi e la preparazione agli esami e non è obbligato a prestazioni di lavoro
straordinario o durante i giorni festivi e di riposo settimanale.
5. Il conseguimento di un significativo accrescimento della professionalità del singolo dipendente, documentato dal titolo di studio o da attestati professionali conseguiti, costituirà titolo di servizio da valutare secondo le norme degli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza. 6. Il personale interessato alle attività didattiche di cui al comma 2 è tenuto a presentare alla propria amministrazione idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali. 7. In sede di contrattazione di comparto e decentrata potranno essere definite, ove necessario, ulteriori modalità applicative e/o particolari per la partecipazione e la frequenza ai corsi di cui al presente articolo ed ulteriori discipline per rispondere alle esigenze specifiche dei singoli comparti*.
* Per la
disapplicazione delle norme contenute nel presente articolo, limitatamente al
personale del comparto Ministeri, vedi l'art. 34 del CCNL di cui all’accordo del
16 maggio 2001 per il personale della Sanità, vedi l'art. 22 del CCNL
integrativo di cui all'accordo 20 settembre 2001 per il comparto Aziende e
Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo vedi l'art. 37 del CCNL di
cui all’accordo del 24 aprile 2002.
Allegato 2
Acc. 16-5-2001 -
Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del CCNL del personale del
comparto Ministeri sottoscritto in data 16 febbraio 1999. Pubblicato nella
Gazz. Uff. 21 giugno 2001, n. 142, S.O.
13.
Diritto allo studio.
1. Ai dipendenti
con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sono concessi - anche in aggiunta
alle attività formative programmate dall'amministrazione - speciali permessi
retribuiti, nella misura massima di 150 ore individuali per ciascun anno e nel
limite massimo del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso
ciascuna amministrazione all'inizio di ogni anno, con arrotondamento all'unità
superiore. Le amministrazioni articolate territorialmente provvedono, con atti
organizzativi interni, a ripartire tra le varie sedi il contingente di personale
di cui al presente comma, definendo i relativi criteri e modalità operative in
sede di contrattazione integrativa nazionale di amministrazione.
2. I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post-universitari, di scuola di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall'ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami. Nell'ambito della contrattazione integrativa potranno essere previsti ulteriori tipologie di corsi di durata almeno annuale per il conseguimento di particolari attestati o corsi di perfezionamento anche organizzati dall'Unione europea, anche finalizzati all'acquisizione di specifica professionalità ovvero, infine, corsi di formazione in materia di integrazione dei soggetti svantaggiati sul piano lavorativo, nel rispetto delle priorità di cui al comma 4. 3. Il personale
interessato ai corsi ha diritto all'assegnazione a turni di lavoro che agevolino
la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere
obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi
o di riposo settimanale. 4. Qualora il
numero delle richieste superi le disponibilità individuate ai sensi del comma 1,
per la concessione dei permessi si rispetta il seguente ordine di priorità:
a) dipendenti che frequentino l'ultimo anno
del corso di studi e, se studenti universitari o post-universitari, abbiano
superato gli esami previsti dai programmi relativi agli anni precedenti;
b) dipendenti che frequentino per la prima
volta gli anni di corso precedenti l'ultimo e successivamente quelli che,
nell'ordine, frequentino, sempre per la prima volta, gli anni ancora precedenti
escluso il primo, ferma restando, per gli studenti universitari e
post-universitari, la condizione di cui alla lettera b);
c) dipendenti ammessi a frequentare le
attività didattiche, che non si trovino nelle condizioni di cui alle lettere
a), e b). 5. Nell'ambito di
ciascuna delle fattispecie di cui al comma 4, la precedenza è accordata,
nell'ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media
inferiore, della scuola media superiore, universitari o post-universitari.
6. Qualora a
seguito dell'applicazione dei criteri indicati nei commi 4 e 5 sussista ancora
parità di condizioni, sono ammessi al beneficio i dipendenti che non abbiano mai
usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso e, in
caso di ulteriore parità, secondo l'ordine decrescente di età. Ulteriori
condizioni che diano titolo a precedenza sono definite nell'ambito delle
procedure di cui all'art. 4, comma 3, lett. A), del CCNL del 16.2.1999.
7. L'applicazione
dei predetti criteri e la relativa graduatoria formano oggetto di informazione
successiva ai soggetti sindacali di cui all'art. 8 del CCNL
16/02/1999. 8. Per la
concessione dei permessi di cui ai commi precedenti i dipendenti interessati
debbono presentare, prima dell'inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e,
al termine degli stessi, l'attestato di partecipazione agli stessi o altra
idonea documentazione preventivamente concordata con l'amministrazione,
l'attestato degli esami sostenuti, anche se con esito negativo. In mancanza
delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati
come aspettativa per motivi personali. 9. Nel caso in cui
il conseguimento del titolo preveda l'esercizio di un tirocinio,
l'amministrazione potrà valutare con il dipendente, nel rispetto delle
incompatibilità e delle esigenze di servizio, modalità di articolazione della
prestazione lavorativa che facilitino il conseguimento del titolo stesso.
10. Per sostenere
gli esami relativi ai corsi indicati nel comma 2 il dipendente, in alternativa
ai permessi previsti nel presente articolo, può utilizzare, per il solo giorno
della prova, anche i permessi per esami previsti dall'art. 18, comma 1, prima
alinea del CCNL del 16 maggio 1995. 11. Il presente
articolo sostituisce l'art. 17 del D.P.R. n. 44/1990.
TRATTAMENTO
GIURIDICO
ED
ECONOMICO
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
4/02
Ministero
delle politiche agricole e forestali
Personale
comparto ministeri
Oggetto:
comando - Rimborso oneri finanziari (art. 4, comma 12, CCNL 16/5/2001
integrativo del CCNL del personale del comparto ministeri sottoscritto in data
16.2.1999). Sintesi: è a
carico dell'amministrazione di destinazione la spesa per il personale del
comparto ministeri comandato ad altra amministrazione anche di diverso comparto
che ne faccia richiesta per utilizzarne le prestazioni.
Codesto ministero
chiede di conoscere l'avviso di questo Dipartimento in merito alla
individuazione dell'amministrazione cui fa carico la spesa per il personale
assegnato temporaneamente presso altra amministrazione di diverso comparto di
contrattazione.
Con la
riconduzione del rapporto di lavoro di pubblico impiego sotto la disciplina del
codice civile e la remissione alla contrattazione collettiva di tutte le materie
relative al rapporto di lavoro, le amministrazioni dei singoli comparti di
contrattazione e il personale dipendente dalle stesse amministrazioni sono
soggetti alla disciplina contrattuale di riferimento.
Il caso di specie
segnalato riguarda l'istituto della mobilità disciplinato dall'articolo 4 del
contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del CCNL del personale del
comparto ministeri stipulato il 16 febbraio 1999 e, in particolare,
l'imputazione dell'onere finanziario per il caso di comando presso altra
amministrazione di diverso comparto.
Al riguardo, il
comma 12 del citato articolo 4 individua nell' amministrazione di destinazione
la spesa per il personale comandato indipendentemente dalla disciplina vigente
nel comparto ove tale personale renderà la propria prestazione di
lavoro.
La norma trova
spiegazione nello stesso procedimento di contrattazione collettiva delineato
dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 165/2001 che prevede la
determinazione degli oneri conseguenti e la certificazione dei costi
quantificati da parte della Corte dei conti.
Una diversa
interpretazione comporterebbe a carico dell'amministrazione di appartenenza del
dipendente comandato un onere contrattuale aggiuntivo per il quale non è
prevista la spesa né la relativa copertura finanziaria.
Si rimane in
attesa del parere del Dipartimento ragioneria generale dello Stato -
IGOP.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 11
gennaio 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
22/02
Presidenza del Consiglio dei
ministri
Oggetto: personale Federconsorzi assunto -
Presidenza del Consiglio dei ministri - Posizione economica “super” -
Attribuibilità (art. 5 d.l. n. 552/96). Sintesi:
l'anzianità di servizio nello Stato per i dipendenti della Federconsorzi assunti
a seguito di superamento di prova pratica e colloquio decorre dal 30 aprile
1997.
Codesto
dipartimento con nota del 3/12/2001 ha chiesto chiarimenti in merito alla
valutazione dell'anzianità di servizio del personale della ex Federconsorzi
inquadrato nei ruoli del personale non dirigenziale della Presidenza del
consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 5 del decreto legge 23 ottobre
1996, n. 552 convertito con modificazioni con la legge 20 dicembre 1996, n.
642.
In via generale
occorre premettere che la Federazione dei consorzi agrari, Federconsorzi, è un
ente associativo di diritto privato che confedera i consorzi agrari provinciali
che sono società cooperative di produttori agricoli sulle quali il Ministero
delle risorse agricole esercita la vigilanza.
In considerazione
della natura privatistica della Federconsorzi la citata norma dell'articolo 5
del decreto legge n. 552/96 ha previsto l'assunzione di 194 unità di personale
nelle amministrazioni statali, con decorrenza 30 aprile 1997, a seguito del
superamento di una prova pratica e colloquio volta ad accertare, per ciascun
profilo professionale, l'idoneità per lo svolgimento delle mansioni connesse al
profilo professionale da attribuire. Le modalità di partecipazione e i programmi
di esame sono stati determinati con decreto del Ministro per la funzione
pubblica del 30 aprile 1997.
Premesso quanto
sopra si ritiene che il criterio seguito da codesto Dipartimento per la
valutazione dell'anzianità, a partire dalla data di assunzione
nell'amministrazione dello Stato, possa essere utilmente adottato ai fini
dell'attribuzione delle posizioni economiche “super” dedotta da Contratto
collettivo integrativo relativo al personale della Presidenza del Consiglio dei
ministri sottoscritto il 22 marzo 2001.
Il direttore
dell'ufficio Roma, 8
febbraio 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
30/02
Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio
Oggetto:
dipendenti Federconsorzi - Trasferimento ruoli Ministero dell'ambiente -
Decorrenza giuridica inquadramento (art.5 d.l. n.
552/96). Sintesi:
l'anzianità di servizio nello Stato per i dipendenti della Federconsorzi assunti
a seguito di superamento di prova pratica e colloquio decorre dal 30 aprile
1997.
Codesta
amministrazione ha chiesto chiarimenti in merito alla valutazione dell'anzianità
di servizio del personale della ex Federconsorzi inquadrato nei ruoli del
personale non dirigenziale del Ministero dell'ambiente ai sensi dell'articolo 5
del decreto legge 23 ottobre 1996 n. 552 convertito con modificazioni con la
legge 20 dicembre 1996 n. 642.
In via generale
occorre premettere che la Federazione dei consorzi agrari, Federconsorzi, è un
ente associativo di diritto privato che confedera i consorzi agrari provinciali
che sono società cooperative di produttori agricoli sulle quali il Ministero
delle risorse agricole esercita la vigilanza.
In considerazione
della natura privatistica della Federconsorzi la citata norma dell'articolo 5
del decreto legge n. 552/96 ha previsto l'assunzione di 194 unità di personale
nelle amministrazioni statali, con decorrenza 30 aprile 1997, a seguito del
superamento di una prova pratica e colloquio volta ad accertare, per ciascun
profilo professionale, l'idoneità per lo svolgimento delle mansioni connesse al
profilo professionale da attribuire. Le modalità di partecipazione e i programmi
di esame sono stati determinati con decreto del Ministro per la funzione
pubblica del 30 aprile 1997.
Premesso quanto
sopra, ed in considerazione anche delle conclusioni cui sono pervenute le
amministrazioni del Tesoro, delle Politiche Agricole e le OO.SS. - C.I.G.L.,
C.I.S.L. e U.I.L. - nella riunione tenutasi il 12 giugno 1998 presso questo
Dipartimento, si ritiene che la decorrenza giuridica della qualifica di
assegnazione nella pubblica amministrazione debba essere fissata al 30 aprile
1997.
Il direttore
dell'ufficio
Roma, 1
marzo 2002
U.P.P.A. Servizio
Programmazione assunzioni e reclutamento
n.
31/02
Regione
Abruzzo
Oggetto: ex
dipendenti Ente Poste - Mobilità - Trattamento economico
spettante. Sintesi: la 14^
mensilità erogata al personale dipendente delle Poste Italiane Spa in quanto
elemento fisso e continuativo della retribuzione annuale può legittimamente
essere assunta a riferimento nei processi di mobilità per determinare
l'eventuale assegno ad personam spettante al
dipendente.
Si riscontra il
fax di codesta direzione con il quale è stato sollecitato il parere di questo
Dipartimento in ordine al trattamento economico spettante al personale
proveniente dalle Poste Italiane Spa con particolare riferimento alla
"quattordicesima" percepita nell'Amministrazione di
provenienza.
Si ritiene, al
riguardo, che la fattispecie rappresentata vada esaminata alla luce di
consolidati orientamenti giurisprudenziali secondo cui il trattamento economico
del dipendente, nei processi di mobilità, non può subire modificazioni in
pejus dovendo essere salvaguardato il tenore di vita in relazione al
precedente trattamento in godimento.
Pertanto ai fini
di un corretto raffronto tra i due trattamenti economici occorre assumere a
riferimento oltre che il trattamento economico fondamentale in godimento anche
tutti gli elementi fissi e continuativi della retribuzione che concorrono a
formare il trattamento economico complessivo.
Nella specie, la
14^ mensilità prevista inizialmente dalla legge 873/80, per il personale
dell'Ente Poste, come compenso annuale di incentivazione legato alla effettiva
presenza in servizio, è stato successivamente trasformato, a partire dal CCNL
1994/97, in emolumento fisso pari alla retribuzione mensile spettante al 31
dicembre dell'anno precedente da erogare entro il 30 giugno dell'anno
successivo.
Di conseguenza,
la 14^ mensilità del personale delle Poste, in quanto elemento fisso e
continuativo del trattamento economico, si ritiene possa essere legittimamente
compresa nella retribuzione complessiva da porre a raffronto con la retribuzione
complessiva spettante nell'ente datore di lavoro di destinazione ai fini della
determinazione dell'assegno ad personam riassorbibile eventualmente
dovuto.
Il direttore
dell'ufficio Roma, 1
marzo 2002
U.P.P.A.
n.
180/03
Oggetto: quesito in
merito alla possibilità di corrispondere buoni pasto al personale con rapporto
di lavoro a tempo determinato e ai collaboratori coordinati e
continuativi.
Sintesi: l'erogazione dei
buoni pasto spetta al personale contrattualizzato dipendente della pubblica
amministrazione a fronte di un orario di lavoro articolato su cinque giorni
lavorativi ed in assenza di un servizio mensa o altro servizio sostitutivo
presso la sede di servizio. Pertanto al personale con rapporto a tempo
determinato possono essere erogati i buoni pasto con le modalità previste dal
contratto del comparto Ministeri. Per quanto concerne, invece, i collaboratori,
mancando i requisiti della contrattualizzazione e dell'obbligo della prestazione
oraria, oltre a non essere qualificabili come dipendenti dell'amministrazione,
non può esservi concessione dei buoni pasto.
Codesta
Amministrazione ha posto allo scrivente un quesito in merito alla possibilità di
corrispondere al personale con rapporto di lavoro a tempo determinato ed ai
collaboratori coordinati e continuativi i buoni pasto.
Al riguardo si fa
presente che per quanto concerne il personale con rapporto di lavoro a tempo
determinato tale fattispecie è disciplinata dall'articolo 26 del CCNL Comparto
Ministeri del 12 giugno 2003, il quale rinvia all'Accordo sulla concessione dei
buoni pasto del 30 aprile 1996.
Per quanto concerne,
invece, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si formulano le
seguenti osservazioni.
Come noto
l'erogazione di buoni pasto spetta al personale contrattualizzato dipendente
della pubblica amministrazione a fronte di un orario di lavoro articolato
sui cinque giorni lavorativi ed in assenza di un servizio o mensa o altro
servizio sostitutivo presso la sede di servizio (si veda l'articolo 2, comma 11,
della legge 28 dicembre 1995, n. 550, legge finanziaria 1996). L'erogazione del
buono pasto spetta, inoltre, "anche ai dipendenti civili delle Amministrazioni e
loro articolazioni del comparto Ministeri, nelle quali, per le particolari
esigenze fatte salve dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non
sia attivato l'orario di servizio e lavoro su cinque giorni" (si veda l'articolo
3 della legge 2 ottobre 1997, n. 334). Infatti in presenza di un rapporto
di lavoro subordinato con la pubblica amministrazione vi sarà una corrispondente
copertura della spesa per i buoni pasto, in conformità ai principi dettati in
materia di spesa per il personale dal decreto legislativo n. 165 del
2001.
La collaborazione
coordinata e continuativa costituisce rapporto di lavoro autonomo e si
caratterizza, oltre che per la continuità della prestazione, la coordinazione
con le attività e le finalità del committente e la prestazione prevalentemente
personale, anche per la gestione autonoma del tempo di lavoro da parte del
collaboratore. In altri termini l'attività del collaboratore può anche svolgersi
in luogo diverso da quello nel quale opera l'organizzazione che fa capo al
committente, venendo questi in contatto con l'organizzazione solo nei tempi
utili allo svolgimento della sua collaborazione. Da ciò deriva che al
collaboratore non può essere richiesta alcuna attestazione della propria
presenza nei luoghi nei quali si svolge l'attività del committente. Pertanto il
collaboratore non entra a far parte dell'organizzazione del committente e, nel
caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione, questi non può in
alcun modo essere considerato un suo dipendente.
In considerazione di
quanto sopra esposto non appare possibile attribuire buoni pasto a fronte di un
rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Il direttore dell’ufficio Roma, 20 ottobre 2003
U.P.P.A. Servizio per il trattamento del personale n. 182/03 Alla Provincia di Modena Area risorse umane, organizzazione, informatica e affari generali Viale Martiri della Libertà n. 34 41100 MODENA Oggetto: incarico di collaborazione coordinata e continuativa a dipendente pubblico. Sintesi: il rapporto di lavoro del dipendente pubblico è caratterizzato dal principio dell’esclusività. L’unico temperamento è costituito dalle disposizioni contenute nella Legge 662/96, laddove viene consentito ai dipendenti pubblici, con rapporto di lavoro part-time non superiore al 50%, di svolgere attività libero-professionale ed attività di lavoro subordinato o autonomo. La valutazione dell’esistenza di un eventuale conflitto di interessi è operata dalle Amministrazioni. Per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posti in essere dalle Amministrazioni pubbliche, stante la formulazione dell’articolo 7, comma 6, del d.lgs. 165/2001, nonché la disposizione per gli Enti locali di cui all’articolo 110, comma 6, del d.lgs. 267/00, deve ritenersi che si tratti di posizioni la cui prestazione è caratterizzata dall’autonomia della prestazione. L’attività in questione dovrà essere tale da eccedere le ordinarie competenze dei dipendenti, oppure avere come presupposto essenziale la carenza oggettiva di determinate figure professionali all’interno dell’Amministrazione stessa Si risponde al quesito posto da codesta Amministrazione circa la possibilità che ad un dipendente con rapporto di lavoro a tempo pieno venga affidato un incarico in qualità di collaboratore coordinato e continuativo da altra amministrazione o da un datore di lavoro privato. Al riguardo si ricordano alcune considerazioni in tema di esclusività delle prestazioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, peraltro già svolte in occasione di altri pareri resi dallo scrivente, che consentono un approccio sistematico al problema, anche al fine di rispondere a numerosi quesiti posti da altre pubbliche amministrazioni sul medesimo tema. Come noto il legislatore costituzionale ha posto, fra i diversi principi a tutela dell’interesse pubblico, che deve essere costantemente perseguito dalla pubblica amministrazione, quello del dovere di esclusività delle prestazioni dei propri dipendenti, nel senso dell’inconciliabilità tra l’impiego presso l’amministrazione pubblica ed il contestuale svolgimento di altre attività lavorative. Dalla disposizione costituzionale contenuta nell’articolo 98, ai successivi interventi legislativi sulla materia, confluiti nell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il principio è stato generalmente riconfermato e, fatti salvi taluni regimi speciali, il sistema costruito negli anni è comunemente considerato un sistema assoluto, anche in considerazione del fatto che la giurisprudenza ha sempre attribuito alle norme in materia, dettate dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il carattere di principi generali applicabili nell’ambito del pubblico impiego in assenza di disposizioni speciali regolanti lo specifico ambito. Infatti l’articolo 2 comma 1, lett. c), n. 7, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle disciplina in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale, in base alla quale è stato emanato il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha annoverato il principio di esclusività dell’impiego pubblico tra le materie coperte da riserva di legge e lo ha sottratto alla disciplina di fonte contrattuale. Il decreto legislativo n. 29 del 1993 ne ha ulteriormente esteso l’ambito di applicazione ad opera dell’articolo 58, come successivamente modificato ed integrato fino alla versione attualmente vigente confluita nell’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001. Sulla base di tali considerazioni e, principalmente, della riserva legislativa che opera su tale materia, allo stato della vigente normazione l’unico temperamento del principio di esclusività risulta dalle disposizioni contenute nella legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, laddove, all’art. 1, commi 56 e seguenti, viene consentito ai dipendenti pubblici con prestazione di lavoro part-time non superiore al 50% di quella a tempo pieno di svolgere attività libero-professionale ed attività di lavoro subordinato o autonomo. In tali ipotesi, pertanto, il cumulo di rapporto viene legislativamente consentito con il solo limite della valutazione, ad opera dell’amministrazione di appartenenza, circa la sussistenza di un eventuale conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente. La medesima legge ha, inoltre, previsto che le amministrazioni provvedano, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, risultino comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale non superiore al 50% (si veda regime particolare per gli enti locali di cui all’art. 58-bis). Al riguardo recentemente la Corte Costituzionale (si veda la pronuncia n. 189 del 2001), nel giudizio di costituzionalità dell’articolo 1, commi 56 e 56-bis della legge n. 662 del 1996, promosso dal Consiglio Nazionale Forense, ha affermato che il legislatore ha posto in essere un sistema di cautele idoneo ad evitare situazioni di incompatibilità per i dipendenti in regime di tempo parziale, prescrivendo che le amministrazioni individuino le attività non consentite e ponendo, pertanto, rigorosi limiti all’esercizio di ulteriori attività lavorative. Per individuare i limiti utili alla valutazione che il datore di lavoro pubblico deve compiere nel considerare la possibilità di autorizzare attività extra officio dei propri dipendenti, come previsto dall’articolo 53 citato, occorre fare riferimento, in primo luogo, alle finalità proprie delle disposizioni in tema di esclusività del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione e del conseguente regime delle incompatibilità, che consistono nella traduzione sul piano concreto del principio di buon andamento dell’articolo 97 della Costituzione, impedendo, nella pratica, l’assunzione di attività lavorative concorrenti. A tal fine, quindi, si dovrà tener conto del fatto che non si verifichino situazioni di conflitto di interessi con le attività svolte nell’ambito del rapporto d’impiego con l’amministrazione, che non si vengano a determinare vantaggi per sé od altri nell’esercitare le attività ulteriori sfruttando la qualità di dipendente della pubblica amministrazione, che vengano salvaguardate le energie lavorative del dipendente a favore dell’ente di appartenenza, in funzione di dover assicurare, da parte di questi, il miglior rendimento nei confronti dell’amministrazione dalla quale dipende (Cons. Stato, Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 24). Tali valutazioni dovranno aggiungersi a quelle scaturenti dalle disposizioni degli articoli 59 e seguenti del DPR n. 3 del 1957 dalle quali emerge chiara l’incompatibilità del rapporto di lavoro a tempo pieno con la pubblica amministrazione con la contestuale titolarità di altro impiego privato quando questo rivesta i caratteri della continuità e della professionalità, intendendo, per tale, un’attività che sia prevalente rispetto alle altre, nonché direttamente ed adeguatamente lucrativa (si veda in proposito Corte dei Conti, Sez. Contr., De. n. 1450 del 21 maggio 1984). Inoltre, in considerazione della avvenuta privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, debbono venire in considerazione anche gli obblighi di fedeltà e di non concorrenza sanciti dall’art. 2105 del codice civile, in quanto applicabili all’impiego presso pubbliche amministrazioni per effetto della generale disciplina di cui all’art. 2, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165/2001. Tali principi vincoleranno, comunque, il dipendente anche qualora lo stesso venga autorizzato allo svolgimento di prestazioni a favore di terzi.
Venendo, ora, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, occorre valutare attentamente le caratteristiche che rendono, in generale, possibile il ricorso, da parte delle pubbliche amministrazioni, a tali tipologie di prestazione lavorativa. Infatti, stante la formulazione stringente dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, come, ancor più, la disposizione recata, per gli enti locali, dall’art. 110, comma 6, del già citato decreto legislativo n. 267/2000, deve ritenersi che si tratti di posizioni la cui prestazione debba caratterizzarsi più per l’autonomia di svolgimento, che per la subordinazione della prestazione stessa, poiché, trattandosi di figure dotate di elevata professionalità, un rapporto di lavoro più prossimo, per intrinseci caratteri di configurazione, alla subordinazione violerebbe, di fatto, le norme sull’accesso al lavoro nella pubblica amministrazione e, nel contempo, il principio di esclusività del rapporto in atto con l’amministrazione. Infatti nel consentire alle pubbliche amministrazioni l’utilizzazione di rapporti di lavoro diversi dal tradizionale rapporto di lavoro subordinato, analogamente alle facoltà costitutive riconosciute al privato datore di lavoro, è imposto anche un preciso limite, che la consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti ha inteso individuare nella impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione (non è un caso, a tal riguardo, che il citato art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, abbia subordinato la facoltà, per l’amministrazione, di avvalersi di tale tipologia di rapporti limitatamente all’ipotesi di “…esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio”). Pertanto, l’attività in questione dovrà essere tale, quanto a caratteristiche e contenuti professionali, da eccedere le ordinarie competenze dei propri dipendenti, oppure non deve potersi svolgere per carenza oggettiva, assoluta o relativa, di determinate figure professionali, presupposti che costituiscono la motivazione del provvedimento amministrativo di conferimento di incarico all’esterno. Come noto il
rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, non trovando una
definizione specifica nel codice civile, viene ricondotto genericamente
all’articolo 2222 e seguenti del codice civile che disciplina il rapporto di
lavoro autonomo e il contratto d’opera e all’articolo 2096 e seguenti del codice
civile che regolamenta il rapporto di lavoro dipendente. Da tale disposto deriva
l’orientamento che avvicina il rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa al contratto d’opera, pur non esistendo, nel predetto art. 2222
c.c., una esplicita menzione. L’altra fonte normativa che soccorre in materia di
collaborazioni coordinate e continuative è l’art. 409, n. 3, del codice di
procedura civile, il quale ha esteso la disciplina delle controversie
individuali di lavoro ai rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale
nonché ad altri rapporti di collaborazione “che si concretino in una prestazione di
opera continuativa e coordinata e prevalentemente personale, anche se non a
carattere subordinato….”. Dalla lettura dell’articolo 409 del c.p.c. si
possono individuare i tre aspetti peculiari che caratterizzano il rapporto di
collaborazione cooordinata e continuativa, che, in sintesi, possono così
evidenziarsi:
*
continuatività, in contrapposizione alla occasionalità, quale prestazione che si protrae nel
tempo e la cui durata deve essere definita in sede
negoziale;
*
coordinazione, che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione è
costituita dal vincolo funzionale tra l’opera del collaboratore e l’attività del
committente e comporta una stretta connessione con le finalità di quest’ultimo
;
*
prestazione prevalentemente personale, in virtù della quale il ricorso a propri
collaboratori risulta decisamente limitato. Ai fini che qui interessano rileva anche la definizione normativa contenuta nell’art. 47, lett. c-bis, del TUIR, che indica la prestazione di collaborazione coordinata e continuativa, nella specie: “A favore di un determinato soggetto, nel quadro di un rapporto unitario, con retribuzione periodica prestabilita”. Tuttavia quasi tutti gli elementi enunciati dalla normativa
di riferimento per l’individuazione dei
rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa
sono comuni anche ai rapporti di lavoro subordinato e, pertanto, non possono
essere utilizzati come indici rivelatori della sussistenza o meno di un rapporto
di lavoro subordinato piuttosto che di un rapporto di collaborazione coordinata
e continuativa.
Il vero criterio
distintivo potrebbe essere individuato nella mancanza del vincolo di
subordinazione, come desumibile dalla lettura degli articoli 2094, 2086 e 2014 del codice civile. In
tali disposizioni la dipendenza del lavoratore subordinato dal proprio datore di
lavoro assume un ruolo primario. Le norme fanno espresso riferimento ad una
subordinazione gerarchica, che, per sua natura, rappresenta un vincolo
strettamente personale che si riflette, nella normalità dei casi, in una
limitazione della sfera di azione del lavoratore. Si tratta, quindi, di una
limitazione al potere decisionale, organizzativo, di scelta, etc., del
lavoratore subordinato in ordine all’attività dallo stesso svolta nell’ambito
della realtà operativa in cui è inserito, che si manifesta attraverso le
imposizioni fissate dal datore di lavoro che riguardano diversi aspetti della
prestazione lavorativa: determinazione dell’orario di lavoro, modalità di
esecuzione della prestazione, controllo del rispetto delle regole impartite,
comminazione di sanzioni disciplinari, etc..
In assenza di tali
criteri si sarà in presenza di un rapporto di lavoro autonomo, il cui titolare
presta la propria opera senza vincolo di subordinazione. Ciò significa che il
collaboratore non deve essere in alcun modo limitato nel proprio potere
decisionale in ordine alla esecuzione del servizio prestato, sebbene il
committente non possa essere totalmente estromesso da qualsiasi scelta che
riguardi l’esecuzione dell’opera o del servizio pattuito. Il committente potrà,
pertanto, verificare e controllare le modalità di esecuzione del lavoro
affidato, ma solo al fine di accertare la perfetta corrispondenza del risultato
a quanto richiesto e la sua funzionalità rispetto agli obiettivi prefissati.
Relativamente alle richieste di parere sull’applicabilità del decreto legislativo n. 276 del 2003 alle Pubbliche Amministrazioni in materia di lavoro a progetto si rappresenta quanto segue. La nuova tipologia del “lavoro a progetto” sembra, nell’intenzione del legislatore, dover impedire l’utilizzo improprio dei rapporti di “parasubordinazione”; tuttavia l’esclusione dell’applicabilità della nuova normativa alle pubbliche amministrazioni, lascia attualmente inalterato, per queste ultime, il sistema delle collaborazioni coordinate e continuative e la relativa disciplina limitata alle norme processuali, all’articolo 2113 del codice civile, alle disposizioni contenute nel Tuir, nonché alle prescrizioni previdenziali e di tutela assicurativa. Secondo la nuova configurazione legislativa, pertanto, il lavoro a progetto può definirsi quale rapporto di collaborazione (avente le stesse caratteristiche della collaborazione coordinata e continuativa) da ricondursi alla fattispecie dell’esecuzione di determinati progetti specifici, ovvero di appositi programmi di lavoro o di determinate fasi di lavoro, predisposti dal committente, ma gestiti in completa autonomia da parte del lavoratore con finalità di risultato, rispettando il coordinamento con l’organizzazione del committente, ma senza vincoli di subordinazione, con lavoro esclusivamente o prevalentemente proprio, previo accordo con il committente circa le modalità di esecuzione e durata. La mancanza di un progetto da conseguire, di un programma da realizzare o di una fase di lavoro da espletare, qualifica il contratto, per l’impresa privata, come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e, a parere dello scrivente, non legittimo rispetto alle esigenze dell’amministrazione che lo ha attivato e in relazione a quanto sopra rappresentato in materia di incompatibilità. Venendo alla natura della prestazione, in relazione al quesito posto, occorre valutare i singoli elementi che la costituiscono. Da tale riflessione, infatti, emerge come la realizzazione di un programma, di un progetto o di una sua fase, rispetto alla quale il prestatore si obbliga a conseguire il risultato pattuito, comporta, generalmente, un impegno rilevante se caratterizzato dalla continuità dell’azione e, quindi, con conseguente sensibile sottrazione di energie lavorative all’attività che il dipendente della pubblica amministrazione deve rendere, con carattere di esclusività, a favore del suo datore di lavoro, tale da far supporre che possa risultare prevalente rispetto a quest’ultima o, comunque, di tale intensità, quanto ad impegno profuso ed energie dedicate, da apparire inconciliabile con le obbligazioni dedotte nell’ambito del rapporto di lavoro in atto con l’amministrazione. Anche l’aspetto economico deve risultare attentamente monitorato, in quanto un tale impegno dovrà risultare adeguatamente remunerato, venendosi, così, a realizzare un ulteriore elemento paradigmatico tra quelli individuati, dalla Corte dei Conti, come sintomatico della situazione di incompatibilità. Infine onde evitare la costituzione di rapporti, in realtà, di tipo subordinato risulta particolarmente importante riuscire a definire, con precisione, la tipologie di rapporto che si viene ad instaurare. Il punto di partenza può ritenersi quello della qualificazione che le parti intendono attribuire al rapporto giuridico tra di esse sorto. Tuttavia, se ciò appare corretto in ossequio al principio dell’affidamento che le parti ripongono nelle rispettive manifestazioni di volontà, è altrettanto vero che il nomen iuris dalle stesse attribuito alla relazione contrattuale potrebbe non essere sufficiente al fine di individuare il rapporto effettivamente instaurato. Pertanto sembra necessario esaminare, in concreto, come tale rapporto si svolge, onde individuare la presenza delle caratteristiche sopra evidenziate. In tal senso può soccorrere la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale è intervenuta, tra le tante, con la sentenza n. 63 del 1999, nella quale sono contenuti indici per l’individuazione della natura subordinata della prestazione. Il direttore dell’ufficio Roma, 18 novembre 2003
CIRCOLARI
Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni Servizio mobilità Prot. n.
1440/9/S.P.
Roma, 17 marzo 2003 Alla Presidenza del Consiglio dei
ministri Segretariato generale Al Consiglio di Stato Segretariato generale Alla Corte dei conti Segretariato generale All’Avvocatura generale dello
Stato Segretariato generale Al Consiglio nazionale dell’economia e
del lavoro (CNEL) Segretariato generale
A tutti i Ministeri Direzione generale AA.GG. e
personale Alle Aziende ed Amministrazioni
autonome dello Stato Agli Enti pubblici non
economici (tramite i Ministeri
vigilanti) Alle Agenzie ex d.lgs.
n.300/1999 (tramite i Ministeri
vigilanti) Alle Università e alle Istituzioni di
alta formazione e specializzazione artistica
e musicale (tramite il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della
ricerca) All’Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) e, p.c. Al Ministero dell’economia e
finanze Dipartimento della RGS -
IGOP All’Associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) All’Unione delle Province d’Italia
(UPI) All’Unione nazionale comuni comunità
enti montani (UNCEM) Alla Segreteria della Conferenza
dei Presidenti delle Regioni e delle
Province autonome All’Ufficio per il Ruolo Unico
della dirigenza LORO SEDI
Oggetto:
ricognizione del personale in disponibilità (articoli 33, 34 e 34 bis del d.lgs.
30 marzo 2001, n.165).
L’articolo 7 della legge 16 gennaio 2003, n.
3, recante: “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”
(S.O. n.5/L alla G.U. n. 15 del 20 gennaio 2003), ha innovato il decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introducendo l’art. 34-bis in materia di
mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni. Questa disposizione prevede che le
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto,
prima di avviare le procedure di assunzione di personale con rapporto di lavoro
a tempo indeterminato – escluse quelle riferite al personale disciplinato da
ordinamenti particolari, di cui all’art. 3, comma 1, devono inviare una
comunicazione contenente gli elementi conoscitivi relativi al concorso da
bandire (l'area, il livello, la sede di destinazione dei posti da coprire,
nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste)
ai soggetti di cui all’articolo 34, commi 2 e 3, del d.lgs. n.
165/2001. La nuova normativa persegue la finalità di
agevolare la ricollocazione del personale collocato in disponibilità, ai sensi
degli articoli 33 e 34 del d.lgs. n. 165/2001 oppure in forza di specifiche
disposizioni legislative, nonché del personale coinvolto da processi di mobilità
collettiva (la disposizione, dunque, non si riferisce alle ipotesi di mobilità
volontaria disciplinate dall’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 e dai contratti
collettivi). Infatti, per effetto dell’introduzione dell’art. 34-bis, viene
creato un collegamento tra le esigenze di assunzione delle amministrazioni e il
riassorbimento del personale che si trovi in situazione di eccedenza. A tale
scopo, vengono introdotti degli obblighi di comunicazione preventivi rispetto
all’attivazione delle procedure concorsuali, in modo da assicurare l’ottimale
distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei
processi di mobilità e reclutamento. I soggetti ai quali le amministrazioni devono
inviare la comunicazione, individuati dall’art. 34, commi 2 e 3, del d.lgs.
n.165/2001, sono: 1) il Dipartimento della funzione pubblica, che forma e
gestisce l’elenco del personale in disponibilità dipendente dalle
Amministrazioni dello Stato e dagli Enti pubblici non economici nazionali (art.
34, comma 2, d.lgs. n. 165/01); 2) le strutture regionali e provinciali di cui
al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, che gestiscono l’elenco del
personale in disponibilità dipendente dalle altre amministrazioni (art. 34,
comma 3, d.lgs. n. 165/2001). Pertanto, le Amministrazioni dello Stato e
gli Enti pubblici non economici nazionali dovranno inviare le comunicazioni
relative ai concorsi che intendono bandire al Dipartimento della funzione
pubblica, mentre le altre amministrazioni dovranno inviare le medesime
comunicazioni alle strutture regionali e provinciali che esercitano funzioni e
compiti conferiti dal citato d.lgs. n. 469/1997 in materia di collocamento e
politiche attive del lavoro. Le predette strutture regionali e
provinciali, qualora accertino l'assenza di personale da assegnare, inviano
tempestivamente le comunicazioni ricevute al Dipartimento della funzione
pubblica, il quale, a sua volta, accerta l’eventuale presenza di personale da
assegnare. Ciò significa che il personale in disponibilità dipendente dalle
Amministrazioni dello Stato e dagli Enti pubblici non economici nazionali potrà
essere ricollocato presso amministrazioni di diverso
comparto. L’assegnazione dei dipendenti in
disponibilità viene disposta entro il termine di 15 giorni dalla
comunicazione. Fermo restando il disposto dell’articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e, cioè, il regime di autorizzazione delle
assunzioni, le amministrazioni possono procedere all’avvio delle procedure
concorsuali decorsi due mesi dalla data di invio della suddetta
comunicazione. Le assunzioni effettuate in violazione degli
obblighi previsti dalle disposizioni introdotte dall’art. 34-bis del d.lgs. n.
165/2001 sono nulle di diritto. In relazione a quanto previsto dalle
disposizioni in esame, è quindi necessario che il Dipartimento della funzione
pubblica disponga di dati aggiornati e completi circa la sussistenza presso le
Amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici non economici nazionali di
personale da ricollocare. Pertanto, le Amministrazioni in indirizzo
sono invitate a comunicare, con la massima cortese urgenza, e comunque entro 30
giorni dal ricevimento della presente, al Servizio mobilità dell’Ufficio
personale pubbliche amministrazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri
– Dipartimento della funzione pubblica l’eventuale presenza di dipendenti in
disponibilità (trasmettendo, in tal caso, i dati necessari per procedere alla
loro ricollocazione) e a tener conto, all’atto dell’avvio delle procedure
concorsuali, di quanto previsto dall’art. 34-bis citato. I Ministeri sono inoltre pregati di
assicurare il tempestivo inoltro della presente richiesta ai relativi Enti ed
Agenzie vigilati.
Il direttore
dell’ufficio Francesco Verbaro
Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni Servizio per il
trattamento del personale
n.
1772/10/G.P. Lettera circolare Roma, 21 marzo 2003 A tutte le Amministrazioni
Oggetto: compenso
aggiuntivo per festività coincidenti con la domenica.
Sono pervenuti da
parte di numerose amministrazioni quesiti in merito all'applicabilità ai
pubblici dipendenti del combinato disposto dell'art. 5, comma 3, della L.
n.260/49 e dell'art. 2, lett. e) della L. 90/54
In particolare sono
stati richiesti chiarimenti in merito alla legittimità del pagamento a tale
personale, a prescindere dalla prestazione lavorativa, di un compenso
aggiuntivo, corrispondente all'aliquota giornaliera, per le giornate di
festività nazionale coincidenti con la domenica.
Le richieste sono
argomentate in massima parte facendo riferimento ad alcune decisioni della Corte
di Cassazione (per tutte le sentenze n. 11117/95 e n. 12731/98) le quali, al
fine di definire la portata oggettiva e soggettiva delle citate norme, sembrano
asserirne l'applicabilità a tutti i lavoratori subordinati.
Data la rilevanza
della materia, anche in ordine agli effetti finanziari conseguenti
all'applicazione delle disposizioni in esame, questo Dipartimento, d'intesa con
il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato del Ministero
dell'Economia e Finanze, ha richiesto con nota n. 3140/10 del 17.07.2001,
l'avviso dell'Avvocatura Generale dello Stato sulla questione.
L'Avvocatura con
parere del 19 febbraio 2003 (n. 017130) ha ritenuto che, in caso di festività
nazionale coincidente con la domenica, non spetti ai lavoratori dipendenti
retribuiti in misura fissa, tra i quali vanno ricompresi i dipendenti della
P.A., l'aliquota aggiuntiva di retribuzione giornaliera. A tale conclusione
perviene sulla base delle seguenti considerazioni.
Analizzando le
disposizioni contenute nell'art. 5 della L. 260/49 come integrato dall'art. 2,
lett e) della L. 90/54, occorre evidenziare che: - il
primo comma si riferisce a lavoratori dipendenti (di qualsiasi natura:impiegati
ed operai) retribuiti non in misura fissa e per i quali spetta per i giorni di
festività, solo la normale retribuzione giornaliera comprensiva di ogni elemento
accessorio. Tale ipotesi deve essere riferita ai soli casi di astensione dal
lavoro, poiché non è fatto riferimento, come invece nei commi successivi, ad
ipotesi di prestazione di lavoro in dette festività; - il secondo comma dispone che in caso di prestazione lavorativa nei giorni di festività, gli stessi lavoratori di cui al primo comma, percepiscano oltre che la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, comprensiva di ogni elemento accessorio, anche la retribuzione delle ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione per lavoro festivo; - il terzo comma si riferisce ai salariati
retribuiti in misura fissa e prevede: - nel caso di festività lavorata, non caduta di domenica, l'attribuzione oltre alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera, comprensiva di ogni elemento accessorio, anche la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione per il lavoro festivo; - nel caso, invece, di festività non lavorata cadente di domenica, viene riconosciuto, oltre alla normale retribuzione globale giornaliera, comprensiva di ogni elemento accessorio, anche un'ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera.
La disciplina di
maggior favore, consistente nell'attribuzione della pretesa aliquota ai
salariati in misura fissa è voluta, secondo l'Avvocatura, come una sorta di
compensazione della maggiore penosità del lavoro agli stessi
affidato.
Infatti, sebbene il
trattamento più favorevole troverebbe giustificazione nel fatto che il
lavoratore sarebbe privato del godimento di un'ulteriore giornata di esenzione
dalla prestazione lavorativa, si ravvisa l'irragionevolezza di tale
riconoscimento a lavoratori a retribuzione fissa, per i quali non sembra avere
rilevanza alcuna l'aleatoria coincidenza della festività nazionale con la
domenica.
Conclusivamente, ed in linea con quanto evidenziato dall'Avvocatura, deve essere escluso che si possa riconoscere il compenso aggiuntivo pari all'aliquota giornaliera previsto per i salariati retribuiti in misura fissa, dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 3 della L. n. 260/49 a lavoratori non inquadrabili in tale categoria.Ai dipendenti pubblici, pertanto, si applica, il solo primo comma dell'art. 5 della L. n. 260/49 con la conseguente spettanza, in caso di domenica non lavorata coincidente con la festività, della sola "normale retribuzione globale di fatto giornaliera, comprensiva di ogni elemento accessorio" .
Le predette
conclusioni, peraltro, non trovano smentita nel T.U. n. 3/57 né nelle successive
discipline contrattuali.
Va evidenziato,
infine, che la materia in questione rientra nell'ambito delle discipline
demandate alla contrattazione collettiva e, pertanto, il contenuto della
presente fa salva ogni possibile diversa disciplina che in tale sede dovesse
essere adottata.
Le amministrazioni
sono invitate a dare ampia comunicazione della presente al proprio personale, al
fine di evitare ulteriori ed inutili richieste sulla questione in
esame.
Il direttore
dell’ufficio
Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni Servizio organizzazione uffici e fabbisogni
personale PP.AA. Prot. n. 2125-15 Lettera circolare Roma, 11 aprile 2003 A tutti i Ministeri Gabinetto Direzione generale affari generali e
personale Alle Aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo (per il tramite dei Ministeri
interessati) Al Consiglio di Stato Segretariato generale Alla Corte dei conti Segretariato generale All'Avvocatura generale dello
Stato Segretariato generale Al Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro Segretariato generale Agli Enti di cui all'art. 70, comma 4, del
d.lgs. n. 165/2001 Alle Agenzie di cui al d.lgs. n.
300/1999 (per il tramite dei Ministeri
interessati) Agli Enti pubblici non
economici (per il tramite dei Ministeri
vigilanti) e p.c. Alla Presidenza della
Repubblica Segretariato generale Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri Segretariato generale All'Agenzia per la rappresentanza negoziale
delle pubbliche amministrazioni (ARAN) Al Ministero dell'Economia e delle
Finanze Dipartimento della Ragioneria Generale dello
Stato - IGOP Loro Sedi
Lettera
circolare sulle linee guida articolo 34.
Linee
guida, istruzioni e modalità attuative dell'articolo 34, commi 1, 2 e 3 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria
2003).
Rideterminazione
delle dotazioni organiche delle pubbliche
amministrazioni.
Oggetto: linee guida, istruzioni e modalità attuative dell'articolo 34, commi 1, 2 e 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), concernente la rideterminazione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazionI. Premesse La legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge
finanziaria 2003) prevede, al comma 1 dell'articolo 34, che tutte le
amministrazioni pubbliche, di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con esclusione dei Comuni aventi una
popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, debbono provvedere, sulla base dei
principi di cui all'articolo 1, comma 1 del predetto decreto legislativo, alla
rideterminazione delle dotazioni organiche. La disciplina anzidetta non si
applica, ai sensi del comma 10 del citato articolo 34, alle Forze armate, al
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai Corpi di polizia ed al personale della
carriera diplomatica e prefettizia, ai magistrati ordinari, amministrativi e
contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato, agli ordini e collegi
professionali ed alle relative federazioni, nonché al personale del comparto
della scuola. Tale rideterminazione va inserita, tenendone conto, nel processo
in atto di riforma dei Ministeri e degli Enti pubblici non economici, ai sensi
della legge 6 luglio 2002, n. 137, e di riorganizzazione e trasformazione degli
Enti, ai sensi di quanto previsto dal Capo III del Titolo III della legge 28
dicembre 2001, n. 448, ed in particolare dall'articolo 28, come modificato dal
comma 23, dell'articolo 34 della legge n. 289/2002, nonché di trasferimento di
funzioni alle regioni ed enti locali derivante dalla modifica del Titolo V della
Costituzione e dall'attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive
modificazioni ed integrazioni. Il comma 2 dello stesso articolo 34 pone, ai
suddetti fini, due vincoli tassativi: - il rispetto del principio di invarianza
della spesa; - il limite dei posti complessivi di organico
di diritto individuati alla data del 29 settembre 2002 da provvedimenti formali
vigenti. Il successivo comma 3 dispone infine che,
nell'attesa del perfezionamento dei provvedimenti attuativi di cui al comma 1,
sono provvisoriamente individuate le dotazioni organiche delle pubbliche
amministrazioni in misura pari ai posti coperti alla data del 31 dicembre
2002. In tale provvisoria individuazione devono
essere ricompresi, altresì, eventuali posti per i quali, alla medesima data,
siano in corso di espletamento procedure di reclutamento, di mobilità o di
riqualificazione del personale. Ulteriormente, vengono fatti salvi i predetti
effetti per fattispecie derivanti da previsioni normative transitorie, che
obbligano a situazioni organizzative non corrispondenti a definitive modifiche
strutturali (articolo 3, comma 7, ultimo periodo della legge 15 luglio 2002, n.
145 e articolo 52, comma 68, della legge n. 448 del 2001), o da provvedimenti di
riorganizzazione delle amministrazioni ai sensi della legge n. 137/2002,
il cui iter sia stato già formalmente avviato prima del 31 dicembre
2002. In relazione al quadro normativo delineato, si
ritiene opportuno fornire le indicazioni di seguito riportate, concordate con il
Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale
dello Stato, al fine di consentire in modo omogeneo l'attuazione degli
adempimenti previsti, per le Amministrazioni centrali dello Stato e per gli enti
e/o agenzie da esse vigilati, per le aziende autonome e per gli enti pubblici
non economici, atteso che per le Regioni, le autonomie locali e gli enti del
Servizio sanitario nazionale, ai sensi del comma 11 del citato articolo 34,
l'ambito di applicazione dei predetti commi 1, 2 e 3, sarà definito negli
appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra
Governo, Regioni e autonomie locali, in sede di Conferenza
unificata.
1. Provvisoria
individuazione delle dotazioni organiche, articolo 34, comma 3. Prioritariamente, è fatto obbligo alle
amministrazioni in esame di procedere alla individuazione dei posti coperti alla
data del 31 dicembre 2002. La predetta individuazione, che sarà elemento
indispensabile ai fini della successiva rideterminazione, dovrà necessariamente
essere operata da ogni amministrazione mediante un proprio atto formale ed
efficace che dovrà: - essere adottato con decreto ministeriale per
le amministrazioni centrali dello Stato, e secondo le previsioni dei singoli
ordinamenti per le altre amministrazioni; - consistere nella mera rilevazione del
personale di ruolo presente in servizio alla data sopraindicata, tenendo conto,
come anzidetto, anche dei posti eventualmente impegnati per procedure in corso
di espletamento relative a reclutamento, mobilità e riqualificazione del
personale; - contenere la rilevazione delle unità di
personale di ruolo con riferimento alle aree funzionali, alle posizioni
economiche ed ai profili professionali, con esclusione, quindi, del personale
eventualmente in posizione di comando o fuori ruolo. Va ricompreso nella
rilevazione, viceversa, il personale di ruolo eventualmente in posizione di
comando o di fuori ruolo presso un'altra amministrazione; - essere trasmesso, con ogni sollecitudine, in
copia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione
pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della
ragioneria generale dello Stato. E' appena il caso di sottolineare che gli
effetti di tale provvisoria individuazione hanno conseguenze sostanziali nei
confronti della politica di gestione del personale delle pubbliche
amministrazioni. Infatti, qualsiasi procedura relativa all'acquisizione di
personale, con esclusione di quelle riguardanti il reclutamento, la mobilità e
la riqualificazione precedentemente avviate alla data del 31 dicembre 2002, non
può trovare la possibilità di essere attivata, in considerazione dello stato
delle dotazioni organiche che risultano, in applicazione della previsione
normativa in esame, integralmente coperte, seppure in via
provvisoria.
2. Rideterminazione delle
dotazioni organiche, articolo 34, commi 1 e 2. Si deve provvedere, in una fase successiva,
alla rideterminazione delle dotazioni organiche: solo attraverso la conclusione
di questa, le amministrazioni saranno nella condizione di poter attivare,
comunque con i limiti posti dalla legge finanziaria per l'anno 2003, le
procedure relative all'acquisizione di personale. La disciplina delle dotazioni organiche è
prevista nell'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il
quale, costituendo corollario del più ampio principio costituzionale di buon
andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (articolo 97 Cost.),
stabilisce che ogni singola amministrazione proceda adottando gli atti previsti
dal proprio ordinamento (D.P.R. per le amministrazioni centrali dello Stato, ai
sensi del comma 2 dell'articolo in esame). E' opportuno ricordare che il predetto
articolo 6 pone come atti preliminari e necessari alla definizione delle
dotazioni organiche da parte delle amministrazioni
pubbliche: 1. la verifica degli effettivi
fabbisogni; 2. la consultazione delle organizzazioni
sindacali rappresentative.
2.1. La verifica degli
effettivi fabbisogni. Il processo di rideterminazione delle
dotazioni organiche deve essere considerato non un esercizio in termini di
adempimenti formali ma di analisi concreta delle amministrazioni in termini di
missioni, competenze, attività esercitate direttamente (non esternalizzate,
poiché quelle esternalizzate, ai sensi dell'articolo 36, della legge 28 dicembre
2001, n. 448, comportano per le pubbliche amministrazioni variazioni in
diminuzione alle proprie dotazioni organiche) e professionalità necessarie in
termini quantitativi e qualitativi. Ogni singola amministrazione dovrà, perciò,
nelle relazioni che accompagnano lo schema di provvedimento o le delibere, nel
caso degli Enti, illustrare i seguenti aspetti: - individuare le competenze, i compiti e le
funzioni dell'amministrazione attraverso un'analisi delle missioni, degli
obiettivi e dei procedimenti concernenti l'attività
amministrativa; - individuare le relative strutture
organizzative gestionali e la conseguente dotazione organica necessaria,
suddivisa nelle due fasce, per i dirigenti, e, per il restante personale, nelle
aree funzionali, nelle posizioni economiche e nei profili
professionali; - dimostrare che la rideterminazione della
dotazione organica definitiva è fatta non solo nel rispetto dei vincoli
economico-finanziari e quantitativi, di cui al comma 2 dell'articolo 34, e di
quelli inerenti le finalità di cui al comma 1, dell'articolo 1 del d.lgs. n.
165/2001, ma con riferimento anche alla verifica dei fabbisogni di risorse umane
necessarie allo svolgimento dei propri fini istituzionali; pertanto, rispetto
alla dotazione organica provvisoria come individuata nel relativo atto,
eventuali modifiche richieste devono dare conto di quali professionalità si
necessita, per lo svolgimento di quali compiti e nell'ambito di quali strutture;
- considerare, nella rilevazione dei
fabbisogni, i processi di riorganizzazione in atto a seguito della riapertura
della delega sulla razionalizzazione dei ministeri e il riordino degli enti, i
processi di trasferimento di competenze alle regioni, nonché i processi di
esternalizzazione, razionalizzazione e reingegnerizzazione realizzati anche
attraverso l'impiego delle tecnologie informatiche, fornendo dimostrazione delle
conseguenti riduzioni delle propria dotazione organica; - considerare, inoltre, il disposto del comma
22, dell'articolo 34 della legge n. 289/2002, secondo cui le amministrazioni,
ivi indicate, sono tenute a realizzare, per ciascuno degli anni 2004 e 2005, una
riduzione non inferiore all'1 per cento del proprio personale, rispetto a quello
in servizio al 31 dicembre 2003, secondo le procedure in materia di
programmazione delle assunzioni, previste dall'articolo 39, della legge 27
dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni ed integrazioni. Le altre
amministrazioni pubbliche adeguano le proprie politiche di reclutamento di
personale al principio di contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi
fissati dai documenti di finanza pubblica. La evidente conseguenza è che i
provvedimenti di rideterminazione delle dotazioni organiche dovranno, in via
generale, tener necessariamente conto dell' obiettivo di riduzioni delle
dotazioni organiche. Le modifiche apportate alla dotazione organica
vigente dovranno perciò: - rappresentare la migliore occasione per
valutare, in termini di contenuti, competenze e funzionalità, le posizioni
professionali esistenti e verificare, senza ricorrere ai cosiddetti "carichi di
lavoro", il fabbisogno di risorse umane per processi, anche in una logica di
razionalizzazione e confronto tra amministrazioni. Qualora le amministrazioni
fossero articolate anche in strutture territoriali, le relazioni di
accompagnamento dovranno fare riferimento anche a tali
strutture; - rappresentare l'effettivo fabbisogno, così
delineato e rivedibile periodicamente ai sensi delle norme vigenti, anche in
relazione ai sistemi di valutazione e controllo, come punto di riferimento per
le azioni di reclutamento e di selezione dall'esterno; per l'acquisizione di
personale mediante procedure di mobilità; per la costruzione di percorsi di
carriera ottimali all'interno dell'area professionale di appartenenza e, ancora,
per la redazione dei piani formativi, in armonia con quanto disposto
dall'articolo 7-bis del d.lgs. n. 165/2001, come introdotto dalla recente legge
16 gennaio 2003, n. 3, ed in linea, quindi, con quanto già stabilito nella
direttiva del Ministro per la funzione pubblica del 13 dicembre 2001.
L'obiettivo primario di quest'ultima, si ricorda, era quello di promuovere in
tutte le amministrazioni la realizzazione di un'efficace analisi dei fabbisogni
di personale in termini quantitativi e qualitativi e, quindi, dei fabbisogni
formativi e della programmazione delle relative attività, per assicurare il
diritto individuale alla formazione permanente, in coerenza con gli obiettivi
istituzionali delle singole amministrazioni; - costituire, ai sensi dell'articolo 8 del
d.lgs. 165/2001, un utile strumento affinché la spesa per il proprio personale
sia evidente, certa e prevedibile nella evoluzione. Si ricorda, per le amministrazioni centrali
dello Stato che ancora non vi abbiano provveduto, la previsione contenuta
nell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che
stabilisce la soppressione dei ruoli del personale non dirigenziale esistenti e
l'istituzione di un ruolo unico di ciascun ministero, articolato in aree
dipartimentali e per direzioni generali. In considerazione che l'atto previsto, a tali
fini, è lo stesso col quale si pone in essere la rideterminazione delle
dotazioni organiche (D.P.R. ex articolo 17, comma 4-bis della legge 23 agosto
1988, n. 400), si ritiene che le amministrazioni ministeriali, anche ai fini di
un migliore e più corretto utilizzo dell'attività regolamentare e di un
coordinamento degli atti regolamentari stessi, per evitarne un'eccessiva ed
inutile proliferazione a tutto discapito della unicità dell'ordinamento,
provvedano in questa fase anche a tale adempimento.
2.2. La consultazione
delle organizzazioni sindacali rappresentative Con riferimento alla necessaria consultazione
delle organizzazioni sindacali, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo
n. 165/2001, ogni amministrazione, essendo tenuta ad operarvi in via diretta, ne
deve comunque dare atto nel provvedimento, fornendo la relativa documentazione
dimostrativa in allegato.
Conclusioni La Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e il Ministero dell'economia e delle
finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, provvederanno a
fornire alle amministrazioni pubbliche il necessario supporto nella
predisposizione degli schemi dei provvedimenti di rideterminazione delle
dotazioni organiche, nonché delle relazioni che accompagnano detti
provvedimenti. Al fine di accelerare i
tempi necessari alle relative istruttorie, si forniscono gli indirizzi di posta
elettronica a cui le amministrazioni possono inviare la propria
documentazione: uppa@funzionepubblica.it
e drgs.igop.ufficio9@tesoro.it Il direttore
dell'ufficio
GIURISPRUDENZA
Sentenza n. 1 anno 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato dall'art. 6, comma 6-bis, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), promosso con ordinanza emessa il 5 maggio 1998 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto dal Ministero delle finanze contro Confedir e Dirstat Finanze, iscritta al n. 550 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di costituzione della Confedir e Dirstat Finanze, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto; uditi l'avvocato XXXXXXi per la Confedir e Dirstat Finanze e l'avvocato dello Stato YYYYY per il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1.- Il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall'art. 6, comma 6- bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30. A suo parere la denunciata normativa, consentendo la copertura dei posti disponibili nelle dotazioni organiche dell'amministrazione finanziaria per i livelli dal quinto al nono - attraverso procedimenti di riqualificazione riservati al personale appartenente alle qualifiche funzionali inferiori, e consistenti in una prova scritta, in un corso ed in una prova tecnico-pratica finale - lede l'art. 97, primo e terzo comma, Cost. per la violazione della regola del pubblico concorso ed il pregiudizio recato al buon andamento della pubblica amministrazione dalla copertura di tutti i posti disponibili attraverso un reclutamento esclusivamente interno. Un ulteriore vulnus è poi prospettato, dal rimettente, in relazione all'art. 3 Cost. per l'asserita difformità di regime giuridico rispetto all'accesso ai profili professionali nelle altre amministrazioni dello Stato. 2.- La questione è fondata. 2.1.- Va premesso che il presente scrutinio di legittimità costituzionale investe la denunciata normativa solo nei limiti in cui disciplina l'accesso alla settima qualifica funzionale. Infatti, il giudizio dinanzi al Consiglio rimettente - secondo quanto chiarito nell'ordinanza - è stato già definito con il rigetto dell'appello cautelare (principale) relativamente alla sospensiva dei bandi aventi ad oggetto l'accesso alle qualifiche sesta ed ottava, di talché la sollevata questione ha rilevanza unicamente ai fini della decisione sull'appello incidentale proposto contro la mancata sospensiva del bando con cui sono state indette le prove selettive per l'attribuzione della settima qualifica funzionale. 2.2.- La denunciata normativa stabilisce che i posti disponibili nelle dotazioni organiche dei livelli dal quinto al nono degli uffici finanziari vengano coperti attraverso procedure finalizzate alla riqualificazione del personale. Secondo il comma 205, tali procedure sono definite dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni d'intesa con le organizzazioni sindacali, e sono attuate "in via sperimentale" per incrementare l'attività di controllo ed assicurare altresì il massimo grado di efficienza dei servizi nonché la semplificazione e la trasparenza dei rapporti con i contribuenti. Nel successivo comma 206 sono poi fissati i criteri generali cui vanno improntate le procedure. A riguardo, il testo originario - contenuto nella legge finanziaria n. 549 del 1995 - prevedeva lo svolgimento di corsi di riqualificazione, aggiornamento e specializzazione organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica d'intesa con il Ministero delle finanze, allo stesso modo disponendo circa la nomina delle commissioni; con la modifica introdotta dal citato decreto-legge n. 669 del 1996 si è soppresso ogni intervento del Ministro per la funzione pubblica e inoltre i corsi sono stati articolati su base regionale. L'accesso ai corsi medesimi viene subordinato allo svolgimento di una prova selettiva diretta a dimostrare la conoscenza dei servizi e la competenza necessaria per l'esercizio delle mansioni relative al profilo cui è indirizzato ciascun corso. Il comma 207, infine, consente che - dopo il superamento della sola prova d'ingresso appena descritta - i dipendenti possano essere utilizzati, in via provvisoria, presso l'ufficio di destinazione con le funzioni inerenti al profilo superiore e col relativo trattamento economico. Ai corsi - "salvo che per l'accesso [proprio, e solo] alla settima qualifica funzionale" - sono ammessi i dipendenti in servizio al 31 dicembre 1994 appartenenti alle qualifiche funzionali immediatamente inferiori a quella cui sono indirizzati i corsi medesimi, purché in servizio da cinque anni ed in possesso del titolo di studio prescritto per l'accesso alla qualifica alla quale concorrono ovvero di un titolo di studio inferiore se si tratta di dipendenti in servizio da almeno dieci anni. Inizialmente era previsto che i corsi vertessero su materie di diritto tributario amministrativo e ragioneria; ma, a seguito della summenzionata modifica, la normativa contempla soltanto "materie attinenti ai profili professionali cui sono indirizzati i corsi stessi"; al termine dei quali i candidati vengono sottoposti ad una prova di carattere teorico-pratico. 2.2.1.- Chiamata più volte a pronunciarsi sulle norme costituzionali che individuano nel concorso il mezzo ordinario per accedere agli impieghi pubblici, questa Corte ha ripetutamente sottolineato la relazione intercorrente tra l'art. 97 e gli artt. 51 e 98 Cost., osservando come in un ordinamento democratico - che affida all'azione dell'amministrazione, separata nettamente da quella di governo (politica per definizione), il perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall'ordinamento - il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, resti il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni d'imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione. Valore, quest'ultimo, in relazione al quale il principio posto dall'art. 97 Cost. impone che l'esame del merito sia indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei vari concorrenti (cfr. sentenze n. 333 del 1993 e n. 453 del 1990). Deroghe alla regola del concorso, da parte del legislatore, sono ammissibili soltanto nei limiti segnati dall'esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione (cfr., per tutte, sentenza n. 477 del 1995) o di attuare altri principi di rilievo costituzionale, che possano assumere importanza per la peculiarità degli uffici di volta in volta considerati: ad esempio, quando si tratti di uffici destinati in modo diretto alla collaborazione con gli organi politici o al supporto dei medesimi. A codesto regime non si è ritenuto sottratto nemmeno il passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema, come quello oggi in vigore, che non prevede carriere, o le prevede entro ristretti limiti, nell'ambito dell'amministrazione: in tale passaggio è stata, infatti, ravvisata una forma di reclutamento che esige anch'essa un selettivo accertamento delle attitudini (cfr. sentenze n. 320 del 1997, nn. 134 e 528 del 1995, n. 314 del 1994, n. 487 del 1991 e n. 161 del 1990). In particolare nella sentenza n. 314 del 1994, viene osservato come l'abnorme diffusione del concorso interno per titoli nel passaggio da un livello all'altro produce una distorsione che, oltre a reintrodurre surrettiziamente il modello delle carriere in una nuova disciplina che ne presuppone invece il superamento, si riflette negativamente anche sul buon andamento della pubblica amministrazione. L'accesso al concorso può, ovviamente, essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, e in tal modo non è da escludere a priori che possa stabilirsi anche il possesso di una precedente esperienza nell'ambito dell'amministrazione, ove questo si configuri ragionevolmente quale requisito professionale. Ma quando ciò non si verifichi, la sostituzione al concorso di meccanismi selettivi esclusivamente interni ad un dato apparato amministrativo non si giustifica alla luce degli accennati principi costituzionali. Trattasi, in verità, di affermazioni rese prevalentemente con riguardo a leggi regionali; nondimeno esse sono tutte riferibili anche all'amministrazione dello Stato, attesi i parametri costituzionali cui attengono. 2.2.2.- Alle esposte considerazioni in tema d'imparzialità ne vanno aggiunte altre - di decisiva importanza, siccome relative al parallelo principio dell'efficienza -, che trovano riscontro nel disegno di riforma sinteticamente qualificato "privatizzazione del pubblico impiego". Ha rilevato la Corte come attraverso tale privatizzazione il legislatore abbia inteso garantire, senza pregiudizio della imparzialità, anche il valore dell'efficienza, grazie a "strumenti gestionali" che consentano di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua più flessibile utilizzazione (sentenza n. 309 del 1997). Ed ha più volte richiamato l'esigenza di razionalizzazione amministrativa, che lega in un rapporto di funzionalità la materia delle assunzioni e della progressione nelle qualifiche con la definizione delle piante organiche e la verifica dei carichi di lavoro; parlando in proposito di "principi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato in materia di pubblico impiego" (sentenza n. 479 del 1995), oltre che di "norme di riforma economico sociale" (sentenza n. 406 del 1995, cui fa richiamo anche la già citata sentenza n. 528 del 1995). 2.2.3.- La normativa in esame contraddice totalmente i principi appena sintetizzati: nel quadro di una sorta di globale scivolamento verso l'alto di quasi tutto il personale dell'amministrazione finanziaria, essa realizza un'anacronistica forma di generalizzata cooptazione, che proprio per quanto concerne in particolare l'accesso alla settima qualifica - oggetto del presente scrutinio di costituzionalità - pone in evidenza ulteriori elementi di irragionevolezza. Infatti l'ammissione ai corsi, non solo riguarda tutti i posti disponibili nella detta qualifica ed è riservata ai soli dipendenti in servizio ad una certa data, ma è consentita perfino a quanti, fra questi, non appartengono alla qualifica immediatamente inferiore: così finendosi col conferire all'anzianità di servizio una funzione del tutto abnorme. Il dipendente, anche in mancanza del titolo di studio prescritto - e prescindendo perfino dal criterio dell'esercizio di fatto delle mansioni superiori - viene ammesso al corso di riqualificazione soltanto con il superamento di una prova scritta di contenuto più che mai generico, con l'ulteriore possibilità di esercitare subito dopo, sia pure in via provvisoria, le funzioni connesse alla qualifica superiore. E tale genericità si estende ai contenuti del corso stesso e dell'esame finale; il che suscita fondati dubbi anche sull'idoneità di un tale modo di selezione a consentire una seria verifica della professionalità richiesta per detta qualifica. Ma, a parte ciò, si tratterebbe comunque di formazione professionale somministrata proprio attraverso i corsi cui i (soli) dipendenti vengono abilitati ad accedere, e che dunque prescinde dalle effettive attitudini antecedentemente poste in luce dai dipendenti medesimi. 2.2.4.- L'insieme delle denunciate previsioni normative realizza, pertanto, una deviazione dai principi ispiratori - segnatamente dopo la grande riforma di cui sopra si e' detto - dell'organizzazione amministrativa. Deviazione non giustificata da una specifica esigenza di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione. A quest'ultimo proposito è appena il caso di osservare che le ragioni enunciate dal legislatore per legittimare l'"esperimento" dei corsi coincidono integralmente con le stesse finalità istituzionali dell'amministrazione finanziaria. Avuto riguardo particolare al principio dell'efficienza, basta confrontare i profili professionali relativi alla settima qualifica funzionale quali risultano dall'analitica previsione dei compiti e delle responsabilità descritti nel d.P.R. 29 dicembre 1984, n. 1219, con le mansioni prevalentemente esecutive inerenti alle qualifiche inferiori, per comprendere come la denunciata normativa rappresenti l'esatto contrario di strumenti di gestione del personale volti ad assicurarne l'impiego migliore. 2.3.- Conclusivamente, allora, la denunciata normativa è da ritenersi contrastante, nonché con l'art. 97, primo e terzo comma, Cost., col criterio stesso della ragionevolezza; restando assorbito ogni altro profilo d'illegittimità costituzionale prospettato dal rimettente. Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato dall'art. 6, comma 6-bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), limitatamente alle procedure di riqualificazione per l'accesso alla settima qualifica funzionale. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1999. Depositata in cancelleria il 21 gennaio 1999.
Sentenza n. 194 anno 2002 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO LA CORTE
COSTITUZIONALE ha pronunciato la
seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 22 della legge 13 maggio 1990, n. 133 (Disposizioni in materia di
perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), promosso con ordinanza
emessa il 18 ottobre 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui
ricorsi riuniti proposti dalla Dirstat-Finanze (ora Dirpubblica) contro la
Presidenza del Consiglio dei ministri ed altre, iscritta al n. 451 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24,
prima serie speciale, dell'anno 2001. Visti l'atto di costituzione della
Dirstat-Finanze (ora Dirpubblica) nonché l'atto di intervento del Presidente dei
Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 marzo
2002 il giudice relatore XXXXX; uditi l'avvocato YYYYY per Dirstat-Finanze
(ora Dirpubblica) e l'avvocato dello Stato ZZZZZ per il Presidente del Consiglio
dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale amministrativo regionale
del Lazio, con ordinanza del 19 ottobre 2000, depositata il 7 febbraio 2001,
solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 13
maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione
e federalismo fiscale), in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione,
nonché, implicitamente, all'art. 136 della Costituzione. 2. - La questione è stata sollevata nel
corso del giudizio avente ad oggetto due ricorsi proposti dalla Dirstat-Finanze
(ora Dirpubblica), in persona del legale rappresentante pro tempore, il quale ha agito anche in
proprio, aventi ad oggetto l'annullamento di alcuni atti - decreti del Ministero
delle finanze e decreti direttoriali concernenti le procedure di
riqualificazione per il personale del Ministero delle finanze ai sensi dell'art.
3, commi 205, 206 e 207, della legge 29 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica). 2.1. - Il Tar, in linea preliminare, dopo
avere affermato la propria giurisdizione, espone che i ricorrenti eccepiscono
l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge 29
dicembre 1995, n. 549, nel testo modificato dall’art. 22 della legge n. 133 del
1999, nella parte in cui sono state sostanzialmente confermate le procedure
selettive previste dal testo originario dell'art. 3, comma 206 lettera b), della legge n. 549 del 1995 ed i
corsi di riqualificazione per il personale del Ministero delle finanze, con
riserva del settanta per cento dei posti vacanti al personale in servizio alla
data del 31 dicembre 1998, realizzando in tal modo una cooptazione verso l'alto
di questi ultimi dipendenti, nonostante non abbiano svolto, neppure di fatto,
mansioni superiori. Il giudice a quo deduce che la Corte
costituzionale, con la sentenza n. 1 del 1999, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dei commi 205, 206 e 207 dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995,
nella parte in cui «prevedevano la sostituzione del concorso pubblico con
procedure selettive interne, in assenza di esigenze di rilevanza costituzionale
che consentissero la deroga alla regola del concesso pubblico». L'art. 22 della legge n. 133 del 1999 ha modificato queste ultime norme,
stabilendo che, con le procedure selettive da esse previste, può «essere
coperta unicamente una aliquota dei posti vacanti determinata nella
misura del 70% nelle qualifiche interessate dalla procedura
medesima». 2.2. - Il Tar deduce che l'art. 22 della
legge n. 133 del 1999 si porrebbe in contrasto con il principio secondo il quale
la regola del pubblico concorso per l'assunzione del personale alle dipendenze
della pubblica amministrazione sarebbe derogabile esclusivamente entro i limiti
richiesti dall’esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione,
ovvero altri principi di rango costituzionale. A suo avviso, la sentenza della
Coste costituzionale n. 1 del 1999 avrebbe infatti riferito la regola del concorso anche all'accesso ad
una qualifica funzionale superiore in quanto quest'ultimo costituirebbe
una forma di reclutamento, che richiede un selettivo accertamento delle
attitudini non restringibile ai soli dipendenti
dell'amministrazione. Secondo il rimettente, l'art. 22della legge
n. 133 del 1999 «non fa altro che confermare le procedure già previste dalla
precedente normativa di cui alla legge n. 549/95» e, quindi, «nella sostanza
viola il giudicato costituzionale confermando disposizioni dichiarate
illegittime». Inoltre, «la modifica legislativa»,
prevedendo una procedura selettiva interna e l'attribuzione a soggetti estranei
all'amministrazione soltanto del 30 %
dei posti disponibili,
si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di concorsualità (art. 51
Cost.), di parità di trattamento (art. 3 Cost.) e di buon andamento ed
imparzialità dell'amministrazione, garantiti dalla scelta dei più meritevoli
(art. 97 Cost.). Infine, la norma, stabilendo che i
dipendenti dell'amministrazione finanziaria possono partecipare ai corsi di
riqualificazione anche qualora non abbiano svolto, neppure di fatto, mansioni
superiori, violerebbe gli artt. 3, 51 e 97 Cost., poiché realizzerebbe una
ingiustificata disparità di trattamento in danno di quanti non lavorano già alle
dipendenze della p.a., permettendo l'accesso alla qualifica superiore da parte
dei dipendenti i quali non solo non hanno svolto le relative mansioni, ma sono
anche privi del titolo di studio per essa richiesto. 3. - Nel giudizio è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente
infondata. Secondo la difesa erariale le procedure di
riqualificazione in esame consistono in una prova scritta, il cui superamento è
condizione per l'ammissione al corso di riqualificazione, al termine del quale è
prevista una prova teorico-pratica, allo scopo di accertare il possesso da parte
del candidato della professionalità richiesta per la qualifica di riferimento. I
criteri informativi delle prove e delle modalità di stesura dei questionari
oggetto delle prove selettive sono stati elaborati da un gruppo di studio
nominato con decreto ministeriale; le materie dei corsi e gli specifici percorsi
formativi, in riferimento ai diversi profili professionali, sono stati anch'essi
stabiliti con decreto ministeriale, sulla scorta delle proposte formulate da un
apposito gruppo di lavoro. Le procedure di riqualificazione, a suo avviso, non
determinerebbero una automatica progressione ad una qualifica superiore, ma
realizzerebbero una adeguata selezione, assicurando la funzionalità degli
uffici, la crescita personale e professionale dei cittadini nell'ambito del
luogo di lavoro e la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione ed al
progresso della società. L'interveniente deduce, infine, che la
deroga alla regola del pubblico concorso sarebbe giustificata e che sarebbe
altresì ragionevole la previsione in virtù della quale il possesso di una
determinata anzianità nella qualifica immediatamente inferiore a quella oggetto
del concorso costituisca un requisito alternativo rispetto al titolo di
studio. 4. - Nel giudizio innanzi alla Corte si è
costituita la Dirpubblica (già DirstatFinanze) facendo proprie le
argomentazioni svolte dal Tar e chiedendo l'accoglimento della
questione. Nelle memorie depositate, in prossimità
dell'udienza pubblica la parte insiste nel sostenere che la norma impugnata
riprodurrebbe quella già dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte e
che l'ammissione alla procedura di riqualificazione, anche in mancanza del
titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica superiore, purché il
dipendente vanti une certa anzianità di servizio nella qualifica inferiore,
sarebbe irragionevole, in quanto quest'ultimo elemento sarebbe inidoneo a
dimostrare il possesso della professionalità necessaria per l'attribuzione della
qualifica più elevata. Inoltre, a suo avviso, la riserva del 70 % dei posti
in favore dei dipendenti
realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli
aspiranti che possono accedervi
esclusivamente mediante una ordinaria procedura
concorsuale. 5. - All'udienza pubblica l'Avvocatura
generale dello Stato e la parte costituita hanno insistito per l'accoglimento
delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte. Considerato in diritto 1 - La questione di legittimità
costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
l'ordinanza indicata in epigrafe ha ad oggetto l'art. 22 della legge 13 maggio
1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), il quale - con
il comma 1 lettere a), b) e
c) - ha modificato i commi 205,
206 e 207 dell’art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), che disciplinano la copertura del 70% dei posti
disponibili nelle dotazioni organiche dell'amministrazione finanziaria per i
livelli dal quinto al nono, mediante apposite procedure di riqualificazione
riservate al personale appartenente alle qualifiche funzionali inferiori, e con
il comma 2 ha fatto salvi gli atti e i procedimenti già
adottati. Secondo il giudice rimettente, la norma
impugnata "non fa altro che confermare le procedure già previste dalla
precedente normativa di cui alla legge n. 549 del 1995", dichiarata illegittima
da questa Carte con la sentenza n. 1 del 1999, cosicché la stessa norma, in
quanto riproduttiva di disposizioni già dichiarate costituzionalmente
illegittime "nella sostanza viola il giudicato costituzionale". Inoltre "la
modifica legislativa" censurata, prevedendo una procedura selettiva interna per
il conferimento di una qualifica funzionale superiore e stabilendo che soltanto
il 30% dei posti disponibili possono essere attribuiti a coloro che non sono già
dipendenti dell'amministrazione finanziaria, derogherebbe ingiustificatamente
alla regola del pubblico concorso, che riguarderebbe anche la fattispecie in
esame, ponendosi così in contrasto con i principi costituzionali della parità di
trattamento (art, 3 della Costituzione) e di buon andamento ed imparzialità
dalla pubblica amministrazione (art. 97 della
Costituzione). Infine, la norma censurata, disponendo che i
dipendenti possono partecipare ai corsi di riqualificazione, anche se non hanno
svolto, neppure di fatto, mansioni superiori, violerebbe, sotto altro profilo,
gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, ponendo in essere una ingiustificata
disparità di trattamento in danno di quanti non lavorano già alle dipendenze
dell'amministrazione, consentendo inoltre l'accesso alla qualifica superiore da
parte di dipendenti i quali non solo non abbiano svolto le relative mansioni, ma
siano anche privi del titolo di studio richiesto per la qualifica
stessa. 2. - In via preliminare va precisato che il
thema decidendum deve essere
propriamente individuato - in base alle puntualizzazioni contenute nella
motivazione dell'ordinanza di rimessione nella quale si dichiarano non
manifestamente infondate le "dedotte questioni di legittimità costituzionale"
relative all'art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge n. 549 del 1995 - nella
disciplina dei corsi di riqualificazione recata appunto dal suddetto art. 3, commi 205, 206 e 207 (modificato
quest'ultimo, ma in modo non rilevante, dall'art. 88 della legge 21 novembre
2000, n. 342) della stessa legge, così come risulta dopo la "modifica
legislativa" introdotta dall’art. 22 della legge n. 133 del 1999. Ed è pertanto
sul testo così risultante, nonché sul comma 2 del citato art. 22, che va
condotto il presente scrutinio di legittimità
costituzionale. 3. - Nel merito, la questione è
fondata. Si deve innanzi tutto osservare che
molteplici sono le modifiche introdotte dall'art. 22 della legge n. 133 del 1999
alla disciplina in esame; in particolare si segnalano la riduzione dei posti
riservati ai dipendenti dell’amministrazione finanziaria (art. 3, comma 205),
l'esclusione di una progressione per
saltum e l’impossibilità di esercitare, subito dopo 1'ammissione al corso e
sia pure in via provvisoria, le funzioni connesse alla qualifica superiore (art.
3, comma 207). Tali modifiche escludono pertanto, per il loro contenuto
innovatore ed anche per l'intento dichiarato nel corso dei lavori preparatori
della legge di recepire i principi stabiliti dalla citata sentenza n. 1 del
1999, che la disciplina denunciata possa essere considerata confermativa delle
precedenti disposizioni dichiarate illegittime, superandosi così la prospettata
censura di violazione del giudicato costituzionale. Ma tuttavia non valgono ad
evitare gli altri profili di censura incentrati sulla violazione degli artt. 3,
51 e 97 della Costituzione. Nella disciplina delle procedure di
riqualificazione in esame permangono ancora, nonostante le modificazioni
introdotte, alcune lesioni dei principi costituzionali in materia di
organizzazione dei pubblici uffici. In particolare va ricordato che, secondo la
consolidata giurisprudenza costituzionale, il passaggio ad una fascia funzionale
superiore comporta “l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a
funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla
regola del pubblica concorso" (cfr. per tutte: sentenza n. 320 del 1997,
sentenza n. 1 del 1999), in quanto proprio questo metodo offre le migliori
garanzie di selezione dei soggetti più capaci. Il pubblico concorso è altresì un
meccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza dell'amministrazione, il
quale può dirsi pienamente rispettato qualora le selezioni non siano
caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a
parteciparvi; forme che possono considerarsi non irragionevoli solo in presenza
di particolari situazioni, che possono giustificarle per una migliore garanzia
del buon andamento dell'amministrazione. L'art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 133 del 1999, nel
riformulare il comma 205 dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995, non ha però
reso la norma conforme a questi principi. Ed infatti, anche se ha escluso che la
totalità dei posti vacanti nelle dotazioni organiche delle varie qualifiche
prese in considerazione sia attribuita all'esito di corsi di formazione professionale, ai
quali sono abilitati ad accedere soltanto i dipendenti
dell'amministrazione, riserva tuttavia ancora ad essi la totalità dei posti
messi a concorso, pari a gran parte dei posti disponibili, per di più prevedendo una quota riservata
che appare incongruamente elevata, così da realizzare una duplice, sostanziale
elusione dei principi enunciati. Né, oltre tutto, all'epoca risultava bandito il
concorso pubblico per la residua parte dei posti, mentre è noto che il modello
concorsuale richiede che la selezione avvenga con criteri tali "da prevedere e
consentire la partecipazione anche agli estranei, assicurando così il
reclutamento dei migliori", e a
tale modello si deve ricorrere anche per scongiurate "gli effetti distorsivi"
che il criterio dei concorsi interni può produrre (sentenza n. 313 del 1994),
attraverso forme di surrettizia reintroduzione dell'ormai superato sistema delle
carriere, in contrasto con il canone del buon andamento dell'amministratone
(sentenza n. 333 del 1993). La previsione, nella disciplina censurata,
non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso
"intento", riservato ai dipendenti de11'amministrazione per una percentuale dei
posti disponibili particolarmente elevata e per di più incongrua in quanto
stabilita in mancanza di giustificazioni diverse da quelle già valutate
negativamente nella sentenza n. 1 del 1999 - appare pertanto irragionevole e si
pone in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della
Costituzione. 3.1. - Neppure le altre modifiche introdotte dall'art. 22 della legge n. 133 del 1999 alla
disciplina recata dal citato art 3 della legge n. 349 del 1995 riescono a superare le
ulteriori denunce di illegittimità costituzionale prospettate nell'ordinanza di
rimessione. A questo proposito, va innanzi tutto
osservato che, sebbene sia stata esclusa la previsione di una progressione per saltum, prima prevista per una delle
qualifiche, risulta ancora attribuita al criterio dell’anzianità una funzione
già censurata nella sentenza n. 1 del 1999, in quanto "del tutto abnorme". In
realtà è proprio sul criterio dell'anzianità che sono fondate sia la riserva ai
dipendenti della indicata percentuale dei posti disponibili, sia l'ammissibilità
del conseguimento della qualifica superiore, anche in mancanza del titolo di
studio prescritto. Ed infatti, dato che non è stata modificata la censurata
genericità di contenuti della prova scritta di ammissione al corso, quest'ultima
non appare idonea a garantire, di per sé, una seria verifica dei requisiti
attitudinali, nonché ad evitate una sorta di automatico e generalizzato
scivolamento verso la qualifica superiore. La previsione, inoltre, che le materie del
corso sono fissate con decreto ministeriale (art. 3, comma 206 lettera d) della legge n. 549 del 1995, come
modificato dall'art. 22, comma 1, lettera b) della legge n. 133 del 1999) e che
all’esito del corso i candidati sono sottoposti ad una prova di carattere
teorico-pratico, soltanto indicata come "prova d'esame" (art 3, comma 206
lettera e), come modificato
dall'art. 22, comma 1, lettera b) della legge n. 133 del 1999), non consente di
superare, in mancanza di ulteriori e più puntuali criteri, il fondato dubbio già
formulato da questa Corte nella citata sentenza n. l del 1999 in ordine alla
"idoneità di un tale modo di selezione a consentire una seria verifica della
professionalità richiesta" dalle qualifiche considerate. In definitiva, il complesso delle modifiche
introdotte dalla norma impugnata non appare adeguato a rendere le procedure di
riqualificazione in esame compatibili con i principi costituztiona1i. Va
pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dei commi 205, 206 e 207 –
quest’ultima norma in quanto logicamente ed inscindibilmente connessa con le
prime due - dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995, così come modificati
dall'art. 22, comma. 1, lettere a),
b) e c) della legge
n. 133 del 1999. Va, altresì
dichiarata l'illegittimità
costituzionale del comma 2 del citato art. 22 della medesima legge n.
133 del 1999, in quanto
anche esso logicamente ed inscindibilmente connesso con le norme precedentemente
indicate. Per questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell'art. 3,
commi 205, 206 e 207 della legge 29 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato dall'art. 22, comma
1, lettere a), b) e c) della legge 13 maggio 1999, n. 133
(Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo
fiscale); dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
22, comma 2, della medesima legge 13 maggio 1999, n. 133. Così deciso in Roma, nella sede della Corte
Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002. Depositata in Cancelleria il 16 maggio
2002.
Sentenza n. 218 anno 2002 REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE ha pronunciato la seguente SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 2001 dal Tribunale di Siena nel procedimento civile vertente tra XXXXX ed altro e la Camera di commercio, industria e artigianato di Siena, iscritta al n. 586 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visti gli atti di costituzione di XXXXX ed altro e della Camera di commercio, industria e artigianato di Siena, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 2002 il giudice relatore YYYYY; uditi gli avvocati ZZZZZ e WWWW per XXXXX. ed altro, AAAAA per la Camera di commercio, industria e artigianato di Siena e l'avvocato dello Stato BBBBB per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale di Siena, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro, solleva, con ordinanza del 24 aprile 2001, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 (recte: art. 12, comma 1) della legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), in riferimento all'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione.
2. - Nel giudizio a quo due dipendenti della Camera di commercio, industria e artigianato di Siena (infra, Camera di commercio) hanno chiesto di essere inquadrati nella qualifica dirigenziale ex art. 12, comma 1, della legge n. 140 del 1999, deducendo che la Camera di commercio non ha accolto la relativa domanda, sia in quanto l'organico prevede un solo posto di dirigente, sia in quanto contesta che questa norma attribuisca un «diritto» a siffatto inquadramento. L'ordinanza di rimessione premette che la norma impugnata derogherebbe all'art. 28, comma 1, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, secondo il quale «l'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami», attribuendo ai ricorrenti una «legittima aspettativa tutelabile» all'inquadramento nella qualifica dirigenziale. Ad avviso del Tribunale rimettente, la Camera di commercio potrebbe respingere la relativa domanda esclusivamente in presenza di «specifiche situazione negative concernenti la persona e il curriculum degli istanti», inesistenti nel caso in questione, e neppure potrebbe rigettarla per l'eventuale mancanza del posto dirigenziale nella pianta organica. In ogni caso, l'unica funzione dirigenziale prevista dalla pianta organica della Camera di commercio dovrebbe essere assegnata «sulla base di una successiva scelta meritocratica discrezionale, con apposito contratto», costituendo l'ampliamento delle qualifiche dirigenziali — un atto dovuto in conseguenza della legge n. 140/99». Secondo il rimettente, la norma, così interpretata, realizzerebbe «un indiscriminato passaggio alla qualifica dirigenziale, senza selezione alcuna» e, quindi, si porrebbe in contrasto con l'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione. La giurisprudenza costituzionale, sostiene il giudice a qua, ha infatti affermato che i principi di efficienza, di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione richiedono che la progressione nella carriera avvenga all'esito di procedure selettive o di verifiche attitudinali (sentenze n. 1 del 1999; n. 1 del 1996), imponendo la norma costituzionale «forme di effettiva selezione nella attribuzione delle qualifiche, con esclusione di qualsiasi generalizzato "scivolamento verso l'alto"».
3. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata. Secondo la difesa erariale, sarebbe infatti possibile dare detta norma impugnata un'interpretazione conforme al principio costituzionale che si ritiene leso. A suo avviso, il verbo «può» dimostrerebbe che il legislatore ha fatto salvo il potere di autorganizzazione delle Camere di commercio, le quali non sarebbero obbligate né ad attuare generalizzate promozioni, né ad ampliare la pianta organica. La norma si limiterebbe ad attribuire alle Camere di commercio la facoltà di non applicare le procedure ordinarie per la nomina dei dirigenti e, così interpretata, non prevederebbe un avanzamento automatico alla qualifica dirigenziale, ma sarebbe giustificata dall'esigenza di permettere che gli incarichi dirigenziali siano attribuiti a dipendenti che, per l'esperienza e la professionalità acquisita, appaiono in grado di assicurare funzionalità ed efficienza del servizio al quale sono preposti.
4. - Nel giudizio innanzi atta Corte si sono costituiti i ricorrenti nel processo principale, chiedendo, anche nella memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica, che la questione sia dichiarata infondata. Secondo le parti la disposizione impugnata si sarebbe limitata a riconoscere ai capi servizio la qualifica che loro avrebbe dovuto essere attribuita sulla base di una corretta equiparazione con i dipendenti dello Stato. Nella realizzazione del passaggio dal sistema delle carriere a quello delle qualifiche funzionali i dipendenti delle Camere di commercio, in una prima fase, sono stati provvisoriamente inquadrati con il decreto interministeriale del 12 Luglio 1982, secondo il nuovo criterio. L'inquadramento definitivo, attuato dall'art. 3 del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547, convertito nella legge 22 novembre 1994, n. 644, sulla base delle corrispondenze stabilite per gli impiegati civili dello Stato dalla Commissione prevista dall'art. 10 della legge 11 luglio 1980, n. 312, a causa della mancata previsione delta qualifica di direttore di divisione, alla quale era equiparata quella di capo servizio, avrebbe fatto sì che chi rivestiva quest'ultima qualifica è stato inquadrato all'ottavo livello, analogamente ai capi reparto, che svolgevano mansioni di livello inferiore. La norma impugnata non prevederebbe, quindi, un avanzamento senza concorso, bensì realizzerebbe quella corretta equiparazione che, in passato, non era stata attuata.
5. - Nel giudizio innanzi alla Corte si è, altresì, costituita la Camera di commercio di Siena, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Nella memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica, la parte sostiene che la norma impugnata dovrebbe essere interpretata escludendo che essa stabilisca l'obbligo di attribuire ai capi servizio la qualifica dirigenziale. In linea gradata, la Camera di commercio insiste affinché la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale della disposizione, qualora non sia possibile offrirne una lettura conforme all'art. 97 della Costituzione.
6. - All'udienza pubblica l'Avvocatura generale dello Stato e le parti hanno chiesto l'accoglimento dette conclusioni rassegnate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Siena riguarda l'art. 12 (recte: art.12, comma 1) della legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive), che dispone che il personale delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legge 23 settembre 1994, n. 547 - convertito nella legge 22 novembre 1994, n. 644 - che, alla data del 12 luglio 1982, rivestiva la qualifica di capo servizio, conseguita secondo l'ordinamento camerate vigente alla predetta data, "può essere inquadrato nella qualifica immediatamente superiore con effetti giuridici ed economici decorrenti dalla data di entrata in vigore detta presente legge". Secondo il giudice a quo la norma attribuirebbe ai capi servizio una "legittima aspettativa tutelabile" all’inquadramento nella qualifica dirigenziale, che non potrebbe essere negato dalla Camera di commercio neppure per mancanza di posti nella pianta organica, ma soltanto con riferimento a specifiche circostanze negative concernenti la persona o il curriculum degli aspiranti. Così interpretata la disposizione, essa violerebbe l'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione, in quanto determinerebbe "un indiscriminato passaggio alla qualifica dirigenziale, senza selezione alcuna", in contrasto perciò con i principi di efficienza e di buon andamento dell'amministrazione, i quali invece esigono che l'accesso ad una qualifica superiore avvenga attraverso "forme di effettiva selezione", essendo vietato qualsiasi generalizzato "scivolamento verso l'alto".
2. - Va premesso che il giudice a qua interpreta, con motivazione specifica non implausibile, la disposizione impugnata nel senso che essa disporrebbe, in linea generale, l'inquadramento, a semplice domanda, dei dipendenti che rivestivano la qualifica di capo servizio, nella qualifica immediatamente superiore, cioè dirigenziale, al di fuori di qualsiasi procedura concorsuale ed indipendentemente dall'esistenza di una vacanza nella relativa pianta organica. Secondo il rimettente, pertanto, non è possibile pervenire ad una lettura della norma che escluda la lesione dell'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione.
3. - La questione è fondata. L'interpretazione delle complesse vicende normative che hanno caratterizzato il passaggio dei dipendenti delle camere di commercio -in particolare di quelli che rivestivano la qualifica di capo servizio- dall'ordinamento per carriere all'ordinamento per qualifiche funzionali e profili professionali ha costituito oggetto di un consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa. Sono stati così ripetutamente esplicitati i motivi che in relazione sia alle prescrizioni dell'inquadramento definitivo attuato dall'art. 3, comma 8, del d. l. n. 547 del 1994 convertito nella legge n. 644 del 1994, sia al criterio delle mansioni svolte, hanno giustificato sul piano logico-sistematico l'inquadramento dei capi servizio delle camere di commercio nella ottava qualifica funzionale e non già in una qualifica superiore, e cioè la qualifica VIII bis, riservata ai vicesegretari (art. 2 del d.i. 12 luglio 1982), o la qualifica IX, peraltro non riferibile al personale delle camere di commercio. E, secondo questo stesso indirizzo giurisprudenziale, soltanto una disposizione specifica come quella censurata ha potuto prevedere, come appunto sostiene il giudice a quo, il reinquadramento automatico e generalizzato dei capi servizio in una qualifica superiore alla VIII, e cioè dirigenziale.
3.1. - Ai fini dello scrutinio di legittimità della predetta norma, occorre tenere presente che questa Corte ha costantemente affermato che nell'accesso a funzioni più elevate, ossia nel passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema, come quello oggi in vigore, che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti, deve essere "ravvisata una forma di reclutamento". Tale forma di reclutamento è perciò soggetta alla regola del pubblico concorso, che, in quanto "meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci", resta il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialità, costituendo ineludibile momento di controllo, funzionale at miglior rendimento della pubblica amministrazione (ex plurimis: sentenze n. 1 del 1999, n. 320 del 1997, n. 1 del 1996). E proprio per la contraddizione con questi principi, la giurisprudenza costituzionale è costante nel censurare norme che stabiliscono il passaggio a fasce funzionali superiori, in deroga atta regola del pubblico concorso, o comunque non prevedono alcun criterio selettivo, o verifiche attitudinali adatte a garantire l'accertamento dell'idoneità dei candidati in relazione ai posti da ricoprire, realizzando così una sorta di automatico e generalizzato scivolamento verso l'alto del personale (sentenze n. 1 del 1999, n. 320 del 1997, n. 478 del 1995, n. 314 del 1994). In questo quadro giurisprudenziale, la norma impugnata appare pertanto in contrasto con t'art. 97 della Costituzione, in quanto deroga ingiustificatamente alta regola del pubblico concorso, senza neppure prevedere alcuna verifica del possesso dei requisiti richiesti per l'attribuzione della qualifica superiore. Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale, sotto questo profilo, dell'art. 12, comma 1, della legge n. 140 del 1999, restando così assorbita ogni ulteriore censura.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, della legge 11 maggio 1999, n. 140 (Norme in materia di attività produttive).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo detta Consulta, il 22 maggio 2002.
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2002.
Sentenza n. 373 anno 2002
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 32, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale), e dell’art. 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-1984. Accordo nazionale del 29 aprile 1983), promossi con ordinanze emesse il 5 luglio (n. cinque ordinanze), e il 6 dicembre 2001 (n. due ordinanze) dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, rispettivamente iscritte ai numeri 39, 40, 41, 42, 43, 62 e 69 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 6, 7 e 8, prima serie speciale, dell’anno 2002. Visti gli atti di costituzione di XXXXX e di YYYYY, nonché gli atti di intervento della Regione Puglia; udito nell’udienza pubblica del 18 giugno 2002 il Giudice relatore ZZZZZ; uditi gli avvocati AAAAA per XXXXX, BBBBB per YYYYY e gli avvocati CCCCC e DDDDD per la Regione Puglia. Ritenuto in
fatto
1. - Con l’ordinanza iscritta al n. 39 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 5 luglio 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale <<del combinato disposto>> dell’articolo 32, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale), e dell’articolo 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-1984. Accordo nazionale del 29 aprile 1983), <<nella parte in cui riserva la copertura del 100% dei posti messi a concorso al personale interno>>. L’ordinanza è stata resa nel corso del giudizio proposto contro la Regione Puglia da un suo dipendente, formalmente inquadrato nel ruolo unico regionale nella sesta qualifica funzionale, munito del titolo di studio (laurea) richiesto per accedere alla ottava qualifica, per l’annullamento del provvedimento con cui era stato escluso, per mancanza dei requisiti richiesti, dal "concorso interno per titoli ed esami a 482 posti di ottava qualifica - funzionario", bandito con delibera della Giunta regionale del 30 dicembre 1997, nonché degli atti connessi e conseguenti. Il giudice rimettente rileva che il comma 1 dell’art. 32 della legge regionale n. 7 del 1997 aveva disposto che, entro due anni dalla sua entrata in vigore e comunque per una sola volta e prima del processo di trasferimento delle funzioni al sistema delle autonomie locali, si sarebbe provveduto alla copertura dei posti vacanti del ruolo organico regionale di ciascuna qualifica secondo le modalità di cui allo stesso articolo, ai sensi dell’art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984, confermato dall’art. 61 della legge regionale 13 aprile 1988, n. 13 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1985-1987. Accordo Nazionale per il periodo 1985-1987), e dall’art. 46, comma 2, della legge regionale 5 maggio 1990, n. 22 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale della regione e degli Enti pubblici non economici da essa dipendenti in attuazione dell’Accordo Nazionale per il triennio 1988/1990); che a sua volta il citato art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984 aveva disposto che <<in occasione delle operazioni di ristrutturazione connesse all’attuazione della presente legge, sulla base della legge regionale di organizzazione, e anche per un definitivo riequilibrio della applicazione degli istituti normativi dei precedenti contratti, il 100% dei posti vacanti in ciascuna qualifica funzionale, dalla seconda all’ottava, è coperto mediante concorsi interni per titoli ed esami riservati al personale inquadrato nel livello immediatamente inferiore con un’anzianità di servizio di almeno tre anni nel livello medesimo e in possesso del titolo di studio richiesto per il livello di appartenenza>>; che con l’impugnata deliberazione l’Amministrazione regionale aveva bandito i concorsi interni riservati al personale regionale ed in particolare il concorso interno per 482 posti di ottava qualifica funzionale, prescrivendo come requisiti di partecipazione quelli indicati dal predetto art. 39; che il ricorrente - escluso dal concorso non avendo i requisiti per partecipare ad esso, in particolare non possedendo la qualifica immediatamente inferiore all’ottava - aveva dedotto in primo luogo che la normativa regionale andava intesa nel senso di non imporre congiuntamente per il concorso interno il requisito del titolo di studio e la qualifica immediatamente inferiore, ed in secondo luogo di possedere il requisito del titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno alla qualifica messa a concorso (cioè la laurea), onde <<la illegittimità derivata>> del bando, in quanto gli precludeva la possibilità di concorrere indipendentemente dalla qualifica di appartenenza. Il giudice rimettente ritiene, quindi, la questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata, ed all’uopo richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui: a) <<modalità prevalente di selezione del personale delle pubbliche amministrazioni è quella del pubblico concorso, in ossequio al disposto dell’art. 97 Cost. che impone il buon andamento degli uffici attraverso la migliore selezione del personale garantita appunto dalla maggior partecipazione alle procedure selettive assicurate dal concorso esterno>>; b) l’art. 97 si correla agli articoli 51 e 98 della Costituzione, nel senso che nell’ordinamento democratico, essendo affidato all’amministrazione, <<separata nettamente da quella di governo (politica per definizione), il perseguimento delle finalità pubbliche obiettive>>, il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, resta il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizione di imparzialità, valore che imporrebbe <<che l’esame sia indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei vari concorrenti>>; c) la possibilità di selezionare diversamente il personale presuppone esigenze del tutto peculiari ed eccezionali, idonee a giustificare la deroga per garantire il buon andamento; d) analoghe conclusioni valgono con riferimento al passaggio di impiegati alla categoria superiore; e) la diffusione della pratica del concorso interno nel passaggio da un livello ad un altro produce una distorsione, in quanto, oltre a tradursi in una surrettizia reintroduzione del sistema delle carriere in un sistema che ne presuppone invece il superamento, incide sul principio del buon andamento; f) l’accesso al concorso può essere condizionato al possesso dei requisiti fissati in base alla legge, in modo da non escludersi a priori che possa richiedersi il possesso di una precedente esperienza nell’ambito dell’amministrazione, ove si configuri come requisito professionale secondo ragionevolezza, mentre, quando ciò non ricorra, la sostituzione di meccanismi selettivi esclusivamente interni ad un apparato amministrativo non sarebbe giustificata sul piano costituzionale. Nel caso di specie, ad avviso del giudice rimettente, non sarebbe ragionevole che la selezione riservata agli interni costituisca l’unica forma di selezione, in quanto prevista per il 100% dei posti messi a concorso, <<con gli effetti paradossali e ingiustificati indicati dal ricorrente, al quale, pur essendo in possesso del titolo richiesto per l’accesso dall’esterno ed in astratto idoneo, è inibita la partecipazione al concorso giacché riservata ai titolari di mera "rendita di posizione" costituita dal possesso della qualifica immediatamente inferiore a quella messa a concorso in ossequio ad una anacronistica scelta di cooptazione generalizzata che si traduce in una sorta di globale scivolamento verso l’alto del personale di servizio>>. 1.2. - Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, depositando memoria, nella quale sostiene la inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione. L’inammissibilità deriverebbe dall’errore in cui il rimettente sarebbe incorso sia censurando il comma 1 anziché il comma 2 dell’art. 32 della legge regionale n. 7 del 1997, che sarebbe la disposizione contenente la riserva dei posti, sia non censurando anche gli artt. 61 della legge regionale n. 13 del 1988 e 46, comma 2, della legge regionale n. 22 del 1990, che il primo comma dell’art. 32 richiama al pari dell’art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984. La questione sarebbe poi inammissibile anche perché il rimettente non avrebbe specificato sotto quali profili i principi costituzionali evocati risulterebbero violati dalle disposizioni denunciate, onde la motivazione in punto di non manifesta infondatezza sarebbe assolutamente generica. Quanto all’infondatezza della questione, la Regione rileva anzitutto che la sentenza n. 1 del 1999 aveva ritenuto incostituzionale la normativa allora censurata in quanto la riserva dei posti era consentita anche ai dipendenti non appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore, in tal modo attribuendosi all’anzianità di servizio una funzione del tutto abnorme anche in mancanza del titolo di studio prescritto ed a prescindere dall’esercizio di fatto delle mansioni superiori, nonché prevedendosi il superamento di una prova scritta di contenuto più che mai generico e di un corso ed un esame di contenuto altrettanto generico ed anche la possibilità di esercitare in via provvisoria le funzioni connesse alla qualifica superiore prima dell’esaurimento del corso e dell’esame finale. Viceversa, nel caso in esame l’accesso alla qualifica superiore è strettamente legato all’appartenenza alla qualifica immediatamente inferiore, al possesso del titolo di studio prescritto e, circostanza ancor più rilevante, al necessario superamento di due prove scritte e di una prova orale <<idonee a consentire una seria verifica della professionalità richiesta per la qualifica da ricoprire>>. La Regione illustra poi le motivazioni delle proprie scelte legislative. Rileva innanzi tutto che la Corte avrebbe più volte ritenuto legittime procedure di concorso interno motivate da peculiari esigenze o valutazioni non lesive del principio di buon andamento della amministrazione. Sottolinea, quindi, che la copertura dei posti vacanti mediante l’esclusivo ricorso ai concorsi interni è stata assoggettata a condizioni, rappresentate dal periodo di tempo limitato per l’espletamento e dalla loro utilizzabilità per una sola volta, ed è giustificata dalla stessa legge n. 7 del 1997 con l’esigenza specifica e contingente, da essa stessa derivante, di riorganizzazione della copertura dei posti rimasti vacanti nel ruolo di ciascuna qualifica. La temporaneità della deroga al principio del concorso aperto consentirebbe <<di comprendere la motivazione della scelta legislativa e di collegarla in concreto alle peculiari situazioni che la Amministrazione si è trovata ad affrontare>>. Inoltre il concorso interno, rispondendo alla aspirazione del dipendente a migliorare la propria posizione al fine di fornire una prestazione di più elevato livello, costituirebbe un incentivo per stimolare gli elementi più capaci ed intraprendenti e valorizzerebbe le esperienze acquisite all’interno dell’Amministrazione, consentendo di coprire le vacanze rapidamente, così direttamente ricollegandosi all’art. 97 della Costituzione. 2. - Con l’ordinanza iscritta al n. 40 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 5 luglio 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha proposto la stessa questione nel corso di un giudizio introdotto da quattro dipendenti di ruolo laureate, per ottenere l’annullamento del provvedimento con cui erano state escluse dal concorso bandito dalla Regione, <<perché prive dell’inquadramento nella qualifica immediatamente inferiore o dell’anzianità di tre anni nella qualifica>>. Con l’ordinanza iscritta al n. 41 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 5 luglio 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha proposto identica questione nel corso di un giudizio introdotto da un dipendente regionale di ruolo laureato inquadrato nella quarta qualifica funzionale, avente lo stesso oggetto di quello di cui all’ordinanza n. 40. Con l’ordinanza iscritta al n. 42 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 5 luglio 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha proposto la stessa questione nel corso di due giudizi riuniti introdotti da due dipendenti regionali di ruolo laureati inquadrati nella quarta qualifica, del pari esclusi dal concorso in esame per difetto dei requisiti richiesti dal bando. Con l’ordinanza iscritta al n. 43 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 5 luglio 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha proposto la stessa questione nel corso di due giudizi riuniti introdotti da dipendenti regionali di ruolo laureate inquadrate nella sesta qualifica, del pari escluse dal concorso in esame per difetto dei requisiti richiesti dal bando. Con l’ordinanza iscritta al n. 62 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 6 dicembre 2001, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, ha proposto la stessa questione nel corso del giudizio introdotto da una dipendente regionale di ruolo laureata inquadrata nella sesta qualifica funzionale, per ottenere l’annullamento del provvedimento di esclusione dal sopra citato concorso, motivato dal mancato possesso dei requisiti per parteciparvi. Con l’ordinanza iscritta al n. 69 del registro ordinanze del 2002, pronunciata il 6 dicembre 2001, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha proposto la stessa questione nel corso del giudizio introdotto da tre dipendenti regionali di ruolo laureate inquadrate nella sesta qualifica funzionale, per ottenere l’annullamento del provvedimento di esclusione dal citato concorso, motivato dal mancato possesso dei requisiti per parteciparvi. Le motivazioni di queste ordinanze sono di tenore assolutamente identico a quella dell’ordinanza n. 39 del 2002 ed in ciascun giudizio la Regione Puglia ha depositato una memoria, di contenuto identico a quella depositata nel giudizio di cui alla ricordata ordinanza. 3. - Nel giudizio di cui all’ordinanza n. 41 si è costituita la parte privata, depositando memoria nella quale sostiene la fondatezza della questione, adducendo il proprio diritto, in quanto munito del diploma di laurea, <<a partecipare a tutti i concorsi pubblici per l’accesso alla VIII qualifica funzionale come da vigente contratto collettivo di lavoro e come da previsione dell’art. 97 della Costituzione>>. L’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1997, restringendo ai soli dipendenti già inquadrati nella VII qualifica funzionale il diritto di partecipare al concorso per l’accesso alla VIII qualifica, opererebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti meritevoli di pari tutela, travolgendo ogni principio di logicità e di razionalità delle leggi e vulnerando la prescrizione costituzionale del pubblico concorso come mezzo esclusivo di accesso nel pubblico impiego e <<di ascesa nelle superiori qualifiche>>. D’altro canto, la procedura derogatoria e speciale di cui all’art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984, illegittimamente "recuperata" ad onta della sua natura eccezionale, sarebbe finalizzata alla valorizzazione delle professionalità formatesi all’interno dell’ente. L’eccezionalità della previsione sarebbe provata dal fatto che i concorsi riservati avrebbero dovuto essere indetti entro il 21 dicembre 1984, al fine di impedire ai dipendenti privi di titolo alla data di entrata in vigore della legge di maturare i requisiti soggettivi per parteciparvi dopo di essa. La Regione Puglia, avvalendosi della norma eccezionale a distanza di quattordici anni, avrebbe consentito illegittimamente a dipendenti di VII qualifica medio tempore laureatisi di ricoprire il 100% di posti vacanti della qualifica apicale della carriera di concetto senza il confronto del concorso pubblico con altri candidati. La violazione della Costituzione sarebbe manifesta. 4. - Nel giudizio di cui all’ordinanza n. 42 si è
costituita la parte privata, depositando memoria nella quale sostiene la
fondatezza della questione, sulla base di principi ricavati dalla giurisprudenza
della Corte. Del tutto irragionevolmente la norma impugnata precluderebbe la
partecipazione al concorso a chi è in possesso della laurea, richiesta per
l’accesso al posto dall’esterno, e la consente a chi, pur in servizio con la
qualifica immediatamente inferiore, ne sia sprovvisto, restando incomprensibile
perché tre anni di servizio nella qualifica inferiore debbano valere più della
laurea. Inoltre il concorso in esame avrebbe
determinato lo <<scivolamento>> verso l’alto di circa 2.500 unità di
personale interno, cioè della totalità dei partecipanti.
5. - Nell’imminenza della pubblica udienza la Regione ha depositato memorie illustrative di identico contenuto. Ribadite le eccezioni di inammissibilità già formulate, la Regione afferma che il richiamo alle sentenze di questa Corte n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002 non sarebbe pertinente per la particolarità delle fattispecie da esse esaminate. Ed anche l’ulteriore giurisprudenza della Corte sui concorsi interni risulterebbe relativa a profili del tutto diversi da quelli presenti in questo giudizio. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione si configurerebbe solo nei casi in cui la disciplina impugnata risulti arbitraria o irragionevole, essendo rimessa al legislatore un’ampia discrezionalità nella scelta dei sistemi e delle procedure di progressione in carriera dei pubblici dipendenti, riconosciuta anche a proposito dell’ammissione di particolari categorie di pubblici dipendenti a concorsi riservati. I principi sulla derogabilità della regola del concorso sarebbero stati del resto applicati dalla Corte in un caso simile a quello in oggetto, deciso dalla sentenza n. 331 del 1988. Infine la legge regionale n. 7 del 1997, nella parte relativa al concorso di cui trattasi, avrebbe recepito ed applicato l’accordo nazionale 1982-1984 e sarebbe applicativa di norma di diretta derivazione pattizia, per cui il sindacato sulle scelte sindacali e sugli esiti contrattuali delle stesse sarebbe possibile solo in caso di previsioni palesemente arbitrarie e contraddittorie. Nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 41 e 42, le memorie della Regione replicano alle memorie di costituzione delle parti private. In particolare la Regione ritiene che, al contrario di quanto sostenuto dalle parti private, la scelta del concorso riservato non sarebbe lesiva dei principi costituzionali invocati, ed in particolare assume che la deroga al concorso pubblico sarebbe giustificata da esigenze specifiche ed eccezionali, legate alla riorganizzazione dell’ordinamento regionale, rigorosamente indicate nel provvedimento impugnato. Inoltre, con riferimento alla deduzione secondo cui non sarebbe stato possibile "recuperare" la procedura concorsuale della risalente legge del 1984, la Regione sostiene che, essendo tale procedura ancorata alla riorganizzazione realizzata con la legge n. 7 del 1997, ne risulterebbe la contestualità fra la riforma e l’indizione del concorso, onde la deroga alla regola generale del concorso pubblico sarebbe legittima. 6. - Nell’imminenza della pubblica udienza la parte privata del giudizio di cui all’ordinanza n. 42 ha depositato una memoria illustrativa, in primo luogo contestando le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Puglia. Esattamente il rimettente avrebbe impugnato il comma 1 dell’art. 32 della legge regionale n. 7 del 1997, e non anche il comma 2, perché è il primo che prevede la copertura dei posti mediante il concorso di cui all’art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984, onde l’oggetto del giudizio di costituzionalità è ben individuato. La mancata censura delle norme delle leggi regionali n. 13 del 1988 e n. 22 del 1990 è priva di rilievo, essendo esse confermative della legge regionale n. 26 del 1984. Quanto all’altra eccezione di inammissibilità, la parte rileva che il rimettente, dopo aver richiamato i principi della giurisprudenza costituzionale, li ha puntualmente applicati al caso di specie e non ha affatto motivato per relationem. La memoria si sofferma, quindi, sulla tesi della Regione – secondo cui la deroga alla regola del concorso pubblico discenderebbe nella specie da specifiche e contingenti esigenze - rilevando che nessuna delle leggi regionali che hanno previsto la copertura dei posti con concorsi riservati ne reca l’indicazione. E contesta, infine, le altre argomentazioni della Regione, relative sia alla derivazione pattizia della norma censurata, che non potrebbe sottrarre la norma al vaglio della Corte, sia alla lesione dell’interesse dei candidati esterni.
Considerato in
diritto
1. - Con le ordinanze indicate in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, ha sollevato, con identica motivazione, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale <<del combinato disposto>> dell’articolo 32, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale), e dell’articolo 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-1984. Accordo nazionale del 29 aprile 1983), <<nella parte in cui riserva la copertura del 100% dei posti messi a concorso al personale interno>>. L’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1997 dispone che entro due anni dalla sua entrata in vigore, e comunque per una sola volta, i posti vacanti del ruolo organico regionale di ciascuna qualifica sono coperti secondo le modalità di cui allo stesso articolo, <<ai sensi dell’art. 39 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26, confermato dalle successive leggi regionali 13 aprile 1988, n. 13, art. 61, e 5 maggio 1990, n. 22, art. 46, comma 2>>. A sua volta l’art. 39 della legge regionale n. 26 del 1984 prevedeva al primo comma che <<in occasione delle operazioni di ristrutturazione connesse all’attuazione della presente legge, sulla base della legge regionale di organizzazione, e anche per un definitivo riequilibrio dell’applicazione degli istituti normativi dei precedenti contratti, il 100% dei posti vacanti in ciascuna qualifica funzionale, dalla seconda all’ottava, è coperto mediante concorsi interni per titoli ed esami riservati al personale inquadrato nel livello immediatamente inferiore con un’anzianità di servizio di almeno tre anni nel livello medesimo e in possesso del titolo di studio richiesto per il livello di appartenenza>>. Il secondo comma precisava che <<i concorsi devono essere indetti entro il 21 dicembre 1984>>. Pertanto il combinato disposto delle due norme comporta che la copertura dei posti vacanti del ruolo organico regionale di ciascuna qualifica, prevista dall’art. 32, comma 1, della legge n. 7 del 1997, avvenga, per effetto del rinvio all’art. 39 della legge 9 maggio 1984, n. 26, mediante concorso riservato, per la totalità dei posti, al personale dell’amministrazione regionale in possesso dei requisiti prima ricordati. Le ordinanze sono state rese in giudizi promossi da dipendenti regionali - inquadrati in qualifiche funzionali inferiori alla settima, ma muniti della laurea richiesta per accedere alla ottava - per l’annullamento dei provvedimenti che li avevano esclusi dal concorso interno per titoli ed esami a 482 posti di ottava qualifica, per difetto del requisito dell’inquadramento nel livello immediatamente inferiore, richiesto dal bando ai sensi della normativa impugnata. 2. - Poiché le ordinanze propongono identica questione, i sette giudizi devono essere riuniti. 3. – Le eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione Puglia sono infondate. Per quanto concerne l’art. 32 della legge n. 7 del 1997, l’impugnazione del solo comma 1 - e non anche del comma 2 – non comporta inammissibilità per erronea indicazione delle norme applicabili: il giudice rimettente ha correttamente individuato la norma disciplinatrice delle fattispecie nel comma 1, contenente – in ragione del rinvio all’art. 39 della legge n. 26 del 1984 – la riserva di tutti i posti a concorso ai dipendenti regionali, mentre il comma 2 si limita a ribadire tale riserva, applicandola anche ai corsi-concorso da esso previsti. Quanto poi alla mancata impugnazione degli art. 61 della legge n. 13 del 1988 e 46, comma 2, della legge n. 22 del 1990 (pure richiamati dal censurato comma 1 dell’art. 32 della legge n. 7 del 1997), essa è spiegata dal rilievo che tali norme - recanti, ad altri fini, limitate proroghe dei tempi di applicabilità dell’art. 39 della legge n. 26 del 1984 - non incidono direttamente sulle fattispecie all’esame del rimettente. 4. – Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità della questione, per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza. Il rimettente ha infatti motivato sufficientemente, richiamando molte decisioni di questa Corte e formulando ulteriori analitiche considerazioni. 5. - Nel merito la
questione è fondata. Questa Corte ha ripetutamente affermato che anche il
passaggio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ad una fascia
funzionale superiore - comportando l’accesso ad un nuovo posto di lavoro
corrispondente a funzioni più elevate - è soggetto alla regola del pubblico
concorso enunciata dal terzo comma dell’art. 97 della Costituzione (fra le
altre, sentenze n. 320
del 1997, n. 1 del
1999, n.
194 e n.
218 del 2002). In realtà <<il pubblico concorso in quanto
metodo che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci>> è
<<un meccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza
dell’amministrazione, il quale può dirsi pienamente rispettato qualora le
selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei
soggetti legittimati a parteciparvi; forme che possono considerarsi ragionevoli
solo in presenza di particolari situazioni, che possano giustificarle per una
migliore garanzia del buon andamento dell’amministrazione>> (sentenza n. 194
del 2002). L'accesso al concorso può, ovviamente, essere condizionato
al possesso di requisiti fissati in base alla legge, e non è da escludere a priori che possa stabilirsi anche
il possesso di una precedente esperienza nell'ambito dell'amministrazione, ove
ragionevolmente configurabile quale requisito professionale. Ma quando ciò non
si verifichi, la sostituzione al concorso di meccanismi selettivi esclusivamente
interni ad un dato apparato amministrativo non si giustifica rispetto ai citati
parametri costituzionali (sentenza n. 1 del
1999). In particolare questi principi sono stati ritenuti violati nel
caso di riserva di tutti i posti disponibili di una data qualifica ai dipendenti
in servizio ad una certa data, pur se non appartenenti alla qualifica
immediatamente inferiore (sentenza n. 1 del
1999); mentre la riserva limitata al 50% dei posti messi a concorso,
in favore del personale della qualifica immediatamente inferiore con almeno
cinque anni di servizio, è stata ritenuta non irragionevole e non lesiva del
ricordato precetto costituzionale (sentenza n. 234
del 1994).
6. - L’art. 32, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 7 del 1997 non rispetta i principi appena richiamati. Il concorso da esso previsto infatti - in ragione della riserva integrale dei posti disponibili a favore del personale dipendente - si pone sullo stesso piano di quello di cui alla norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 1 del 1999, ed è invece significativamente diverso da quello regolato dalla norma ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 234 del 1994. Infatti rispetto a quest’ultimo le differenze non si limitano alle dimensioni quantitative della riserva, ma riguardano anche i requisiti di anzianità richiesti ai dipendenti intenzionati a fruirne. 7. – La Regione ritiene apoditticamente che il concorso riservato sia funzionale alla riorganizzazione dell’amministrazione regionale attuata con la legge in esame. Pertanto non può dirsi che la scelta di riservare totalmente il concorso ai dipendenti regionali risulti determinata da ragioni atte ad escludere la lesione del principio del buon andamento dell’amministrazione, cui la garanzia del concorso pubblico è correlata. Ne discende l’ininfluenza del richiamo, fatto dalla Regione, alla sentenza n. 331 del 1988, che ha ritenuto non irragionevole una norma legislativa della Regione Lombardia che riservava l'ammissione ad un corso-concorso, per il conseguimento della prima qualifica dirigenziale, ai dipendenti investiti ad una certa data dell'incarico di responsabile di un ufficio. A questa decisione la sentenza è infatti pervenuta considerando che tale riserva – nella fase di passaggio dell'ordinamento del personale regionale da un regime ad un altro - mirava ad offrire ai responsabili di uffici già inquadrati al settimo livello, automaticamente trasferiti all'ottava qualifica funzionale nella quale non avrebbero conservato la posizione di responsabilità, la possibilità di sottrarsi a siffatto sbarramento partecipando ad un corso-concorso ad essi riservato, il cui superamento avrebbe comportato l’accesso alla prima qualifica dirigenziale e il mantenimento della responsabilità dell'ufficio: è con specifico riferimento a questa peculiare situazione che la Corte ha escluso l’arbitrarietà e l’irragionevolezza della riserva. La Regione valorizza anche la circostanza che la legge preveda un concorso per titoli e per esami. Ma l’astratta serietà del meccanismo di selezione del personale interno non toglie che l’esclusione dei candidati esterni, muniti dei titoli richiesti per l’accesso alla qualifica posta a concorso, si risolva pur sempre – per le ragioni prima indicate – in lesione dell’art. 97 della Costituzione. 8. - Pertanto deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 32, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7, e dell’art. 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26, nella parte in cui riserva la copertura del 100% dei posti messi a concorso al personale interno, per violazione dell’art. 97 della Costituzione. Resta assorbito ogni altro profilo di censura. Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 32, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale) e dell’art. 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-1984. Accordo nazionale del 29 aprile 1983), nella parte in cui riserva la copertura del 100% dei posti messi a concorso al personale interno. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002. Depositata in cancelleria il 23 luglio 2002.
NORMATIVA
Legge 29 luglio 2003, n. 229 Interventi in materia di
qualità della regolazione, riassetto normativo e
codificazione. Legge di semplificazione
2001. pubblicata
nella Gazz. Uff., 25 agosto 2003, n. 196, S.O.) Testo in vigore dal: 9-9-2003 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA promulga la seguente legge Articolo
1 Riassetto normativo e
codificazione 1. L'articolo 20 della legge 15
marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, è sostituito dal
seguente: "art.
20. - 1. Il Governo, sulla base di un programma di priorità di interventi,
definito, con deliberazione del Consiglio dei ministri, in relazione alle
proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata di
cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro la data
del 30 aprile, presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un
disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a
definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le
materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza
delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto delle competenze
dello Stato, delle regioni e degli enti locali. In allegato al disegno di legge
è presentata una relazione sullo stato di attuazione della semplificazione e del
riassetto. 2. Il
disegno di legge di cui al comma 1 prevede l'emanazione di decreti legislativi,
relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nonché di
regolamenti ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, e successive modificazioni, per le norme regolamentari di competenza
dello Stato. 3.
Salvi i principi e i criteri direttivi specifici per le singole materie,
stabiliti con la legge annuale di semplificazione e riassetto normativo,
l'esercizio delle deleghe legislative di cui ai commi 1 e 2 si attiene ai
seguenti principi e criteri direttivi: a) definizione del riassetto normativo e codificazione
della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere
del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della
richiesta, con determinazione dei principi fondamentali nelle materie di
legislazione concorrente; b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva
l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale
premesse al codice civile; c) indicazione dei principi generali, in particolare per
quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla
trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi ai quali si
attengono i regolamenti previsti dal comma 2 del presente articolo, nell'ambito
dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni; d) eliminazione degli interventi amministrativi
autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove
non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e
alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione
dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio
culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela
dell'igiene e della salute pubblica; e)
sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta,
permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di
discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei
requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da
presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata
dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente
richieste; f) determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di
un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di
discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle
certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività
da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga
comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per
categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con
esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o
rifiuto; g) revisione e riduzione delle funzioni amministrative non
direttamente rivolte: 1)
alla regolazione ai fini dell'incentivazione della
concorrenza; 2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria; 3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative; 4) alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale; 5) alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità; h) promozione degli interventi di autoregolazione per
standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle
categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti,
anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività
economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei
servizi; i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato; l) attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni,
salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e
Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai principi di
sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei principi
fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte
delle regioni nelle materie di competenza legislativa
concorrente; m) definizione dei criteri di adeguamento
dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di
cui al presente comma; n) indicazione esplicita dell'autorità competente a
ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi
dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 4. I
decreti legislativi e i regolamenti di cui al comma 2, emanati sulla base della
legge di semplificazione e riassetto normativo annuale, per quanto concerne le
funzioni amministrative mantenute, si attengono ai seguenti
principi: a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di
quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da
ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni
intervenienti, anche riordinando le competenze degli uffici, accorpando le
funzioni per settori omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e
costituendo centri interservizi dove ricollocare il personale degli organi
soppressi e raggruppare competenze diverse ma confluenti in un'unica procedura,
nel rispetto dei principi generali indicati ai sensi del comma 3, lettera c), e
delle competenze riservate alle regioni; b) riduzione dei termini per la conclusione dei
procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti
tra loro analoghi; c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo
che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della
medesima amministrazione; d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e
accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima
attività; e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa
e contabili, anche mediante l'adozione di disposizioni che prevedano termini
perentori, prorogabili per una sola volta, per le fasi di integrazione
dell'efficacia e di controllo degli atti, decorsi i quali i provvedimenti si
intendono adottati; f) adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie
informatiche. 5. I
decreti legislativi di cui al comma 2 sono emanati su proposta del Ministro
competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei ministri o il
Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro
dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che
sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della
richiesta. 6. I
regolamenti di cui al comma 2 sono emanati con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la funzione pubblica,
di concerto con il Ministro competente, previa acquisizione del parere della
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, quando siano coinvolti interessi delle regioni e delle autonomie
locali, del parere del Consiglio di Stato nonché delle competenti Commissioni
parlamentari. I pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono
resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari
è reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta.
Per la predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza del Consiglio
dei ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro
competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle
Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque
emanati. 7. I
regolamenti di cui al comma 2, ove non diversamente previsto dai decreti
legislativi, entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della
loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto dalla stessa data sono
abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei
procedimenti. 8. I
regolamenti di cui al comma 2 si conformano, oltre ai principi di cui al comma
4, ai seguenti criteri e principi: a) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti
amministrativi di funzioni anche decisionali, che non richiedono, in ragione
della loro specificità, l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli
organi collegiali con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi
procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi; b) individuazione delle responsabilità e delle procedure di
verifica e controllo; c) soppressione dei procedimenti che risultino non più
rispondenti alle finalità e agli obiettivi fondamentali definiti dalla
legislazione di settore o che risultino in contrasto con i principi generali
dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario; d) soppressione dei procedimenti che comportino, per
l'amministrazione e per i cittadini, costi più elevati dei benefici
conseguibili, anche attraverso la sostituzione dell'attività amministrativa
diretta con forme di autoregolamentazione da parte degli interessati,
prevedendone comunque forme di controllo; e) adeguamento della disciplina sostanziale e
procedimentale dell'attività e degli atti amministrativi ai principi della
normativa comunitaria, anche sostituendo al regime concessorio quello
autorizzatorio; f) soppressione dei procedimenti che derogano alla
normativa procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano più le
ragioni che giustifichino una difforme disciplina
settoriale; g) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti
organizzativi e di tutte le fasi del procedimento. 9. I
Ministeri sono titolari del potere di iniziativa della semplificazione e del
riassetto normativo nelle materie di loro competenza, fatti salvi i poteri di
indirizzo e coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, che
garantisce anche l'uniformità e l'omogeneità degli interventi di riassetto e
semplificazione. La Presidenza del Consiglio dei ministri garantisce, in caso di
inerzia delle amministrazioni competenti, l'attivazione di specifiche iniziative
di semplificazione e di riassetto normativo. 10.
Gli organi responsabili di direzione politica e di amministrazione attiva
individuano forme stabili di consultazione e di partecipazione delle
organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche e produttive e di
rilevanza sociale, interessate ai processi di regolazione e di
semplificazione. 11. I
servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti dalle
norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre
suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento
dell'azione amministrativa". 2. Le disposizioni di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dal presente articolo, si applicano anche alle deleghe legislative in materia di semplificazione e riassetto normativo conferite con leggi approvate dal Parlamento nel corso della presente legislatura prima della data di entrata in vigore della presente legge. Avvertenza: Il
testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente
per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di
facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è
operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti
legislativi qui approvati.
Note all'art.
1: La legge15 marzo1997, n.59, e successive modificazioni, reca: «Delega al
Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali,
per la riforma della pubblica amministrazione per la semplificazione
amministrativa.». Il testo dell'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse
comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città
ed autonomie locali) è il seguente: «Art. 8
(Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza
unificata). 1. La
Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i
compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle
comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni. 2. La
Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del
Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal
Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro
e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il
Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente
dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente
dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale
comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici
sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati
dall'UPI. Dei quattordici
sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'art.
17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati
altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali,
locali o di enti pubblici. 3. La
Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e
comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne
faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o
dell'UNCEM. 4. La
Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio
dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale
incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno.». Il testo
dell'art. 17, commi 1, 2 e 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attività del Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri) è il seguente: «Art. 17
(Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di
Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere
emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione
delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti
comunitari; b) l'attuazione
e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di
principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale; c) le materie
in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge,
sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla
legge; d)
l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le
disposizioni dettate dalla legge; e) (lettera
abrogata). 2. Con decreto
del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista
dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando
l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme
generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme
vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme
regolamentari. 3. Con decreto
ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del
Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente
conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu'
Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando
la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti
ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle
dei regolamenti emanati al Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.». Il testo
dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale è il
seguente: «Art. 15
(Abrogazione delle leggi). - Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori
per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove
disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già
regolata dalla legge anteriore.». La legge 7
agosto 1990, n. 241, reca: «Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi». Il testo
dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale)
è il seguente: «Art. 17
(Obbligo del rapporto). - Qualora non sia stato effettuato il pagamento in
misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo
che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la
prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui
sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra
la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto.
Deve essere presentato al prefetto il rapporto relativo alle violazioni previste
dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, dal testo unico per la
tutela delle strade, approvato con regio decreto 8 dicembre 1933, n. 1740, e
dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto
merci. Nelle materie
di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative
ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale
competente. Per le
violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è' presentato,
rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al
sindaco. L'ufficio
territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la
violazione. Il funzionario
o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'art. 13 deve
immediatamente informare l'autorità amministrativa competente a norma dei
precedenti commi, inviandole il processo verbale di
sequestro. Con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente
legge, in sostituzione del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio
1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri,
previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano
regolato diversamente la competenza. Con il decreto
indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla
esecuzione del sequestro previsto dall'art. 13, al trasporto ed alla consegna
delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o
distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose
confiscate. Le
regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine
previsto dal comma precedente.». Articolo
2 Riassetto normativo in materia
di produzione normativa, di semplificazione e di qualità
della regolazione
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un
decreto legislativo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, per il riassetto delle disposizioni
statali di natura legislativa vigenti in materia di produzione normativa,
semplificazione e qualità della regolazione, ai sensi e secondo i principi e
criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come
sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi: a) garanzia della coerenza giuridica, logica e sistematica
della normativa, adeguamento, aggiornamento e semplificazione del linguaggio
normativo; b) ricorso al riassetto normativo per materie e alla
riduzione delle disposizioni legislative vigenti, anche mediante apposite leggi
periodiche contenenti l'indicazione delle disposizioni abrogate o comunque non
più in vigore; c) delegificazione delle norme di legge concernenti gli
aspetti organizzativi e procedimentali, secondo i criteri previsti dall'articolo
20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della
presente legge; d) definizione delle funzioni e dei compiti della
Presidenza del Consiglio dei ministri, in armonia con quanto disposto dalla
legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, dal decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, dalla legge 15
marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, dalla legge 8 marzo 1999, n. 50,
e dalle leggi annuali di semplificazione e ferme restando le competenze dei
Ministeri di settore; e) coordinamento con l'attività consultiva del Consiglio di
Stato, anche ai fini di adeguamento delle strutture organizzative, ai sensi
degli articoli 14 e 16 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, di
cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e dell'articolo 17, commi 25, 27 e
28, della legge 15 maggio 1997, n.127; f) previsione e definizione di procedure di verifica
dell'impatto regolatorio, ai sensi delle direttive del Presidente del Consiglio
dei ministri in materia di analisi tecnico-normativa e di analisi dell'impatto
della regolamentazione, anche a seguito di un congruo periodo di applicazione
delle norme, con adeguati strumenti di informazione e partecipazione degli
utenti e delle categorie interessate. 2. Con regolamento di cui
all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, sono emanate norme di attuazione ed esecuzione del decreto
legislativo di cui al comma 1. 3. Nell'ambito della Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
il Governo acquisisce indirizzi e proposte nella materia della qualità della
regolazione e osservazioni per l'adozione di strumenti
comuni. 4. Il decreto legislativo di cui
al comma 1 è emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti
reso entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della
richiesta. Note all'art.
2: - Per i
riferimenti della legge 23 agosto 1988, n. 400, si veda nelle note alle
premesse. - Il decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, reca:
«Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'art. 11
della legge 15 marzo 1997, n. 59». - La legge 15
marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, reca: «Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della pubblica amministrazione per la semplificazione
amministrativa». - La legge 8
marzo 1999, n. 50, reca: «Delegificazione
e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - legge di
semplificazione 1998». - Il testo
degli articoli 14 e 16 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato di cui
al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle
leggi sul Consiglio di Stato), è il seguente: «Art. 14 (Art.
10 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Il Consiglio di Stato: 1) dà
parere sopra le proposte di legge e sugli affari di ogni natura, per i quali sia
interrogato dai Ministri del Re; 2) formula quei
progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal
Governo.». «Art. 16 (Art.
12; art. 4 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Il voto del Consiglio
di Stato è richiesto: 1) sopra tutte
le proposte di regolamenti che per l'art. 1, n. 7, del regio decreto 14 novembre
1901, n. 466, sono soggetti all'approvazione del Consiglio dei
Ministri; 2) sulla
esecuzione delle provvisioni ecclesiastiche, per le quali occorre il decreto
reale; 3) sopra tutti
i coordinamenti in testi unici di leggi o di regolamenti, salvo che non sia
diversamente stabilito per legge; 4) sui ricorsi
fatti al Re contro la legittimità dei provvedimenti amministrativi, sui quali
siano esaurite o non possano proporsi domande di riparazione in via
gerarchica; 5) sulle
convenzioni o sui contratti da approvarsi per legge, o che importino impegni
finanziari che non trovano riscontro in impegni regolarmente assunti per
legge; 6) in tutti gli
altri casi in cui sia richiesto per legge. Nei casi
previsti al n. 4 di questo articolo, quando il provvedimento sia contrario al
parere del Consiglio di Stato, deve farsi constare dal decreto reale che è stato
pure udito il Consiglio dei Ministri. I ricorsi
indicati al n. 4 del comma primo, non sono più ammessi dopo centottanta giorni
da quello in cui il ricorrente ebbe comunicazione del provvedimento: e devono
essere notificati all'autorità che abbia emesso il provvedimento e a chi vi
abbia interesse diretto nei modi stabiliti dal
regolamento.». - Il testo
dell'art. 17, commi 25, 27 e 28 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure
urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di
decisione e di controllo. Articolo
3 Riassetto normativo in materia
di sicurezza del lavoro
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge,
uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, ai sensi e secondo i
principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997,
n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) riordino, coordinamento, armonizzazione e
semplificazione delle disposizioni vigenti per l'adeguamento alle normative
comunitarie e alle convenzioni internazionali in materia; b) determinazione di misure tecniche ed amministrative di
prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed organizzative delle
imprese, in particolare di quelle artigiane e delle piccole imprese, anche
agricole, forestali e zootecniche; c) riordino delle norme tecniche di sicurezza delle
macchine e degli istituti concernenti l'omologazione, la certificazione e
l'autocertificazione; d) riformulazione dell'apparato sanzionatorio, con
riferimento, in particolare, alle fattispecie contravvenzionali a carico dei
preposti, alla previsione di sanzioni amministrative per gli adempimenti formali
di carattere documentale; alla revisione del regime di responsabilità tenuto
conto della posizione gerarchica all'interno dell'impresa e dei poteri in ordine
agli adempimenti in materia di prevenzione sui luoghi di lavoro; al
coordinamento delle funzioni degli organi preposti alla programmazione, alla
vigilanza ed al controllo, qualificando prioritariamente i compiti di
prevenzione e di informazione rispetto a quelli repressivi e
sanzionatori; e) promozione dell'informazione e della formazione
preventiva e periodica dei lavoratori sui rischi connessi all'attività
dell'impresa in generale e allo svolgimento delle proprie mansioni, con
particolare riguardo ai pericoli derivanti dall'esposizione a rumore, ad agenti
chimici, fisici, biologici, cancerogeni e ad altre sostanze o preparati
pericolosi o nocivi e alle misure di prevenzione da adottare in relazione ai
rischi; f) assicurazione della tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro in tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a
tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il
datore di lavoro o con il committente; g) adeguamento del sistema prevenzionistico e del relativo
campo di applicazione alle nuove forme di lavoro e tipologie contrattuali, anche
in funzione di contrasto rispetto al fenomeno del lavoro sommerso e
irregolare; h) promozione di codici di condotta e diffusione di buone
prassi che orientino la condotta dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti
i soggetti interessati; i) riordino e razionalizzazione delle competenze
istituzionali al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e
competenze, garantendo indirizzi generali uniformi su tutto il territorio
nazionale nel rispetto delle competenze previste dall'articolo 117 della
Costituzione; l) realizzazione delle condizioni per una adeguata
informazione e formazione di tutti i soggetti impegnati nell'attività di
prevenzione e per la circolazione di tutte le informazioni rilevanti per
l'elaborazione e l'attuazione delle misure di sicurezza
necessarie; m) modifica o integrazione delle discipline vigenti per i
singoli settori interessati, per evitare disarmonie; n) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il
lavoratore in relazione all'adozione delle misure relative alla sicurezza,
all'igiene e alla tutela della salute dei lavoratori. Nota all'art.
3: - Il testo
dell'art. 117 della Costituzione, come sostituito dall'art. 3 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è il seguente: «Art. 117. - La
potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali. Lo Stato ha
legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica
estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione
europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea; b)
immigrazione; c) rapporti tra
la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e
Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed
esplosivi; e) moneta,
tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema
valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie; f) organi dello
Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento
europeo; g) ordinamento
e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali; h) ordine
pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale; i)
cittadinanza, stato civile e anagrafi; l)
giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia
amministrativa; m)
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale; n) norme
generali sull'istruzione; o) previdenza
sociale; p) legislazione
elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e
città metropolitane; q) dogane,
protezione dei confini nazionali e profilassi
internazionale; r) pesi, misure
e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico
dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere
dell'ingegno; s) tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di
legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con
l'Unione europea delle regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del
lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni;
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione
civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di
trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e
integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di
risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di
credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello
Stato. Spetta alle
regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato. Le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi
comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di
procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di
esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà
regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva
delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta alle regioni in ogni altra
materia. I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento
delle funzioni loro attribuite. Le leggi
regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e
delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di
accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge
regionale ratifica le intese della regione con altre regioni per il migliore
esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi
comuni. Nelle materie
di sua competenza la regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da
leggi dello Stato.».
Articolo
4 Riassetto in materia di
assicurazioni.
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge,
uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di
cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito
dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni
comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti
più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali,
nonché dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione
del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari
e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di
tale servizio; c) salvaguardia dell'effettiva concorrenza tra le imprese
autorizzate all'esercizio dell'attività assicurativa in Italia o operanti in
regime di libertà di prestazioni di servizi; d) previsione di specifici requisiti di accesso e di
esercizio per le società di mutua assicurazione esonerate dal pieno rispetto
delle norme comunitarie, nonché per le imprese di
riassicurazione; e) garanzia di una corretta gestione patrimoniale e
finanziaria delle imprese autorizzate all'esercizio dell'attività assicurativa,
anche nell'ipotesi di una loro appartenenza ad un gruppo assicurativo, nonché
con riferimento alle partecipazioni di imprese assicurative in soggetti
esercenti attività connesse a quella assicurativa e di partecipazione di questi
ultimi in imprese assicurative; f) armonizzazione della disciplina delle diverse figure di
intermediari nell'attività di distribuzione dei servizi assicurativi, compresi i
soggetti che, per conto di intermediari, svolgono questa attività nei confronti
del pubblico; g) armonizzazione della disciplina sull'esercizio e sulla
vigilanza delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi alla
normativa comunitaria; h) riformulazione dell'apparato sanzionatorio alla luce dei
principi generali in materia: 1) affiancando alle ipotesi di ricorso alla sanzione amministrativa pecuniaria nei riguardi di imprese e operatori del settore, la previsione di specifiche sanzioni penali, modulate tra limiti minimi e massimi, nei casi di abusivo esercizio di attività assicurativa, agenziale, mediatizia e peritale da parte di imprese e soggetti non autorizzati o non iscritti ai previsti albi e ruoli ovvero di rifiuto di accesso, opposto ai funzionari dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), agli uffici o alla documentazione relativa alle anzidette attività, anche esercitate in via di fatto o, infine, di truffa assicurativa; 2) prevedendo la facoltà di difesa in giudizio da parte
dell'ISVAP, a mezzo dei suoi funzionari, nei ricorsi contro i provvedimenti
sanzionatori di cui all'articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n.
57; i) riassetto della disciplina dei rapporti tra l'ISVAP e il Governo, in ordine alle procedure di crisi cui sono assoggettate le imprese di assicurazione. Nota all'art.
4: - Il testo
dell'art. 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 66 del 20 marzo 2001), recante «Disposizioni in materia di apertura e
regolazione dei mercati», è il seguente: «Art. 6
(Ricorsi). - 1. Avverso il provvedimento col quale ai sensi dell'art. 4 della
legge 12 agosto 1982, n. 576, come modificato dall'art. 4 del decreto
legislativo 13 ottobre 1998, n. 373, il Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato irroga la sanzione per le infrazioni di cui all'art. 5, è
ammesso ricorso al giudice amministrativo che provvede a norma degli articoli
33, comma 1, e 45, comma 18, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
80. 2. La
disposizione del comma 1 si applica anche ai provvedimenti di irrogazione di
sanzioni pecuniarie ovvero disciplinari previste da ogni altra norma che
disciplina l'esercizio delle assicurazioni private, ivi compreso quello
dell'attività di agente, di mediatore di assicurazione e di riassicurazione e di
perito assicurativo. è abrogata ogni diversa
disposizione.». Articolo
5 Riassetto
in materia di incentivi alle attività produttive. 1. Il Governo è
delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un decreto legislativo per il riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle
attività produttive, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui
all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo
1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi: a)
articolazione delle disposizioni allo scopo di renderle strumenti coordinati per
il raggiungimento degli obiettivi di politica industriale fissati dal Governo e
dal Parlamento con l'approvazione del Documento di programmazione
economico-finanziaria, anche in base ai diversi inquadramenti degli aiuti
previsti dalla normativa dell'Unione europea e nel rispetto dell'articolo 117
della Costituzione; b) limitazione
della normativa primaria alla individuazione dei soli requisiti sostanziali per
la concessione degli incentivi nel rispetto dei limiti previsti dall'articolo 87
del trattato che istituisce la Comunità europea; c)
delegificazione e rinvio alla normazione regolamentare dello Stato e alla
normazione regionale, secondo le rispettive competenze, della disciplina dei
procedimenti amministrativi secondo i criteri di cui all'articolo 20 della legge
15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge,
nonché i principi contenuti nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, e
successive modificazioni; d) definizione,
tra i principi fondamentali per la legislazione regionale, della priorità di
intervento a favore delle attività produttive situate nelle aree territoriali
meno sviluppate e nelle zone montane, del raccordo tra i diversi strumenti di
incentivazione anche di carattere fiscale, della previsione di procedure
semplificate per le imprese artigiane e le piccole e medie
imprese. Note all'art.
5: - Per il testo dell'art. 117 della
Costituzione si veda nella nota all'art. 3. - Il testo
dell'art. 87 (ex art. 92) del Trattato che istituisce la Comunità europea, nella
versione consolidata, in vigore dal 1° maggio 1999, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale delle Comunità europee 10 novembre 1997, n. C 340, è il
seguente: «Art. 87 (Aiuti
concessi dagli Stati). - 1. Salvo deroghe contemplate dal presente trattato,
sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli
scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse
statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune
produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. 2. Sono
compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti a
carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano
accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei
prodotti; b) gli aiuti
destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri
eventi eccezionali; c) gli aiuti
concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di
Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono
necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale
divisione. 3. Possono
considerarsi compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti
destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita
sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di
sottoccupazione; b) gli aiuti
destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune
interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di
uno Stato membro; c) gli aiuti
destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni
economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura
contraria al comune interesse; d) gli aiuti
destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non
alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura
contraria all'interesse comune; e) le altre
categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a
maggioranza qualificata su proposta della Commissione.». - Il decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del
30 aprile 1998), reca «Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di
sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'art. 4, comma 4, lettera c), della
legge 15 marzo 1997, n. 59».
Articolo
6 Riassetto in materia di
prodotti alimentari
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
un decreto legislativo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
prodotti alimentari, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui
all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo
1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi: a) armonizzazione della disciplina della produzione e della
commercializzazione dei prodotti alimentari ai principi e alle norme di diritto
comunitario, con particolare riferimento alla libera circolazione, allo scopo di
assicurare competitività alle imprese; b) tutela degli interessi relativi alla salute,
all'ambiente, alla protezione del consumatore e alla qualità dei prodotti, alla
salute degli animali e vegetali; c) abrogazione o modificazione delle norme rese
inapplicabili o superate dallo sviluppo tecnologico e non più adeguate
all'evoluzione produttiva e commerciale delle imprese, fermo restando il diritto
dei consumatori all'informazione; d) fissazione di regole uniformi per ciò che concerne il
sistema sanzionatorio e le modalità di controllo e di vigilanza, salvo per i
prodotti oggetto di specifica normativa comunitaria, e in particolare per il
prelevamento dei campioni; e) semplificazione delle procedure esistenti, eliminando
quelle che pongono a carico delle aziende oneri non prescritti, per gli stessi
prodotti, in altri Stati membri dell'Unione europea; f) distinzione tra norme di produzione e di
commercializzazione, con particolare riferimento agli aspetti tecnici e
merceologici, norme concernenti il controllo dei prodotti, norme concernenti la
istituzione di un unico sistema sanzionatorio.
Articolo 7 Riassetto in materia di tutela
dei consumatori
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
uno o più decreti legislativi, per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di tutela dei consumatori ai sensi e secondo i principi e i criteri
direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come
sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni
comunitarie e agli accordi internazionali e articolazione della stessa allo
scopo di armonizzarla e riordinarla, nonché di renderla strumento coordinato per
il raggiungimento degli obiettivi di tutela del consumatore previsti in sede
internazionale; b) omogeneizzazione delle procedure relative al diritto di
recesso del consumatore nelle diverse tipologie di
contratto; c) conclusione, in materia di contratti a distanza, del
regime di vigenza transitoria delle disposizioni più favorevoli per i
consumatori, previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999,
n. 185, di attuazione della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 20 maggio 1997, e rafforzamento della tutela del consumatore in
materia di televendite; d) coordinamento, nelle procedure di composizione
extragiudiziale delle controversie, dell'intervento delle associazioni dei
consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione delle Comunità
europee. Nota all'art.
7: - Il testo
dell'art. 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 1999), di attuazione della direttiva
97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997 (pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee 4 giugno 1997, n. L 144), è il
seguente: «Art. 15 (Disposizioni transitorie e finali). - 1. Il contratto a
distanza deve contenere il riferimento al presente decreto
legislativo. 2. Fino alla
emanazione di un testo unico di coordinamento delle disposizioni di cui al
presente decreto legislativo con la disciplina recata dal decreto legislativo 15
gennaio 1992, n. 50, alle forme speciali di vendita previste dall'art. 9 del
decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, e dagli articoli 18 e 19 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114, si applicano le disposizioni più favorevoli
per il consumatore contenute nel presente decreto
legislativo. 3. Il presente
decreto legislativo entra in vigore centoventi giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.».
Articolo 8 Riassetto in materia di
metrologia legale
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
uno o più decreti legislativi, per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di metrologia legale ai sensi e secondo i principi e i criteri direttivi
di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito
dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi: a) riordino e adeguamento della normativa in relazione ai
mutamenti intervenuti nel mercato, all'evoluzione del progresso tecnologico e al
nuovo assetto di competenze derivato dal trasferimento di funzioni alle camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura in applicazione del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive
modificazioni; b) semplificazione e deregolamentazione degli adempimenti
amministrativi per gli operatori del settore; c) armonizzazione della disciplina con le raccomandazioni e
le indicazioni dell'Unione europea e degli organismi internazionali sui pesi e
sulle misure. Nota dell'art.
8: - Il decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del
21 aprile 1998) reca: «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59.».
Articolo
9 Riassetto in materia di
internazionalizzazione delle imprese
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
un decreto legislativo recante norme per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di internazionalizzazione delle imprese, ai sensi e secondo i
principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997,
n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) riunire e coordinare tutte le disposizioni legislative
in materia di internazionalizzazione delle imprese, considerando, oltre alle
esportazioni, anche gli investimenti in grado di promuovere
l'internazionalizzazione delle produzioni italiane, prevedendo la
delegificazione dei procedimenti in materia; b) coordinare le misure di intervento di competenza dello
Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore
dell'internazionalizzazione delle imprese; c) prevedere accordi tra enti pubblici e il sistema
bancario per l'utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di
credito. Articolo
10 Riassetto in materia di società
dell'informazione
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro diciotto mesi dalla data in entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi, su proposta del Ministro per l'innovazione
e le tecnologie e dei Ministri competenti per materia, per il coordinamento e il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società dell'informazione, ai
sensi e secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente
legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi: a) graduare la rilevanza giuridica e l'efficacia probatoria
dei diversi tipi di firma elettronica in relazione al tipo di utilizzo e al
grado di sicurezza della firma; b) rivedere la disciplina vigente al fine precipuo di
garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica dalle
pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici e di assicurare ai
cittadini e alle imprese l'accesso a tali servizi secondo il criterio della
massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e nel
rispetto dei principi di eguaglianza, non discriminazione e della normativa
sulla riservatezza dei dati personali; c) prevedere la possibilità di attribuire al dato e al
documento informatico contenuto nei sistemi informativi pubblici i caratteri
della primarietà e originalità, in sostituzione o in aggiunta a dati e documenti
non informatici, nonché obbligare le amministrazioni che li detengono ad
adottare misure organizzative e tecniche volte ad assicurare l'esattezza, la
sicurezza e la qualità del relativo contenuto informativo; d) realizzare il coordinamento formale del testo delle
disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le
modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della
normativa anche al fine di adeguare o semplificare il linguaggio
normativo; e) adeguare la normativa alle disposizioni
comunitarie. 2. La delega di cui al comma 1 è
esercitata per i seguenti oggetti: a) il documento informatico, la firma elettronica e la
firma digitale; b) i procedimenti amministrativi informatici di competenza
delle amministrazioni statali anche ad ordinamento
autonomo; c) la gestione dei documenti
informatici; d) la sicurezza informatica dei dati e dei
sistemi; e) le modalità di accesso informatico ai documenti e alle
banche dati di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento
autonomo. 3. Il Governo è delegato ad
adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni correttive e
integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto degli
oggetti e dei principi e criteri direttivi determinati dal presente articolo,
entro dodici mesi decorrenti dalla data di scadenza del termine di cui al
medesimo comma 1.
Articolo 11 Riassetto delle disposizioni
relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco
1. Il Governo è delegato ad
adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti
concernenti il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi e secondo i
principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997,
n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) revisione e riassetto della normativa che disciplina le
funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di
soccorso pubblico, prevenzione incendi, protezione civile, difesa civile e
incendi boschivi, nonché l'ordinamento del personale per gli aspetti non
demandati alla contrattazione collettiva nazionale, in modo da consentirne la
coerenza giuridica, logica e sistematica, con particolare
riferimento: 1) alla definizione delle attribuzioni del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco negli interventi di soccorso
pubblico; 2) al riassetto della normativa in materia di prevenzione
incendi e di vigilanza antincendi, tenuto conto anche dell'evoluzione
tecnologica e dei mutamenti socio-ambientali; 3) alla revisione delle disposizioni sui poteri
autorizzatori in materia di prevenzione incendi e di vigilanza
antincendi; b) armonizzazione delle disposizioni sulla prevenzione
incendi alla normativa sullo sportello unico per le attività
produttive; c) coordinamento e adeguamento della normativa alle
disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali. 2. All'attuazione ed esecuzione
delle disposizioni emanate ai sensi del comma 1 si provvede con uno o più
regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al citato comma
1. Nota all'art.
11: - Per il testo
dell'art. 17, commi 1, 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si veda nelle
note all'art. 1 CAPO
II Disposizioni
in materia di analisi di impatto della
regolamentazione e di atti normativi governativi disposizioni
in materia di pubblico impiego
ART. 12 Analisi di impatto delle
funzioni di vigilanza e regolazione delle autorità amministrative
indipendenti
1. Le autorità amministrative
indipendenti, cui la normativa attribuisce funzioni di controllo, di vigilanza o
regolatorie, si dotano, nei modi previsti dai rispettivi ordinamenti, di forme o
metodi di analisi dell'impatto della regolamentazione per l'emanazione di atti
di competenza e, in particolare, di atti amministrativi generali, di
programmazione o pianificazione, e, comunque, di
regolazione. 2. Le autorità di cui al comma 1
trasmettono al Parlamento le relazioni di analisi di impatto della
regolamentazione da loro realizzate. 3. I soggetti di cui al comma 1
provvedono alla verifica degli effetti derivanti dall'applicazione di contratti
predisposti mediante moduli o formulari ovvero di clausole e condizioni
contrattuali normativamente previste o a contenuto
generale. 4. Sono, comunque, escluse
dall'applicazione del presente articolo le segnalazioni e le altre attività
consultive, anche se concernenti gli atti di cui al comma 1, nonché i
procedimenti previsti dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive
modificazioni. Nota all'art.
12: - La legge 10
ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, reca: «Norme per la tutela
della concorrenza e del mercato».
Articolo
13 Disposizioni relative
all'attività della Corte dei conti e all'accesso alla magistratura della Corte
dei conti
1. Il parere della Corte dei
conti, previsto dall'articolo 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440,
sugli schemi di atti normativi del Governo, è reso nel termine di quarantacinque
giorni dal ricevimento della richiesta; decorso tale termine, si procede
indipendentemente dall'acquisizione del parere. Qualora, per esigenze
istruttorie, non possa essere rispettato il termine di cui al presente comma,
tale termine può essere interrotto per una volta e il parere deve essere reso
definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da
parte delle amministrazioni interessate. 2. All'articolo 11-ter, comma 6,
della legge 5 agosto 1978, n. 468, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
"La Corte riferisce, inoltre, su richiesta delle Commissioni parlamentari
competenti nelle modalità previste dai Regolamenti parlamentari, sulla
congruenza tra le conseguenze finanziarie dei decreti legislativi e le norme di
copertura recate dalla legge di delega". 3. All'articolo 12, primo comma,
della legge 20 dicembre 1961, n.1345, la lettera d) è sostituita dalla
seguente: "d) gli avvocati iscritti nel
relativo albo professionale da almeno cinque anni". 4. All'articolo 12, primo comma,
lettera e), della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, come modificata dall'articolo
3, comma 8, della legge 15 maggio 1997, n. 127, al primo periodo, le parole:
"Amministrazioni dello Stato" sono sostituite dalle seguenti: "Amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165"; il secondo periodo è sostituito dal seguente: "I bandi di concorso
possono riservare una percentuale non inferiore al 20 per cento dei posti messi
a concorso a personale che sia dotato oltre che del diploma di laurea in
giurisprudenza, anche del diploma di laurea in scienze economico-aziendali o in
scienze dell'economia o di altro titolo di studio
equipollente". 5. Una quota non inferiore al 20
per cento della dotazione organica del personale della carriera dirigenziale e
direttiva in servizio presso la Corte dei conti è riservata ai laureati in
discipline economiche o statistiche o attuariali. Note all'art.
13: - Il testo
dell'art. 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) è
il seguente: «Art. 88. - Il
Governo del Re, sentito il parere del Consiglio di Stato e della Corte dei
conti, modificherà le norme regolamentari vigenti per la amministrazione del
patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, con facoltà di emanare
ogni altra disposizione di complemento, di coordinamento e di
attuazione.». - Il testo
dell'art. 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di
contabilità generale dello Stato in materia di bilancio), come modificato dalla
legge qui pubblicata, è il seguente: «Art. 11-ter
(Copertura finanziaria delle leggi). - 1. In attuazione dell'art. 81, quarto
comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese
indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto,
la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le
relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia
per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. La
copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese,
ovvero minori entrate,
è determinata esclusivamente attraverso le seguenti
modalità: a) mediante
utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'art.
11-bis, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale
per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di
accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento di
obblighi internazionali; b) mediante
riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette
autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali
presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato
di previsione della entrata delle risorse da utilizzare come
copertura; c) (lettera
abrogata dall'art. 1-bis del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito in
legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n.
425); d) mediante
modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni
caso esclusa la copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate in
conto capitale. 2. I disegni di
legge, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa
governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati, da
una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata
dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla
quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione,
nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e
per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle
norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni
compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli
obiettivi fisici previsti. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi
utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la
verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme da adottare con i
regolamenti parlamentari. 3. Le
Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al Governo la relazione
di cui al comma 2 per tutte le proposte legislative e gli emendamenti al loro
esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione degli oneri da essi
recati. 4. I disegni di
legge di iniziativa regionale e del CNEL devono essere corredati, a cura dei
proponenti, da una relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma
2. 5. Per le
disposizioni legislative in materia pensionistica la relazione di cui ai commi 2
e 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali,
riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari. Per le
disposizioni legislative in materia di pubblico impiego la relazione contiene i
dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e
indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle
loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di
dipendenti pubblici omologabili. Per le disposizioni legislative recanti oneri a
carico dei bilanci di enti appartenenti al settore pubblico allargato la
relazione riporta la valutazione espressa dagli enti
interessati. 6. Ogni quattro
mesi la Corte dei conti trasmette al Parlamento una relazione sulla tipologia
delle coperture adottate nelle leggi approvate nel periodo considerato e sulle
tecniche di quantificazione degli oneri. La Corte riferisce, inoltre, su
richiesta delle Commissioni parlamentari competenti nelle modalità previste dai
Regolamenti parlamentari, sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie dei
decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di
delega. 6-bis. Le
disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti
della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi.
Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa.
Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere
efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in
corso alla medesima data. 6-ter. Per le
Amministrazioni dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche attraverso gli uffici
centrali del bilancio e le ragionerie provinciali dello Stato, vigila sulla
corretta applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis. Per gli enti ed
organismi pubblici non territoriali gli organi interni di revisione e di
controllo provvedono agli analoghi adempimenti di vigilanza e segnalazione al
Parlamento e al Ministero dell'economia e delle finanze. 7. Qualora nel
corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi
scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle
medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne da
notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale,
anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria
relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua
le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione
dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati
dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì
promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che
l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica indicati dal documento di programmazione economico-finanziaria
e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni
parlamentari. La stessa procedura è applicata in caso di sentenze definitive di
organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni
della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori
oneri.». - Il testo
dell'art. 12 della legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (Istituzione di una quarta e
una quinta Sezione speciale per i giudizi su ricorsi in materia di pensioni di
guerra ed altre disposizioni relative alla Corte dei conti), come modificato
dall'art. 3, comma 8, della legge 15 maggio 1997, n. 127, come ulteriormente
modificato dalla legge qui pubblicata, è il seguente: «Art. 12
(Nomine a referendario). - Le nomine a referendario sono conferite a seguito di
concorso per titoli ed esami, al quale possono
partecipare: a) i magistrati
dell'ordine giudiziario che abbiano conseguito la nomina ad aggiunto
giudiziario; b) i sostituti
procuratori dello Stato; c) i sostituti
procuratori e giudici istruttori militari; d) gli avvocati
iscritti nel relativo albo professionale da almeno cinque
anni; e) gli
impiegati delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché quelli dei due rami del
Parlamento e del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, muniti
della laurea in giurisprudenza ed appartenenti alle carriere direttive con
qualifica non inferiore a quelle di consigliere di prima classe od equiparata,
che nell'ultimo triennio abbiano riportato il giudizio complessivo di "ottimo".
I bandi di concorso possono riservare una percentuale non inferiore al 20 per
cento dei posti messi a concorso a personale che sia dotato oltre che del
diploma di laurea in giurisprudenza, anche del diploma di laurea in scienze
economico-aziendali o in scienze dell'economia o di altro titolo di studio
equipollente. Per quanto
altro attiene alle modalità del concorso per l'accesso alla qualifica iniziale
della magistratura della Corte si applicano, fino all'emanazione del testo unico
previsto dal successivo art. 44, le norme vigenti. Alla lettera a)
dell'art. 45 del regio decreto 12 ottobre 1933, n. 1364, sono soppresse le
parole "della regia università di Roma".».
Articolo
14 Modifiche al decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165
1. Al comma 2, primo periodo,
dell'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito
dall'articolo 3 della legge 15 luglio 2002, n. 145, dopo le parole: "almeno
cinque anni di servizio", sono inserite le seguenti: "o, se in possesso del
diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione
individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto
con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
almeno tre anni di servizio". 2. Al comma 2, ultimo periodo,
dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato
dall'articolo 7 della legge 15 luglio 2002, n. 145, la parola: "oppure" è
sostituita dalle seguenti: "e per gli archeologi e gli storici dell'arte aventi
il requisito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254,
nonché per gli archivisti di Stato, i bibliotecari e gli esperti di cui
all'articolo 2, comma 1, della medesima legge, che, in posizione di elevata
responsabilità, svolgono compiti". Note all'art.
14: - Il testo
dell'art. 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 65 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
già sostituito dall'art. 3 delle legge 15 luglio 2002, n. 145, e come modificato
dalla legge qui pubblicata, è il seguente: «Art. 28
(Accesso alla qualifica di dirigente). - 1.L'accesso alla qualifica di dirigente
nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti
pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole
amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla
Scuola superiore della pubblica amministrazione. 2. Al concorso
per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche
amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di
servizio, o, se in possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le
scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca, almeno tre anni di servizio svolti in posizioni funzionali per
l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i
dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso,
il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti
in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non
ricomprese nel campo di applicazione dell'art. 1, comma 2, muniti del diploma di
laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono,
inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati
in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché
muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti
di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio
continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali,
esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è
richiesto il possesso del diploma di laurea. 3. Al
corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità
stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea nonché di
uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di specializzazione,
dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti
universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative
pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca e la Scuola superiore della pubblica
amministrazione. Al corso-concorso possono essere ammessi dipendenti di ruolo
delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno
cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali
è richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono essere ammessi, altresì,
dipendenti di strutture private, collocati in posizioni professionali
equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici, secondo
modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai
sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti
devono essere muniti del diploma di laurea e avere maturato almeno cinque anni
di esperienza lavorativa in tali posizioni professionali all'interno delle
strutture stesse. 4. Il corso di
cui al comma 3 ha la durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di
esame, da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o
private. Al termine, i candidati sono sottoposti ad un esame-concorso finale. Ai
partecipanti al corso e al periodo di applicazione è corrisposta una borsa di
studio a carico della Scuola superiore della pubblica
amministrazione. 5. Con
regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica sentita, per la parte
relativa al corso-concorso, la Scuola superiore della pubblica amministrazione,
sono definiti: a) le
percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili, riservate al
concorso per esami e, in misura non inferiore al 30 per cento, al
corso-concorso; b) la
percentuale di posti che possono essere riservati al personale di ciascuna
amministrazione che indice i concorsi pubblici per esami; c) i criteri
per la composizione e la nomina delle commissioni
esaminatrici; d) le modalità
di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la valutazione delle esperienze
di servizio professionali maturate nonché, nella fase di prima applicazione del
concorso di cui al comma 2, una riserva di posti non superiore al 30 per cento
per il personale appartenente da almeno quindici anni alla qualifica apicale,
comunque denominata, della carriera direttiva; e) l'ammontare
delle borse di studio per i partecipanti al
corso-concorso. 6. I vincitori
dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al conferimento del primo incarico
dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla
Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato ai sensi del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287. Tale ciclo può comprendere anche
l'applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi
internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Il medesimo ciclo
formativo, di durata non superiore a dodici mesi, può svolgersi anche in
collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie
istituzioni formative pubbliche o private. 7. In coerenza
con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni
pubbliche ai sensi dell'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le
amministrazioni di cui al comma 1 comunicano, entro il 30 giugno di ciascun
anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri ruoli dei
dirigenti. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 luglio di
ciascun anno, comunica alla Scuola superiore della pubblica amministrazione i
posti da coprire mediante corso-concorso di cui al comma 3. Il corso-concorso è
bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione entro il 31
dicembre di ciascun anno. 8. Restano
ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali
delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze
armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 9. Per le
finalità di cui al presente articolo, è attribuito alla Scuola superiore della
pubblica amministrazione un ulteriore contributo di 1.500 migliaia di euro a
decorrere dall'anno 2002. 10. All'onere
derivante dall'attuazione del comma 9, pari a 1.500 migliaia di euro a decorrere
dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità
previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di
previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero.». - Il testo
dell'art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
come modificato dall'art. 7 della legge 15 luglio 2002, n. 145, e come
ulteriormente modificato dalla legge qui pubblicata, è il
seguente: «Art. 40
(Contratti collettivi nazionali e integrativi). - 1. La contrattazione
collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle
relazioni sindacali. 2. Mediante
appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai sensi
dell'art. 43, comma 4, sono stabiliti i comparti della contrattazione collettiva
nazionale riguardanti settori omogenei o affini. I dirigenti
costituiscono un'area contrattuale autonoma relativamente a uno o più comparti.
I professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica
funzionale, i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli
dell'ENEA, costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico delle
amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione,
un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e
funzioni. Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del ruolo
sanitario quanto previsto dall'art. 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. Agli accordi che definiscono
i comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all'art. 41,
comma 6. Per le figure professionali che, in posizione di elevata
responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad
albi e per gli archeologi e gli storici dell'arte aventi il requisito di cui
all'art. 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254, nonché per gli
archivisti di Stato, i bibliotecari e gli esperti di cui all'art. 2, comma 1,
della medesima legge che in posizione di elevata responsabilità, svolgono
compiti tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte
nell'ambito dei contratti collettivi di comparto. 3. La
contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la
durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura
contrattuale e i rapporti tra diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni
attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto
dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e
pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva
integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti
collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi
ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più
amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede
decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti
dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli
strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
Le clausole difformi sono nulle e non possono essere
applicate. 4. Le pubbliche
amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi
nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne
assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi
ordinamenti.».
Articolo
15 Modifica all'articolo 38 della
legge 23 dicembre 1999, n. 488
1. All'articolo 38 della legge 23
dicembre 1999, n. 488, il comma 3 è sostituito dal
seguente: "3. I lavoratori dipendenti di cui
al comma 1, qualora intendano avvalersi della facoltà di accreditamento dei
contributi di cui al medesimo comma 1, presentano domanda entro il 30 settembre
dell'anno successivo a quello nel corso del quale ha avuto inizio l'aspettativa,
a pena di decadenza. La domanda si intende tacitamente rinnovata ogni anno salvo
espressa manifestazione di volontà in senso contrario". Nota all'art.
15: - Il testo
dell'art. 38 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2000), come modificato dalla legge qui pubblicata, è il
seguente: «Art. 38
(Contributi pensionistici di lavoratori dipendenti che ricoprono cariche
elettive o funzioni pubbliche e disposizioni in materia di sgravi contributivi).
- 1. I lavoratori dipendenti dei settori pubblico e privato, eletti membri del
Parlamento nazionale, del Parlamento europeo o di assemblea regionale
ovvero nominati a
ricoprire funzioni pubbliche, che in ragione dell'elezione o della nomina
maturino il diritto ad un vitalizio o ad un incremento della pensione loro
spettante, sono tenuti a corrispondere l'equivalente dei contributi
pensionistici, nella misura prevista dalla legislazione vigente, per la quota a
carico del lavoratore, relativamente al periodo di aspettativa non retribuita
loro concessa per lo svolgimento del mandato elettivo o della funzione pubblica.
Il versamento delle relative somme, che sono deducibili dal reddito complessivo
risultando ricomprese tra gli oneri di cui all'art. 10, comma 1, lettera e), del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, deve essere effettuato alla
amministrazione dell'organo elettivo o di quello di appartenenza in virtù della
nomina, che provvederà a riversarle al fondo dell'ente previdenziale di
appartenenza. 2. Le somme di
cui al comma 1 sono dovute con riferimento ai contributi relativi ai ratei di
pensione che maturano a decorrere dal 1° gennaio 2000. 3. I lavoratori
dipendenti di cui al comma 1, qualora intendano avvalersi della facoltà di
accreditamento dei contributi di cui al medesimo comma 1, presentano domanda
entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello nel corso del quale ha avuto
inizio l'aspettativa a pena di decadenza. La domanda si intende tacitamente
rinnovata ogni anno salvo espressa manifestazione di volontà in senso
contrario. 4. I soggetti
di cui al comma 1 dell'art. 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564,
che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa
per i periodi anteriori al 31 dicembre 1998 secondo le modalità previste dal
comma 3 dell'art. 3 del medesimo decreto legislativo, e successive
modificazioni, possono esercitare tale facoltà entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge. 5. A decorrere
dal 1° gennaio 2000 il diritto agli sgravi contributivi previsti dall'art. 59
del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e successive
modificazioni e integrazioni, è riconosciuto alle aziende che operano nei
territori individuati ai sensi dello stesso articolo, come successivamente
modificato e integrato, che impiegano lavoratori anche non residenti per le
attività dagli stessi effettivamente svolte nei predetti
territori. 6. La
disposizione di cui al comma 5 si applica anche ai periodi contributivi
antecedenti al 1° gennaio 2000 e alle situazioni pendenti alla stessa data; sono
fatte salve le maggiori contribuzioni già versate e le situazioni oggetto di
sentenze passate in giudicato.».
CAPO III
Misure
telematiche Articolo
16 Registro informatico degli
adempimenti amministrativi per le imprese
1. Presso il Ministero delle
attività produttive, che si avvale a questo scopo del sistema informativo delle
camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è istituito il
Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, di seguito
denominato "Registro", il quale contiene l'elenco completo degli adempimenti
amministrativi previsti dalle pubbliche amministrazioni per l'avvio e
l'esercizio delle attività di impresa, nonché i dati raccolti dalle
amministrazioni comunali negli archivi informatici di cui all'articolo 24, comma
2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Il Registro, che si articola
su base regionale con apposite sezioni del sito informatico, fornisce, ove
possibile, il supporto necessario a compilare in via elettronica la relativa
modulistica. 2. E’ fatto obbligo alle
amministrazioni pubbliche, nonché ai concessionari di lavori e ai concessionari
e gestori di servizi pubblici, di trasmettere in via informatica al Ministero
delle attività produttive l'elenco degli adempimenti amministrativi necessari
per l'avvio e l'esercizio dell'attività di impresa. 3. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive e del
Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono stabilite le modalità di
coordinamento, di attuazione e di accesso al Registro, nonché di connessione
informatica tra le diverse sezioni del sito. 4. Il Registro è pubblicato su uno
o più siti telematici, individuati con decreto del Ministro delle attività
produttive. 5. Del Registro possono avvalersi
gli enti locali, qualora non provvedano in proprio, per i servizi pubblici da
loro gestiti. Nota all'art.
16: - Il testo
dell'art. 24, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) è
il seguente: «Art. 24
(Principi organizzativi per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia
di insediamenti produttivi). - 1. Ogni comune esercita, singolarmente o in forma
associata, con altri enti locali, le funzioni di cui all'art. 23, assicurando
che un'unica struttura sia responsabile dell'intero
procedimento. 2. Presso la
struttura è istituito uno sportello unico al fine di garantire a tutti gli
interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio informatico
contenente i dati concernenti le domande di autorizzazione e il relativo iter
procedurale, gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché
tutte le informazioni disponibili a livello regionale, ivi comprese quelle
concernenti le attività promozionali, che dovranno essere fornite in modo
coordinato. 3.-5.
Omissis.».
Articolo
17 Banca dati per la legislazione
in materia di pubblico impiego
1. E’ istituita presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica una
banca dati contenente la normativa generale e speciale in materia di rapporto di
lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. 2. La Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica cura l'aggiornamento periodico
della banca dati di cui al comma 1, tenendo conto delle innovazioni normative e
della contrattazione collettiva successivamente intervenuta, e assicurando agli
utenti la consultazione gratuita.
Articolo
18 Consultazione in via
telematica
1. La Presidenza del Consiglio dei
ministri può pubblicare su sito telematico le notizie relative ad iniziative
normative del Governo, nonché i disegni di legge di particolare rilevanza,
assicurando forme di partecipazione del cittadino in conformità con le
disposizioni vigenti in materia di tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento di dati personali. La Presidenza del Consiglio dei
ministri può inoltre pubblicare atti legislativi e regolamentari in vigore
nonché i massimari elaborati da organi di giurisdizione. 2. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri sono individuate le modalità di partecipazione del
cittadino alla consultazione gratuita in via telematica.
Articolo
19 Dati identificativi delle
questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e
contabile
1. I dati identificativi delle
questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile sono resi
accessibili a chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema
informativo interno e sul sito istituzionale della rete INTERNET delle autorità
emananti. 2. Le sentenze e le altre
decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante
deposito in segreteria, sono contestualmente inserite nel sistema informativo
interno e sul sito istituzionale della rete INTERNET, osservando le cautele
previste dalla normativa in materia di tutela dei dati
personali.
CAPO IV Disposizioni transitorie e
finali Articolo
20 Norme
transitorie 1. Per la legge per la
semplificazione e il riassetto normativo dell'anno 2003 i termini di cui al
comma 1 dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito
dall'articolo 1 della presente legge, sono rispettivamente fissati al
novantesimo e al centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
Articolo
21 Copertura
finanziaria
1. Dall'esercizio di ciascuna
delle deleghe di cui al Capo I non devono derivare maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato. 2. All'onere derivante
dall'attuazione dell'articolo 16, determinato nella misura massima di 516.457
euro a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005,
nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al
medesimo Ministero. 3. All'onere derivante
dall'attuazione dell'articolo 17, determinato nella misura massima di 324.850
euro per l'anno 2003 ed in 141.510 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero. 4. Il Ministro dell'economia e
delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
Articolo
22 Modifiche alla legge 24
novembre 2000, n. 340
1. L'articolo 35 della legge 24
novembre 2000, n. 340, è sostituito dal seguente: "Art.
35. (Controversie in materia di masi chiusi). 1. In tutte le controversie in
materia di masi chiusi concernenti la determinazione dell'assuntore del maso
chiuso e la determinazione del prezzo di assunzione si osservano le disposizioni
dettate dal capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura
civile. Il tentativo di conciliazione previsto dall'articolo 410 del codice di
procedura civile è esperito dinanzi alla Ripartizione agricoltura della
provincia autonoma di Bolzano. 2. Chi
intende proporre in giudizio una domanda relativa all'ordinamento dei masi
chiusi è tenuto ad esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo
46 della legge 3 maggio 1982, n. 203, in cui la Ripartizione agricoltura della
provincia autonoma di Bolzano si intende sostituita all'ispettorato provinciale
dell'agricoltura. 3.
Tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi ai procedimenti, anche
esecutivi, cautelari e tavolari relativi alle controversie in materia di masi
chiusi, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro, da ogni altra tassa e
dal contributo unificato. " 2. All'onere derivante
dall'attuazione del comma 3 dell'articolo 35 della legge 24 novembre 2000, n.
340, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, valutato in 15.000 euro
annui a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2003,
allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 3. Alla legge 24 novembre 2000, n.
340, nell'allegato A, il numero 43 è sostituito dal
seguente: "43. Procedimenti relativi
all'acquisto e alla locazione di nuove macchine utensili o di
produzione. Legge 28 novembre 1965, n.
1329". 4. Alla legge 24 novembre 2000, n.
340, nell'allegato A, dopo il numero 63, sono aggiunti i
seguenti: "63-bis. Procedimento di
astensione anticipata dal lavoro delle donne in stato di
gravidanza. Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità,
di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, articolo 17, commi 2 e
3. 63-ter. Procedimento di
predisposizione ed approvazione dei regolamenti interni degli istituti
penitenziari e delle relative modifiche. Legge 26 luglio 1975, n. 354,
articolo 16; Decreto legislativo 30 ottobre
1992, n. 444, articolo 10". Note all'art.
22: - Il capo I del
titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile reca la disciplina
«Delle controversie individuali di lavoro». - Il testo
dell'art. 410 del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 36 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, è il seguente: «Art. 410
(Tentativo obbligatorio di conciliazione). - Chi intende proporre in giudizio
una domanda relativa ai rapporti previsti dall'art. 409 e non ritiene di
avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi
collettivi deve promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale
aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all'art.
413. La
comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione
interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di
conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso
di ogni termine di decadenza. La commissione,
ricevuta la richiesta tenta la conciliazione della controversia, convocando le
parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della
richiesta. Con
provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione è istituita in ogni provincia presso l'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione
composta dal direttore dell'ufficio stesso, o da un suo delegato, in qualità di
presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei
datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti
dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative su base nazionale. Commissioni di
conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalità e con la medesima
composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli
uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione. Le commissioni,
quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a
proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato che rispecchino la
composizione prevista dal precedente terzo comma. In ogni caso
per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di
almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei
lavoratori. Ove la riunione
della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei
componenti di cui al precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del
lavoro certifica l'impossibilita' di procedere al tentativo di
conciliazione.». - Il testo
dell'art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari) è il
seguente: «Art. 46
(Tentativo di conciliazione. Disposizioni processuali). - Chi intende proporre
in giudizio una domanda relativa a una controversia in materia di contratti
agrari è tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera
raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato
provinciale dell'agricoltura competente per territorio. Il capo
dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma
precedente, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni
professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di
conciliazione della vertenza. Se la
conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le
parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario
dell'ispettorato. Se la
conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale
vengono precisate le posizioni delle parti. Nel caso in cui
il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla
comunicazione di cui al primo comma, ciascuna delle parti è libera di adire
l'autorità giudiziaria competente. Quando
l'affittuario viene convenuto in giudizio per morosità, il giudice, alla prima
udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un
termine, non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni, per il
pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono
rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della lira secondo gli
indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il
termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la
morosità. Costituisce
grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'art. 373 del codice di procedura
civile, anche l'esecuzione di sentenza che privi il concessionario di un fondo
rustico del principale mezzo di sostentamento suo e della sua famiglia, o possa
risultare fonte di serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per
l'allevamento di animali.». - L'allegato A della legge 24 novembre
2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi - legge di semplificazione 1999),
come modificato dalla legge qui pubblicata, è
il seguente: «Allegato A
(Art. 1, commi 1 e 2) ELENCO DEI
PROCEDIMENTI DA DELEGIFICARE
E SEMPLIFICARE 1. Procedimenti
per la concessione dell'indennità per infortunio o malattia da parte dell'INAIL
o dell'INPS. Testo unico
delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. Legge 11
gennaio 1943, n. 138. 2. Procedimento
per l'autorizzazione all'esercizio provvisorio dei distributori di carburante
autostradali. Testo unico
delle leggi sui pesi e sulle misure, approvato con regio decreto 23 agosto 1890,
n. 7088; Legge 7 dicembre 1984, n. 818. 3. Procedimento
per l'approvazione tecnica dei progetti delle dighe e per la vigilanza sulla
loro costruzione e sulle operazioni di controllo durante l'esercizio.
Decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge
21 ottobre 1994, n. 584, art. 2. 4. Procedimento
per l'emanazione di decreti, di competenza del Ministero delle politiche
agricole e forestali, finalizzati ad apportare modifiche agli allegati 1B
(concimi nazionali), 1C (ammendanti e correttivi), 2 (etichettatura) e 3
(tolleranze applicabili ai fertilizzanti) della legge 19 ottobre 1984, n. 748.
Legge 19 ottobre 1984, n. 748, articoli 8 e 9; Decreto legislativo 16 febbraio
1993, n. 161, art. 6; Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, art.
58. 5. Procedimento
per il rilascio delle concessioni per gli autoservizi di linea di competenza
statale. Legge 28 settembre 1939, n. 1822. 6. Procedimento
di autorizzazione alla circolazione di prova degli autoveicoli. Decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articoli 98, 100, 101 e
102. 7. Procedimento
per la domiciliazione delle tariffe dovute per la registrazione delle revisioni
effettuate dalle imprese di autoriparazione. Decreto-legge 21 dicembre 1966, n.
1090, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1967, n. 14, art.
3. 8. Procedimento
di chiusura annuale del «Fondo - Scorta» della Polizia di Stato, dei Vigili del
fuoco e della Guardia di finanza. Legge 2 dicembre 1969, n. 968, art. 1, secondo
comma. 9. Procedimento
per la cancellazione d'ufficio dal registro delle imprese di imprese, società,
consorzi ed altri enti non più operativi. Legge 16 dicembre 1977, n. 904; Legge
7 maggio 1986, n. 150; Codice civile, articoli 2191, 2312, 2456 e 2544; Legge 29
dicembre 1993, n. 580. 10.
Procedimento per il recupero dei diritti di segreteria non versati al registro
delle imprese. Testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione
delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile
1910, n. 639; Legge 29 dicembre 1993, n. 580, art. 18. 11.
Procedimento per l'iscrizione delle informazioni sulle procedure concorsuali
presso l'ufficio del registro delle imprese. Regio decreto 16 marzo 1942, n.
267; Legge 29 dicembre 1993, n. 580. 12.
Procedimento per l'autorizzazione alla installazione degli impianti di
riscaldamento ad acqua calda e degli impianti di produzione di acqua calda per
servizi igienici in edifici adibiti ad uso civile. Decreto-legge 30 giugno 1982,
n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597, art.
2; Legge 5 marzo 1990, n. 46; Legge 9 gennaio 1991, n. 10; 13.
Procedimento per la formazione dei piani attuativi. Legge 17 agosto 1942, n.
1150; Legge 18 aprile 1962, n. 167; Legge 6 agosto 1967, n. 765; Legge 22
ottobre 1971, n. 865; Legge 28 gennaio 1977, n. 10; Legge 5 agosto 1978, n. 457;
Legge 28 febbraio 1985, n. 47; Decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito
con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493; Legge 23 dicembre 1996,
n. 662. 14.
Procedimento per il collaudo per opere di cemento armato e/o strutture
metalliche. Legge 5 novembre 1971, n. 1086. 15. Tutela
dall'inquinamento acustico. Rumore nell'ambiente esterno e determinazione dei
valori limite delle sorgenti sonore. Tecnico competente acustica ambientale.
Legge 26 ottobre 1995, n. 447; Codice penale, art. 659; Codice civile, art. 844;
Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo1956, n. 303; Decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277; Decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285. 16.
Autorizzazione alla custodia, all'utilizzo e al trasporto di gas tossici. Testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno
1931, n. 773, art. 58; Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 641. 17.
Procedimenti concernenti la produzione e commercializzazione di prodotti
alimentari. Legge 30 aprile 1962, n. 283; Decreto legislativo 3 marzo 1993, n.
123; Decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155. 18.
Procedimenti concernenti le modifiche alla disciplina metrologica delle cisterne
a scomparti tarati montate su autoveicoli per il trasporto e la misura di
prodotti liquidi a pressione atmosferica. Testo unico delle leggi sui pesi e
sulle misure, approvato con regio decreto 23 agosto 1890, n. 7088; Legge 31
gennaio 1967, n. 33. 19.
Procedimento di iscrizione a ruolo del notaio. Legge 16 febbraio 1913, n. 89,
articoli 18 e seguenti; Regolamento approvato con regio decreto 10 settembre
1914, n. 1326, articoli 32 e seguenti. 20.
Procedimento di iscrizione del notaio trasferito. Legge 16 febbraio 1913, n. 89,
art. 25; Regolamento approvato con regio decreto 10 settembre 1914, n. 1326,
articoli 41 e seguenti. 21.
Procedimento per il rilascio del permesso di assenza del notaio. Legge 16
febbraio 1913, n. 89, art. 26; Regolamento approvato con regio decreto 10
settembre1914, n. 1326, articoli 51 e seguenti. 22.
Procedimento per la nomina del coadiutore del notaio. Legge 16 febbraio 1913, n.
89, art. 45; Regolamento approvato con regio decreto 10 settembre 1914, n. 1326,
articoli 65 e seguenti. 23. Redazione
di atti pubblici in lingua straniera e revisione della disciplina di nullità.
Legge 16 febbraio 1913, n. 89, articoli 54 e 55; Legge 16 febbraio 1913, n. 89,
art. 58, comma primo, n. 4. 24. Redazione
di atti pubblici con intervento di sordi, muti e sordomuti e revisione della
disciplina di nullità. Legge 16 febbraio 1913, n. 89, articoli 56 e 57; Legge 16
febbraio 1913, n. 89, art. 58, comma primo, n. 40. 25.
Procedimento per la conservazione e la pubblicità dei testamenti. Legge 16
febbraio 1913, n. 89, art. 66, ultimo comma; Legge 25 maggio 1981, n. 307,
articoli 3 e seguenti; Decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1984,
n. 956; Decreto del Ministro di grazia e giustizia 25 ottobre 1993, n. 586;
Codice civile, art. 622. 26.
Comunicazioni di atti di trasferimento di terreni. Legge 28 febbraio 1985, n.
47, art. 18; Legge 12 agosto 1993, n. 310, art. 7. 27.
Semplificazione per i privati delle modalità di conservazione dei documenti su
microfilm. Regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 6 dicembre 1996, n. 694. 28.
Procedimento per la denuncia di apparecchi a pressione e serbatoi G.P.L. e
procedure di prevenzione incendi relative ai depositi di G.P.L. in serbatoi
fissi di capacità non eccedente 5 metri cubi. Regio decreto-legge 9 luglio 1926,
n. 1331, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 giugno 1927, n. 1132;
Legge 13 luglio 1966, n. 615, capo II; Decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
359; Legge 26 luglio 1965, n. 966; Decreto del Presidente della Repubblica 12
gennaio 1998, n. 37. 29.
Procedimenti per il collaudo, la denuncia di installazione e le verifiche
periodiche relativi a gru ed altri apparecchi di sollevamento (argani,
paranchi); funi e catene: piani inclinati; idroestrattori a forza centrifuga;
scale aeree, ponti sospesi con argano o sviluppabili su carro, ponti sospesi
motorizzati. Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
Decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio1956, n. 164; Decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 30.
Procedimento di denuncia all'ispettorato del lavoro relativamente all'esercizio
di nuova attività produttiva. Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, art. 48. 31.
Procedimento per il controllo della qualità dei prodotti ortofrutticoli ai fini
dell'esportazione. Legge 25 marzo 1997, n. 68, art. 2, comma 2, lettera
h). 32.
Procedimento di autorizzazione per l'attività di noleggio di autoveicoli senza
conducente e per l'esercizio dell'attività di rimessa di autoveicoli o vetture e
adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse. Testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, art. 86;
Regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi
di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, art.
196. 33.
Procedimento in materia di inquadramento e definizione del trattamento economico
del personale del comparto scuola. Legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 172; Testo
unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative
alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297, articoli 438, 439, 440, 486, 490, 560 e 570. 34.
Procedimento per l'acquisto di immobili, anche vincolati a norma della legge 1°
giugno 1939, n. 1089, destinati a sede di organi dell'Amministrazione centrale e
periferica dello Stato. Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440; Legge 1° giugno
1939, n. 1089; Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno1955, n. 1544;
Legge 5 agosto 1978, n. 468; Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29. 35.
Procedimento relativo alla permuta di immobili demaniali adibiti ad uso di
pubblici uffici. Regio decreto-legge 10 settembre 1923, n. 2000, convertito
dalla legge 17 aprile 1925, n. 473. 36. Concessione
e locazione di immobili di proprietà dello Stato. Regio decreto 18 novembre
1923, n. 2440, articoli 3 e 6; Legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 3, comma 1,
lettere f) e g). 37. Passaggio
dei beni dello Stato dal demanio al patrimonio pubblico. Codice della
navigazione, art. 35. 38.
Procedimento per le alienazioni dei beni immobili dello Stato. Legge 24 dicembre
1908, n. 783; Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1955, n. 72;
Legge 14 gennaio 1994, n. 20. 39.
Procedimento per la riliquidazione della pensione definitiva. Decreto-legge 22
dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio
1991, n. 59, art. 3, comma 2. 40.
Procedimento relativo al collocamento in aspettativa per infermità del personale
militare. Legge 10 aprile
1954, n. 113; Legge 31 luglio
1954, n. 599; Legge 17 aprile
1957, n. 260; Legge 3 agosto
1961, n. 833; Legge 10
febbraio 1989, n. 53. 41.
Procedimento per l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di barbiere,
parrucchiere per uomo-donna, estetista. Legge 14
febbraio 1963, n. 161; Legge 4 gennaio
1990, n. 1. 42.
Procedimento per l'iscrizione all'albo degli spedizionieri. Legge 14 novembre
1941, n. 1442. 43.
Procedimenti relativi all'acquisto e alla locazione di nuove macchine utensili o
di produzione. Legge 28 novembre 1965, n. 1329. 44.
Procedimento per l'archiviazione del verbale errato di contestazione di
violazione del codice della strada. Decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, art. 204. 45.
Procedimento di revisione annuale dei diritti
aeroportuali. Legge 5 maggio
1976, n. 324, art. 9; Legge 15
febbraio 1985, n. 25. 46. Denuncia di
inizio attività. Legge 17 agosto
1942, n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967, n.
765; Legge 28
gennaio 1977, n. 10; Legge 3 gennaio
1978, n. 1; Legge 8 luglio
1986, n. 349; Legge 23
dicembre 1996, n. 662. 47.
Autorizzazione edilizia. Legge 17 agosto
1942, n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967, n.
765; Legge 28
gennaio 1977, n. 10; Legge 3 gennaio
1978, n. 1; Legge 8 luglio
1986, n. 349; Legge 23
dicembre 1996, n. 662. 48. Interventi
non soggetti a concessione od autorizzazione edilizie. Legge 17 agosto
1942, n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967, n.
765; Legge 28
gennaio 1977, n. 10; Legge 3 gennaio
1978, n. 1; Legge 8 luglio
1986, n. 349; Legge 23
dicembre 1996, n. 662. 49. Catasto
edilizio. Regolamento per la conservazione del nuovo catasto dei terreni,
approvato con regio decreto 8 dicembre 1938, n. 2153; Regio decreto-legge 13
aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939,
n. 1249; Decreto legislativo 8 aprile 1948, n. 514; Decreto-legge 19 dicembre
1984, n. 853, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1985, n.
17; Legge 30 dicembre 1989, n. 427; Decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133;
Decreto-legge 27 ottobre 1995, n. 444, convertito, con modificazioni, dalla
legge 20 dicembre 1995, n. 539; Legge 23 dicembre 1996, n.
662. 50.
Autorizzazioni e concessioni relative alla sede stradale e pertinenze. Accessi e
diramazioni. Attraversamenti ed uso della sede stradale. Decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285. 51.
Procedimento per l'installazione, la trasformazione, l'ampliamento e la
manutenzione di impianti tecnologici. Legge 5 marzo
1990, n. 46. 52.
Procedimento per la progettazione, la messa in opera e l'esercizio di edifici e
di impianti al fine del contenimento del consumo
energetico. Legge 9 gennaio
1991, n. 10; Legge 5 marzo
1990, n. 46. 53.
Procedimento per l'autorizzazione e la licenza di
panificazione. Legge 31 luglio
1956, n. 1002; Decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, art. 22 54.
Procedimento relativo alle denunce delle presenze nelle strutture ricettive di
cui all'art. 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, e dei ricoveri in case ed
istituti di cura. Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; Regio decreto 6
maggio 1940, n. 635; Legge 30
settembre 1993, n. 388; Decreto
legislativo 13 luglio 1994, n. 480; Decreto-legge
29 marzo 1995, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995,
n. 203 Legge 30 maggio
1995, n. 203. 55.
Procedimento di concessione di medaglie d'onore per la lunga
navigazione. Decreto
luogotenenziale 1° marzo 1945, n. 127; Decreto del
Presidente della Repubblica 22 marzo 1954, n. 586; Decreto del
Presidente della Repubblica 14 settembre 1957, n. 1110. 56.
Procedimento per lo svolgimento di tombole e pesche di beneficenza in occasione
di feste o sagre a carattere locale. Regio decreto-legge 19 ottobre 1938, n.
1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973; Testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno
1931, n. 773. 57.
Procedimento di vidimazione di registri, libri sociali e scritture contabili,
abolizione dell'obbligo di vidimazione o estensione della facoltà di vidimazione
agli uffici del giudice di pace e ai comuni. Decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; Decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; Codice civile,
articoli 2215, 2218 e 2421. 58.
Procedimento per l'attribuzione del codice fiscale con estensione della facoltà
di richiesta telematica e di ricezione del codice fiscale e di duplicato dello
stesso a liberi professionisti (consulenti fiscali, commercialisti, notai,
avvocati). Decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605; Decreto del
Presidente della Repubblica 2 novembre 1976, n. 784, art.
1. 59.
Procedimento di rilascio di porto d'armi a cittadini degli Stati dell'Unione
europea. Testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931,
n. 773, art. 42. 60.
Comunicazione di trasferimento di possesso di fabbricati. Decreto-legge 21 marzo
1978, n. 59, convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, art. 12. 61.
Procedimento per la determinazione dei compensi spettanti ai presidenti e ai
componenti delle camere di commercio. Legge 29
dicembre 1993, n. 580, art. 11, comma 1, lettera e); Legge 10 agosto
1988, n. 340, art. 3, comma 6. 62. Procedure
concernenti i fili a sbalzo o palorci, telefori e piccoli impianti montani ad
esclusivo uso della economia montana: pareri. Decreto del Presidente della
Repubblica 28 giugno 1955, n. 771, articoli 43 e 44. 63.
Procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di
servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo
indennizzo. Funzionamento e composizione del Comitato per le pensioni
privilegiate ordinarie. Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092; Legge 23 agosto
1988, n. 400; Decreto del
Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 349; Legge 23
dicembre 1996, n. 662; Decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303. 63-bis.
Procedimento di astensione anticipato dal lavoro delle donne in stato di
gravidanza. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno della maternità e delle paternità, di cui al decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, art. 17, commi 2 e 3. 63-ter.
Procedimento di predisposizione ed approvazione dei regolamenti interni degli
Istituti penitenziari e delle relative modifiche. Legge 26 luglio
1975, n. 354, art. 16; Decreto
legislativo 30 ottobre 1992, n. 444, art. 10.». Articolo
23 Abrogazioni
1. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, la legge 10 marzo 1969, n. 116, è
abrogata. 2. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge sono abrogati i commi 13-ter, 13-quater e
13-quinquies dell'articolo 3 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165. Gli atti
privi della dichiarazione ivi prevista sono sanati con efficacia retroattiva
fermo il diritto maturato da terzi in base ad atto trascritto anteriormente alla
data di entrata in vigore della presente legge. 3. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 7 della legge 8
marzo 1999, n. 50. Le procedure avviate ai sensi del citato articolo 7 per le
quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia intervenuta la
richiesta di parere al Consiglio di Stato, possono essere completate con
l'emanazione dei previsti testi unici entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge. 4. A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, alla legge 24 novembre 2000, n. 340,
all'articolo 1, comma 4, sono abrogate le lettere g), h) ed i). A decorrere
dalla medesima data, riacquistano efficacia le previsioni di cui ai numeri 94,
97 e 98 dell'allegato 1 alla legge 15 marzo 1997, n. 59, nel testo vigente prima
della data di entrata in vigore della citata legge n. 340 del
2000. 5. All'allegato 1 della legge 15
marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, sono soppresse le previsioni di
cui ai numeri 10, 12, 25, 28, 29, 32, 33, 34, 36, 41, 58, 68, 74, 98-bis, 99,
106, 112-ter, 112-quater e 112-octies. 6. All'allegato 1 della legge 8
marzo 1999, n. 50, e successive modificazioni, sono soppresse le previsioni di
cui ai numeri 17, 22, 38, 39 e 44. 7. All'allegato A della legge 24
novembre 2000, n. 340, sono soppresse le previsioni di cui ai numeri 2, 4, 7,
13, 25, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 40, 41, 56, 57, 59 e
60. La presente legge, munita del
sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di
farla osservare come legge dello Stato. Note all'art.
23: - La legge 10
marzo 1969, n. 116, abrogata dalla presente legge, recava: «Istituzione di un
controllo qualitativo sulle esportazioni dei formaggi «pecorino romano» e
«pecorino siciliano» verso gli Stati Uniti d'America e il
Canada». - Il testo dell'art. 3 del decreto-legge
27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai
fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e
di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti), convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, come modificato dalla legge
qui pubblicata, è il seguente: «Art. 3. - 1
(aggiunge le lettere d-bis) e d-ter) al secondo comma dell'art. 6 e modifica il
quarto comma dello stesso art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633). 2. Ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto la base imponibile delle assegnazioni in favore
dei propri soci di alloggi, adibiti ad abitazione principale, costruiti su aree
in proprietà, di cui all'art. 13, legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive
modificazioni e integrazioni, da parte di cooperative e loro consorzi fruenti o
meno del contributo dello Stato e degli enti pubblici territoriali, è costituita
dal 70 per cento del costo degli alloggi medesimi se non superiore a quello
stabilito dal Comitato per l'edilizia residenziale. Per la parte eccedente il
costo stabilito dal Comitato per l'edilizia residenziale non opera la riduzione
della base imponibile. 3. Ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto la base imponibile delle assegnazioni in favore
dei propri soci di alloggi, costruiti su aree in diritto di superficie, di cui
all'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni e
integrazioni, fruenti o meno del contributo dello Stato e degli enti pubblici
territoriali, è costituita dal 50 per cento del costo degli alloggi medesimi se
non superiore a quello stabilito dal Comitato per l'edilizia residenziale. Per
la parte eccedente non opera la riduzione della base
imponibile. 4. La base
imponibile, determinata ai sensi dei commi 2 e 3, è ridotta delle somme versate
dai soci alle cooperative sino alla data del 31 dicembre
1989. 5. L'imposta
sul valore aggiunto afferente gli acquisti di beni e servizi effettuati da
cooperative a proprietà indivisa per le prestazioni rese ai soci assegnatari per
l'uso dell'immobile è detraibile ai sensi dell'art. 19 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a decorrere dal 1° gennaio
1990. 6. La
disposizione di cui all'art. 10, n. 14), del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, deve intendersi nel senso che l'esenzione
dall'IVA si applica anche se il trasporto è effettuato dal vettore in dipendenza
di contratti stipulati con soggetti diversi dal
viaggiatore. 7. Non sono
soggette all'imposta sul valore aggiunto le cessioni di pubblicazioni estere
effettuate nei confronti delle biblioteche universitarie, nonché le importazioni
dei detti beni effettuate dagli stessi organismi. 8. Le
agevolazioni agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto previste dall'art.
13, comma 1, della legge 10 febbraio 1989, n. 48 e successive modificazioni,
continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 1992. 9. La
disposizione prevista dall'art. 74, primo comma, lettera c), del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dall'art.
34 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 aprile 1989, n. 154, per le cessioni di supporti integrativi di
giornali quotidiani e di periodici, si applica anche alle operazioni effettuate
anteriormente al 1° gennaio 1990. Non si dà luogo a rimborsi, né è consentita la
variazione di cui all'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. 10. Ai fini di
quanto disposto dall'art. 74, primo comma, lettera c), del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la diminuzione a titolo di
forfettizzazione della resa deve intendersi applicabile anche sui corrispettivi
relativi alle copie consegnate o spedite in abbonamento e si considerano
supporti integrativi i nastri, i dischi, le videocassette ed altri supporti
sonori o videomagnetici ceduti, per un prezzo indistinto ed in unica confezione,
unitamente a giornali quotidiani, libri e periodici, a condizione che il costo
del supporto non sia superiore ai tre quarti del predetto prezzo di vendita al
pubblico. 11. L'aliquota
dell'imposta sul valore aggiunto prevista dall'art. 8. primo comma, numeri 2),
4) e 5), del decreto-legge 31 ottobre 1980, n. 693, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1980, n. 891, relativa alle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, deve intendersi applicabile anche se le
opere sono realizzate al di fuori dell'ambito urbano; la medesima aliquota deve
intendersi applicabile agli interventi di recupero di cui al n. 6) dell'art. 8
del predetto decreto-legge n. 693 del 1980, effettuati sulle stesse opere. Non
si fa luogo a rimborso delle imposte pagate. 12.
(sostituisce il quarto comma dell'art. 58, decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). 13. Tra i
servizi prestati nei porti, aeroporti, autoporti e negli scali ferroviari di
confine riflettenti direttamente il funzionamento e la manutenzione degli
impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, di cui all'art. 9, n.
6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si
intendono compresi anche quelli di rifacimento, completamento, ampliamento,
ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione degli impianti già
esistenti, pur se tali opere vengono dislocate, all'interno dei predetti luoghi.
in sede diversa dalla precedente; si intendono compresi altresì, purché resi
nell'ambito dei luoghi come sopra qualificati, i servizi relativi al movimento
di persone e di assistenza ai mezzi di trasporto e quelli di cui al n. 5) dello
stesso articolo prescindendo dalla definitiva destinazione doganale dei
beni. 13-bis. Con
effetto dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, gli oggetti d'arte, da arredo o di carattere ornamentale fabbricati
esclusivamente con prodotti lapidei sono soggetti, ai fini dell'imposta sul
valore aggiunto, all'aliquota ordinaria. Non si da' luogo a rimborsi qualora sia
stata applicata, nel passato, l'aliquota sopra citata. 13-ter.
(abrogato). 13-quater.
(abrogato). 13-quinquies.
(abrogato).». - L'art. 7
della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme
concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998),
abrogato dalla presente legge, recava la disciplina dei testi
unici. - Il testo dell'art. 1 della legge 24
novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999),
come modificata dalla legge qui pubblicata, è il seguente: «Art. 1
(Delegificazione di norme e regolamenti di semplificazione). - 1. La presente
legge dispone, ai sensi dell'art. 20, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59,
la delegificazione e la semplificazione dei procedimenti amministrativi e degli
adempimenti elencati nell'allegato A ovvero la soppressione di quelli elencati
nell'allegato B, entrambi annessi alla presente legge. 2. Alla
delegificazione e alla semplificazione dei procedimenti di cui all'allegato A
annesso alla presente legge si provvede con regolamenti emanati ai sensi
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto dei
principi, criteri e procedure di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n.
59, e successive modificazioni. 3. Le
disposizioni di cui all'allegato B annesso alla presente legge sono abrogate
dalla data di entrata in vigore della medesima, limitatamente alla parte che
disciplina gli adempimenti ed i procedimenti ivi indicati. Conseguentemente,
dalla stessa data, gli stessi procedimenti e adempimenti amministrativi sono
soppressi. 4. Alla legge
15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti
modificazioni: a) (sostituisce
il comma 2, dell'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n.
59); b) all'art. 20,
comma 7, dopo le parole: "Le regioni a statuto ordinario regolano le materie
disciplinate dai commi da 1 a 6" sono inserite le seguenti: "e dalle leggi
annuali di semplificazione"; c) all'art.
20-bis, comma 1, lettera a), dopo la parola: "eliminare" sono inserite le
seguenti: "o modificare"; d) all'art. 21,
comma 13, il secondo periodo è soppresso; e)
nell'allegato 1 sono soppresse le previsioni di cui ai numeri: 3, 4, 5, 9, 20,
27, 37, 45, 49, 51, 52, 53, 55, 61, 71, 75, 81, 88, 93, 100, 101, 102, 103, 104,
107, 110 e 112-decies; f) al n. 18
dell'allegato 1, dopo le parole: "Procedimento di espropriazione per causa di
pubblica utilità" sono aggiunte le seguenti: "e altre procedure
connesse"; g)
(abrogato); h)
(abrogato); i)
(abrogato); l) (aggiunge il
n. 98-bis) all'allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n.
59); m) al n. 105
dell'allegato 1, dopo le parole: "Procedimenti per il rilascio delle concessioni
edilizie", sono aggiunte le seguenti: "e di altri atti di assenso concernenti
attività edilizie". 5. All'art. 39,
comma 22, primo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni, le parole: ", per non più di un triennio," sono
soppresse. 6. Alla legge 8
marzo 1999, n. 50, sono apportate le seguenti
modificazioni: a) all'art. 3,
comma 1, al primo periodo sono soppresse le parole: "non immediatamente" e al
terzo periodo, le parole: "possono essere collocati fuori ruolo o in aspettativa
retribuita" sono sostituite dalle seguenti: "sono collocati obbligatoriamente
fuori ruolo o in aspettativa retribuita, anche in deroga alle norme e ai criteri
che disciplinano i rispettivi ordinamenti, ivi inclusi quelli del personale di
cui all'art. 2, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29"; b) il comma 3
dell'art. 3 è abrogato; c) all'art. 7,
comma 1, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e nelle norme
che dispongono la delegificazione della materia ai sensi dell'art. 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400"; d) (aggiunge la
lettera f-bis al comma 1 dell'art. 7, legge 8 marzo 1999, n.
50); e) (sostituisce
l'alinea del comma 2 dell'art. 7, legge 8 marzo 1999, n.
50); f) all'art. 7,
comma 2, la lettera g) è abrogata; g) l'art. 8 è
abrogato; h) all'art. 9,
comma 1, le parole: "e di riordino" sono soppresse; i) all'allegato
1 sono soppresse le previsioni di delegificazione e semplificazione dei
procedimenti amministrativi di cui ai seguenti numeri: 5), 12), 13), 14), 15),
23), 26), 31), 32), 47), 50), 51), 52), 54); l) (sostituisce
il n. 30) dell'allegato 1 alla legge 8 marzo 1999, n. 50); m) al n. 43)
dell'allegato 1 le parole: "in nome e" sono soppresse; n) all'allegato
2 è soppresso il n. 5); o) (aggiunge i
numeri 7-bis, 7-ter e 7-quater all'allegato 3 alla legge 8 marzo 1999, n.
50). 7. All'art. 2,
comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127, come sostituito dall'art. 2, comma
4, della legge 16 giugno 1998, n. 191, alla fine del quarto periodo sono
soppresse le parole: "tra soggetti privati e pubbliche
amministrazioni". 8. Entro il 31
marzo 2001, il Governo è delegato, sentito il parere delle competenti
Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ad emanare un testo unico per il
riordino delle norme, diverse da quelle del codice civile e delle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, che regolano i rapporti di lavoro
dei dipendenti di cui all'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, secondo quanto disposto dall'art. 7 della legge 8 marzo 1999, n.
50, apportando le modifiche necessarie per il migliore coordinamento delle
diverse disposizioni e indicando, in particolare: a) le
disposizioni abrogate a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi
del quadriennio 1994-1997, ai sensi dell'art. 72 del citato decreto legislativo
n. 29 del 1993, e successive modificazioni; b) le norme
generali e speciali del pubblico impiego che hanno cessato di produrre effetti,
ai sensi dell'art. 72 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993, e
successive modificazioni, dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito
di riferimento, del secondo contratto collettivo previsto dal medesimo
decreto.». Roma, 29 luglio
2003
Legge 16 gennaio 2003, n.
3. Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica amministrazione.
(pubblicata
nella Gazz. Uff. 20 gennaio 2003, n. 15, S.O.) Testo in vigore dal 4 febbraio 2003
Capo I - Disposizioni in materia di pubbliche amministrazioni
1. Alto Commissario per la prevenzione e il
contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della
pubblica amministrazione.
1. È istituito
l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle
altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, di seguito
denominato «Alto Commissario», alla diretta dipendenza funzionale del Presidente
del Consiglio dei Ministri. 2. Per le finalità
di cui al comma 1 è autorizzata la spesa annua massima di 582.000 euro a
decorrere dall'anno 2002. 3. Il Governo
adotta, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento ai sensi
dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, volto a determinare la composizione e le funzioni dell'Alto
Commissario, al fine di garantirne l'autonomia e l'efficacia operativa.
4. L'Alto
Commissario svolge le proprie funzioni nell'osservanza dei seguenti principi
fondamentali: a) principio di trasparenza e libero accesso alla documentazione amministrativa, salvo i casi di legittima opposizione del segreto; b) libero accesso alle banche dati delle
pubbliche amministrazioni; c) facoltà di esercitare le proprie funzioni
d'ufficio o su istanza delle pubbliche amministrazioni; d) obbligo di relazione semestrale al
Presidente del Consiglio dei Ministri, che riferisce periodicamente ai
Presidenti delle Camere; e) supporto di un ufficio composto da
dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in posizione di comando secondo i
rispettivi ordinamenti, il cui servizio presso il medesimo ufficio è equiparato
ad ogni effetto di legge a quello prestato presso le amministrazioni di
appartenenza; f) obbligo di rapporto all'autorità
giudiziaria e alla Corte dei conti nei casi previsti dalla legge;
g) rispetto delle competenze regionali e
delle province autonome di Trento e di Bolzano. 5. All'onere
derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 582.000 euro a decorrere
dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità
previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di
previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo.
6. Il Ministro
dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
2. Commissione per le adozioni internazionali.
1.
All'articolo 38 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall'articolo
3 della legge 31 dicembre 1998, n. 476, sono apportate le seguenti
modificazioni: a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La Commissione è composta da:
a) un presidente nominato dal Presidente del
Consiglio dei Ministri nella persona di un magistrato avente esperienza nel
settore minorile ovvero di un dirigente dello Stato avente analoga specifica
esperienza; b) due rappresentanti della Presidenza del
Consiglio dei Ministri; c) un rappresentante del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali; d) un rappresentante del Ministero degli
affari esteri; e) un rappresentante del Ministero
dell'interno; f) due rappresentanti del Ministero della
giustizia; g) un rappresentante del Ministero della
salute; h) un rappresentante del Ministero
dell'economia e delle finanze; i) un rappresentante del Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca; l) tre rappresentanti della Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281; m) tre rappresentanti designati, sulla base di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da associazioni familiari a carattere nazionale, almeno uno dei quali designato dal Forum delle associazioni familiari»; b) al comma 4, il secondo e il terzo periodo sono soppressi. 2. Dalle
disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico del bilancio dello Stato e, a tal fine, sono corrispondentemente
rideterminati i trattamenti economici corrisposti, a qualsiasi titolo, ai
componenti della Commissione, previsti dal medesimo articolo 38 della citata
legge n. 184 del 1983 nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge. 3. Le spese per
l'esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in
materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, previste
dall'articolo 9 della legge 31 dicembre 1998, n. 476, pari a 6.817.231,07 euro,
iscritte nell'unità previsionale di base 3.1.5.1 «Fondo per le politiche
sociali» dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali sono trasferite all'unità previsionale di base 3.1.5.2 «Presidenza del
Consiglio dei Ministri» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e
delle finanze, con esclusione della quota di minori entrate, pari a 1.549.370,70
euro, recate dall'articolo 39-quater della legge 4 maggio 1983, n. 184,
introdotto dall'articolo 3 della citata legge n. 476 del 1998, e dall'articolo 4
della medesima legge n. 476 del 1998.
3. Soppressione dell'Agenzia per il servizio civile. Modifica all'articolo 10 della legge n. 230 del 1998.
1. I commi 7, 8 e 9
dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, sono abrogati.
2. L'articolo 10,
comma 3, della legge 8 luglio 1998, n. 230, è sostituito dal
seguente: «3. La Consulta
nazionale per il servizio civile è composta da non più di quindici membri,
nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da
lui delegato, scelti in maggioranza tra rappresentanti degli enti e delle
organizzazioni, pubblici e privati, che impiegano obiettori di coscienza e
volontari del servizio civile nazionale ovvero dei loro organismi
rappresentativi, nonché tra rappresentanti degli obiettori di coscienza e dei
volontari, delle regioni e delle amministrazioni pubbliche coinvolte».
3. Dall'attuazione
del comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
4. Modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni.
1. Dopo l'articolo
7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il
seguente: «Art. 7-bis. -
(Formazione del personale). - 1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma
2, con esclusione delle università e degli enti di ricerca, nell'ambito delle
attività di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono
annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione
di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle
competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione
delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di
formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti
di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse
interne, di quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da
adottare in riferimento ai diversi destinatari. 2. Le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché gli enti
pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di ogni anno il piano
di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e
al Ministero dell'economia e delle finanze. Decorso tale termine e, comunque,
non oltre il 30 settembre, ulteriori interventi in materia di formazione del
personale, dettati da esigenze sopravvenute o straordinarie, devono essere
specificamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle
finanze indicando gli obiettivi e le risorse utilizzabili, interne, statali o
comunitarie. Ai predetti interventi formativi si dà corso qualora, entro un mese
dalla comunicazione, non intervenga il diniego della Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il
Ministero dell'economia e delle finanze. Il Dipartimento della funzione pubblica
assicura il raccordo con il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie
relativamente agli interventi di formazione connessi all'uso delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione».
5. Modifiche all'articolo 102 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
1. All'articolo 102
del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel comma 2, le parole: «da due
esperti» sono sostituite dalle seguenti: «da tre esperti». 2. Dalle
disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico del bilancio dello Stato e, a tal fine, sono corrispondentemente
rideterminati i trattamenti economici corrisposti, a qualsiasi titolo, ai
componenti del consiglio di amministrazione dell'Agenzia autonoma per la
gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, previsti dal medesimo
articolo 102 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 nel
testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge.
6. Servizi dei beni culturali.
1. All'articolo 10,
comma 1, del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, alla lettera b-bis),
introdotta dall'articolo 33 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le parole: «,
i livelli retributivi minimi per il personale, a prescindere dal contratto di
impiego» sono soppresse.
7. Disposizioni in materia di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni. 1. Dopo l'articolo
34 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:
«Art. 34-bis. - (Disposizioni in materia di
mobilità del personale). 1. Le
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle
amministrazioni previste dall'articolo 3, comma 1, ivi compreso il Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di
personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di cui all'articolo 34, commi 2
e 3, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire
il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche
idoneità richieste. 2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui
all'articolo 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione,
ad assegnare il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33
e 34, ovvero interessato ai processi di mobilità previsti dalle leggi e dai
contratti collettivi. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata
l'assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni
che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le
informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal
ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che
intendono bandire il concorso il personale inserito nell'elenco previsto
dall'articolo 34, comma 2, nonché collocato in disponibilità in forza di
specifiche disposizioni normative. 3. Le amministrazioni possono provvedere a
organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del
comma 2. 4. Le amministrazioni, decorsi due mesi
dalla comunicazione di cui al comma 1, possono procedere all'avvio della
procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta
l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2. 5. Le assunzioni effettuate in violazione
del presente articolo sono nulle di diritto. Restano ferme le disposizioni
previste dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni». 2. All'articolo 17,
comma 1, della legge 28 luglio 1999, n. 266, dopo le parole: «legge 19 maggio
1986, n. 224,» sono inserite le seguenti: «nonché del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco,». 3. All'articolo 18,
comma 9, secondo periodo, del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, dopo le parole: «per le amministrazioni
statali» sono inserite le seguenti: «e per gli uffici territoriali del
Governo». 4. All'articolo 43,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: «Si applica quanto disposto dagli articoli 33 e 34 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
8. Contratti individuali dei dirigenti incaricati presso i collegi di revisione degli enti pubblici. 1. Alla stipula dei
contratti individuali con i dirigenti incaricati presso i collegi di revisione
degli enti pubblici ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, provvedono le amministrazioni
dello Stato nel cui interesse l'incarico viene svolto.
9. Utilizzazione degli idonei di concorsi pubblici.
1. A decorrere dal
2003, fermo restando quanto previsto dall'articolo 39 della legge 27 dicembre
1997, n. 449, e successive modificazioni, in materia di programmazione delle
assunzioni, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti le
modalità e i criteri con i quali le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i
posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli
idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni
del medesimo comparto di contrattazione. 2. Le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente
capo secondo le rispettive competenze previste dai relativi statuti e dalle
norme di attuazione.
10. Personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
1. Al fine di
conseguire risparmi di spesa prevenendo contenzioso giurisdizionale, il
personale inquadrato nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri in
base alle procedure di cui alla legge 23 agosto 1988, n. 400, che, alla data di
entrata in vigore della medesima legge, risulti essere in possesso dei requisiti
indicati all'articolo 38, comma 4, della citata legge, previa rinuncia espressa
ad ogni contenzioso giurisdizionale, può essere inquadrato, a domanda e qualora
superi l'apposito esame-colloquio, nelle posizioni corrispondenti a quelle
conseguite, a seguito della definizione di ricorsi esperiti avverso gli atti di
inquadramento, da dipendenti dei medesimi ruoli in possesso degli stessi
requisiti. Tale inquadramento decorre, ai fini giuridici, dalla data di entrata
in vigore della citata legge n. 400 del 1988, e, ai fini economici, dalla data
di entrata in vigore della presente legge. 2. All'onere
derivante dal comma 1, pari a 427.000 euro per l'anno 2002 e 437.000 euro a
decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito
dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
11. Codice unico di progetto degli investimenti pubblici.
1. A decorrere dal
1° gennaio 2003, per le finalità di cui all'articolo 1, commi 5 e 6, della legge
17 maggio 1999, n. 144, e in particolare per la funzionalità della rete di
monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento
pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è
dotato di un «Codice unico di progetto», che le competenti amministrazioni o i
soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura
definita dal CIPE. 2. Entro il 30
settembre 2002, il CIPE, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui
al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, disciplina le modalità e le
procedure necessarie per l'attuazione del comma 1. 12. Personale dell'Ente nazionale di assistenza al volo.
1. Entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, al personale dell'Ente
nazionale di assistenza al volo già in servizio alla data di entrata in vigore
della legge 21 dicembre 1996, n. 665, si applicano le disposizioni previste
dagli articoli 30 e 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
13. Modifica all'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8.
1. All'articolo 10
del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, dopo il comma 2-octies è
aggiunto il seguente: «2-nonies. Con
decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, vengono stabilite le modalità di corresponsione dei gettoni di
presenza ai componenti della commissione centrale ed al personale chiamato a
partecipare con compiti di segreteria e di istruttoria alle riunioni della
medesima commissione. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma,
determinato nella misura massima di 42.000 euro per l'anno 2002 e di 100.000
euro annui a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004,
nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale»
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero».
14. Disposizione correttiva concernente la compatibilità della spesa in materia di contrattazione collettiva integrativa.
1. All'articolo
40-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo
17, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il comma 3 è sostituito dal
seguente: «3. In relazione a
quanto previsto dai commi 1 e 2, qualora dai contratti integrativi derivino
costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle
amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3».
Capo II - Norme di semplificazione
15. Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
1. Al testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo l'articolo 19 è inserito il seguente: «Art. 19-bis.(L).
(Disposizioni concernenti la
dichiarazione sostitutiva) - 1. La dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà, di cui all'articolo 19, che attesta la conformità all'originale di
una copia di un atto o di un documento rilasciato o conservato da una pubblica
amministrazione, di un titolo di studio o di servizio e di un documento fiscale
che deve obbligatoriamente essere conservato dai privati, può essere apposta in
calce alla copia stessa»; b) dopo l'articolo 77 è inserito il
seguente: «Art. 77-bis.(L).
(Applicazione di norme) - 1. Le
disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e
III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o
altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di
aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di
servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste
siano espressamente richiamate dall'articolo 78».
Capo III - Disposizioni in materia di enti locali
16. Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di sanzioni amministrative per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali.
1. Dopo l'articolo 7 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente: «Art. 7-bis. -
(Sanzioni amministrative) - 1. Salvo diversa disposizione di legge, per le
violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica
la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500
euro. 2. L'organo
competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi
dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689».
Capo IV - Norme in materia di istruzione, università e ricerca
17. Gestione di fondi.
1. Il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca affida alla Cassa depositi e
prestiti la gestione dei fondi relativi alla realizzazione di alloggi e
residenze per studenti universitari di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 338,
corrispondendo a favore della stessa una commissione sulle somme erogate, a
valere sui medesimi fondi, nella misura definita dalla convenzione tipo
approvata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
18. Modifiche al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.
1. Al decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3, comma 1, lettera a), dopo
il numero 2) è inserito il seguente: «2-bis) le attività di assistenza a soggetti
individuali, assimilati e associati ai fini della predisposizione di progetti da
presentare nell'ambito degli interventi previsti da programmi dell'Unione
europea;»; b) all'articolo 3, comma 1, lettera c),
numero 4), dopo le parole: «dottorato di ricerca» sono inserite le seguenti: «,
nonché ad assegni di ricerca di cui all'articolo 51, comma 6, della legge 27
dicembre 1997, n. 449,»; c) all'articolo 9, comma 2, dopo le parole:
«Restano valide fino alla scadenza» sono inserite le seguenti: «, integrate per
quanto necessario ai fini della gestione di tutti gli interventi di cui al
presente decreto,»; d) all'articolo 9, comma 3, le parole:
«fatto salvo che per la gestione dei contratti stipulati entro la medesima data»
sono sostituite dalle seguenti: «fatto salvo che per la gestione dei contratti
stipulati, nonché per le attività istruttorie e gestionali di natura
economico-finanziaria, comprese la stipula e la gestione dei contratti,
relativamente alle domande di agevolazione presentate fino alla data del 31
dicembre 1999 ai sensi degli articoli 4, 5, 6, 7, 9 e 11 del D.M. 8 agosto 1997
del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 270 del 19
novembre 1997, degli articoli da 8 a 13 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, e
successive modificazioni, dell'articolo 11 del decreto-legge 16 maggio 1994, n.
299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e
successive modificazioni, limitatamente alle domande presentate nell'esercizio
1997, dell'articolo 14 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive
modificazioni, con esclusivo riferimento all'esercizio 1998, nonché per la
completa dismissione della propria quota di partecipazione al capitale delle
società di ricerca istituite ai sensi dell'articolo 2, primo comma, lettera d),
della citata legge n. 46 del 1982, e successive modificazioni».
19. Disposizioni in materia di enti pubblici di ricerca, ENEA, ISS, ISPESL e ASI.
1. Le disposizioni
di cui all'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980, n. 382, e all'articolo 4, comma 5, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, si
applicano anche nei confronti degli enti di ricerca, dell'Ente per le nuove
tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), dell'Istituto superiore di sanità
(ISS), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
(ISPESL) e dell'Agenzia spaziale italiana (ASI). 2. Le disposizioni
di cui al comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive
modificazioni, concernente la concessione di anticipazioni da parte del
Ministero degli affari esteri sui finanziamenti erogati per la realizzazione di
progetti di cooperazione allo sviluppo alle università, sono applicate anche a
favore degli enti di ricerca, dell'ENEA, dell'ISS, dell'ISPESL e dell'ASI.
20. Disposizioni concernenti il Consiglio nazionale delle ricerche.
1. In deroga alle
disposizioni della legge 29 ottobre 1984, n. 720, i trasferimenti disposti dal
Consiglio nazionale delle ricerche in favore dei propri istituti o di altre
strutture fornite di autonomia contabile e di bilancio sono accreditati su
appositi conti bancari ad essi intestati presso l'Istituto incaricato del
servizio di cassa. Il Consiglio nazionale delle ricerche provvede a tali
trasferimenti in relazione all'oggettivo fabbisogno di liquidità dei suddetti
istituti o strutture.
21. Disposizioni in materia di ricerca industriale.
1. Al fine di
rendere possibile l'attivazione di tutti gli strumenti di intervento nel settore
della ricerca industriale previsti dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
297, e successive modificazioni, e di garantire altresì il necessario sostegno
finanziario ai progetti di ricerca o formazione presentati al Ministero
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ai sensi degli
articoli 4, 5, 6 e 11 del D.M. 8 agosto 1997 del Ministro dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica, pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 270 del 19 novembre 1997, in attuazione delle
disposizioni di cui agli articoli da 1 a 13 della legge 17 febbraio 1982, n. 46,
e successive modificazioni, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca è autorizzato, nell'ambito delle direttive per la ripartizione del Fondo
per le agevolazioni alla ricerca di cui all'articolo 6, comma 4, del citato
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, a riservare annualmente una quota
non inferiore al 30 per cento delle complessive disponibilità del Fondo stesso
alla copertura degli oneri derivanti dai progetti di cui alla medesima legge n.
46 del 1982, e successive modificazioni.
22. Disposizione interpretativa.
1. Il comma 10
dell'articolo 1 del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, si interpreta nel senso che i
diplomi di assistente sociale validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea
specialistica, ai master ed agli altri corsi di formazione post-base di cui al
D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, sono i diplomi universitari di assistente
sociale.
23. Contributo per le iniziative del Comitato italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne e collaborazione dell'Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna.
1. Per concorrere
al finanziamento delle attività e iniziative connesse alla celebrazione
dell'Anno Internazionale delle Montagne, è attribuito un contributo speciale di
2 milioni di euro, per l'anno 2002, in favore del «Comitato italiano per il 2002
- Anno Internazionale delle Montagne». Per lo svolgimento dei suoi compiti il
Comitato può avvalersi della collaborazione dell'Istituto nazionale per la
ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna. 2. All'onere
derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato in 2 milioni di
euro per l'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito
dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Il Ministro
dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto,
le occorrenti variazioni di bilancio.
Capo V - Disposizioni in materia di affari esteri
24. Modifiche alla legge 21 novembre 1967, n. 1185, in materia di rilascio dei passaporti.
1. La lettera b)
dell'articolo 3 della legge 21 novembre 1967, n. 1185, è sostituita dalla
seguente: «b) i genitori che,
avendo prole minore, non ottengano l'autorizzazione del giudice tutelare;
l'autorizzazione non è necessaria quando il richiedente abbia l'assenso
dell'altro genitore, o quando sia titolare esclusivo della potestà sul
figlio;». 2. All'articolo 17
della legge 21 novembre 1967, n. 1185, e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modificazioni: a) il primo periodo del primo comma è
sostituito dal seguente: «Il passaporto ordinario è valido per dieci anni»;
b) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Il passaporto ordinario, qualora rilasciato per un periodo inferiore a dieci anni, può essere rinnovato, anche prima della scadenza, per periodi complessivamente non superiori a dieci anni dalla data del rilascio»; c) il quarto comma è abrogato.
3. L'articolo 28
della legge 21 novembre 1967, n. 1185, è abrogato. 4. La disposizione
di cui al primo periodo del primo comma dell'articolo 17 della legge 21 novembre
1967, n. 1185, come sostituito dalla lettera a) del comma 2 del presente
articolo, si applica ai passaporti ordinari rilasciati dopo la data di entrata
in vigore della presente legge.
25. Funzionamento dell'Ufficio dell'Autorità
nazionale per l'attuazione della legge sulla proibizione delle armi
chimiche.
1. Gli incarichi di
cui all'articolo 9, comma 4, della legge 18 novembre 1995, n. 496, e successive
modificazioni, conferiti agli esperti nominati ai sensi della medesima
disposizione, possono essere rinnovati anche dopo la scadenza del primo rinnovo,
per la durata di due anni, prorogabile per un periodo ulteriore di due anni.
26. Costituzione e partecipazione italiana
ad associazioni e fondazioni in Italia e all'estero.
1. Il Ministero
degli affari esteri può, anche attraverso gli istituti di cultura all'estero,
acquisito il parere della Commissione nazionale per la promozione della cultura
italiana all'estero di cui all'articolo 4 della legge 22 dicembre 1990, n. 401,
costituire o partecipare, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle
finanze, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati agli
interventi di promozione culturale all'estero, ad associazioni o fondazioni in
Italia e all'estero, finanziate da soggetti privati o enti pubblici con propri
apporti di capitale, per la realizzazione di grandi progetti di promozione e
cooperazione culturale, nonché di diffusione e promozione della lingua italiana
e delle tradizioni e culture locali. L'atto costitutivo e lo statuto delle
associazioni e fondazioni devono prevedere che, in caso di estinzione o
scioglimento, il Ministero degli affari esteri partecipa alla divisione
dell'attivo patrimoniale in relazione ai propri conferimenti.
2. Il Governo
riferisce sulle iniziative assunte in conformità alle disposizioni del presente
articolo nella relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera g), della legge 22 dicembre 1990, n. 401. Capo VI - Disposizioni in materia di innovazione
27. Disposizioni in materia di innovazione
tecnologica nella pubblica amministrazione.
1. Nel
perseguimento dei fini di maggior efficienza ed economicità dell'azione
amministrativa, nonché di modernizzazione e sviluppo del Paese, il Ministro per
l'innovazione e le tecnologie, nell'attività di coordinamento e di valutazione
dei programmi, dei progetti e dei piani di azione formulati dalle
amministrazioni per lo sviluppo dei sistemi informativi, sostiene progetti di
grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica, di preminente interesse
nazionale, con particolare attenzione per i progetti di carattere
intersettoriale, con finanziamenti aggiuntivi a carico e nei limiti del Fondo di
cui al comma 2; può inoltre promuovere e finanziare progetti del Dipartimento
per l'innovazione e le tecnologie con le medesime caratteristiche.
2. Il Ministro,
sentito il Comitato dei Ministri per la società dell'informazione, individua i
progetti di cui al comma 1, con l'indicazione degli stanziamenti necessari per
la realizzazione di ciascuno di essi. Per il finanziamento relativo è istituito
il «Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico»,
iscritto in una apposita unità previsionale di base dello stato di previsione
del Ministero dell'economia e delle finanze. 3. Per il
finanziamento del Fondo di cui al comma 2 è autorizzata la spesa di 25.823.000
euro per l'anno 2002, 51.646.000 euro per l'anno 2003 e 77.469.000 euro per
l'anno 2004. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004,
nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale»
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero. 4. Le risorse di
cui all'articolo 29, comma 7, lettera b), secondo periodo, della legge 28
dicembre 2001, n. 448, destinate al finanziamento dei progetti innovativi nel
settore informatico, confluiscono nel Fondo di cui al comma 2 e a tal fine
vengono mantenute in bilancio per essere versate in entrata e riassegnate al
Fondo medesimo. 5. Il Ministro
dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le
occorrenti variazioni di bilancio. 6. A decorrere
dall'anno 2005, l'autorizzazione di spesa può essere rifinanziata ai sensi
dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni. 7. Il Ministro per
l'innovazione e le tecnologie assicura il raccordo con il Ministro per la
funzione pubblica relativamente alle innovazioni che riguardano l'ordinamento
organizzativo e funzionale delle pubbliche amministrazioni.
8. Entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge sono emanati uno o più
regolamenti, ai sensi dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione e
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per introdurre
nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento dei
seguenti obiettivi: a) diffusione dei servizi erogati in via telematica ai cittadini e alle imprese, anche con l'intervento dei privati, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione e dei provvedimenti già adottati; b) diffusione e uso della carta nazionale
dei servizi; c) diffusione dell'uso delle firme
elettroniche; d) ricorso a procedure telematiche da parte
della pubblica amministrazione per l'approvvigionamento di beni e servizi,
potenziando i servizi forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze
attraverso la CONSIP Spa (concessionaria servizi informativi pubblici);
e) estensione dell'uso della posta
elettronica nell'ambito delle pubbliche amministrazioni e dei rapporti tra
pubbliche amministrazioni e privati; f) generalizzazione del ricorso a procedure
telematiche nella contabilità e nella tesoreria; g) alfabetizzazione informatica dei pubblici
dipendenti; h) impiego della telematica nelle attività
di formazione dei dipendenti pubblici; i) diritto di accesso e di reclamo
esperibile in via telematica da parte dell'interessato nei confronti delle
pubbliche amministrazioni. 9. I regolamenti di
cui al comma 8 sono adottati su proposta congiunta dei Ministri per la funzione
pubblica e per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze. 10. All'articolo 29
della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 6 è sostituito dal
seguente: «6. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 30 giugno 2003, il Governo, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale, procede alla soppressione dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione e del Centro tecnico di cui all'articolo 17, comma 19, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nonché all'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'innovazione tecnologica. L'Agenzia subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione e del Centro tecnico; subentra altresì nelle funzioni già svolte dai predetti organismi, fatte salve quelle attribuite dalla legge al Ministro per l'innovazione e le tecnologie»; b) al comma 7, lettera b), dopo le parole:
«pubblica amministrazione (AIPA)» sono inserite le seguenti: «, fino alla data
di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6».
Capo VII - Disposizioni in materia di difesa e di pubblica sicurezza
28. Modifiche all'allegato D annesso al decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, e successive modificazioni, concernente la riforma strutturale delle Forze armate.
1. Al numero 4
dell'allegato D annesso al decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, e
successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le funzioni
in materia di attribuzione degli stipendi agli ufficiali, di cui all'articolo 3,
secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 31 dicembre 1928, n.
3458, come sostituito dalla legge 26 febbraio 1960, n. 165, nonché quelle in
materia di cessazione dal servizio, attribuzione e liquidazione del trattamento
normale di quiescenza del personale militare e di collocamento a riposo per età
e liquidazione del trattamento normale di quiescenza del personale civile di cui
all'articolo 2, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 19
gennaio 1976, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 13 luglio 1976, già
conferite ai comandanti di regione militare, sono attribuite all'Ispettore
logistico dell'Esercito, che le esplica anche a mezzo delega».
29. Disposizioni in materia di acquisti all'estero di materiali per l'Amministrazione della difesa.
1. Dopo il comma
1-bis dell'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, è
inserito il seguente: «1-ter. Il divieto
di cui al comma 1 non si applica per gli acquisti eseguiti all'estero
dall'Amministrazione della difesa, relativi a macchinari, strumenti e oggetti di
precisione che possono essere forniti, con i requisiti tecnici e il grado di
perfezione richiesti, soltanto da ditte straniere. Per tali acquisti possono
essere concesse anticipazioni di importo non superiore ad un terzo dell'importo
complessivo del prezzo contrattuale, previa costituzione di idonea
garanzia».
30. Modifiche all'articolo 2 della legge 9 gennaio 1951, n. 204.
1. All'articolo 2
della legge 9 gennaio 1951, n. 204, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
«f-bis) dei
militari, dei militarizzati e volontari deceduti in conseguenza di eventi
bellici che hanno interessato anche gli Stati preunitari a decorrere dal 4 marzo
1848; f-ter) dei militari
e dei militarizzati deceduti durante le missioni di pace».
2. Per le finalità
di cui al comma 1, è autorizzata la spesa annua massima di 500.000 euro a
decorrere dall'anno 2002. 3. All'onere
derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 500.000 euro a decorrere
dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità
previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di
previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
31. Differimento di termine. 1. Il termine previsto dall'articolo 3, comma 4, della legge 14 novembre 2000, n. 331, per l'emanazione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, è differito fino al 31 luglio 2003.
32. Assetto giuridico, organizzativo e gestionale del Circolo ufficiali delle Forze armate.
1. Il Circolo
ufficiali delle Forze armate di Italia ha sede a Roma ed è, a tutti gli effetti,
inserito nell'ambito degli uffici di organizzazione del Ministero della
difesa. 2. Con regolamento
da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, si provvede all'organizzazione del Circolo di cui
al comma 1. Ad esso è destinato personale militare e civile nell'ambito delle
dotazioni organiche del Ministero della difesa. Per il funzionamento sono
utilizzate le risorse derivanti dalle quote obbligatoriamente versate
mensilmente dagli ufficiali, l'ammontare delle quali è stabilito annualmente dal
Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, nonché gli eventuali contributi finanziari e strumentali forniti dal
Ministero della difesa nell'ambito degli stanziamenti ordinari di bilancio.
3. Dalla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 è abrogato il regio decreto
18 ottobre 1934, n. 2111. 4. Le attività
sociali e di rappresentanza espletate dal Circolo ufficiali delle Forze armate
di Italia non sono considerate commerciali ai sensi dell'articolo 4, quinto
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e
successive modificazioni. 5. All'onere
derivante dal comma 4, pari a 10.000 euro annui a decorrere dall'anno 2002, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.
33. Alloggi di servizio.
1. Per sopperire a
temporanee esigenze organizzative dei comandi internazionali operanti nel
territorio nazionale è facoltà dell'Amministrazione della difesa assegnare
temporaneamente gli alloggi di cui alla legge 18 agosto 1978, n. 497, alle
medesime condizioni ivi previste e fatte salve le prioritarie esigenze delle
Forze armate nazionali, a personale appartenente a Forze armate estere impiegato
presso i predetti comandi.
34. Beneficio a favore dei congiunti del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia e spese sanitarie sostenute dal medesimo personale.
1. Le disposizioni
previste dall'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e
successive modificazioni, sono estese al coniuge e ai figli superstiti, ovvero
ai genitori o ai fratelli conviventi e a carico qualora unici superstiti, del
personale delle Forze armate e delle Forze di polizia deceduto o divenuto
permanentemente inabile al servizio per effetto di ferite o lesioni di natura
violenta riportate nello svolgimento di attività operative a causa di atti
delittuosi commessi da terzi. 2. Le spese
sanitarie sostenute dal personale delle Forze armate e delle Forze di polizia
per cure relative a ferite e lesioni riportate nello svolgimento di attività
operative sono anticipate dall'Amministrazione di competenza, nei limiti delle
risorse disponibili destinate a tali finalità, su richiesta del Comandante di
Corpo o del funzionario responsabile.
35. Modifica all'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313.
1. All'articolo 1,
comma 1, del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, n. 460, dopo le parole: «Corpo
nazionale dei vigili del fuoco,» sono inserite le seguenti: «o del Cassiere del
Ministero dell'interno, comunque».
36. Modifica all'articolo 12 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 53. 1. Al comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 53, le parole: «fatta salva la decorrenza a tutti gli effetti» sono sostituite dalle seguenti: «fatta salva la decorrenza economica».
37. Disposizioni a favore dei congiunti del
personale delle Forze di polizia e
dell'Arma dei carabinieri.
1. All'articolo 6,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335,
recante ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di
polizia, e successive modificazioni, ed all'articolo 5, comma 4, del decreto del
Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337, recante ordinamento del
personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o
tecnica, e successive modificazioni, dopo le parole: «a causa di azioni
criminose di cui all'articolo 82, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n.
388,» sono inserite le seguenti: «ovvero per effetto di ferite o lesioni
riportate nell'espletamento di servizi di polizia o di soccorso pubblico».
2. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio
1995, n. 198, e successive modificazioni, dopo le parole: «a causa delle azioni
criminose di cui all'articolo 82, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n.
388,» sono inserite le seguenti: «ovvero per effetto di ferite o lesioni
riportate nell'espletamento di servizi di polizia o di soccorso pubblico».
38. Disposizioni a favore dei congiunti del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
1. Possono essere
assunti, a domanda, nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, previo superamento
del corso per vigile permanente in prova e nei profili professionali del settore
dei servizi amministrativi, tecnici e informatici, fino alla posizione economica
B1, il coniuge o un figlio o un fratello convivente del personale appartenente
al Corpo nazionale, deceduto o divenuto permanentemente inabile al servizio, per
effetto di ferite o lesioni riportate nel corso di eventi verificatisi a
decorrere dal 1° gennaio 1999, nell'espletamento delle attività istituzionali,
purché siano in possesso dei requisiti previsti per l'accesso e nel limite delle
vacanze organiche. Per l'accesso ai profili professionali del settore dei
servizi amministrativi, tecnici e informatici, fino alla posizione economica B1,
restano comunque ferme le ulteriori disposizioni vigenti in
materia.
39. Convenzioni in materia di sicurezza.
1. Nell'ambito
delle direttive impartite dal Ministro dell'interno per il potenziamento
dell'attività di prevenzione, il Dipartimento della pubblica sicurezza può
stipulare convenzioni con soggetti pubblici e privati dirette a fornire, con la
contribuzione degli stessi soggetti, servizi specialistici, finalizzati ad
incrementare la sicurezza pubblica. 2. La contribuzione
può consistere nella fornitura dei mezzi, attrezzature, locali, nella
corresponsione dei costi aggiuntivi sostenuti dal Ministero dell'interno, nella
corresponsione al personale impiegato di indennità commisurate a quelle vigenti
per servizi analoghi o determinate con decreto del Ministro dell'interno, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la
funzione pubblica, sentite le organizzazioni sindacali del personale
rappresentative sul piano nazionale. 3. Per le
convenzioni di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le disposizioni
dell'articolo 27, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
4. L'articolo 18
della legge 7 agosto 1990, n. 232, non si applica alle convenzioni stipulate in
attuazione del presente articolo.
40. Revisione delle sanzioni disciplinari per il personale della Polizia di Stato e regolamentazione dei relativi procedimenti.
1. Il Governo è
delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi per aggiornare le disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 737, recante
sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica
sicurezza e la regolamentazione dei relativi procedimenti, con l'osservanza dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) esclusione del richiamo orale dal novero
delle sanzioni; b) esclusione della sanzione della
deplorazione, ripartendo le fattispecie fra le sanzioni della pena pecuniaria,
aumentata in misura non superiore al doppio, e della sospensione dal servizio;
c) conseguente rideterminazione delle
fattispecie per le quali una sanzione disciplinare può essere inflitta, anche in
relazione alla mutata articolazione del trattamento economico e tenuto conto
delle specifiche esigenze disciplinari; d)
adeguamento delle disposizioni concernenti la sospensione cautelare dal servizio
e la destituzione con riguardo alle vigenti disposizioni processuali penali ed a
quelle della legge 27 marzo 2001, n. 97; e) rideterminazione degli organi competenti
ad irrogare la sanzione, a decidere in sede di riesame ed a svolgere gli
accertamenti necessari in relazione alla mutata disciplina delle articolazioni
dirigenziali della Polizia di Stato e delle rispettive competenze, nonché di
quelle del Capo della polizia-direttore generale della pubblica
sicurezza; f) aggiornamento delle disposizioni
concernenti il procedimento disciplinare, con criteri di semplificazione e
accelerazione delle procedure, prevedendo, per le sanzioni più gravi della pena
pecuniaria, un procedimento in contraddittorio davanti ad un organo collegiale,
con distinzione dei ruoli fra l'organo che sostiene la contestazione e la
difesa, nonché la rideterminazione, con le medesime finalità di semplificazione
e accelerazione dei procedimenti, della composizione degli organi collegiali,
anche relativamente alla partecipazione sindacale; g) previsione dei casi, delle modalità e
degli effetti della riapertura del procedimento disciplinare, nonché della
riabilitazione; h) previsione delle occorrenti disposizioni
transitorie anche per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al presente comma. 2. I decreti
legislativi di cui al comma 1 possono anche prevedere l'abrogazione del citato
decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981, previa riproduzione
delle disposizioni ivi contenute coerenti con i principi ed i criteri di cui al
medesimo comma 1. 3. Gli schemi dei
decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle organizzazioni
sindacali rappresentative a livello nazionale del personale della Polizia di
Stato, che esprimono il parere nei successivi venti giorni; gli schemi medesimi,
unitamente ai predetti pareri pervenuti entro il termine, sono trasmessi alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per il parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla
data di assegnazione. 4. Disposizioni
correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi,
dei criteri direttivi, nonché delle procedure stabiliti dal presente articolo,
possono essere adottate, con uno o più decreti legislativi, entro il 31 dicembre
2003. Capo VIII - Disposizioni in materia di comunicazioni 41. Tecnologie delle
comunicazioni. 1. Nell'ambito
dell'attività del Ministero delle comunicazioni nel campo dello sviluppo delle
tecnologie delle comunicazioni e dell'informazione, nonché della sicurezza delle
reti e della tutela delle comunicazioni, l'Istituto superiore delle
comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione, organo tecnico-scientifico
del Ministero delle comunicazioni, continua a svolgere compiti di studio e
ricerca scientifica, anche mediante convenzioni con enti ed istituti di ricerca
specializzati nel settore delle poste e delle comunicazioni, di predisposizione
della normativa tecnica, di certificazione e di omologazione di apparecchiature
e sistemi, di formazione del personale del Ministero e di altre organizzazioni
pubbliche e private sulla base dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del
decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 gennaio 1994, n. 71. Presso l'Istituto superiore delle comunicazioni e
delle tecnologie dell'informazione opera la Scuola superiore di specializzazione
in telecomunicazioni ai sensi del regio decreto 19 agosto 1923, n. 2483, e
successive modificazioni. 2. Per un efficace
ed efficiente svolgimento dei compiti di cui al comma 1, all'Istituto superiore
delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione è attribuita autonomia
scientifica, organizzativa, amministrativa e contabile nei limiti stabiliti
dalla legge. I finanziamenti che l'Istituto riceve per effettuare attività di
ricerca sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere
successivamente riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze, allo stato di previsione del Ministero delle comunicazioni - centro di
responsabilità amministrativa «Istituto superiore delle comunicazioni e delle
tecnologie dell'informazione» e destinati all'espletamento delle attività di
ricerca. L'Istituto è sottoposto al controllo della Corte dei conti, ai sensi
dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive
modificazioni, e al potere di indirizzo e vigilanza del Ministero delle
comunicazioni. 3. Dalla data di
entrata in vigore della presente legge il Consiglio superiore tecnico delle
poste e delle telecomunicazioni acquista la denominazione di Consiglio superiore
delle comunicazioni ed assume tra le proprie attribuzioni quelle riconosciute in
base all'articolo 1, comma 24, della legge 31 luglio 1997, n. 249, al Forum
permanente per le comunicazioni, che è conseguentemente soppresso e nella cui
dotazione finanziaria il Consiglio succede. Trascorsi trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, i componenti del Consiglio cessano
dalla carica. Il Consiglio superiore delle comunicazioni è organo consultivo del
Ministero delle comunicazioni con compiti di proposta nei settori di competenza
del Ministero. Con regolamento da emanare entro quattro mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle
comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai
sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede
al riordinamento del Consiglio. 4. Il Ministero
delle comunicazioni, anche attraverso i propri organi periferici, esercita la
vigilanza sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana anche a
supporto degli organi indicati dall'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n.
36, ferme restando le competenze del Ministero della
salute. 5. La Fondazione
Ugo Bordoni è riconosciuta istituzione privata di alta cultura ed è sottoposta
alla vigilanza del Ministero delle comunicazioni. La Fondazione elabora e
propone strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni, da potere
sostenere nelle sedi nazionali e internazionali competenti, coadiuva
operativamente il Ministero delle comunicazioni nella soluzione organica ed
interdisciplinare delle problematiche di carattere tecnico, economico,
finanziario, gestionale, normativo e regolatorio connesse alle attività del
Ministero. Al finanziamento della Fondazione lo Stato contribuisce mediante un
contributo annuo per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004 di 5.165.000 euro per
spese di investimento relative alle attività di ricerca. Al relativo onere si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle comunicazioni. Prosegue
senza soluzione di continuità, rimanendo confermato, il regime convenzionale tra
il Ministero delle comunicazioni e la Fondazione Ugo Bordoni, di cui all'atto
stipulato in data 7 marzo 2001, recante la disciplina delle reciproche
prestazioni relative alle attività di collaborazione e la regolazione dei
conseguenti rapporti. Nell'interesse generale alla tutela dell'ambiente e della
salute pubblica, la Fondazione Ugo Bordoni realizza altresì la rete di
monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico a livello nazionale, a valere
sui fondi di cui all'articolo 112 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, secondo
le modalità stabilite da apposita convenzione. 6. Lo statuto,
l'organizzazione e i ruoli organici della Fondazione Ugo Bordoni sono ridefiniti
in coerenza con le attività indicate al comma 5. I dipendenti della Fondazione
risultanti in esubero in base alla nuova organizzazione, e comunque fino ad un
massimo di 80 unità, possono chiedere di essere immessi, anche in soprannumero,
nel ruolo dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie
dell'informazione e del Ministero delle comunicazioni, al quale accedono con
procedure concorsuali, secondo criteri e modalità da definire con decreto del
Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro per la funzione
pubblica. Al loro inquadramento si provvede nei posti e con le qualifiche
professionali analoghe a quelle rivestite. Al personale immesso compete il
trattamento economico spettante agli appartenenti alla qualifica in cui ciascun
dipendente è inquadrato, senza tenere conto dell'anzianità giuridica ed
economica maturata con il precedente rapporto. Per le finalità di cui al
presente comma, è autorizzata la spesa annua massima di 4.648.000 euro a
decorrere dall'anno 2002, cui si provvede mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004,
nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale»
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno
2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
delle comunicazioni. I dipendenti che hanno presentato domanda di inquadramento
possono essere mantenuti in servizio presso la Fondazione fino al completamento
delle procedure concorsuali. 7. Al fine di
incentivare lo sviluppo della radiodiffusione televisiva in tecnica digitale su
frequenze terrestri, in aggiunta a quanto già previsto dal decreto-legge 23
gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n.
66, il Ministero delle comunicazioni promuove attività di sperimentazione di
trasmissioni televisive digitali terrestri e di servizi interattivi, con
particolare riguardo alle applicazioni di carattere innovativo nell'area dei
servizi pubblici e dell'interazione tra i cittadini e le amministrazioni dello
Stato, avvalendosi della riserva di frequenze di cui all'articolo 2, comma 6,
lettera d), della legge 31 luglio 1997, n. 249. Tali attività sono realizzate,
sotto la vigilanza del Ministero delle comunicazioni e dell'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, con la supervisione tecnica della Fondazione Ugo
Bordoni attraverso convenzioni da stipulare tra la medesima Fondazione e
soggetti abilitati alla sperimentazione ai sensi del citato decreto-legge n. 5
del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 66 del 2001, e della
deliberazione n. 435/01/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
del 15 novembre 2001, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2001, sulla base di progetti da questi
presentati. Fino alla data di entrata in vigore del provvedimento previsto
dall'articolo 29 della citata deliberazione n. 435/01/CONS, per le predette
attività di sperimentazione sono utilizzate, su base non interferenziale, le
frequenze libere o disponibili. 8. All'articolo
2-bis, comma 10, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, dopo le parole: «sono
rilasciate dal Ministero delle comunicazioni» sono aggiunte le seguenti: «che
esercita la vigilanza e il controllo sull'assolvimento degli obblighi derivanti
anche da quelle rilasciate dall'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni». 9.
Le imprese di radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale che alla data
di entrata in vigore della presente legge risultino debitrici per canoni di
concessione per l'esercizio di attività di radiodiffusione dovuti fino al 31
dicembre 1999 possono definire la propria posizione debitoria, senza
applicazione di interessi, mediante pagamento di quanto dovuto, da effettuarsi
entro novanta giorni dalla comunicazione alle interessate da parte del Ministero
delle comunicazioni, in un'unica soluzione se l'importo è inferiore ad euro
5.000, ovvero in un numero massimo di cinque rate mensili di ammontare non
inferiore ad euro 2.000, con scadenza a partire dal trentesimo giorno successivo
alla data di ricevimento
della comunicazione, se l'importo è pari o superiore ad euro
5.000.
Capo IX -
Disposizioni in materia di tutela della salute
42. Delega per la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni.
1. Il Governo è
delegato ad adottare, su proposta del Ministro della salute, d'intesa con il
Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle
finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un
decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina degli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, di cui
al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269, e successive modificazioni, sulla
base dei seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere e disciplinare, nel rispetto
delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, le modalità e le condizioni attraverso le quali il Ministro della
salute, d'intesa con la regione interessata, possa trasformare gli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, esistenti alla data
di entrata in vigore della presente legge, in fondazioni di rilievo nazionale,
aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla
vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle
finanze, ferma restando la natura pubblica degli istituti
medesimi; b) prevedere che i nuovi enti adeguino la
propria organizzazione al principio di separazione tra le funzioni di indirizzo
e controllo, da un lato, e gestione e attuazione dall'altro, garantendo,
nell'organo di indirizzo, composto dal consiglio di amministrazione e dal
presidente eletto dal consiglio di amministrazione, la presenza maggioritaria di
membri designati dalle istituzioni pubbliche, Ministero della salute, regioni e
comuni, con rappresentanza paritetica del Ministero della salute e della regione
interessata, e assicurando che la scelta di tutti i componenti del consiglio sia
effettuata sulla base di idonei requisiti di professionalità e onorabilità,
periodicamente verificati; dell'organo di gestione fanno parte il direttore
generale-amministratore delegato, nominato dal consiglio di amministrazione, e
il direttore scientifico responsabile della ricerca, nominato dal Ministero
della salute, sentita la regione interessata; c) trasferire ai nuovi enti, in assenza di
oneri, il patrimonio, i rapporti attivi e passivi e il personale degli istituti
trasformati. Il personale già in servizio all'atto della trasformazione può
optare per un contratto di lavoro di diritto privato, fermi restando, in ogni
caso, i diritti acquisiti; d) individuare, nel rispetto della
programmazione regionale, misure idonee di collegamento e sinergia con le altre
strutture di ricerca e di assistenza sanitaria, pubbliche e private, e con le
università, al fine di elaborare e attuare programmi comuni di ricerca,
assistenza e formazione; e) prevedere strumenti che valorizzino e
tutelino la proprietà dei risultati scientifici, ivi comprese la costituzione e
la partecipazione ad organismi ed enti privati, anche aventi scopo di lucro,
operanti nel settore della ricerca biomedica e dell'industria, con modalità atte
a salvaguardare la natura no-profit delle fondazioni; f) prevedere che il Ministro della salute
assegni a ciascuna fondazione, o a fondazioni aggregate a rete, diversi e
specifici progetti finalizzati di ricerca, anche fra quelli proposti dalla
comunità scientifica, sulla base dei quali aggregare scienziati e ricercatori
considerando la necessità di garantire la qualità della ricerca e valorizzando
le specificità scientifiche già esistenti o nelle singole fondazioni ovvero
nelle singole realtà locali; g) disciplinare le modalità attraverso le
quali applicare i principi di cui al presente articolo agli istituti di ricovero
e cura a carattere scientifico di diritto privato, salvaguardandone l'autonomia
giuridico-amministrativa; h) disciplinare i rapporti di collaborazione
con ricercatori e scienziati su progetti specifici, anche di altri enti e
strutture, caratterizzati da flessibilità e temporaneità e prevedere modalità di
incentivazione, anche attraverso la collaborazione con gli enti di cui alla
lettera e); i) disciplinare le modalità attraverso le
quali le fondazioni, nel rispetto degli scopi, dei programmi e degli indirizzi
deliberati dal consiglio di amministrazione, possono concedere ad altri
soggetti, pubblici e privati, compiti di gestione, anche di assistenza
sanitaria, in funzione della migliore qualità e maggiore efficienza del servizio
reso; l) prevedere che le erogazioni liberali da
parte di soggetti privati verso i nuovi enti di diritto privato avvengano in
regime di esenzione fiscale; m) regolamentare i criteri generali per il
riconoscimento delle nuove fondazioni e le ipotesi e i procedimenti per la
revisione e la eventuale revoca dei riconoscimenti già concessi, sulla base di
una programmazione nazionale riferita ad ambiti disciplinari specifici secondo
criteri di qualità ed eccellenza; n) prevedere, in caso di estinzione, la
devoluzione del patrimonio in favore di altri enti pubblici disciplinati dal
presente articolo aventi analoghe finalità; o) istituire, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con contestuale soppressione di organi collegiali aventi analoghe funzioni tecnico-consultive nel settore della ricerca sanitaria, presso il Ministero della salute un organismo indipendente, con il compito di sovrintendere alla ricerca biomedica pubblica e privata, composto da esperti altamente qualificati in ambiti disciplinari diversi, espressione della comunità scientifica nazionale e internazionale e delle istituzioni pubbliche centrali e regionali, con compiti di consulenza e di supporto tecnico; p) prevedere che gli istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico di diritto pubblico, non trasformati ai sensi della
lettera a), adeguino la propria organizzazione e il proprio funzionamento ai
principi, in quanto applicabili, di cui alle lettere d), e), h) e n), nonché al
principio di separazione fra funzioni di cui alla lettera b), garantendo che
l'organo di indirizzo sia composto da soggetti designati per la metà dal
Ministro della salute e per l'altra metà dal presidente della regione, scelti
sulla base di requisiti di professionalità e di onorabilità, periodicamente
verificati, e dal presidente dell'istituto, nominato dal Ministro della salute,
e che le funzioni di gestione siano attribuite a un direttore generale nominato
dal consiglio di amministrazione, assicurando comunque l'autonomia del direttore
scientifico, nominato dal Ministro della salute, sentito il presidente della
regione interessata. 2. Sullo schema di
decreto legislativo di cui al comma 1 il Governo acquisisce il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, che si esprime entro quaranta giorni dalla
richiesta. Il Governo acquisisce altresì il parere delle competenti Commissioni
parlamentari, che deve essere espresso entro quarantacinque giorni dalla
trasmissione dello schema di decreto. Decorsi inutilmente i termini predetti, il
decreto legislativo è emanato anche in mancanza dei pareri.
3. L'attuazione
della delega di cui al comma 1 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
43. Organizzazione a rete di istituti di ricovero e cura a carattere scientifico dedicati a particolari discipline.
1. Al fine di
favorire la ricerca nazionale e internazionale e poter acquisire risorse anche a
livello comunitario, il Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, individua, con proprio decreto, l'organizzazione a rete degli istituti
di ricovero e cura a carattere scientifico dedicati a particolari discipline.
44. Modifica all'articolo 1 della legge 8 febbraio 2001, n. 12.
1. All'articolo 1,
comma 1, della legge 8 febbraio 2001, n. 12, la lettera d) è abrogata. A
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, riacquistano
efficacia le previsioni di cui agli articoli 46, 47 e 48 del testo unico delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo
vigente prima della data di entrata in vigore della citata legge n. 12 del 2001.
45. Partecipazione finanziaria dei privati in materia sanitaria.
1. Per la
realizzazione della comunicazione istituzionale in materia sanitaria il
Ministero della salute può avvalersi anche della partecipazione finanziaria di
qualificate aziende private operanti nei settori commerciali ed economici nonché
nel settore della comunicazione e dell'informazione, assicurando alle medesime
gli effetti derivanti, in termini di ritorno di immagine, dal loro
coinvolgimento nelle peculiari tematiche di utilità sociale dirette alla
promozione della salute. 2. Per la
realizzazione della comunicazione istituzionale in materia sanitaria, di cui al
comma 1, si applicano le disposizioni della legge 7 giugno 2000, n.
150. 3. Con decreto del
Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono disciplinati i criteri, le forme, le condizioni e le modalità
della partecipazione di cui al comma 1, assicurando prioritariamente
l'inesistenza di situazioni di conflitto di interessi, diretto o indiretto, tra
i soggetti privati finanziatori e le finalità e il contenuto della comunicazione
istituzionale di cui al medesimo comma 1.
46. Semplificazione in materia di sedi farmaceutiche.
1. I farmacisti che
gestiscono in via provvisoria una sede farmaceutica rurale o urbana, ai sensi
dell'articolo 129 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto
27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché i farmacisti a cui è
stata attribuita la gestione provvisoria, nel rispetto dell'articolo 1, comma 2,
della legge 16 marzo 1990, n. 48, anche se hanno superato il limite di età di
cui all'articolo 4, comma 2, della legge 8 novembre 1991, n. 362, hanno diritto
a conseguire per una sola volta la titolarità della farmacia, purché alla data
di entrata in vigore della presente legge risultino assegnatari della gestione
provvisoria da almeno due anni e non sia stata pubblicata la graduatoria del
concorso per l'assegnazione della relativa sede farmaceutica.
2. È escluso dal
beneficio di cui al comma 1 il farmacista che, alla data di entrata in vigore
della presente legge, abbia già trasferito la titolarità di altra farmacia da
meno di dieci anni ai sensi del quarto comma dell'articolo 12 della legge 2
aprile 1968, n. 475, nonché il farmacista che abbia già ottenuto, da meno di
dieci anni, altri benefici o sanatorie. 3. Le domande
devono pervenire, a pena di decadenza, alle regioni e alle province autonome di
Trento e di Bolzano entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge. 4. L'accertamento
dei requisiti e delle condizioni previste dai commi 1, 2 e 3 è effettuato entro
un mese dalla presentazione delle domande.
47. Istituto superiore di sanità.
1. All'Istituto
superiore di sanità è estesa dal 1° gennaio 2003 la disciplina contenuta
nell'articolo 1, comma 93, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive
modificazioni, sostituendosi il Ministro della salute al Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella effettuazione del
concerto. 2. All'onere
derivante dall'attuazione del comma 1, determinato in 1.136.205 euro annui, si
provvede, a decorrere dal 2003, mediante corrispondente riduzione delle
proiezioni per gli anni 2003 e 2004 dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro
dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
48. Centro di alta specializzazione per il trattamento e lo studio della talassemia.
1. Per l'attivazione di un centro di alta specializzazione per il trattamento e lo studio della talassemia, con connessa scuola di specializzazione, rispettivamente destinati, in via prioritaria, a pazienti e medici di altri Paesi del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, è autorizzata la spesa di 4.000.000 di euro per l'anno 2002 e di 10.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004. 2. La sede del centro e della scuola di cui al comma 1 è individuata dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tenuto conto delle esperienze di eccellenza maturate sul territorio nazionale nella cura e nell'insegnamento riguardanti la talassemia. 3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato in 4.000.000 di euro per l'anno 2002 e in 10.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 3.499.666 euro per l'anno 2002, a 3.787.248 euro per l'anno 2003 e a 7.472.168 euro per l'anno 2004, l'accantonamento relativo al Ministero della salute, e quanto a 500.334 euro per l'anno 2002, a 6.212.752 euro per l'anno 2003 e a 2.527.832 euro per l'anno 2004, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
49. Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina.
1. Il termine per
l'esercizio della delega previsto dall'articolo 3, comma 1, della legge 28 marzo
2001, n. 145, è differito al 31 luglio 2003.
50. Modifica all'articolo 27 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
1. All'articolo 27,
comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, come sostituito
dall'articolo 3 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, le parole: «acque minerali e
termali,» sono soppresse.
51. Tutela della salute dei non fumatori.
1. È vietato fumare
nei locali chiusi, ad eccezione di: a) quelli privati non aperti ad utenti o al
pubblico; b) quelli riservati ai fumatori e come tali
contrassegnati. 2. Gli esercizi e i luoghi di lavoro di cui al comma 1, lettera b), devono essere dotati di impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria regolarmente funzionanti. Al fine di garantire i livelli essenziali del diritto alla salute, le caratteristiche tecniche degli impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria sono definite, entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute. Con lo stesso regolamento sono definiti i locali riservati ai fumatori nonché i modelli dei cartelli connessi all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo. 3. Negli esercizi di ristorazione, ai sensi del comma 1, lettera b), devono essere adibiti ai non fumatori uno o più locali di superficie prevalente rispetto alla superficie complessiva di somministrazione dell'esercizio. 4. Con regolamento
da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute, possono
essere individuati eventuali ulteriori luoghi chiusi nei quali sia consentito
fumare, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3. Tale
regolamento deve prevedere che in tutte le strutture in cui le persone sono
costrette a soggiornare non volontariamente devono essere previsti locali
adibiti ai fumatori. 5. Alle infrazioni
al divieto previsto dal presente articolo si applicano le sanzioni di cui
all'articolo 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584, come sostituito
dall'articolo 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
6. Al fine di
consentire una adeguata attività di informazione, da attivare d'intesa con le
organizzazioni di categoria più rappresentative, le disposizioni di cui ai commi
1, 2, primo periodo, 3 e 5 entrano in vigore decorso un anno dalla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2. 7. Entro centoventi
giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta
Ufficiale, con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su
proposta del Ministro della salute di concerto con i Ministri della giustizia e
dell'interno, sono ridefinite le procedure per l'accertamento delle infrazioni,
la relativa modulistica per il rilievo delle sanzioni nonché l'individuazione
dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali, di quelli
competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni accertate ai sensi
dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e di quelli deputati a
irrogare le relative sanzioni. 8. Le disposizioni
di cui al presente articolo non comportano maggiori oneri a carico del bilancio
dello Stato 9. Rimangono in
vigore, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3, 5, 6, 8,
9, 10 e 11 della legge 11 novembre 1975, n. 584. 10. Restano ferme
le disposizioni che disciplinano il divieto di fumo nei locali delle pubbliche
amministrazioni.
52. Modalità dell'accertamento medico-legale effettuato dal Ministero della salute.
1. Al decreto
legislativo 30 giugno 1993, n. 266, concernente il riordinamento del Ministero
della sanità, da intendersi ora riferito al Ministero della salute, dopo
l'articolo 4 è inserito il seguente: «Art. 4-bis. -
(Modalità dell'accertamento medico-legale effettuato dal Ministero della salute)
- 1. Per la formulazione dei pareri medico-legali di propria competenza, il
Ministero della salute ha facoltà di istituire, nel limite massimo di spesa di
cui al comma 4, collegi medici con la partecipazione di esperti universitari od
ospedalieri specialisti nelle varie discipline mediche, nei seguenti
casi: a) quando sia richiesto un parere
medico-legale dagli organi giudiziari o dalle Amministrazioni pubbliche, e sia
necessario sottoporre l'interessato ad esame diretto; b) quando dagli atti rimessi al Ministero
risulti una disparità di giudizio tra gli organi competenti;
c) quando negli atti si notino discordanze
tra i risultati degli accertamenti medico-fiscali ed i giudizi diagnostico e
medico-legale espressi; d) quando il giudizio diagnostico sia stato
espresso in modo da non permettere una sicura applicazione delle tabelle A e B
annesse alla legge 10 agosto 1950, n. 648, e successive
modificazioni. 2. I collegi medici
di cui al comma 1 sono composti dal dirigente dell'Ufficio medico-legale della
Direzione generale delle professioni sanitarie e medico-legali, quale
presidente, da un medico del predetto Ufficio, quale relatore, e da uno o più
esperti scelti tra medici universitari od ospedalieri. 3. A ciascun
esperto, per ogni giornata di seduta, è corrisposto un compenso commisurato alle
tariffe minime degli onorari per le prestazioni medico-chirurgiche stabilite
dall'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri e vigenti al momento della
prestazione. 4. Per i compensi
delle prestazioni degli esperti di cui al comma 3 è autorizzata la spesa annua
massima di 3.693 euro a decorrere dall'anno 2002. 5. All'onere
derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato nella misura
massima di 3.693 euro annui a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte
corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia
e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando
l'accantonamento relativo al Ministero della salute. 6. Il Ministro
dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio».
53. Contributi straordinari a favore della
provincia autonoma di Trento per lo svolgimento di un servizio di assistenza
domiciliare integrata.
1. Alla provincia autonoma di Trento è assegnato un contributo straordinario di 2.000.000 di euro per l'anno 2002 e di 4.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004 per lo svolgimento, in via sperimentale, di un servizio di assistenza domiciliare integrata. 2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 2.000.000 di euro per l'anno 2002 e 4.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Capo X - Disposizioni in materia di tutela e sostegno della paternità e della maternità 54. Differimento del termine per l'emanazione di disposizioni correttive del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. 1. Al comma 3 dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, le parole: «Entro un anno» sono sostituite dalle seguenti: «Entro due anni». * La raccolta delle esperienze amministrative nel settore delle politiche attive dell’impiego è stata curata dall’AFM-Europa/Sezione Italia. * La traduzione dal francese è stata curata dalla dr.ssa Giusy Volucello; il testo è stato supervisionato dal prof. Rosario Scalia con la collaborazione dell’Istituto “Max Weber”. [1] Decreto n. 90-82, del 22 gennaio 1990, relativo alla valutazione delle politiche pubbliche e alla creazione del Consiglio scientifico della valutazione. |