Ufficio per il personale delle
pubbliche amministrazioni Roma,
Alla Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura xxxxxxxxxxx
e p. c. Al Ministero dell'Economia e
delle Finanze RGS - IGOP Via XX settembre ROMA
Prot. n. 169/03
OGGETTO: Accesso alla
dirigenza presso le Camere di commercio. In riferimento alla nota n. 42949 del 5
dicembre 2002, con la quale Codesta Camera di commercio ha richiesto un parere
in merito all'accesso alla dirigenza, si rappresentano le considerazioni dello
scrivente.
Le Camere di commercio sono
pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dettate dal decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (si veda l'articolo 1, comma 2) ed hanno
natura di enti autonomi di diritto pubblico, come statuito dalla legge 29
dicembre 1993, n. 580, recante riordinamento della camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura. Al suo personale si applicano le norme
previste dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 e del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, ora confluito nel citato Dlgs 165/2001, come previsto
dall'articolo 19 (rubricato Personale delle camere di commercio) della stessa
legge 580/1993. Il comparto di contrattazione collettiva è quello denominato del
personale delle regioni e delle autonomie locali, previsto dall'articolo 2,
comma 1, lett. B) del DPCM 30 dicembre 1993, n. 593.
Per quanto concerne i
requisiti per l'accesso alle qualifiche dirigenziali nella Pubblica
Amministrazione è oramai opinione consolidata in dottrina e giurisprudenza (si
veda in particolare Corte dei Conti, Sezione centrale del controllo di
legittimità, deliberazione n. 22 del 23 maggio 2000) che non si possa
prescindere dal possesso del diploma di laurea, come previsto dall'articolo 28
del DLgs n. 165 del 2001. Sul punto recentemente il Consiglio di Stato, in un
parere espresso dalla Prima sezione (il n. 117 del 20 febbraio 2002), ha
ribadito il principio della necessità del possesso del titolo di studio, in base
al quale, in sede di concorso, non è consentito prevedere un titolo di studio
inferiore, neanche in virtù dell'autonomia riconosciuta agli enti locali e
neanche in presenza del possesso di altri requisiti, quali l'anzianità di
servizio.
La posizione
dell'Amministrazione si basa essenzialmente su un parere pro veritate espresso
in ordine alla legittimità del regolamento di accesso alla dirigenza camerale,
espresso dall'Avvocato ………. del Foro di ……….. Tale parere si basa sul
presupposto che il principio generale contenuto nell'articolo 28 del decreto
legislativo n. 165 del 2001 (già articolo 28 del Dlgs 29/93) fosse applicabile
esclusivamente alle Amministrazioni dello Stato, con esclusione delle altre
indicate nel secondo comma dell'articolo 1 del medesimo decreto. Tale
interpretazione non è condivisibile ed appare contrastante con il dettato
normativo e con quanto affermato, ormai pacificamente dalla giurisprudenza
amministrativa.
Inoltre tale impostazione si
basa su una interpretazione non corretta del disposto dell'articolo 13 del DLgs
29/93, il quale subordina l'applicazione delle disposizioni alla previa
verifica, ove necessario, degli ordinamenti delle Amministrazioni nel termine di
sei mesi, superato il quale la nuova normativa è operante e prevale, in forza
del principio della gerarchia delle fonti, sulle norme secondarie, quale quella
degli ordinamenti locali (si veda al riguardo TAR Lazio, sede di Roma, Sez. II,
16 ottobre 1995 n. 1555, 22 ottobre 1997 n. 1635, nonché 23 gennaio 2002, n. 596
e TAR Campania, sede di Napoli, 21 settembre 2000 n. 3466).
Infine si sottolinea che il
riferimento all'articolo 12 della legge 11 maggio 1999, n. 140 è fuorviante,
poiché anche tale norma riveste carattere derogatorio e, pertanto, è di stretta
interpretazione. Inoltre la Corte Costituzionale, con sentenza 22-29 maggio
2002, n. 218 ne ha dichiarato l'illegittimità per contrasto con l'articolo 97
della Costituzione, in quanto deroga ingiustificatamente alla regola del
pubblico concorso, senza neppure prevedere alcuna verifica del possesso dei
requisiti per l'attribuzione della qualifica superiore.
Pertanto deve ritenersi
applicabile l'articolo 27 del citato DLgs n. 165 del 2001, il quale prevede che
le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e
regolamentare, adeguano i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative
peculiarità, alle norme contenute nel capo II del medesimo decreto legislativo.
La medesima previsione è integralmente riprodotta anche dall'articolo 111 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante testo unico sull'ordinamento
degli enti locali, testo unico che può essere ulteriore elemento di riferimento
in considerazione del fatto che al personale delle camere di commercio e gli
enti locali hanno il medesimo comparto di contrattazione.
Per quanto concerne il punto
relativo alle selezioni interne si osserva che il loro fondamento normativo si
rinviene nelle disposizioni contenute nell'articolo 6, comma 12, della legge n.
127/97, ora confluito nell'articolo 91, comma 3, del DLgs n. 267 del 2000 e
nell'articolo 36 bis del decreto legislativo n. 29/93, ora confluito
nell'articolo 35 del DLgs. N. 165 del 2001 rubricato Reclutamento.
Nello specifico la disciplina
contenuta nell'articolo 91, comma 3, del DLgs. n. 267 del 2000, in base alla
quale gli enti locali possono prevedere concorsi interamente riservati al
personale dipendente in relazione a professionalità acquisite all'interno
dell'Ente, ha carattere derogatorio rispetto al criterio del concorso pubblico
di cui all'articolo 35 del DLgs. n. 165 del 2001, pertanto, non può essere
generalizzata, ma applicata al solo caso in cui la figura professionale sia
acquisibile esclusivamente mediante una formazione interna all'Ente. E, inoltre,
la possibilità che il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi
degli enti locali disciplini i requisiti per l'accesso è subordinato al rispetto
dei principi fissati dal medesimo articolo.
Il carattere eccezionale di
quest'ultima disposizione è, infine, indirettamente confermato dalle note
pronunce della Corte Costituzionale, n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002, le quali
hanno ribadito la regola dell'accesso tramite pubblico concorso, in quanto tale
sistema di selezione del personale è quello maggiormente rispondente alla
necessità di tutelare l'interesse pubblico al buon andamento della Pubblica
Amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione.
Il Direttore dell'Ufficio Francesco
Verbaro