SEMINARIO SUL CCNL
DEL COMPARTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
- PARTE NORMATIVA QUADRIENNIO 2002/2005 E PARTE ECONOMICA BIENNIO 2002/2003 - PRESENTAZIONE DEGLI ATTI DEL SEMINARIO Il seminario aveva come intento la presentazione delle
novità ed i contenuti del nuovo contratto delle aree dirigenziali del SSN,
affrontando anche questioni e problematiche applicative proposte dalle aziende
interessate attraverso quesiti. Tali note costituiscono il
completamento degli atti del convegno, di seguito riportati.
La struttura dei CCNL in relazione alla Legge
Costituzionale n. 3 del 2001 – prospettive di
cambiamento Prof. Mario Ricciardi SILVANA DRAGONETTI Gli aspetti generali e più significativi dei CCNL della dirigenza del SSN stipulato il 3 novembre 2005 L’articolo è stato scritto prima del 21 luglio 2005, data di sottoscrizione delle Ipotesi di CCNL ed è stato poi aggiornato con gli estremi dei CCNL, sottoscritti il 3 novembre 2005; l’iter approvativo ha raggiunto la sua fase finale con l’invio alla Corte dei Conti avvenuto il 23 settembre 2005. “I CCNL DELLA DIRIGENZA DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. UN ASSETTO IN MOVIMENTO.” Lo scenario di riferimento Concluso con i precedenti contratti il lungo processo di trasformazione della preesistente normativa pubblica del Servizio Sanitario Nazionale per la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dirigenti, il quadriennio contrattuale 2002 – 2005 si è aperto all’insegna di un assetto istituzionale ancora in movimento per i ripetuti interventi sulla legge di riforma del settore (d.lgs. n. 502 del 1992) e per il cambiamento dello scenario politico - istituzionale. Accantonato, per il momento, il dibattito sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 (che - mutando l’assetto istituzionale dei rapporti Stato - Regioni con le modifiche apportate al titolo V della Costituzione – ha introdotto i principi del federalismo) nonché sulle ulteriori proposte di modifica della Costituzione che assegnano alle Regioni la competenza esclusiva in materia sanitaria, le parti sedute al tavolo negoziale hanno dovuto affrontare una delicata serie di problemi non escluso quello di evitare il raffreddamento del processo di riforma del settore sanitario e della dirigenza, entrambi gravemente in affanno, nonostante il contributo fornito con i precedenti negoziati. Situazione difficile da risolvere dal momento che l’attuale contratto potrà avere efficacia solo da quest’anno, lasciando aperto il dubbio che si sia inutilmente perso del tempo nello sviluppo del processo di cambiamento. Non meno importanti per le parti negoziali sono stati i temi introdotti dalla legge 138 del 2004 (che ha abrogato l’obbligo del rapporto di lavoro esclusivo) e le vertenze sull’allineamento stipendiale con la restante dirigenza del pubblico impiego e sulle condizioni di lavoro, in particolare, per i dirigenti medici, veterinari e per gli altri dirigenti del ruolo sanitario. I due CCNL sono stati sottoscritti il 3 novembre 2005: uno per l’area III della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale tecnico ed amministrativo, comprese le professioni sanitarie emergenti di recente istituzione e l’altro per l’ area IV dei dirigenti medici e veterinari1. I CCNL riguardano, per la parte normativa, l’intero quadriennio 2002 – 2005 e, per la parte economica, il biennio 2002 – 2003. Il presente commento, data la specularità dei due CCNL, nei punti salienti, è valido per entrambe le aree dirigenziali. Il coordinamento regionale In linea generale si osserva che alcune scelte fondamentali dei CCNL coincidono con quelle già attuate nel contratto per il personale del comparto stipulato il 19 aprile 2004. In tal senso, con l’art. 9 sul coordinamento regionale, si conferma il rilevante ruolo assunto dalle Regioni, pur nel rispetto dei due livelli di contrattazione previsti dall’accordo sulla politica dei redditi del 23 luglio 1993 e dell’autonomia delle aziende, cui la legge di riforma affida la gestione dell’organizzazione sanitaria e delle risorse umane quale fattore strategico fondamentale ed irrinunciabile. La norma, infatti, prevede un coordinamento delle aziende sanitarie da parte delle Regioni, mediante l’emanazione, previo confronto con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti, di linee di indirizzo su materie “sensibili” in parte identiche a quelle del comparto e collegate all’utilizzo delle risorse aggiuntive regionali (destinate alla contrattazione integrativa anche per il raggiungimento di finalità strategiche), alle metodologie di incremento dei fondi in conseguenza di aumenti o riduzioni stabili della dotazione organica o, infine, all’attuazione delle formazione continua. Altre materie, più specifiche per la dirigenza, riguardano i criteri generali per l’individuazione dei sistemi di valutazione, per la definizione di standard prestazionali, per la razionalizzazione ed ottimizzazione delle attività connesse alla continuità assistenziale, per l’inserimento nei regolamenti aziendali sull’esercizio dell’attività libero professionale intra moenia di criteri idonei a modularla coerentemente con le liste di attesa ed, infine, per l’applicazione delle norme sulla mobilità nei casi di esubero dei dirigenti. L’autonomia delle relazioni sindacali aziendali è garantita dalla clausola che esse riprendono sulle citate materie ove le Regioni decidano di non avvalersi della facoltà di emanare linee di indirizzo o non vi provvedano nel previsto termine di 120 giorni. Relazioni sindacali tra le Regioni e le organizzazioni di categoria firmatarie dei contratti, da regolare mediante appositi protocolli locali, sono poi previste in presenza di materie di competenza regionale aventi riflessi di ricaduta sugli istituti contrattuali ed, in particolare, per i processi di ristrutturazione aziendale sulla base della legge di riforma (accorpamento o scorporo di aziende sanitarie ed ospedaliere), comportanti una revisione dei fondi contrattuali deputati all’erogazione del trattamento accessorio dei dirigenti. L’art. 9 coniuga, dunque, l’esigenza di garantire l’autonomia della contrattazione integrativa e delle relazioni sindacali aziendali in genere con la necessità delle Regioni di assicurarsi che le risorse assegnate contrattualmente alle Aziende siano utilizzate in modo efficace ed efficiente rispetto alle finalità poste alla base della loro erogazione e, nello stesso tempo, di realizzare condizioni di omogeneità nel processo organizzativo e di sviluppo della dirigenza. Il consolidamento della disciplina del rapporto di lavoro. Quanto agli altri obiettivi dei CCNL, è facile rilevare che, considerando ultimato il percorso di trasformazione indicato dal legislatore della riforma, uno degli scopi principali delle parti negoziali è stato quello del consolidamento della normativa delle due precedenti stagioni contrattuali per realizzare “un fermo” della regolamentazione del rapporto del lavoro idoneo a permettere alle aziende di assimilare i cambiamenti organizzativi che esse presuppongono, superando le difficoltà dell’innovazione e sfruttando al meglio le opportunità del sistema degli incarichi dirigenziali che ha sostituito le carriere del precedente ordinamento pubblicistico. Su questa linea si pongono la sostanziale conferma del sistema delle relazioni sindacali aziendali (la cui disciplina è arricchita con la previsione del Comitato paritetico sul mobbing in linea con gli orientamenti dell’Unione Europea) e degli istituti del rapporto di lavoro, conferma deducibile dalla norma finale che rinvia ai precedenti contratti collettivi salvo quanto non esplicitamente modificato o integrato dalle nuove preintese. Ciò significa che istituti quali, ad esempio, il contratto individuale, le ferie, il regime delle assenze e dei congedi parentali, le malattie, le cause di estinzione del rapporto ed altri diritti fondamentali continuano ad essere regolati dai preesistenti contratti collettivi che dal 6 dicembre 1996 li hanno, nel tempo, disciplinati. Si impone, come prossimo compito quello di unificare le disposizioni vigenti in un testo negoziale unico da predisporre entro la fine della presente stagione contrattuale con l’intento di fornire uno strumento operativo chiaro e fruibile da parte di tutti. Nei CCNL un significativo sforzo in tal senso è stato quasi del tutto portato a termine per la parte economica che, dopo il terzo intervento sulla struttura della retribuzione, ha reso doverosa una riscrittura immediata delle relative norme ma soprattutto delle tavole economiche di riferimento della retribuzione di posizione e delle voci del trattamento fondamentale ed accessorio spettante, attese le differenti caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari. Per tale motivo i CCNL sono arricchiti da numerosi allegati che forniscono anche esempi applicativi. La disciplina del trattamento economico conferma, nel loro impianto generale, i tre fondi contrattuali aziendali relativi alla retribuzione di posizione, alle condizioni di lavoro ed alla retribuzione di risultato, ne consolida l’ammontare al 31 dicembre 2001 (anno immediatamente precedente il biennio economico di riferimento) e ne integra - ove necessario - il finanziamento per consentire l’agibilità delle nuove disposizioni. Sono ugualmente confermati tutti gli istituti economici a carattere normativo non espressamente modificati (straordinario, trasferte, disciplina dei servizi di guardia e pronta disponibilità, retribuzione di risultato) anche se per alcuni di essi, come si vedrà più avanti, i CCNL preannunciano una revisione nel II biennio economico. Norme di adeguamento, di interpretazione e di integrazione. Un secondo obiettivo perseguito dalle parti ha soddisfatto la necessità di interventi specifici sulla disciplina preesistente. Alcuni di essi, per così dire manutentori, rispondono all’esigenza di eliminare gli inconvenienti emersi nella fase applicativa delle norme come, ad esempio, per la disciplina transitoria della mobilità (art. 22) che bilancia il diritto al trasferimento del dirigente con il rispetto degli investimenti formativi aziendali o il permanere di situazioni di carenza organica anche dopo l’espletamento dei concorsi. In tale ultimo caso, dal 30 settembre 2005, sarà possibile un differimento di due anni dell’esercizio del diritto alla mobilità da parte del dirigente. Altri interventi completano la disciplina vigente come, ad esempio, l’art. 23 sulla formazione continua, nel quale si stabilisce che essa è garantita dalle aziende nell’ambito della formazione obbligatoria e nei limiti delle disponibilità di bilancio stanziate a tale scopo. In mancanza, nessuna penalizzazione può essere prevista per i dirigenti che non raggiungono nel triennio i crediti formativi richiesti, mentre, al contrario, il rifiuto di partecipazione alle attività formative organizzate dall’azienda senza giustificato motivo comporta penalizzazioni nel conferimento degli incarichi secondo criteri definiti in contrattazione integrativa. Altri interventi, infine, assumono natura interpretativa - integrativa come le numerose clausole contenute nell’art. 24. Dello stesso tenore sono l’art. 20 sul Comitato dei Garanti, che prolunga i tempi dell’emanazione del parere sancendo l’obbligo per l’organismo di pronunciarsi nonché l’art. 21 sulla copertura assicurativa, norma particolarmente significativa perché trasforma una facoltà in obbligo sia pure nei limiti degli stanziamenti già esistenti a tale scopo. I dirigenti, con una trattenuta sul proprio stipendio, possono assicurarsi per altri rischi non coperti dalla polizza generale, derivanti dalla loro attività professionale ovvero dal diritto di rivalsa delle aziende nei loro confronti in caso di accertamento di responsabilità per colpa grave. La novità è anche costituita dall’attivazione di strutture per il risk management . Norme di armonizzazione con provvedimenti di legge. Un terzo obiettivo è collegato all’armonizzazione della disciplina preesistente con le leggi sopravvenute n. 97 del 2001 e n. 350 del 2003 (art. 3, commi 57 e 57 bis) entrambe riguardanti anche il personale del comparto e la legge n. 138 del 2004 peculiare per la dirigenza medica, veterinaria e del ruolo sanitario. La prima ha comportato la modifica della norma del CCNL del 1996 che regolava gli effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro intervenendo sul regime delle sospensioni dal servizio, facoltative in presenza di un rinvio a giudizio ed obbligatorie in caso di detenzione del dipendente ovvero in caso di sentenze di condanna in primo grado, anche non definitive, per i reati contro la pubblica amministrazione. La norma per la sua delicatezza e complessità è corredata di una dichiarazione congiunta che ne aiuta la lettura coordinata con le leggi di riferimento. Un cenno a parte merita la revisione del rapporto di lavoro in conseguenza della legge n. 138 del 2004 che ha abrogato l’obbligo dell’esclusività di rapporto, consentendo nuovamente ai dirigenti medici, veterinari e sanitari (biologi, fisici, chimici, psicologi e farmacisti) la possibilità di optare per il rapporto di lavoro non esclusivo a partire dal 1 gennaio 2005. Senza entrare nel merito delle critiche rivolte alla legge che, secondo alcuni autorevoli interpreti, sembra subordinare l’organizzazione dei servizi all’esigenze personali dei dirigenti, vale la pena di sottolineare che - su un complesso di n. 111.300 circa tra medici, veterinari e dirigenti sanitari, attualmente stimati con rapporto di lavoro esclusivo (pari a circa il 91% del totale dei dirigenti in servizio) - ha optato per il ritorno al rapporto di lavoro non esclusivo solo l’1 % dei dirigenti ( circa 1.100 unità secondo la rilevazione ARAN). Anche se il fenomeno, in prima applicazione, non ha dato risultati eclatanti, ciò non elimina, tuttavia, il rischio futuro di una continua variabilità del rapporto di lavoro. La materia è regolata dagli articoli 10 – 12 che riscrivono le caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti, correggono le disposizioni dei contratti del 2000 in contrasto con la nuova disciplina e stabiliscono, infine, le modalità e gli effetti del passaggio dall’uno all’altro rapporto, confermando le penalizzazioni economiche già esistenti. La legge n. 138 non preclude il mantenimento degli incarichi di struttura nei confronti dei dirigenti che optano per il rapporto di lavoro non esclusivo ma le preintese non intervengono sull’argomento considerato di assoluta pertinenza aziendale. In virtù del rinvio alla contrattazione da parte della citata legge n. 138, l’art. 13 disciplina i rapporti di lavoro ad esaurimento (tra cui quelli dei medici a tempo definito e dei medici condotti) senza abrogarli ma consentendone - per motivi di opportunità e trattandosi di una categoria assolutamente residuale - l’ulteriore corso alle medesime condizioni attuali sino ad opzione per il rapporto di lavoro ad orario unico, esclusivo o non esclusivo. L’orario di lavoro. Gli aspetti dei CCNL brevemente descritti nei punti precedenti hanno carattere generale e strategico comune con la linea seguita per il personale del comparto poichè anche i contratti della dirigenza si calano nella medesima realtà operativa che, pur nei diversi ruoli del personale interessato, richiede scelte coerenti, armoniche e complementari nella definizione del rapporto di lavoro, improntate ai principi delle riforme in atto nel SSN e nel pubblico impiego. Risolte le questioni normative generali che hanno tenuto occupate le parti in modo anche molto conflittuale, il vero cuore della trattativa si è incentrato sull’orario di lavoro, sui servizi di guardia e la revisione del loro sistema retributivo, sul sistema di valutazione dei dirigenti, sulle questioni economiche relative all’allineamento dello stipendio tabellare a quello della restante dirigenza pubblica ed, infine, sull’ utilizzo delle risorse aggiuntive regionali. Andando per ordine, l’orario di lavoro dei dirigenti, compresi quelli di struttura complessa (artt. 14 e 15) è stato – per ragioni diverse tra le due tipologie di incarico - uno degli argomenti più sofferti come già accaduto in occasione del CCNL del 2000. All’esigenza delle aziende di un incremento della produttività dei dirigenti (tenuti ad osservare un orario di lavoro di n. 38 ore), prevalentemente finalizzata alla riduzione delle liste di attesa, si è contrapposta le richiesta sindacale sul corrispettivo per le prestazioni aggiuntive oltre quelle concordate con le procedure di budget sulla base degli obiettivi annuali. Il punto di equilibrio è stato raggiunto riscrivendo l’art. 16 del CCNL 8 giugno 2000 con l’aggiunta di due clausole particolarmente significative (commi 5 e 6). La prima prevede la possibilità, mediante accordo con l’equipe interessata, di recuperare ai fini assistenziali, sottraendole dall’aggiornamento facoltativo, n. 26 ore annue per dirigente da dedicare agli obiettivi prestazionali senza ulteriori emolumenti eccetto la retribuzione di risultato. In tal modo, a regime, si potrebbero rendere nuovamente disponibili per le aziende oltre 2.800.000 ore lavorative annue da destinare all’attività istituzionale. Qualora neanche tale recupero fosse sufficiente, la seconda clausola prevede la possibilità per le aziende di acquisire dai propri dirigenti le prestazioni orarie eccedenti quelle concordate in regime di attività libero professionale, facendo ricorso ad una facoltà già alle stesse riconosciuta dall’art. 55, comma 2 dei CCNL 8 giugno 2000 che ha introdotto l’istituto, purchè sussistano precise condizioni: carenze di organico, temporaneità ed eccezionalità della situazione, riduzione delle liste di attesa, rispetto dell’obbligo di effettuazione delle prestazioni negoziate con le procedure di budget. La clausola determina condizioni applicative omogenee della preesistente disposizione richiamandone i principi e la fissazione di una tariffa oraria pari a € 60,00 si spiega con l’esigenza di uniformità su tutto il territorio nazionale e con la necessità di evitare eccessi nella contrattazione integrativa cui la materia è demandata. Per i dirigenti di struttura complessa, le questioni legate all’orario hanno riguardato le modalità di rilevazione della presenza in servizio non essendo per loro fissato, come del resto per la restante dirigenza pubblica, un orario di lavoro. Il punto finale di mediazione prevede, a tale scopo, modalità concordate e condivise con le aziende sulla base delle quali tali dirigenti comunicano la pianificazione delle loro attività, le assenze dal servizio ed il tempo dedicato all’attività libero professionale. Dunque né atto unilaterale dell’azienda né del dirigente di struttura complessa, ma accordo bilaterale che soddisfa sia le petizioni di principio dei dirigenti interessati che le esigenze obiettive legate anche alle tutele, non escluse quelle medico – legali. I servizi di guardia. Nelle aziende ed enti del SSN, i servizi di guardia sono previsti nelle unità ospedaliere e nei servizi del territorio che operano a copertura delle 24h. Per comprendere le ragioni della vertenza, prevalentemente di natura economica, occorre molto sinteticamente rammentare che, ora, tali servizi sono assicurati all’interno dell’orario di lavoro e compensati con un’indennità oraria dalle 22 alle 6 del mattino che - dopo la rivalutazione dell’art. 51 - è pari ad € 2,74 l’ora. Nel caso i servizi di guardia eccedano l’orario di lavoro, essi sono retribuiti con i compensi per le ore di straordinario effettuate e, qualora il fondo per le condizioni di lavoro non abbia sufficienti risorse per il loro pagamento, si ricorre al recupero del maggior orario con riposi compensativi. Tale alternativa è divenuta, nella gran parte delle realtà aziendali, la regola dal momento che il predetto fondo non è stato più rivalutato dal 1996 ed è, di solito, incapiente. Spesso poi, per esigenze di servizio, i riposi compensativi si accumulano senza essere fruiti creando situazioni di disagio organizzativo per le aziende e malcontento tra i dirigenti. Al tavolo negoziale è stata avanzata una duplice richiesta e, cioè, di compensare i turni di guardia notturna entro l’orario di lavoro con una indennità di disagio (oltre l’indennità oraria notturna di cui si detto) e di retribuire tutte le guardie eccedenti l’orario di lavoro con il ricorso alla libera professione aziendale. Entrambe le proposte per la loro onerosità e per l’impatto sull’organizzazione aziendale ed i riflessi di trascinamento sul comparto, salvo quanto si dirà nel commento all’art. 18 dei CCNL (cfr. punto 8), sono state respinte anche se la parte pubblica ha, comunque, manifestato la sua disponibilità a riprendere in esame le modalità di retribuzione delle guardie notturne, subordinandola agli esiti di una rilevazione che sarà effettuata dall’ARAN allo scopo di accertare quale sia il numero dei turni di guardia effettivamente svolti nelle aziende. Solo così sarà possibile pervenire ad una stima dei costi realmente attendibile ed idonea, sulla base delle risorse disponibili nel II biennio 2004 – 2005, ad effettuare scelte nuove ed in grado di compensare il disagio lavorativo. Per questo motivo, le parti hanno concordato di mantenere provvisoriamente invariate, per il biennio economico cui si riferiscono i CCNL, le modalità di retribuzione delle guardie in orario di lavoro o fuori. Complementare alla soluzione adottata è l’utilizzo temporaneo per corrispondere i compensi di lavoro straordinario, di parte delle risorse aggiuntive regionali non impiegate per il finanziamento delle indennità di turno e, per l’area medica, anche di polizia giudiziaria. I servizi di guardia eccedenti le prestazioni concordate. L’art. 18 è stato una parziale ed anticipatoria risposta della parte pubblica alla richiesta sindacale di rivedere l’intero sistema retributivo dei servizi di guardia notturna. La norma integra ulteriormente la disciplina delle prestazioni orarie aggiuntive eccedenti quelle concordate di cui si è fatto cenno nel commento all’art. 14 con la previsione che, ove si tratti di servizi di guardia notturni, una parte di essi - pari al 12% del numero complessivo delle guardie notturne svolte annualmente - potrà essere “acquistati” dall’azienda in regime libero professionale, con l’utilizzazione dell’istituto disciplinato dall’art. 55, comma 2 del CCNL 8 giugno 2000. La norma, che entrerà in vigore dopo la stipulazione dei contratti, è sperimentale, deve essere preceduta dalle linee di indirizzo regionali e richiede la sussistenza di tutte le condizioni citate nel commento all’art. 14 (principalmente quelle legate alle carenze di organico anche temporanee connesse alla difficoltà di reclutare personale specialistico) nonché delle altre previste dalla norma in esame: razionalizzazione dei servizi di guardia, il 12% delle guardie deve rappresentare, moltiplicato per la tariffa, il budget di spesa massima di ciascuna azienda, le prestazioni non sono rimesse all’iniziativa personale dei dirigenti ma devono essere richieste dall’azienda previa valutazione del rispetto delle condizioni operative. La tariffa di € 480,00 lordi è applicata a turni di guardia notturna di dodici ore ciascuna e la sua fissazione si giustifica per le medesime ragioni di uniformità già evidenziate nel commento all’art. 14 ma anche per evitare l’esternalizzazione dei servizi che garantiscono la continuità assistenziale e le emergenze o, comunque, intuibili forme di speculazione; tendenza già verificatasi in prima applicazione dell’art. 55 citato che ha introdotto la libera professione aziendale soprattutto per le discipline di radiologia ed anestesia caratterizzate da una cronica carenza di specialisti. I sistemi di valutazione dei dirigenti. Particolare attenzione è stata dedicata ai sistemi di valutazione e verifica dei dirigenti i cui criteri generali sono demandati alla contrattazione nazionale dall’art. 15 del d.lgs 502 del 1992. La precedente disciplina del CCNL del 2000 si è rivelata confusa nelle modalità di svolgimento e anche molto complessa da applicare per i troppi momenti di valutazione previsti: annuale per la retribuzione di risultato, triennale generale per la verifica delle attività professionali svolte, quinquennale per i dirigenti neo assunti, al termine degli incarichi conferiti per il loro rinnovo o revoca. Per semplificare la materia e rendere più efficaci i sistemi di valutazione, i CCNL hanno abrogato la valutazione triennale facendola coincidere con quella al termine dell’incarico ma soprattutto hanno distinto in modo inequivocabile la verifica e valutazione dei risultati annuale da quella al termine dell’incarico con riferimento agli organismi e criteri di valutazione ed agli effetti positivi e negativi di essa. Vi è un solo momento in cui i due percorsi valutativi si incrociano e ciò avviene quando la reiterata valutazione negativa dei risultati annuali induce alla revoca dell’incarico prima della sua naturale scadenza. In tal caso è anticipata anche la valutazione professionale al fine di accertare complessivamente le responsabilità del dirigente. La valutazione negativa grave e reiterata dei risultati può produrre il recesso per giusta causa; la valutazione negativa dell’attività professionale svolta può produrre, al termine dell’incarico, il recesso con o senza preavviso. In entrambi i casi, il licenziamento è soggetto al parere del Comitato dei Garanti che è vincolante per l’azienda. Il più importante degli effetti positivi della valutazione delle attività professionali al temine dell’incarico chiarisce, senza ombra di dubbio, il carattere premiante della valutazione dal momento che il dirigente è confermato nello stesso incarico ricoperto ovvero può accedere ad un altro incarico della medesima tipologia già affidata di maggior prestigio e valore economico. Viene, quindi, smentita senza equivoci l’interpretazione di chi sostiene applicabile alla dirigenza del SSN il principio che la valutazione positiva dell’incarico è una mera condizione necessaria per la conferma ma non sufficiente per il rinnovo, inserendo nel sistema una sorta di spoil system strisciante. L’allineamento dello stipendio
tabellare della dirigenza del SSN a quello della dirigenza del pubblico impiego.
Le risorse aggiuntive regionali.
L’allineamento dello stipendio tabellare della dirigenza del SSN a quello
degli altri dirigenti dei settori del pubblico impiego è regolato dall’art. 41 e
seguenti dei CCNL. Sembra interessante riassumere brevemente le origini della
vertenza e la soluzione cui si è pervenuti. Nella scorsa stagione contrattuale
1998 – 2001, gli accordi della dirigenza del SSN furono i primi ad essere
stipulati e, quindi, non beneficiarono dell’incremento dello 0,92 % dell’indice
inflattivo, disposto per tutto il pubblico impiego dalla legge finanziaria
valida per il 2001, né del nuovo stipendio tabellare di settanta milioni (pari a
€ 36,151,98), definito per tutte le altre aree della dirigenza. Dovendosi
procedere al completamento del processo di trasformazione delle norme pubbliche
ancora regolanti la dirigenza del SSN ed essendo per tale motivo ancora aperte
nel 2001 le trattative, le organizzazioni sindacali del SSN avviarono la
vertenza sia per il recupero dello 0,92% che per l’attualizzazione dello
stipendio tabellare. Il Comitato di settore, dopo un lungo periodo di
riflessione, autorizzò l’incremento residuo del 2001 (cfr. CCNL integrativo del
10 febbraio 2004) senza dare alcuna indicazione per la ristrutturazione della
retribuzione come avvenuto per la restante dirigenza pubblica.
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