Cronaca di Frosinone

Martedì 20 Marzo 2001
Sanità. Secondo i numeri del Ministero la popolazione del Lazio sceglie la struttura pubblica
Il paziente preferisce l’ospedale
La clinica privata va bene per ricoveri in lungodegenza o per la riabilitazione

di SARINA BIRAGHI

ROMA - Su circa un milione e 120 mila dimissioni, con 7 milioni di giornate di degenza (una media di otto per ricovero, 2,3 nella fase pre-operatoria), su 213 istituti rilevati, quasi il 90% dei malati preferisce ricoverarsi negli ospedali pubblici e, possibilmente in quelli del proprio territorio regionale mentre non disdegnano le strutture private per lungodegenza o riabilitazione.
Diventa quindi un dato di riconoscimento tutto italiano quello di scegliere gli ospedali di casa ed evitare di migrare verso altre regioni o addirittura all’estero.
Insomma, la nostra regione conferma il trend nazionale.
«Quella che viene chiamata migrazione o più propriamente mobilità passiva costa al Lazio circa 300 miliardi - afferma l’assessore alla sanità della Pisana Vincenzo Saraceni - Un dato importante che si contrappone però alla mobilità attiva, gente che viene nelle nostre strutture d’eccellenza, arrivando ad un saldo di circa 60 miliardi».
Tra le strutture d’eccellenza del Lazio ci sono sicuramente alcuni ospedali romani, come il «Gemelli», il polo oncologico al «San Raffaele», il «Bambino Gesù» e l’«Idi», che richiamano da fuori regione.
«Se riuscissimo a mantenere la quota in attivo che comunque abbiamo e non avere perdita di 300 miliardi guarderemmo con più tranquillità i nostri conti - continua l’assessore - L’anno scorso c’è stato un disavanzo di 1200 miliardi che quest’anno dobbiamo contenere fino a diventare una regione "virtuosa" con un disavanzo contenuto. Il San Raffaele, per esempio, dovrà diventare un un centro di riferimento per il centro-sud, e quindi il Lazio diventare terra di speranza dell’oncologia».
Risposte interne solo per l’oncologia?
«Abbiamo il dovere di dare risposte sul nostro territorio anche nella cardiologia, cardiochirurgia, nei trapianti proprio per evitare quei viaggi all’estero».
Ma questo è un problema di tutte le regioni?
«Il dato nazionale lo dimostra. Per questo dovremmo studiare un meccanismo di regia interregionale, metterci tutti d’accordo su come utilizzare le proprie strutture e contenere il fenomeno per farlo avvenire in modo compensato, un accordo sui limiti evitando così di attrarre per ridurre l’esodo».
Anche la degenza media è in calo: l’obiettivo regionale e nazionale quindi raggiunto?
«Il calo di degenze significa anche la possibilità di ridurre il numero dei posti letto mentre bisogna spingere sulla fruibilità generalizzata del servizio, la possibilità di scegliere tutte le strutture anche quelle religiose».
I dati su ricoveri, migrazione e scelte dei pazienti, provengono dal Dipartimento di Programmazione del ministero della Sanità messi a disposizione del ministro Veronesi che domani presenterà l’ospedale del terzo millennio, quello elaborato in otto mesi dall’architetto Renzo Piano e che dovrebbe dimezzare numero di posti letto e giorni di degenza, dagli 8-10 attuali ai 3-4 previsti dalla medicina moderna.
Il nuovo ospedale sarà piccolo, supertecnologico e superspecializzato con un posto letto che costerà circa 500 milioni. Che poi in Italia per costruire un ospedale ci si impiega anche più di venti anni con costi stratosferici è tutta un’altra storia.