Ciociaria Oggi 

Frosinone

Venerdì 25 Maggio 2001
De Angelis (Ds) e Cacciola (Fsn) "sparano" sulle scelte annunciate dal manager dell'Asl
Fuoco incrociato su Cavallotti

Sotto tiro il trasferimento di alcuni reparti dell'Umberto Primo

«NON sparate sul pianista» recitava il cartello affisso nei saloon dell'America che fu. La stessa cosa deve averla pensata il direttore generale dell'AsI frusinate, Carmine Cavallotti, bersaglio in questi giorni di attacchi al vetriolo sia da sinistra che da destra.
La «pietra dello scandalo» è l'annunciato trasferimento delle Divisioni di Oculistica, Dermatologia, del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura e del Day-surgery di Chirurgia generale dall'ospedale di Frosinone ad altri nosocomi della provincia, primo fra tutti quello di Ceccano.
E la questione è approdata sul tavolo del presidente della Giunta regionale del Lazio, Francesco Storace, per opera del consigliere regionale diessino Francesco De Angelis. Questi ha infatti presentato al «governatore» un'interrogazione in cui sottolinea l'inopportunità di declassare di fatto l'Umberto Primo trasferendo altrove alcuni dei suoi reparti più importanti: «L'ospedale di Frosinone è stato riconosciuto dalla Regione quale sede di Dea e come tale va potenziato e non depauperato» sostiene De Angelis, che chiede a Storace se è a conoscenza delle intenzioni del manager Cavallotti e che tipo di iniziative intende assumere per impedire che il piano annunciato venga attuato.
Non solo. Strali sull'operato del direttore generale piovono anche dall'estrema destra. In una nota, Biagio Cacciola, capogruppo consiliare del Gruppo misto a Frosinone ed esponente del Fronte nazionale sociale, definisce «incredibile ciò che sta accadendo nella sanità frusinate» e denuncia che Cavallotti «sta trasformando l'Umberto Primo in qualcosa di indecifrabile». «A questo punto - continua Cacciola - ci saremmo aspettati la ristrutturazione del rapporto tra la AsI e la Città Bianca di Veroli che, nonostante la convenzione scaduta, continua ad erogare le stesse prestazioni, presumibilmente allo stesso costo e questo non per propria iniziativa. Non vorremmo essere di fronte al vecchio meccanismo delle proroghe concesse nel nome del bene pubblico. Sta di fatto - conclude l'esponente del Fsn - che con più di venti miliardi all'anno l'ospedale di Frosinone avrebbe avuto la possibilità di uscire dalla crisi che lo ha investito per via di una precisa strategia di depotenziamento del servizio pubblico. Verrà da ridere (o forse è meglio dire da piangere) quando andremo a verificare quanto tutto ciò sta costando alla collettività».

P. R.