Cronaca di Frosinone

Sabato 26 Maggio 2001

Intervista all’assessore regionale alla Sanità Vincenzo Maria Saraceni
Modello Lazio, servizi ed etica
Apertura di tre ospedali, varato il piano sangue, la campagna antinfluenzale e la commissione oncologica

ROMA - Tempo di bilanci e di programmi dopo un anno di giunta, un anno d’intensa attività. Vincenzo Maria Saraceni, il responsabile dell’assessorato più «difficile» della giunta, la sanità, ha affrontato questi primi 365 giorni con grande serenità ed impegno, ma soprattuTto con le idee chiare di viene dal mondo della sanità, di chi giornalmente aveva rIfatto i conti con i problemi, la situazione di degrado, le liste d’attesa, il disagio del cittadino nel rapporto con il servizio sanitario e oggi non esita a mostrare il suo stupore quando afferma: «Mi chiedo perché tanti problemi, ben conosciuti non venivano per niente affrontati».
Questo significa che si tratta di problemi solubili?
«Alcuni certamente sì, perché si tratta di cose mai realmente affrontate e penso al piano sangue e all’apertura di alcuni ospedali. Certo non è da sottovalutare il pesante disavanzo che abbiamo trovato: 7.400 miliardi».
Allora parliamo di ospedali
«A luglio scorso è stato acquistato il San Raffaele per 315 miliardi per farne un polo oncologico e dermatologico. Sempre a luglio sono stati stanziati 22 miliardi per Tor Vergata per l’avvio dell’attività dell’azienda ospedaliera universitaria del Policlinico. Una scelta strategica come dimostrano i numeri: siamo passati da 1743 pazienti di gennaio ai 9103 di aprile. Aperti poi gli ambulatori gli ambulatori del Sant’Andrea.
Questo significa che quando i problemi si vogliono affrontare e si ha determinazione, si arriva a soluzione e questa giunta lo ha dimostrato».
Sanità è anche prevenzione: ci sono obiettivi raggiunti?
«Un ottimo risultato è stato raggiunto dalla campagna antinfluenzale: ci siamo mossi per tempo, partendo a settembre e abbiamo avuto coperture tra la popolazione ultra sessantacinquenni del 117% in più rispetto l’anno scorso, passando da 260 mila a 600 mila vaccinati oltre a 4100 decessi in meno con un abbattimento. Non ci siamo "accorti" dell’influenza perché non ci sono state emergenze ospedaliere o gli ospedali in tilt del passato».
Un nodo dell’assessorato era il sistema tariffario: cosa è stato fatto?
«Lo scorso 22 dicembre è stato approvato nuovo sistema di tariffe per assistenza ospedaliera: sistema innovativo che ha equiparato le strutture pubbliche e accreditate per dare al cittadino la reale possibilità di scegliere. Inoltre si tratta di uno strumento di programmazione perché ha indicato quelle prestazioni che riteniamo più importanti per il cittadino rispetto alle quali non abbiamo previsto regressione tariffaria. Gli effetti si cominciano a vedere perché ho la dimostrazione che in alcune strutture nelle quali per interventi di protesi d’anca si aspettava 8 mesi, oggi l’attesa è ridotta a 45 giorni. Questo significa che quella struttura è andata verso prestazioni assolutamente qualitative abbandonando quelle meno importanti. Con quella delibera assegnato alle prestazioni il 49% del fondo regionale sanitario pari a 5527 miliardi per il 2000-2001, ma ci siano impegnati nel triennio a scendere al 46% del fondo, per poter recuperare risorse da destinare al territorio togliendole al fondo ospedaliero. In «mezzo» c’è l’approvazione del primo piano regionale del sangue, per raggiungere l’autosufficienza nel Lazio, la sicurezza trasfusionale e la qualità ed efficienza ed economicità dei servizi trasfusionali. Poi il programma «Hospice» approvato dalla giunta Storace per l’assistenza ai malati terminali e per la realizzazione di strutture residenziali: nel triennio 2000-2003 verranno realizzati 540 posti residenza. È stata istituita la commissione Oncologica regionale presieduta dal presidente Storace perché vogliamo che il Lazio diventi terra di speranza per i malati oncologici e così abbiamo fatto partire una serie di screening come quello del tumore al polmone e ovarico mentre intendiamo potenziare quello del tumore alla mammella. Sono state definite anche le linee guida per professione «intramuraria» nel Lazio. Inoltre abbiamo avuto relazioni internazionali: dal 21 al 24 aprile sono stato in Israele su invito del ministro della sanità dove ho firmato un protocollo preliminare di collaborazione tra stato d’Israele e regione lazio soprattutto nel settore delle emergenze e della telemedicina».
Un risultato concreto fino ad oggi, ma quali sono gli impegni per il futuro?
«Al primo posto due interventi strutturali sul sistena sanitario regionale per cercare di razionalizzare e di ridurre il disavanzo: accreditamento istituzionale e il piano sanitario regionale. L’obiettivo è quello di ridurre i posti letto per acuti che sono eccedenti nella regione, e soprattutto a Roma, e destinare maggiore risorse alle attività ambulatoriali».
Se si parla di turismo si dice che la Capitale è certamente «invadente» rispetto il resto del territorio regionale. È così anche nella sanità?
«Certamente perché Roma ha una sua specificità di cui bisogna tener conto e ne deve tener conto il Governo: ci sono 5 facoltà di medicina, 4556 posti letto, 6 istituti a carattere scientifico, tra cui Bambin Gesù, con 2073 posti letto, 8 appartenenti a enti ecclesiastici, con 2250 posti letto. In totale sono 8880 posti letto, il 35% di quelli del Lazio ma sono destinati ad aumentare perché ci sarà il completamento di Tor Vergata e entrerà in funzione il Policlinico Campus Biomedico. La presenza e lo sviluppo di questa rete sarà ricondotta all’interno della programmazione regionale anche se si tratta di posti letto per lo più decisi dallo Stato, p.l. che hanno costi assai rilevanti e quindi è lo Stato che dovrà tenerne conto nell’assegnazione dei fondi proprio perché per le sue specificità la Capitale manifesta una forte attrazione nei confronti nei soggetti erogatori».
Quale è il ruolo degli ospedali religiosi?
«Gli ospedali classificati, quelli religiosi, sono otto (7 cattolici e uno israelitico) erogano un servizio qualificato che peraltro in percentuale costa poco: sono 2250 letti con 537 miliardi di spesa; se aggiungiamo gli Ircss religiosi, Bambin Gesù e Idi, sono in totale 3385 letti, con una spesa complessiva di 790 miliardi, pari al 6.6% della spesa sanitaria del 2000. Quindi una presenza forte, qualificata e poco costosa».
Ma si riuscirà ad abbattere il disavanzo?
«Lo sforzo di razionalizzazione servirà per contenere il disavanzo ma le risorse per la sanità e per la salute sono destinate a crescere per elementi strutturali al sistema, penso all’aumento di popolazione anziana che consuma più servizi, penso a tecnologie introdotte in sanità, sempre più perfezionate ma più costose, penso alla domanda di salute e di qualità della vita da parte dei cittadini, che giustamente è sempre più forte. E allora non si può restare con percentuale di Pil intorno al 5% quando gli altri Paesi stanno al 6- 6,5% della spesa sanitaria. Noi ci impegniamo a garantire efficienza ma le ricorse necessarie devono esserci date».
Il suo assessorato come si pone nei confronti della medicina cosiddetta alternativa?
«Credo che alcune terapie in passato considerate alternative nel senso di non ufficiali, siano entrate a pieno titolo nell’ufficialità, come l’agopuntura che rientra nelle tariffe erogata anche in ospedale. Non escludo che possa verificarsi anche per altre terapie oggi ancora non ricondotte all’interno della medicina. Certo è che si porrà non solo per queste ma anche per altre terapie, più accreditate, l’esigenza di stabilire i livelli essenziali di assitenza, decidere cioè ciò che è veramente utile per i cittadini e fare in modo che non ne siano privati».
Come sono i suoi rapporti con un uomo dinamico, attento e determinato come il presidente Storace?
«Martedì scorso la giunta si è incontrata informalmente con il leader della Casa delle Libertà Silvio Berlusconi che ha avuto nei confronti del presidente Storace parole di apprezzamento e di simpatia. Credo che io non debba aggiungere altro se non che è un presidente esigente, che non fa sconti a se stesso e che alle sollecitazioni verso i suoi assessori non fa mancare il sostegno».
Se il Centrodestra riuscirà a fare «tris» con il sindaco Tajani, pensa che miglioreranno i rapporti con la giunta capitolina, fino ad oggi critica nei confronti della Regione?
«Ritengo che sia essenziale una sintonia di progetto tra la Regione il comune di Roma in materia socio-sanitaria, e questo non solo perché il Comune ha specifiche competenze in materia sociale e l’integrazione socio-sanitaria è un altro degli obiettivi mancati fino ad oggi, non solo perché ha competenze rispetto alla programmazione sanitaria della città (ho già detto della specificità di Roma e come su questa specificità sia necessario un intervento programmatorio forte e una azione congiunta nei confronti del governo centrale), ma anche perché senza un sindaco del centrodestra sarebbe diverso il disegno culturale per un servizio ai cittadini. Noi immaginiamo un governo «leggero», un governo cioè che vuole indirizzare, che vuole orientare ma non remare e che lascia alla società civile il compito di erogare i servizi privilegiando proprio la società rispetto allo Stato. Un disegno invece che fosse ancora accentratore, che pretendesse di erogare tutti i servizi sarebbe antitetico alla nostra visione che è la visione della sussidiarietà.
Bilanci, programmi e impegni: si sta delineando un «modello Lazio»?
«Penso di sì. Intanto perché la delibera sul sistema tariffario ospedaliero mi risulta sia stata assunta anche da altre due regioni, poi perché abbiamo modificato il meccanismo di remunerazione delle prestazioni di riabilitazione nel settore delle disabilità gravi, e il nostro modello è stato accolto con grande favore dalle associazioni rappresentative dei soggetti erogatori che vogliono farne richiesta alla conferenza stato-regione per invitare le altre regioni ad assumere lo stesso modello. Poi perché la presenza così significativa della ospedalità religiosa è un forte appello alla definitiva saldatura tra servizio sanitario ed etica. Anche questo può essere modello Lazio».