Cronaca di Frosinone

Lunedì 21 Gennaio 2002
Il medico: acquistiamo le sacche al nord, ma con l’autonomia le Asl hanno ridotto le quantità perché vendere non conviene

di FRANCESCA COPPOLA

«Manca sangue! Le feste natalizie hanno intorpidito le coscienze e a Frosinone è stato dimenticato il valore civile della donazione». Recita così il cartello scritto a caratteri cubitali in bella vista nel reparto ematologia dell'ospedale del capoluogo. Il primario del reparto, la dottoressa Annino, a riguardo afferma: «Il problema della carenza di sangue per le trasfusioni è una costante della nostra attività. Abbiamo esposto i cartelli che avete visto, per dare una mano al centro trasfusionale dell'ospedale ed invogliare alla donazione i parenti dei degenti». L'allarme parte infatti dal professor Ceccarelli, primario del centro trasfusionale, che quantifica la carenza di sacche di sangue nella sola regione Lazio in 35.000 unità "quelle che mancano per raggiungere una autosufficienza annuale". La difficoltà di approvvigionamento del sangue, dice il professore, "è cronica al centro-sud. Il livello di donazione è uno degli indicatori adottati per misurare l'indice di civiltà di un popolo, che quindi nel nostro territorio è molto basso". Per ovviare al problema, le Asl laziali acquistano il sangue dalle aziende ospedaliere del nord Italia dove, soprattutto in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, c'è un grado di solidarietà notevole. Cosa ha provocato, ora, questa preoccupante insufficienza di unità trasfusionali? «La riduzione di trasferimenti dal nord. Infatti da quando vige l'autonomia delle Asl - ci risponde Ceccarelli - le varie aziende settentrionali che finora vendevano più sangue al centro-sud, si sono fatte un po' di conti. Il prezzo per sacca di sangue è un prezzo politico, imposto nella cifra di 200 mila lire. Ora, quella cifra non è sufficiente a coprire i costi (per le analisi e per il personale) che l'azienda sostiene per la produzione di un flacone di sangue. Dunque, la raccolta di donazioni negli ospedali settentrionali, viene incentivata meno che in passato, e solo in misura da coprire le trasfusioni interne». Altra causa: l'inasprimento delle condizioni selettive per i donatori, che non permettono per esempio oltre una certa età di donare sangue «cosa che restringe il bacino di raccolta, poiché i giovani sono meno propensi a fare da volontari».
L'allarme-sangue d'altra parte ha una portata regionale. «In alcuni ospedali della regione ci troviamo nella situazione per cui malati come i talassemici, che si sottopongono a trasfusione ogni 15 giorni - dichiarano Salvatore Bonadonna e Romolo Rea, rispettivamente capogruppo e consigliere regionale di Rifondazione Comunista - devono aspettare la disponibilità di sangue anche 25 giorni, riducendosi in stato di completa anemia. Bisogna che la Regione investa per aumentare l'assistenza ai centri trasfusionali».