Oggi si conclude l’operazione della
Provincia che ha riformato il collocamento per favorire l’incontro tra chi cerca
e chi offre occupazione Il posto? E’ un lavoro
da specialisti Esaminati 322 mila disoccupati,
Fanfani: «Profili professionali vaghi, senza arte nè parte»di FABRIZIO VENTURINI
E’ gente senza arte
nè parte (con una formazione generica, superficiale, superata, carente o
impropria e inutile alle aziende), che non può aspirare a posti di lavoro più
gratificanti e meglio retribuiti di quelli di rango basso quasi sempre precari,
senza corsi di aggiornamento, formazione e riqualificazione professionale
secondo le esigenze dell’impresa. Suona più o meno così il giudizio di Giorgio
Fanfani (assessore provinciale alla Formazione professionale e alle Politiche
del Lavoro) sulla scarsa appetibilità delle schede curriculari compilate dai 322
mila senza-lavoro di Roma e provincia che, in cerca di occupazione, si sono
rivolti al Centro per l’impiego. Cioè al nuovo Ufficio di collocamento riformato
in base al Decreto 181 e passato alla Provincia. In due anni Fanfani ha creato
un call center con cui ha
azzerato le file per aggiornare i libretti e ha reiscritto giovani in cerca di
prima occupazione e adulti che un lavoro l’avevano e non l’hanno più. Per
entrambi oggi poteva essere un giorno importante, forse storico e invece sarà
come gli altri. Oggi si concludono i colloqui prenotati al call center per la stesura dei profili
personali. Ma dopo la lunga e laboriosa fase attuativa del nuovo sistema locale
di collocamento non partirà un meccanismo che incanali l’offerta di lavoro dei
disoccupati e la domanda di professionalità delle aziende. «Qualcuno dei
disoccupati censìiti e intervistati - dice Fanfani - un posto lo troverà e forse
alcuni già ce l’hanno. Il problema è che quelle autodichiarazioni son vaghe e
imprecise riguardo alle capacità professionali e alle aspettative personali. E’
dunque illusorio pensare a un incontro tra domanda e offerta di lavoro senza
prima qualificare la domanda con corsi professionali basati sul computer e con
piani di orientamento». Il segretario generale della Cgil locale sospira ed
allarga le braccia: «Fanfani sfonda porte aperte - mastica amaro Stefano Bianchi
-. Che fossimo in una situazione analoga a quella illustrata lo sapevamo e da
anni segnalavamo la divaricazione che a Roma e nel Lazio divide il sistema
formativo da quello aziendale. Fanfani ufficializza quello che tanti studi
dicono da mesi. Mentre il mercato del lavoro cerca personale qualificato per il
settore turistico-alberghiero i giovani si laureano in Storia della letteratura.
Qui più che altrove è grave la discrepanza tra domanda di professionalità delle
imprese e profili formativi dei giovani. Il fenomeno rischia di diventare
drammatico». I dati pesano. A livello regionale il tasso di crescita
dell’occupazione è passato dal 3,3% del 2000 all’1,14% del 2001. E se
l’occupazione aumenta (+ 32.000 unità rispetto al 2000) sono 250.500 le
collaborazioni continuative e subordinate, mentre i tassi di disoccupazione al
9,9% scendono meno che nelle altre regioni (9,3%). Fanfani concorda con Bianchi:
«C’è uno sbilancio di competenze che vogliamo riequilibrare monitorando le esigenze professionali
aziendali». Ma da responsabile Mercato del Lavoro della Cgil locale Tamara
Ferretti tallona l’assessore. «Il Decreto 181 non si limita ad assegnare alla
Provincia il compito di stilare schede personali dei disoccupati - dice - ma
pure quello di rispondere in sei mesi (a chi cerca la prima occupazione) e in un
anno (a chi ha già lavorava) dal primo colloquio al Centro per l’impiego con un
corso formativo o un posto di lavoro. Questo è il nodo che l’assessore deve
sciogliere subito». Fanfani contesta questa lettura del Decreto: «Se
qualcuno pensa che la Provincia possa dare lavoro a 322 mila persone delira,
scherza, mente. Al massimo possiamo favorire incontri tra aziende e disoccupati
specie se questi adegueranno le loro professionalità con i corsi che in tutta
Italia svolgono le Province. E solo a Roma, per scelta esiziale della Giunta
Badaloni, cura il Comune. Con il presidente Moffa chiediamo ai colleghi
regionali Storace e Simeoni di rimediare a quell’errore». Intanto, i disoccupati
aspettano la svolta che ancora non si vede.
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