Cassino/Il reperto stava per essere
inviato a Roma per le analisi di laboratorio. Scattata
l’inchiesta Utero sparito, mistero in
ospedale Serviva per chiarire il caso della
donna finita in coma in sala parto
di ALESSIO PORCU
Non lo trovano. L'utero
della paziente è sparito dall'ospedale di Cassino. Non si tratta di un reperto
qualsiasi: è quello che poteva chiarire i misteri della donna di 29 anni finita
in coma dal 26 gennaio scorso mentre partoriva nel Gemma de Posis. Il
contenitore sigillato che conteneva i resti umani è sparito verso la metà della
settimana scorsa: se ne sono accorti i sanitari che lo dovevano trasferire a
Roma per le analisi di laboratorio. Nell'elenco delle provette e dei vetrini da
prelevare c'era anche quella sacca in plastica, ma nel deposito non ce n'era più
traccia. Il manager della Asl di Frosinone Carmine Cavallotti ha subito ordinato
un'altra indagine interna, la seconda dopo quella che il 29 gennaio ha assolto
l'équipe impegnata in sala parto mentre Teresa (il nome è di comodo per
tutelarne l'anonimato) metteva al mondo il suo primo figlio e nello stesso
istante finiva al confine tra la vita e la morte. Gli ispettori nominati
dal direttore generale Cavallotti e dal direttore dell'ospedale di Cassino
Ettore Cataldi hanno ascoltato una ventina tra medici, infermieri e portantini.
Nessuno ne sapeva nulla. Inutile la perquisizione dei locali dove il contenitore
poteva essere finito, nulla nemmeno nei cassonetti speciali dove vengono gettati
i "rifiuti ospedalieri". Escluso che ci sia stato un errore nella spedizione:
sono stati sentiti i vettori ed i laboratori collegati con l'ospedale di
Cassino, nessuno ha trasportato o ricevuto per sbaglio un pacco diverso da
quelli indicati nelle bolle di trasporto. Sono passate 48 - 36 ore da quando
l'ultimo sanitario ha depositato la sacca a quando poi un suo collega è andato a
cercarla. Le ipotesi su cui gli ispettori stanno lavorando sono due: o
l'utero è sparito per un errore compiuto da qualcuno o è stato fatto sparire.
Questa seconda pista apre altri due scenari: o il furto è stato commesso per
nascondere delle prove oppure è stato compiuto per gettare fango contro i
medici, l'ospedale di Cassino e l'amministrazione dell'Asl. Perché c'è anche
quest'ultima teoria? La risposta è nei risultati della prima indagine, cioè
quella che ha spiegato cosa è successo in sala parto quel maledetto 26 gennaio.
L'ispezione ha accertato che alle 4.30 Teresa aveva finito il travaglio in modo
regolare, era dilatata e si intravedeva già la testa del bambino. E' stata
portata in sala parto e qui ha perso conoscenza all'improvviso. Il cuore si è
fermato. Il medico ha estratto con una ventosa il bambino facendolo nascere
sano, mentre altri intubavano la donna e la portavano in rianimazione. Si
pensava ad un aneurisma (la rottura di un'arteria che porta il sangue al
cervello) invece la Tac ha fatto nascere il sospetto che si sia trattato di una
Cid (ossia una coagulazione intravenosa diffusa): in altre parole, una parte del
sangue si coagula creando microscopici tappi che otturano i capillari. Dopo
circa 5 ore Teresa è stata portata di nuovo in sala operatoria a causa di una
violenta emorragia ed è stato necessario asportare l'utero, forse lesionato
nelle fasi concitate del parto. Ma tra queste eventuali lesioni ed il coma
durante il parto non c'è nessun collegamento. Ecco perché nessun sanitario aveva
interesse a far sparire l'utero. Un altro tentativo di screditare il reparto
Ostetricia c'era stato un mese fa, una serie di telefonate anonime alle
redazioni provinciali dei giornali raccontava di una neonata sfregiata durante
il parto per colpa di un medico. Ma era tutto falso. Ora Teresa - moglie
di un sottufficiale della Guardia di Finanza di Cassino - è in condizioni sempre
più gravi, la sua vita è appesa a un filo. Da quando ha messo al mondo il suo
primo bimbo non si è più svegliata.
|