I sindacati unitari in guerra contro la
Regione: il 6 marzo garantiti solo i servizi di emergenza La Sanità si ferma: sciopero Canali (Cisl): «Non ci ascoltano e così va tutto a rotoli»
di MARCO GIOVANNELLI
Il 6 marzo la sanità
si ferma per sciopero. Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato otto ore di astensione
dal lavoro, individuato i servizi essenziali garantiti e avviato le procedure di
“raffreddamento" della vertenza, cioè quelle iniziative che precedono qualsiasi
forma di lotta, chiedendo un incontro al Prefetto Emilio Del Mese. Luigi Canali,
segretario regionale della Cisl-Fps (tutto il pubblico impiego), è però
scettico. «Non pensiamo di trovare intese all’ultimo minuto - spiega - e credo
che questo è solo l’inizio. Chiediamo di essere ascoltati, di essere
protagonisti insieme alla politica dei cambiamenti nella sanità. Il problema
vero è che da quando si è insediata questa giunta non c’è stato dialogo. Eppoi
parliamo con l’assessore Saraceni ma decidono gli altri e per questo chiediamo
che l’interlocutore sia al massimo livello per avere risposte concrete alle
nostre richieste». Il sindacato chiede la concertazione e contesta la
politica sanitaria nel Lazio. «La sanità non va. L’ultimo esempio è il ticket
sulle ricette - aggiunge Canali -: non è un deterrente per il consumo perché non
è il paziente, quello che paga l’euro di tassa, a decidere le prescrizioni. Ma
ci sono tante altre cose che non si capiscono. Sono stati tolti i tetti alle
prestazioni specialistiche per mettere in competizione pubblico e privato ma non
sono stati indicati i requisiti sugli accreditamenti delle strutture e non tutto
il privato è bello come si crede. L’80 per cento delle indagini diagnostiche
risultano negative, il 50 per cento dei ricoveri in chirurgia non finisce sui
tavoli operatori. E allora mi chiedo se tutto questo è dettato da una grande
domanda di salute o è condizionato dal mercato che offre sempre più servizi».
Canali a nome della Cisl (ma le osservazioni al piano sanitario sono state
sottoscritte anche da Cgil e Uil) attacca la Regione. «Non si spende troppo nel
Lazio per la sanità ma si spende male - aggiunge -. Ma è possibile che nessuno
si è accorto che nelle cliniche private convenzionate i ricoveri sono aumentati
del 20 per cento? Non ci sono controlli, non c’è confronto con le organizzazioni
sindacali e ora ci presentano un piano regionale sanitario privo di contenuti.
Si accenna alla riprogrammazione della rete ospedaliera e se continua così la
sanità verrà erogata solo dagli ospedali. Prevenzione e riabilitazione chi le
offrirà?». Il sindacato sostiene che c’è già la legge sulla riduzione dei
posti letto: cinque ogni mille abitanti e di questi uno della la riabilitazione
e la lungodegenza. «Siamo pronti alla mobilità e alla riqualificazione del
personale ma ci devono dire cosa accadrà. L’uno per mille dei posti letto è
stato in pratica superato per la lungodegenza affidando in gran parte le Rsa ai
privati. Per la riabilitazione ci sono piccolissimi margini di manovra». Canali
giura che lo sciopero non è contro la giunta regionale ma si chiede dove sono
finite le promesse contenute nel programma elettorale del centro destra e nel
gran calderone della vertenza sanità, non vengono escluse critiche al
Campidoglio: «Siamo passati da un Rutelli fin troppo presente alla giunta
attuale quasi assente».
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