Alatri/Il dramma della ragazza che si
prese a pugni sulla pancia per porre fine ad una gravidanza e poi si
ricoverò Marina, sospetti su una clinica
privata Indagini per verificare se qualche
medico la fece abortire clandestinamente
di MASSIMO CECI
Su Marina (nome di
fantasia), la giovane ventenne di Alatri che a gennaio si è procurata un aborto
al quinto mese di gravidanza prendendosi a pugni la pancia, indaga la Procura di
Frosinone. Dalle prime indagini dei carabinieri, coordinati dal tenente Ciro
Piscopo, si è avuta la conferma che la ragazza è stata ricoverata (nel giro di
un anno e mezzo) tre volte nell’ospedale di Alatri per minacce d’aborto.
L’ultimo ricovero risale al periodo che va dal 24 dicembre all’8 gennaio quando
venne dimessa. Ed è qui che si concentra l’attenzione dei carabinieri: la
ragazza, infatti, uscì dall’ospedale con il bambino che aveva in grembo ancora
vivo. Il giorno dopo si è di nuovo ricoverata ma le sue condizioni erano
completamente cambiate: il feto era morto e lei presentava sulla pancia diverse
ecchimosi, segni evidenti di una serie di pugni. «Ho avuto uno scatto d’ira
- avrebbe detto la giovane - non sapevo che cosa fare e a chi rivolgermi. E
allora, in una crisi nervosa, ho cominciato a picchiarmi». Ma i carabinieri
vogliono vederci chiaro. Dove è stata la ragazza tra l’8 e il 9 gennaio? Il feto
è davvero morto a causa dei pugni che si è sferrata sulla pancia? O Marina, dopo
essersi sferrata i pugni, si è ricoverata in una clinica privata per abortire
con la complicità di un medico compiacente (visto che, essendo al terzo mese di
gravidanza, non poteva più farlo)? Molti a Tecchiena sospettano che proprio tra
l’8 e il 9 gennaio la ragazza si sia rivolta ad una clinica privata dove
l’aborto le venne praticato (clandestinamente) dietro il pagamento di una
discreta somma di denaro. Marina è una ragazza semplice. Una ragazza
fragile. Gli amici raccontano che non ha ancora trovato una relazione stabile
che potesse permetterle di portare avanti la gravidanza. Non lavora, e i
genitori (lui operaio, lei casalinga) sono stati drastici con lei: «Le nostre
condizioni economiche non ci permettono di sopportare un’altra bocca da
sfamare», le hanno detto. Anche il suo ragazzo, con il quale aveva concepito il
figlio, si è tirato indietro: «Non ci voglio entrare niente» è stata la risposta
all’annuncio della gravidanza. Ora Marina è sprofondata nella depressione. Ai
parenti avrebbe raccontato che l’aborto è stato per lei un’esperienza
traumatica, da cui non riesce a riprendersi. «E non è l’unico caso», precisa il
parroco.
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