Lazio

Giovedì 14 Marzo 2002
IL PROCESSO
Non visitò il malato a casa, condannato
Otto mesi al professionista, il paziente morì in ospedale dopo il ricovero

Prescrisse una terapia inadeguata senza visitare a casa l'anziano paziente che, ricoverato di urgenza all'ospedale Sant'Eugenio di Roma il 15 gennaio del '99, morì la mattina del giorno successivo per un edema polmonare e un infarto alla parete anteriore del cuore. Per questo suo comportamento, finì sotto inchiesta per omicidio colposo C.F., medico di famiglia di Giacomo Vecchione, 84 anni, che ieri, davanti al gup Pierfrancesco De Angelis, ha patteggiato una pena ad otto mesi di reclusione. Secondo il capo di imputazione formulato dal pm Maria Bice Barborini, C.F. avrebbe «omesso di visitare il paziente al proprio domicilio come dallo stesso richiesto, prescrivendo una terapia inopportuna e inidonea ai suoi trascorsi patologici, di cui era e doveva essere a conoscenza come medico curante, a terze persone (i parenti dell'uomo, ndr), non ponendo in essere tutti i necessari accertamenti clinico strumentali che avrebbero facilitato l'instaurazione di una idonea terapia ed una diagnosi corretta». Sono stati, invece, prosciolti, con una sentenza di «non luogo a procedere» per non aver commesso il fatto, due medici del nosocomio romano, L.Z. e L.A., il primo in servizio presso il reparto di Breve Osservazione, il secondo di guardia al Pronto Soccorso. Erano imputati sempre di omicidio colposo per aver «omesso di diagnosticare il grave quadro clinico respiratorio» di Vecchione.
Assistiti rispettivamente dagli avvocati Ettore Sabetta e Stefano Maccioni, L.Z. e L.A. hanno dimostrato, sulla base della consulenza tecnica d'ufficio, che all'ingresso nel reparto di Breve Osservazione, Vecchione «fu opportunamente sottoposto a terapia antibiotica e monitoraggio della pressione arteriosa». Non solo, ma sette ore prima del decesso, quando il paziente ebbe una crisi di ipertensione arteriosa, L.A., che come medico di guardia al Pronto Soccorso gestiva di notte le urgenze della Breve Osservazione, «ben controllò l'episodio di edema polmonare acuto con terapia cardioattiva e diuretici». Quanto al medico di base, la consulenza d'ufficio accertò che C.F. prescrisse «una terapia infiammatoria pur essendo al corrente del fatto che Vecchione era sofferente, oltre che di una evidente spondiloartrosi diffusa, anche di una miocardio angiosclerosi». E che «malgrado conoscesse la storia clinica dell'uomo e, quindi, doveva in qualche modo mettersi in allarme per la eventualità sopravvenisse una più grave patologia, se non di tipo respiratorio, di tipo cardiovasciolare, non ritenne di visitarlo al domicilio».