Lazio

Giovedì 4 Aprile 2002

Il ministro Sirchia ha annunciato di voler cancellare l’intramoenia della riforma Bindi. Ma la Regione Lazio aveva autorizzato i medici a servirsi dei propri studi
«Visite private in ospedale, un fallimento»
L’assessore Saraceni: «Poche strutture per dividere l’attività a pagamento da quella pubblica»

di MARCO GIOVANNELLI

Addio intramoenia. Il ministro Girolamo Sirchia ha spiegato ieri agli assessori regionali alla sanità il suo modello per cambiare il rapporto professionale tra medici ospedalieri e pazienti. Nella sostanza vengono create tre grandi tipologie di accesso alla sanità: prestazioni che si pagano i cittadini ma con tariffe stabilite dalle Asl e dalle aziende ospedaliere (in pratica come l’attuale intramoenia), prestazioni che il medico fornisce al suo ospedale facendosi pagare la parcella dalla Asl (servirebbe per abbattere le liste d’attesa), prestazioni sanitarie assolutamente libere per il medico.
Assessore Saraceni ma in pratica cosa cambia ora per i medici ospedalieri?
«Subito nulla, per ora è un coraggioso disegno di legge del ministro Sirchia che deve fare tutto il suo percorso. E’ però fondamentale avviare una discussione così importante. Quello che davvero era inaccettabile della riforma Bindi era l’impossibilità per i medici di modificare la propria scelta per tutta la vita professionale. Pensare che invece adesso si potrà cambiare, è una grande conquista di libertà».
Ma questo non le sembra un ritorno al passato?
«Prima di tutto il passato non è tutto negativo. Il vero scandalo è quello che si sente rispondere il cittadino: in ospedale tra un mese, a pagamento subito. La libera professione è un diritto dei medici ma soprattutto un diritto dei pazienti di scegliere da chi farsi curare. Così si contribuirà ad abbattere le liste d’attesa».
Perchè? Le liste di attesa sono ancora piuttosto lunghe, questa soluzione come favorirà un migliore accesso alle prestazioni sanitarie?
«La novità è rappresentata dalla libera professione pagata dalle aziende sanitarie e ospedaliere. Non vogliamo abbattere le liste d’attesa mandando i cittadini dal privato ma facendo funzionare meglio gli ospedali obbligandoli di farsi carico dei ritardi. Dovremmo prevedere una soglia massima per le prenotazioni, superata la quale automaticamente scatta la prestazione gratuita per il cittadino. Serviranno altre risorse finanziarie ma questo è un altro problema».
Il diritto di scelta per i cittadini non diventa un privilegio per i medici?
«La salute non può prescindere da un rapporto di fiducia».
Ma questa fiducia però è a pagamento.
«E’ il paziente che vuole quel medico, in quella struttura e in quegli orari. Il dottore è a disposizione di tutti fornendo la prima risposta piena e adeguata nella struttura pubblica. Poi si può pensare alla libera professione».
Non c’è il rischio di qualche sistema poco trasparente messo in atto da medici meno scrupolosi?
«Ogni sistema prevede dei rischi. Il nostro compito sarà quello di prevedere controlli severi per evitare speculazioni».
Un colpo all’esclusività lo aveva dato proprio lei nei mesi scorsi, quando autorizzò i medici ospedalieri a servirsi dei propri studi privati per visitare i pazienti.
«Era un grossa libertà ma sempre in un regime che doveva essere concordato con l’azienda sanitaria o ospedaliera».
Da allora ci sono stati dei miglioramenti per i malati?
«E’ troppo presto per valutarne l’incidenza».
Cosa non ha funzionato nel Lazio per l’intramoenia?
«L’intramoenia ha fallito ovunque. Non ci sono strutture per separare le due attività che devono essere assolutamente divise per evitare il rischio che il paziente che paga acceda prima anche a tutte le altre prestazioni ospedaliere».
Con questo nuovo sistema non si rischia di favorire la sanità privata?
«Le strutture pubbliche continueranno a funzionare, le faremo funzionare sempre meglio e nel Lazio stiamo riorganizzando e ristrutturando tutti servizi».
Esclude quindi una sanità di serie A e una di serie B?
«Chi si sottopone ad un intervento di cardiochirurgia al San Camillo ha una sanità di eccellenza. Ma questo non deve togliere a chi ha la possibilità di scegliersi il chirurgo dove vuole e quando vuole».