San Filippo Neri, Santo Spirito e Pertini
gli ospedali più intasati: sette mesi per un’ecografia. La Cgil: «La Regione
fissi i tempi massimi» «Liste d’attesa,
emergenza nazionale» L’assessore Saraceni: a
giugno il piano, corsie preferenziali per gli accertamenti
urgentidi FRANCESCA MALANDRUCCO
Per un'ecografia
al seno, occorre aspettare almeno sette mesi. Per un esame di cardiologia, ne
bastano quattro. Tanto è lunga l'attesa di quei pazienti che si rivolgono ogni
giorno all'ospedale San Filippo Neri per sottoporsi a uno dei due accertamenti
diagnostici. Ma se il caso del nosocomio romano salta agli occhi, nelle altre
strutture ospedaliere la situazione delle liste di attesa non è meno
congestionata. Al Santo Spirito e al Pertini, ad esempio, hanno addirittura
sospeso le prenotazioni per la risonanza magnetica e l'ecografia mammaria. Sono
questi i dati raccolti dalla Cgil Funzione pubblica, che la scorsa settimana ha
monitorato le liste di attesa in 10 grandi ospedali della Capitale, dal San
Camillo Forlanini al Pertini, dal San Giovanni al Grassi di Ostia, e in due
strutture di provincia. Ma l'assessore alla Sanità del Lazio, Vincenzo Saraceni,
risponde fornendo i suoi dati di raffronto tra i tempi necessari per sottoporsi
ad una prestazione specialistica nel 2002 e quelli di due anni fa. «Dal 2000 a
oggi - spiega Saraceni - abbiamo lavorato duramente, considerando il problema
delle liste di attesa una delle priorità inserite all'interno del Piano
sanitario regionale. In questi due anni siamo riusciti in alcuni casi ad
abbattere dal 40 al 90 per cento i tempi, come nel caso della risonanza
magnetica al San Camillo, dove l'esame si esegue oggi entro due
settimane». Analizzando nel dettaglio i dati raccolti dalla Cgil si
scopre che per effettuare un accertamento cardiologico si aspetta da un minimo
di sette giorni del Policlinico Casilino, ai due mesi del San Camillo, fino ai
45 giorni del San Giovanni e del Nuovo Regina Margherita. Le cose non migliorano
se la visita è nel reparto di ortopedia. In questo caso l'ospedale Pertini e il
Policlinico Casilino hanno chiuso le prenotazioni. Al Nuovo Regina Margherita si
devono aspettare 70 giorni, e due mesi al San Filippo e al San Giovanni.
Paradossalmente va meglio al San Giacomo, dove l'attesa è di 53 giorni, o al
Santo Spirito dove se ne aspettano appena 20. E' tragica anche la situazione per
chi deve sottoporsi ad una risonanza magnetica. Sono pochi i centri che eseguono
questo tipo di esame e l'attesa, anche in questo caso va dai 90 giorni dell'Ifo
Regina Elena, ai 45 giorni del San Giovanni. Il monitoraggio del
sindacato ha interessato anche i centri unici per la prenotazione di visite e
analisi specialistiche che, per legge, tutte le strutture sanitarie pubbliche
avrebbero dovuto attivare. In realtà, denuncia la Cgil, dei 10 cup attivati, tre
sono aperti solo durante la mattina, mentre il centro del Grassi non accetta
neanche le prenotazioni telefoniche. Il sindacato punta il dito contro
la Regione. «Secondo l'impegno preso in conferenza Stato-Regioni - spiega
Tiziano Battisti, responsabile regionale del settore sanità della Cgil -, la
Pisana avrebbe dovuto entro fine maggio individuare i criteri di priorità per
l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e fissare i tempi massimi
di attesa. Ma non lo ha fatto». Il sindacato chiede, dunque, che la Regione
prenda in tempi rapidi i provvedimenti necessari per risolvere il problema delle
liste di attesa. «Pensiamo al prolungamento degli orari per effettuare gli esami
specialistici - prosegue Battisti - che in molti ospedali sono ridotti solo alla
mattina. In questo caso i progetti pilota avviati al San Camillo, dove la
risonanza magnetica viene fatta anche il sabato e la domenica, e nella Roma B,
dove lo scorso anno sono stati effettuate 2000 ecografie in più, hanno dato
ottimi risultati». E l'assessore alla Sanità, Saraceni, precisa: «Quello
delle liste di attesa è un problema nazionale. Per questo nei primi giorni di
giugno, insieme alle altre Regioni, adotteremo criteri di priorità e tempi di
attesa comuni, per risolvere una disfunzione che riguarda l'intero sistema
nazionale. Nel piano sanitario regionale, inoltre, abbiamo già previsto misure
che serviranno ad arginare il problema: dalla possibilità di incentivare
l'attività privata dei medici negli ospedali con risorse regionali, a nuovi
progetti pilota».
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