Poco
personale infermieristico scarseggiano anche i medici di FRANCESCA MALANDRUCCO
«Abbiamo preso il
primo aereo disponibile e dal Venezuela ci siamo precipitati di corsa a Roma.
Mio padre è stato ricoverato in ospedale all'improvviso, pochi giorni prima di
Ferragosto. I medici avevano parlato all'inizio di ictus. Temevamo di non
riuscire neanche a dirgli addio». Antonio e Maria Suozzi, accanto al letto del
padre, nel reparto della Prima Medicina del Sandro Pertini, raccontano. «Abbiamo
aspettato tre giorni prima di poter parlare con un medico. Non c'era nessuno
sotto Ferragosto - continua Antonio -. Finalmente questa mattina (ndr. ieri per
chi legge), un dottore ci ha letto il referto: insufficienza respiratoria per
enfisema polmonare». Armando, classe 1920, e una grande voglia di vivere, verrà
dimesso oggi. «Se lo avessimo saputo prima - spiegano i figli - non avremmo
fatto 10 mila chilometri di corsa per arrivare qui». Ma Armando è contento di
tornare a casa. In quel reparto di ospedale non vuole rimanere neanche un'ora di
più. «Per convincere l'infermiere di turno ad accompagnarlo in bagno - confida
Antonio - mio padre gli ha dovuto dare una mancia di 20 euro. E' uno scandalo».
Nella stessa camerata anche Mario, ottant'anni passati e una grave malattia
cronica che non lo rende autosufficiente, è stato costretto a pagare per avere
un po' di assistenza. La moglie gli ha messo accanto un infermiere privato che
lo aiuti a mangiare e gli cambi il pannolino quando ne ha bisogno. E non è il
solo ad essere seguito da personale specializzato esterno all'ospedale Pertini.
I posti letto nei reparti di medicina sono tutti occupati. I pazienti sono
soprattutto anziani, e il personale in questi giorni di metà agosto è ridotto
all'essenziale. «Abbiamo paura di rimanere soli, di non essere accuditi»
borbotta ancora Armando. Le visite dei parenti, poi, sono contingentate. Salvo
rare eccezioni si può entrare solo per un ora al giorno, dalle quattro e mezza
del pomeriggio. Ma nell'ospedale, vuoto per ferie, nessuno sembra dar peso a
episodi di ordinaria malasanità.
Così anche la storia di Lina, nata nel
1914, passa inosservata tra l'indifferenza del personale del San
Giovanni-Addolorata. Dall'inizio di agosto è ricoverata nel reparto di medicina
dell'Addolorata. Poche visite, centellinate in questi giorni di vacanza, che non
riescono a soddisfare il suo bisogno di affetto. «Mi facevo la pipì a letto. Mia
nuora mi sgridava. E' stato per questo che mi hanno portato in ospedale». E' la
versione raccontata da Lina, mentre mangia avidamente un piatto di riso, così
come avidamente si aggrappa a quel che è rimasto della sua vita, tra i dolori
alle ossa, la memoria che va e che viene. Da una settimana Lucia si prende cura
di lei. «Vengo qui per mia madre, malata terminale di tumore - spiega la donna
-. E non ce la faccio a vedere un essere umano ridotto in questo modo. Gli
infermieri per tre giorni hanno lasciato Lina sporca, senza cambiarle il
pannolino». Ma Lucia non è l'unica a lamentarsi. Rannicchiati nei loro letti di
ospedale, con un ventilatore acceso per sottrarsi alle calde temperature
esterne, gli altri anziani ricoverati aspettano che passino questi giorni di
agosto, perché quei corridoi deserti del San Giovanni li fanno sentire ancora
più soli. Anche il Policlinico Umberto I ieri aveva cambiato volto, con
quei padiglioni serrati, i corridoi vuoti e bui. Pochi i medici e gli infermieri
al lavoro. «Impossibile anche prendere un caffè o comprare il giornale - dice
Bernardina, che sta trascorrendo questi giorni di agosto accanto al padre
ricoverato nella II clinica medica - L'edicola è chiusa e l'unico bar rimane
aperto solo fino alle 15». Nei reparti, però, dove sono stati accorparti i
letti, l'attività non si ferma. Le medicine e la geriatria sono al completo, tra
malati di alzaimer, cardiopatici, o anziani con problemi respiratori, non c'è
neanche un posto libero.
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