All’impiegato ex “sesto livello” aumenti attorno ai
103
Per difendere i salari, sacrificati i premi di amministrazionedi
PIETRO PIOVANI
ROMA — Per i dipendenti pubblici il rinnovo dei contratti, scaduti da
oltre un anno, sembra vicino. Mercoledì riparte la trattativa per il primo
comparto, quello dei ministeri. Quando sarà chiuso, l’accordo servirà da
modello per tutti gli altri: la scuola, i vigili del fuoco, il parastato,
gli enti locali, la sanità, l’università, gli enti di ricerca. L’intesa
non dovrebbe essere troppo difficile, anche se non mancano gli scogli da
superare soprattutto sulla parte normativa (a cominciare dall’orario di
lavoro, visto il decreto del governo sulle 40 ore). Per la parte
economica, i soldi a disposizione sono quelli stabiliti con la legge
Finanziaria. E allora che cosa rimane da trattare? Primo, si dovrà
stabilire quale parte delle risorse va effettivamente destinata al salario
base e quale invece va distribuita con i contratti integrativi. Secondo,
si devono fare meglio i calcoli (che nel pubblico impiego non sono mai una
cosa semplice) per capire, con le risorse a disposizione, quanto spetterà
davvero a ciascun impiegato pubblico.
Se tutto andrà bene, la firma arriverà nell’arco di qualche giorno o
tutt’al più di qualche settimana. Dopo di che per i dipendenti ci sarà una
doppia piacevole sorpresa in busta paga: l’aumento mensile lordo; e una
sostanziosa una tantum che comprenderà (come sempre in questi casi) gli
arretrati, cioè gli aumenti maturati in questo anno e passa di vacanza
contrattuale.
L’una tantum. Anche se il conteggio è inevitabilmente approssimativo, si
può già calcolare a quanto più o meno ammonteranno gli arretrati.
Considerando le risorse stanziate con le due ultime leggi finanziarie, il
ministeriale medio dovrebbe ricevere una cifra superiore ai 750 euro
lordi. Il bonus ovviamente sarà erogato con il primo stipendio
post-rinnovo contrattuale. Ed è chiaro che ogni mese di ritardo
nell’entrata in vigore del contratto significherà un incremento dell’una
tantum: se il contratto slitta di un mese, agli arretrati si aggiunge una
mensilità di aumento cioè (sempre per lo statale medio) un centinaio di
euro.
Gli aumenti mensili. Come si diceva, l’entità degli aumenti è già
definita. Restano solo da fare gli ultimi calcoli e gli ultimi giochi
contabili, comunque alla busta paga media di un ministeriale il rinnovo
dovrebbe portare 102-103 euro mensili lordi, cui al massimo potrebbe
aggiungersi qualche altro spicciolo nel corso della trattativa. Per le
altre categorie di dipendenti pubblici l’aumento sarà ovviamente diverso,
essendo diversa la retribuzione media di partenza: negli enti locali la
somma sarà leggermente inferiore ai 100 euro, nel parastato dovrebbe
essere di almeno 126 euro, per i dirigenti medici più di 260 euro.
Discorso particolarmente complicato per il personale della scuola. Dove le
risorse sarebbero abbondanti ma per utilizzarle ci vuole il via libera del
Tesoro, che non arriva (è in corso un insistito braccio di ferro tra la
Moratti e Tremonti).
I contratti integrativi. Sono una delle grandi novità introdotte negli
anni novanta nella pubblica amministrazione italiana. Ogni ufficio ha a
disposizione un gruzzolo da usare come crede, per premiare i più bravi,
per favorire una riorganizzazione del lavoro, per incentivare il personale
nel modo più adatto a ogni singola realtà. Le difficoltà economiche
incontrate dal governo hanno però portato a sacrificare i contratti
integrativi. Per difendere i salari dall’inflazione senza peggiorare i
conti dello Stato, si è preferito spostare sul reddito fisso le risorse
già previste per gli integrativi del 2002. L’Aran (l’agenzia che negozia
il contratto nazionale per conto del governo) e i sindacati avranno mano
libera nel decidere come utilizzare quei soldi, che in totale possono far
aumentare gli stipendi dello 0,5%. Anche il sottosegretario alla Funzione
pubblica Learco Saporito invita le parti a destinare «più soldi al
recupero dell’inflazione, meno alla produttività».
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