Martedì 18 Febbraio 2003

Le aziende alla ricerca di figure che sul mercato non ci sono. E i disoccupati continuano a fare la fila al collocamento
Sorpresa, ci sono 4.000 posti di lavoro
E gli industriali accusano: «Troppi corsi professionali sono inutili»

di STEFANO DE ANGELIS

L’ultimo paradosso della Ciociaria si chiama lavoro. Una recente indagine commissionata dalla Camera di Commercio dimostra che i posti ci sono, ma troppo spesso mancano le figure richieste.
E’ infatti di 4.164 unità il fabbisogno occupazionale delle industrie private in provincia (oggi il pubblico praticamente non assume più). Ma spessissimo gli imprenditori non trovano i profili che interessano.
Il settore dell´industria, in particolare quello manifatturiero, è quello che richiede più personale: ben 2.268 unità pari al 54,53%. Un numero considerevole delle assunzioni di cui si ha bisogno, ben 1.896 pari al 45,53%, riguarda il settore dei servizi. Le imprese, dunque, manifestano un fabbisogno occupazionale di oltre 4 mila nuovi addetti e sono quelle piccole (da 1 a 9 dipendenti) a esprimere maggiori esigenze. Le richieste riguardano prevalentemente gli operai specializzati, ma anche conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili e operai di montaggio. Entrando nei dettagli delle qualifiche, le imprese manifestano necessità di conducenti di autocarri pesanti e di camion, di addetti all´edilizia in genere e così via (vedi tabella a lato). E, inoltre, la gran parte degli imprenditori, pari al 52%, è pronta a firmare un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
E allora perché c´è fame di lavoro? «Purtroppo - osserva il direttore dell´Unione Industriale, Marcello Bertone - è in atto la crisi della formazione dei lavoratori. In particolare c´è una forte carenza di operai specializzati dovuta al fatto che la formazione, curata da enti specifici, oggi non corrisponde a quella richiesta dalla aziende. Di conseguenza la domanda dell´offerta non può essere soddisfatta. Il problema è dunque alla base, ma è di natura complessa. Importante sarebbe destinare maggiori fondi alle imprese che potrebbero gestire autonomamente la formazione in base ai loro fabbisogni. C´è carenza di manodopera anche in quei settori che non richiedono una particolare specializzazione - prosegue - e che sono rifiutati da molti giovani. Essi, inoltre, sono sempre meno disposti a lavorare anche nelle industrie, in particolare nel ramo manifatturiero, e in pochi sono propensi a fare l´operaio o il muratore».
Sulla stessa linea è anche il presidente dell´Unione Industriale, Giuseppe Zeppieri, che riconosce il fallimento della tipologia di formazione dei lavoratori e sottolinea: «E´ un dato oggettivo che la formazione attuale non è quella richiesta dalle aziende. L´unica via d´uscita è quella di una veloce evoluzione». Critico è il segretaio della Cisl, Romano Fratarcangeli che tuona: «Tra i maggiori responsabili del fallimento dei corsi c´è anche la Camera di Commercio che si è affidata ad una società che si occupa di formazione, senza però ottenere i risultati sperati».