I sindacati: «I settori più
colpiti sono l’edilizia, tessile e commercio. Più del 10% dei lavoratori
regolari vengono sfruttati dai propri datori»di DIANA ISABELLI
Allarme lavoro nero.
Frosinone è tra le province italiane a più alto rischio di lavoro sommerso.
Siamo all'undicesimo posto nella scala nazionale (insieme a Roma, Crotone,
Matera e Trapani), con un valore di "rischio" pari allo 0,630, calcolato in un
intervallo che va da zero a uno. È quanto emerge da una ricerca effettuata
dall'ufficio studi della associazione "Artigiani e piccole imprese" di Mestre,
la Cgia. L'associazione ha preso in considerazione i dati relativi ai consumi
familiari ed elettrici, i redditi, i depositi bancari e gli indici di
disoccupazione, tracciando così una possibile mappatura del rischio di lavoro
sommerso nelle province italiane. Ai primi posti si sono classificate Cagliari,
Napoli e Caltanissetta, con un valore di rischio pari a 0,778. Ma in
Ciociaria il lavoro nero non rappresenta solo un rischio: su dieci lavoratori
almeno tre non sono in regola. E ad alimentare la piaga del sommerso sono
soprattutto il settore dell'edilizia, quello del commercio e quello tessile.
«Più del 30% degli addetti edili lavora in nero - afferma Francesco Fareta della
Uil-Feneal per l'edilizia - Per non parlare di un abbondante 10% di lavoratori
regolari sfruttati dai propri datori, che versano loro pochi contributi o che
non li retribuiscono a sufficienza (come accade per molti part-time, che invece
lavorano tutto il giorno). Purtroppo non si possono avere dati ufficiali,
dobbiamo basarci sul numero degli impiegati regolari, che per la Cassa Edile
sono 7000. Se da questi si escludono circa 1200 imprese individuali, il 30% del
restante è tutto lavoro nero». A conti fatti, quindi, gli irregolari nel settore
edile sono circa 1800. Ancora più preoccupata sembra la Cgil: «La situazione
è gravissima - afferma Luciano Piroli, del settore edile - I risultati
dell'indagine della Cgia rispecchiano perfettamente la delicata situazione che
vive la nostra provincia. Il lavoro sommerso ha raggiunto quasi il 40%». Ma
quali sono le cause di questo fenomeno? «La principale è senz'altro la mancanza
di cultura - spiega Fareta - Si cerca di essere competitivi riducendo i costi,
invece di mettere in regola i lavoratori e puntare sulla trasparenza. Con gli
irregolari le aziende risparmiano fino al 40%, ad esempio non pagano i
contributi né spendono per la sicurezza. Inoltre va considerata l'incidenza del
fattore disoccupazione: abbiamo superato i cento mila disoccupati, e questo non
fa che incentivare il lavoro nero». Possibili soluzioni? «I controlli devono
essere più serrati - afferma Piroli - Quelli che vengono fatti attualmente sono
pochi e blandi. Comunque ci stiamo attivando: con i costruttori abbiamo
istituito un comitato tecnico (Ctp) che svolge opera di consulenza e verifica».
«Inoltre - aggiunge Fareta - tra qualche giorno verrà ufficializzato un
protocollo di intesa tra Cassa edile, Inps, Inail, Camera di commercio e Asl».
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