E il paziente buttò via cateteri e
borsette
di ALDO SIMONI
«Un giorno un paziente si avvicinò tenendo per mano la
sacca delle urine e, disperato, mi disse: ” Dottò, non ce la faccio più a
sopportarla. Mi aiuti lei... ”. Capii che in quelle parole c’era tutto il
dramma dei pazienti costretti a convivere con una patologia renale che
rende la loro qualità di vita amara, quasi insopportabile. E lì - rivela
il dottor Maurizio Turriziani, primario del reparto di Urologia degli
ospedali di Frosinone e Alatri - nacque l’idea». L’idea è poi diventata
una importante innovazione tecnologica nel campo dell’Urologia. In pratica
si tratta di un catetere renale, che si applica in regime di day-hospital,
e che permette ai pazienti di vere una vita normale, senza dover
sopportare quei fastidiosissimi tubicini collegati alle ”sacche
dell’urina”.
All’inizio il dottor Turriziani confidò questa sua idea alla moglie, la
dottoressa Sandra Spaziani, anestesista. E fu lei a procurargli i primi
cateteri venosi (nel 1994) che gli permisero di sperimentare questa nuova
tecnica sfociata, oggi, nel ”set per nefrostomia per-cutanea”.
In pratica, quando un rene non funziona e, comunque, deve essere svuotato,
si applica questo catetere di materiale biocompatibile (il poliuretano PC
rivestito) che, passando sotto la pelle, arriva fino all’altezza del
ventre dove viene applicata una piccola sacca di plastica che conterrà
l’urina.
«Il vantaggio è duplice - spiega il dottor Turriziani - Innanzitutto
questo tubicino non si vede (perché sottocutaneo) e poi sparisce
quell’antipaticissima sacca delle urine giacché il nuovo sacchetto viene
collocato all’interno dei pantaloni in modo che il paziente, di tanto in
tanto (come qualsiasi persona) può andare al bagno, scaricare l’urina e
riposizionare il sacchetto».
Insomma, il malato aumenta la propria indipendenza e conserva la propria
immagine corporea, in più elimina tutti quegli effetti difficilmente
accettabili dal punto di vista psicologico.
Non solo: ma il cambio del catetere sale da 2 a 6 mesi. «Anche se devo
dire - aggiunge il dottor Turriziani - che ho un paziente che sta
sperimentando il kit da 10 mesi e va ancora benissimo».
L’invenzione del kit (formato da catetere, dilatatori, cannula...) è
subito piaciuta ad una ditta tedesca, la Urotech, che ne ha avuto notizia
da alcuni informatori farmaceutici che lavoravano in Ciociaria. Ed ora
sarà la Urotech a commercializzare il ”kit-Turriziani”: così potrà
capitare che in qualsiasi ospedale dell’Universo, in camera operatoria,
non sarà raro sentire un urologo che dice ad un collega: «Mi passi il ”
kit-Turriziani ?”».
Già, perché quest’invenzione sarà presentata ufficialmente il 10
settembre, a Creta, in occasione del Congresso Europeo di Urologia. Quindi
partirà la distribuzione in America Latina e in Europa.
Una curiosità: erano cento anni che l’Italia non contribuiva
all’innovazione nel campo dell’Urologia. Oggi lo fa grazie ad un medico
ciociaro.
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