SPALLONE, LA CLINICA DEGLI ORRORI
Aborti: ginecologo condannato
Confermata, in appello, la pena a dieci mesi per il dottor
Pavia di Cassino
Nuova mazzata giudiziaria per la ”Clinica degli orrori” di Roma. La Corte
d’Assise di Appello di Roma ha confermato, diminuendole lievemente per
quattro imputati, le condanne per i sette, tra medici e dipendenti, finiti
nell’inchiesta per gli aborti clandestini che avvenivano all’interno di
Villa Gina. Il presidente della Corte Antonio Cappiello, dopo ben dieci
ore di camera di consiglio. La Corte ha anche trasmesso gli atti
all’ufficio del pubblico ministero affinchè proceda per omicidio
volontario nei confronti delle 16 madri che abortirono dopo il terzo mese
di gravidanza.
Ilio e Marcello Spallone sono stati condannati a 18 anni di reclusione
ciascuno (in I grado ne avevano avuti 20), l'anestesista Giuseppe Capozzi
ha avuto 11 anni, 11 mesi e 20 giorni di reclusione (in primo grado 12
anni). La segretaria di Spallone Isola De Vita ha avuto 9 anni (in primo
grado 12). Confermate le condanne per l’ostetrica Assunta Caccia, a 14
anni di reclusione, 10 mesi per il ginecologo di Cassino Giuseppe Pavia,
accusato di aver indirizzato donne a Villa Gina lucrando sui compensi, e
un mese e dieci giorni per Donatella Bonanni. Gli altri imputati hanno
optato per il rito ordinario che si celebrerà l’11 novembre.
Spallone è stato condannato anche per truffa. Venne difatti querelato dal
padre di una tossicodipendente di Ceccano che portò la figlia, F. P., 33
anni, in clinica per farla disintossicare. L’uomo, tutelato dagli avvocati
Romano e Filippo Misserville, nel 1999 incontrò Spallone che gli disse di
portargli 12 milioni di vecchie lire per operare la figlia. Lui,
commerciante, non riuscì a racimolare tutta la somma. Spallone, secondo
l’accusa, gli avrebbe proposto un accordo: i soldi che aveva, ma avrebbe
dovuto far ricoverare anche la moglie, per ottenere i rimborsi dallo
Stato. Circa due mesi dopo la ragazza fu costretta a rioperarsi di nuovo
per togliere la capsula: era stata molto male e la cura sperimentale non
aveva avuto alcun effetto. In quell'occasione ci fu anche una violenta
discussione con i medici e per poco non si venne alle mani. Fu dopo la
seconda operazione che la famiglia di F.P., sentendosi truffata e non solo
(nella denuncia parlarono di maltrattamenti dubiti dalla ragazza durante
il ricovero) si rivolse all'avvocato e presentarono denuncia. Il fascicolo
venne trasmesso dalla procura di Frosinone a quella di Roma che lo inserì
nel processo.
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