Cronaca di Frosinone

Sabato 10 gennaio 2004
Sei medici di cardiologia a giudizio

Mezzo reparto di cardiologia dell’ospedale di Frosinone è finito sotto processo. Lo ha deciso ieri il gip di frosinone, il dottor Lanna, che ha rinviato a giudizio Alberto Scaccia, 53 anni, Giovanni Faticanti, 61 anni, Leonardo Genova, 50 anni, Massimo Savona, 41 anni, Elisabeth Alecandelaria, 51, e Luigi Carbonardi (difesi da Mariniello, Cristofari, Trecca, Gargaruti e Savona, parte civile Ottaviani e Cavalli) con l’accusa di omicidio colposo. In sostanza sono accusati di aver sottovalutato l’aneurisma alla aorta che provocò la morte del sessantunenne Antonio Fabrizi, ex ragioniere del comune di Monte San Giovanni Campano. Il processo inizierà il 7 maggio.
Nell’inchiesta, scaturita da una denuncia presentata dai famigliari, la moglie e i due figli, Giuseppe e Massimo, al sostituto procuratore Alberto Amodio, finirono indagati nove medici, ma tre di essi vennero prosciolti. «Mio padre si trovava in Comune - racconta il figlio Giuseppe di 36 anni - Era il suo ultimo giorno di lavoro. Per lui era giunto il momento di andare in pensione. Fece il discorso di saluto, davanti a tutti i suoi colleghi e amici, me, mia madre e mio fratello. Poi accusò un forte dolore al torace, sotto all’orecchio e al collo. Venne soccorso dal medico di Monte san Giovanno. Gli misurò la pressione e gli prese il battito cardiaco. Papà sudava e aveva dei conati di vomito». Il medico diagnosticò una patologia cardiaca e disse che l’uomo doveva essere trasportato subito in ospedale. All’”Umberto I” di Frosinone vennero effettuati degli esami, al termine dei quali gli venne diagnosticata una duedonite acuta. L’indomani venne trasferito all’ospedale ”San Camillo” di Roma. Venne immediatamente sottoposto ad intervento chirurgico, ma morì a causa dell’aneurisma.
«Nonostante tutto quello che è successo - afferma il figlio, stringendosi nelle spalle - continuo ad avere fiducia nella Sanità pubblica. Noi famigliari non abbiamo presentato quella denuncia per vendetta, tanto mio padre non ce lo restituirà più nessuno, ma per salvaguardare le aspettative di chi si rivolge alle strutture pubbliche. Noi ci siamo fidati e devono continuare a farlo anche gli altri».

F.Ri.