Tfr statali, regole entro due mesi
di Giorgio Pogliotti
Anche per i pubblici dipendenti è scattata l'ora della
riforma della previdenza complementare. Il ministero del Lavoro entro
due mesi intende varare il decreto per estendere il campo d'applicazione
del Dlgs 252 del 2005 anche alla platea di dipendenti pubblici che
finora erano esclusi. Ma i nodi tecnici e finanziari dell'operazione
dovranno essere sciolti in un tavolo negoziale all'Aran con i sindacati
e il ministero della Funzione pubblica. Il fondo pensione Espero—
l'unico finora decollato con 50mila adesioni nella scuola — potrà così
essere affiancato dai fondi negoziali destinati ai lavoratori dei
ministeri e degli enti pubblici non economici, degli enti locali e della
sanità. Anche per quest'ultimo comparto, infatti, nonostante l'accordo
istitutivo del 2004, ancora deve essere costituito il fondo.
Decreto in arrivo
È stato il ministro Cesare Damiano ad annunciare la prossima estensione
della previdenza complementare oltre che agli 11 milioni di lavoratori
dipendenti del settore privato anche alla platea dei 3,3 milioni di
dipendenti del pubblico impiego. Il consulente previdenziale del
ministro, Giovanni Pollastrini, conferma che il decreto ministeriale
correttivo verrà emanato in tempi rapidi.
Ma per l'effettiva estensione della previdenza complementare vi sono
ancora importanti aspetti da risolvere,come l'applicabilità del
meccanismo del silenzio assenso e la portabilità dei contributi versati
al fondo in caso di trasferimento del dipendente a un altro settore. Più
in generale, vanno risolte le questioni legate alle peculiarità del
pubblico impiego rispetto agli altri comparti. Tutti i pubblici
dipendenti assunti prima del 1° gennaio 2001 godono di un diverso —e con
un meccanismo di calcolo più favorevole — trattamento al termine della
loro vita lavorativa. Dovranno trasformare il trattamento di fine
servizio ( Tfs)o le indennità di buonuscita in trattamento di fine
rapporto (Tfr) per aderire ai fondi pensione. Ma le diversità non si
fermano qui. «Nella scuola — spiega Pollastrini — la quota di Tfr
versata dal datore di lavoro viene accantonata virtualmente e
contabilizzata dal fondo in modo puramente virtuale. Viene poi erogato
al dipendente con una rivalutazione calcolata sulla media di un paniere
di fondi pensione». Tra i problemi da affrontare c'è l'equiparazione tra
questi fondi che gestiscono risorse virtuali e quelli che stanno sul
mercato e operano con risorse vere.
«È importante far decollare i fondi nel pubblico impiego — sottolinea il
coordinatore del Dipartimento settori pubblici della Cgil, Michele
Gentile — visto che i dipendenti hanno una media di 18 anni di servizio
con un regime pensionistico contributivo o misto, e hanno bisogno della
previdenza complementare per integrare la pensione.Ma per trovare una
soluzione ai numerosi problemi aperti è necessaria una rapida
convocazione all'Aran e poi un intervento del Governo con il decreto,
non il contrario».
La stima delle adesioni
Oltre il 53%dei lavoratori potrebbe scegliere di destinare il proprio
Tfr maturando ai fondi pensione, anche se la stima del Governo è più
prudente e si attesta al 40%, tre volte l'attuale adesione (13%). A
fornire questa nuova stima è lavoce.info — il sito degli economisti
guidati da Tito Beri — in un'analisi curata da Riccardo Cesari. Se la
campagna informativa risultasse particolarmente efficace, la quota di
Tfr destinata ai fondi pensione potrebbe aumentare a scapito del Tesoro.
Mobilità per gli statali
L'intervista di ieri del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, a
Repubblica fa discutere: frenano gli altri sindacati e plaude
Confindustria. Nel considerare la riforma della pubblica amministrazione
«il cuore dei problemi», Epifani propone «incentivi per favorire la
mobilità, investimenti in formazione e la fine della precarietà». Cauto
il segretario generale aggiunto della Cisl, Pier Paolo Beretta: «Bisogna
prima sapere quale sarà l'agenda complessiva delle riforme. È sbagliato
cominciare un gioco al rimpiattino su quali siano le priorità. Se
cominciamo a rincorrerle, potremmo alla fine non essere noi a
deciderle». Secondo Paolo Pirani,segretario confederale della Uil, non
ci si può limitare a uno «scambio tra stabilizzazione dei precari e
mobilità dei pubblici dipendenti», ma la questione va affrontata in modo
più ampio, puntando all'«efficienza»e alla «valorizzazione del merito».
Per Renata Polverini, segretario generale dell'Ugl, «un tema delicato
come la mobilità territoriale degli statali non può essere isolato».
Plaude, invece, il direttore di Confindustria, Maurizio Beretta, che
giudica la disponibilità della Cgil «un piccolo, peraltro importante,
tassello di un problema più generale».
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