IL SOLE 24 ORE

6 gennaio 2007

Tfr statali, regole entro due mesi

di Giorgio Pogliotti

Anche per i pubblici dipendenti è scattata l'ora della riforma della previdenza complementare. Il ministero del Lavoro entro due mesi intende varare il decreto per estendere il campo d'applicazione del Dlgs 252 del 2005 anche alla platea di dipendenti pubblici che finora erano esclusi. Ma i nodi tecnici e finanziari dell'operazione dovranno essere sciolti in un tavolo negoziale all'Aran con i sindacati e il ministero della Funzione pubblica. Il fondo pensione Espero— l'unico finora decollato con 50mila adesioni nella scuola — potrà così essere affiancato dai fondi negoziali destinati ai lavoratori dei ministeri e degli enti pubblici non economici, degli enti locali e della sanità. Anche per quest'ultimo comparto, infatti, nonostante l'accordo istitutivo del 2004, ancora deve essere costituito il fondo.

Decreto in arrivo
È stato il ministro Cesare Damiano ad annunciare la prossima estensione della previdenza complementare oltre che agli 11 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato anche alla platea dei 3,3 milioni di dipendenti del pubblico impiego. Il consulente previdenziale del ministro, Giovanni Pollastrini, conferma che il decreto ministeriale correttivo verrà emanato in tempi rapidi.
Ma per l'effettiva estensione della previdenza complementare vi sono ancora importanti aspetti da risolvere,come l'applicabilità del meccanismo del silenzio assenso e la portabilità dei contributi versati al fondo in caso di trasferimento del dipendente a un altro settore. Più in generale, vanno risolte le questioni legate alle peculiarità del pubblico impiego rispetto agli altri comparti. Tutti i pubblici dipendenti assunti prima del 1° gennaio 2001 godono di un diverso —e con un meccanismo di calcolo più favorevole — trattamento al termine della loro vita lavorativa. Dovranno trasformare il trattamento di fine servizio ( Tfs)o le indennità di buonuscita in trattamento di fine rapporto (Tfr) per aderire ai fondi pensione. Ma le diversità non si fermano qui. «Nella scuola — spiega Pollastrini — la quota di Tfr versata dal datore di lavoro viene accantonata virtualmente e contabilizzata dal fondo in modo puramente virtuale. Viene poi erogato al dipendente con una rivalutazione calcolata sulla media di un paniere di fondi pensione». Tra i problemi da affrontare c'è l'equiparazione tra questi fondi che gestiscono risorse virtuali e quelli che stanno sul mercato e operano con risorse vere.
«È importante far decollare i fondi nel pubblico impiego — sottolinea il coordinatore del Dipartimento settori pubblici della Cgil, Michele Gentile — visto che i dipendenti hanno una media di 18 anni di servizio con un regime pensionistico contributivo o misto, e hanno bisogno della previdenza complementare per integrare la pensione.Ma per trovare una soluzione ai numerosi problemi aperti è necessaria una rapida convocazione all'Aran e poi un intervento del Governo con il decreto, non il contrario».

La stima delle adesioni
Oltre il 53%dei lavoratori potrebbe scegliere di destinare il proprio Tfr maturando ai fondi pensione, anche se la stima del Governo è più prudente e si attesta al 40%, tre volte l'attuale adesione (13%). A fornire questa nuova stima è lavoce.info — il sito degli economisti guidati da Tito Beri — in un'analisi curata da Riccardo Cesari. Se la campagna informativa risultasse particolarmente efficace, la quota di Tfr destinata ai fondi pensione potrebbe aumentare a scapito del Tesoro.

Mobilità per gli statali
L'intervista di ieri del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, a Repubblica fa discutere: frenano gli altri sindacati e plaude Confindustria. Nel considerare la riforma della pubblica amministrazione «il cuore dei problemi», Epifani propone «incentivi per favorire la mobilità, investimenti in formazione e la fine della precarietà». Cauto il segretario generale aggiunto della Cisl, Pier Paolo Beretta: «Bisogna prima sapere quale sarà l'agenda complessiva delle riforme. È sbagliato cominciare un gioco al rimpiattino su quali siano le priorità. Se cominciamo a rincorrerle, potremmo alla fine non essere noi a deciderle». Secondo Paolo Pirani,segretario confederale della Uil, non ci si può limitare a uno «scambio tra stabilizzazione dei precari e mobilità dei pubblici dipendenti», ma la questione va affrontata in modo più ampio, puntando all'«efficienza»e alla «valorizzazione del merito». Per Renata Polverini, segretario generale dell'Ugl, «un tema delicato come la mobilità territoriale degli statali non può essere isolato». Plaude, invece, il direttore di Confindustria, Maurizio Beretta, che giudica la disponibilità della Cgil «un piccolo, peraltro importante, tassello di un problema più generale».