Oggetto: Chiarimenti in ordine all'applicazione di alcuni istituti contrattuali del CCNL stipulato il 1° settembre 1995

VERBALE DI RIUNIONE


Il giorno 8 maggio 1996 , presso la sede dell'A.RA.N., si è svolta una riunione tra componenti regionali del Comitato di Coordinamento e Dirigenti A.RA.N., per la valutazione dei quesiti posti dalle Aziende ed Enti del comparto Sanità su vari aspetti del CCNL sottoscritto il 1° settembre 1995.
Gli orientamenti emersi nel corso della riunione sono riassunti nel documento allegato, che sarà trasmesso alle Regioni e Province Autonome per fornire direttamente alle Aziende ed Enti i relativi chiarimenti.
Letto e sottoscritto.

Dott.ssa Silvana DRAGONETTI ..............................................................
(Dirigente Generale A.RA.N.)

Dott. Damiano MISURACA ..............................................................
(compon.regionale del Comitato di Coordinamento A.RA.N.)

Dott. Mauro PIRAZZOLI ..............................................................
(compon.regionale del Comitato di Coordinamento A.RA.N.)

Roma, 8 mag. 1996


art. 2 (durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto)
Gli effetti giuridici del contratto decorrono dalla data di sottoscrizione, salvo diversa previsione del contratto stesso. Per convenzione, la stipulazione dei contratti in genere si intende intervenuta alle ore 24,00 del giorno della sottoscrizione, vale a dire nel caso di specie dal 1° settembre. La decorrenza del contratto è, conseguentemente, il 2 settembre 1995.

art. 7 (informazione)
La programmazione della mobilità, prevista dalla lettera f) dell'art. 7 tra le materie oggetto di informazione preventiva, concerne i trasferimenti di personale all'interno dell'azienda sanitaria.

art. 14 (contratto individuale di lavoro)
Il contratto individuale di lavoro sostituisce l'atto di nomina nelle assunzioni avvenute dopo il 1° settembre 1995. Pertanto, non si ritiene che debba essere stipulato un contratto individuale per i dipendenti in servizio i quali sono stati già assunti nel rispetto delle regole previste dalla disciplina previgente.
Lo schema di contratto individuale è libero e, quindi, per la sua redazione le aziende o enti del S.S.N. devono attivarsi nell'ambito della propria autonomia gestionale.
Il CCNL non ha indicato il soggetto competente a stipulare, in nome e per conto dell'amministrazione, i contratti individuali di lavoro previsti dall'art. 14. In base alle previsioni del d.lgs 29/1993 si deve comunque ritenere che tale soggetto sia il dirigente individuato dai singoli ordinamenti. Trattasi, infatti, di tipica attività di gestione.
Circa la decorrenza del rapporto, si deve fare riferimento alla data indicata nel contratto individuale, ai sensi dell'art. 14, comma 2, lettera b) e qualificata, testualmente, come data di inizio del rapporto di lavoro. Tale data sarà, naturalmente, quella di effettiva presa di servizio del dipendente e da essa decorrono sia gli effetti giuridici sia quelli economici del contratto.
Si deve ritenere che il contratto individuale debba essere stipulato anche in caso di passaggio di qualifica a seguito di vincita di concorso bandito dall'azienda di appartenenza perché, pur non mutando i soggetti, mutano tuttavia i contenuti del precedente contratto.
Non sussiste un obbligo di registrazione del contratto individuale, perché i contratti di lavoro, in base all'art. 7 del T.U. approvato con D.P.R. 131/1986 e all'art. 10 della tabella ad esso allegata, non sono tra gli atti per cui sia richiesta la registrazione.

art. 17 (assunzioni a tempo determinato)
Il nuovo CCNL consente assunzioni a tempo determinato anche per periodi superiori a tre mesi. Infatti, il termine massimo precedentemente consentito dal d.lgs 29/1993 e dalle analoghe previsioni della l. 537/1993 è stato superato dall'espressa disapplicazione dell'art. 3, comma 23, della l. 537/1993 contenuta nell'art. 56 del CCNL.



In caso di rapporto di lavoro a tempo determinato, il termine richiesto dall'Azienda al candidato da assumere, per la presentazione dei documenti ai sensi dell'art. 14, comma 5, stante l'urgenza che spesso accompagna tali assunzioni, per concorde volontà delle parti stipulanti il contratto individuale, può scadere anche successivamente all'assunzione stessa, purché la clausola risulti espressamente dal contratto individuale medesimo.

Rimane ferma la risoluzione immediata e senza preavviso del rapporto di lavoro, in caso di mancata presentazione dei documenti nel termine concordato o di mancanza del possesso dei requisiti.
Possono formare oggetto del contratto a tempo determinato tutte le fattispecie di assunzione contemplate dall'articolo in esame, comprese quelle un tempo regolate dall'art. 7, comma 8, legge 554/1988 (tutte ricondotte alla disciplina della legge 230/1962) per effetto dell'art. 2, comma 2, del d.lgs 29/1993.

Ai sensi dell'art. 2 della l. 230/1962, il termine del contratto a tempo determinato può essere eccezionalmente prorogato, con il consenso del dipendente, non più di una volta e per un tempo non superiore alla durata del contratto iniziale, quando la proroga sia richiesta da esigenze contingenti ed imprevedibili e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato ovvero alla sostituzione anche a diverso titolo - con riferimento alle lettere del 1° comma - della medesima persona. Il dipendente può essere riassunto a termine, nel rispetto delle regole di reclutamento vigenti, dopo un periodo superiore a quindici ovvero a trenta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata rispettivamente inferiore o superiore a sei mesi. Al di fuori di tali ipotesi, e quando si tratti di assunzioni successive a termine intese ad eludere disposizioni di legge o del presente contratto, la proroga o il rinnovo del contratto a termine sono nulli.

L'applicazione del citato art. 2 della legge 230/1962 costituisce, dunque, un'eccezione al principio della lettera a) dell'articolo in esame, nel quale il termine di quarantacinque giorni deve essere rispettato sicuramente nella prima assunzione a tempo determinato, mentre nella proroga debbono sussistere i documentati motivi di urgenza che consentono il superamento del termine.
La limitazione del diritto alla conservazione del posto ai soli dipendenti assunti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti per contratti stipulati ai sensi dell'art. 17, comma 1 lett. d), trova la sua giustificazione nell'attuale vigenza dell'art. 55 del D.P.R. 384/1990, che regolamenta l'esercizio delle mansioni superiori nel caso la sostituzione riguardi tale fattispecie.

Tale disposizione è tuttora in vigore sino a che non sarà sostituita dall'art. 57 del d.lgs 29/1993, differita con d.l. 12 marzo 1996, n. 117 al 30 giugno 1996 (cfr. G.U. 12.03.1996, n. 60).
Si precisa, inoltre, che i permessi retribuiti previsti dall'art. 21 del CCNL non sono applicabili, per espressa esclusione, ai rapporti a tempo determinato, eccezion fatta per il caso di matrimonio e per il caso della astensione obbligatoria a facoltativa dal lavoro per maternità (art. 25 , commi 1 e 2). Tale ultima eccezione consegue dal tenore letterale della previsione generale contenuta nell'art. 17, comma 6, del CCNL, in base alla quale al personale a tempo determinato si applica lo stesso trattamento giuridico ed economico del restante personale, salvo le disposizioni particolari tassativamente previste dallo stesso articolo.
Il trattamento economico spettante in caso di astensione obbligatoria per maternità, a differenza di quello previsto per la malattia, continua ad essere corrisposto anche dopo la scadenza del termine del contratto.



Un ulteriore problema che oggettivamente potrebbe presentarsi nell'applicazione pratica dell'art. 17, comma 6, riguarda il trattamento economico spettante in caso di assenza per malattia.
A tal fine, si rinvia alla esemplificazione contenuta nella Tabella A allegata al presente documento.

art. 19 (ferie e festività)
Fatto salvo che per le ferie per espressa previsione dell'art. 19, comma 13, le malattie insorte durante i periodi di assenza a qualsiasi titolo effettuate (aspettative incluse) non interrompono i predetti periodi.
Le ferie non possono essere fruite ad ore.

art. 21 (permessi retribuiti)
L'art. 21 del CCNL ha sostituito la disciplina del congedo straordinario, prevedendo una serie di ipotesi in cui il dipendente può assentarsi dal lavoro con conservazione della retribuzione. Il comma 7 di tale disposizione conferma, inoltre, la vigenza di tutte le norme di leggi speciali che prevedano altri casi di permesso retribuito oltre quelli indicati nel corpo dell'articolo (ad esempio, permesso donazione sangue, 150 ore permesso di studio ecc...). Si conferma che anche in tali ipotesi, essendo venuta meno la disciplina del congedo straordinario, dal 1 gennaio 1996 non si deve più procedere alla trattenuta di un terzo della retribuzione nelle ipotesi previste dalle leggi 537/1993 e 724/1994 ora disapplicate.
L'art. 21 non va inteso nel senso che in sostituzione dei 45 gg. di congedo straordinario precedentemente riconosciuti siano oggi previsti 29 gg. massimi complessivi di permesso retribuito, in quanto esso prevede un tetto massimo solo in relazione alle singole fattispecie considerate, se ed in quanto si verificano, e solo in tal caso diventano cumulabili.
In mancanza di una espressa previsione normativa, è, altresì, esclusa la fruibilità ad ore dei permessi retribuiti, salvo l'eccezione prevista per i destinatari della legge 104/1992 relativa ai portatori di handicap.
In caso di lutto e matrimonio, nei giorni di permesso vanno computati anche i giorni festivi e quelli non lavorativi cadenti nel periodo.

art. 23 (assenze per malattia)
L'art. 23 prevede un periodo di 18 mesi retribuito al 100% per i primi 9 mesi di assenza, al 90% per i successivi 3 mesi ed al 50% per gli ulteriori 6 mesi, mentre il periodo massimo di conservazione del posto può essere di 36 mesi.
Ai fini del calcolo del periodo massimo di conservazione del posto, si sommano tutte le assenze per malattia effettuate nell'ultimo triennio, a prescindere dagli intervalli di tempo intercorsi tra un periodo e l'altro di malattia (cfr. la tabella 2 allegata al contratto).
Al termine del periodo massimo di conservazione del posto, l'azienda, tenuto conto del tipo di infermità del dipendente, può utilizzarlo in modo diverso, ovvero, a domanda dell'interessato, inquadrarlo in una qualifica inferiore, ai sensi dell'art. 16 del D.P.R. 384/1990, concernente il passaggio ad altra funzione. Si ritiene, peraltro, che tali passaggi, alla luce degli artt. 3 e 4 del d.lgs 502/1992 debbano essere disposti direttamente dalle aziende ed enti.



Superati i 36 mesi, è rimesso alla facoltà dell'azienda o ente di procedere o meno alla risoluzione del rapporto, che, pertanto, potrebbe proseguire senza che il dipendente abbia titolo a retribuzione o riconoscimento di anzianità.
Inoltre, in fase transitoria, il rapporto di lavoro del dipendente dichiarato inidoneo a proficuo lavoro, con procedura anteriore all'entrata in vigore del contratto, può essere risolto dall'amministrazione in base alle nuove regole e con corresponsione dell'indennità sostitutiva di preavviso. La mancata risoluzione del rapporto di lavoro comporta l'applicazione dell'art. 23, comma 14, 2° periodo del CCNL.

Tutte le assenze per malattia precedenti il 2 settembre 1995 sono azzerate. La rilevata discordanza tra la dizione del comma 14 dell'art. 23 e la tabella n. 2 esplicativa, va risolta a favore della tabella stessa che, attraverso gli esempi applicativi, esplicita la reale volontà delle parti.

Si rammenta, inoltre, che la l. 33/1980 non distingue tra assenze di un solo giorno ed altre assenze e, pertanto, il certificato medico è necessario anche per le assenze di un solo giorno. Il certificato deve essere recapitato o spedito a mezzo di raccomandata con a.r. nei tre giorni successivi la data di inizio della malattia o alla eventuale prosecuzione della stessa: se la malattia ha avuto inizio il 14 gennaio, ad esempio, il relativo certificato dovrà essere recapitato o spedito non oltre il 17 gennaio (nel calcolo non va mai computato il dies a quo); se il 17 gennaio è domenica, il termine è prorogato a lunedì 18 (il termine che cade in giorno festivo è prorogato di diritto al primo giorno lavorativo successivo).

Nei casi di assenze per visite mediche, prestazioni specialistiche ed accertamenti diagnostici, ove non sia oggettivamente possibile effettuarli al di fuori dell'orario di servizio, il dipendente può usufruire del trattamento di malattia da documentare con l'esibizione di certificazione rilasciata dalla struttura sanitaria che ha erogato la prestazione. Nel caso le assenze in questione siano inferiori o pari alla metà della durata dell'orario di lavoro giornaliero, il dipendente potrà usufruire, a richiesta, oltre che dell'assenza per malattia, con la relativa decurtazione del trattamento economico accessorio, anche di un permesso a recupero. Viene escluso, inoltre, il frazionamento della giornata di assenza per malattia.
In tal senso è stata rettificata, con nota n. 1172 del 15.2.1996, anche la nota A.RA.N. n. 2870 del 27.7.1995, relativa al comparto dei Ministeri.
Il superamento dell'istituto del congedo straordinario non comporta l'esclusione del personale mutilato o invalido di guerra o per servizio dal diritto alle cure richieste dallo stato di invalidità, comprese le cure termali, climatiche e psammometriche. A tal fine si farà ricorso alle assenze per malattia di cui all'art. 23 del CCNL e non all'istituto dei permessi retribuiti. Anche tale aspetto è stato chiarito, a rettifica della precedente interpretazione, nella citata nota A.RA.N. n. 1172 del 15.2.1996, relativa al comparto Ministeri.

Come è noto, nel precedente sistema l'aspettativa per malattia si cumulava con l'aspettativa per motivi di famiglia e nel quinquennio la somma delle relative assenze non poteva superare i due anni e mezzo. Nel nuovo sistema, l'assenza per malattia è costruita in modo del tutto autonomo, non è più un'aspettativa, ed il periodo preso a riferimento per il calcolo del cosiddetto periodo di comporto è di tre anni. Ciò significa che la regola sul cumulo delle aspettative, per malattia e per motivi di famiglia (disciplinata dall'art. 27 del CCNL), non è più operante.



art. 24 (infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio)
L'art. 24, nel disciplinare la materia degli infortuni sul lavoro e le malattie dovute a causa di servizio, oltre a riconoscere al dipendente il diritto alla conservazione del posto fino a ad un massimo di 36 mesi con diritto alla retribuzione per l'intero periodo, secondo la tabella "a" ammette anche in questo caso la possibilità per l'azienda di non procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro al termine del periodo massimo di conservazione. Per maggiore chiarezza si segnala che l'ultimo periodo del comma 3 dovrebbe concludersi con le parole equo indennizzo, poiché la risoluzione del rapporto di lavoro in caso di inabilità permanente è regolarmente disciplinata dall'art. 23 del CCNL.

art. 25 (astensione obbligatoria e facoltativa per maternità)
A seguito dell'abrogazione dell'istituto del congedo straordinario, l'art. 25, in materia di astensione facoltativa e di assenza per malattia del bambino ha apportato alcune significative modifiche al sistema previgente.
Infatti, in caso di astensione obbligatoria dal lavoro, ai sensi dell'art. 4 della legge 1204/1971, il comma 1 dell'art. 25 riconosce il diritto alla lavoratrice madre a percepire per intero la retribuzione principale ed accessoria fissa e ricorrente, così come indicato nella tabella allegato 1. Ancorché il contratto non lo preveda espressamente, il medesimo trattamento spetta anche alla lavoratrice per la quale l'art.5 della legge 1204/1971 stabilisce l'anticipazione del periodo di astensione obbligatoria a seguito dell'interdizione dal lavoro disposta dall'ispettorato del lavoro, per effetto dell'equiparazione ai fini giuridici ed economici degli artt. 4 e 5 operata dall'art. 6 della medesima legge, tuttora vigente.
In caso di astensione facoltativa dal lavoro per maternità nel primo anno di vita del bambino , il dipendente ha diritto a 30 giorni di permesso retribuito al 100 per cento. In tale periodo complessivo rientrano anche i permessi per malattia del bambino di età non superiore ad un anno. Nel caso che tali permessi siano fruiti alternativamente da entrambi i genitori, il numero dei giorni retribuiti al 100% non potrà comunque essere superiore a trenta.
Ove l'astensione facoltativa sia fruita continuativamente, nei giorni di permesso vanno computati anche i giorni festivi e quelli non lavorativi cadenti nel periodo.
Resta invariata la disciplina dettata in materia dall'art. 7, comma 1, della legge 1204/1971 integrata dalla legge 903/1977, che prevede la retribuzione al 30% degli eventuali restanti 5 mesi.
Nei casi di malattia del bambino di età superiore ad un anno e fino al compimento del terzo anno di vita, il dipendente ha diritto, per ciascuno dei due anni, a 30 giorni di permesso retribuito al 100 per cento. Anche in tal caso, se i permessi sono fruiti alternativamente da entrambi i genitori, il numero dei giorni retribuiti al 100% non potrà comunque essere superiore a trenta annuali.
A tal fine, è appena il caso di far rilevare che i 30 gg. a retribuzione intera spettano una sola volta, essendo inconferente che vengano fruiti tra due anni solari; infatti, per detti permessi si deve fare riferimento all'anno di vita del bambino e non all'anno solare.
L'art. 25, pertanto, non ha inciso sui periodi di astensione previsti dalla legge 1204/1971, ma ha semplicemente dettato una disciplina parzialmente più favorevole, nell'ambito di questi ultimi, limitatamente al trattamento economico dell'assenza.



art. 27 (aspettativa)
L'aspettativa di cui all'art. 27, che può essere concessa per comprovati motivi personali o di famiglia, non dà diritto ad alcuna retribuzione né alla decorrenza dell'anzianità.
La nuova disciplina decorre dal 2.9.1995 anche ai fini della determinazione del termine nel triennio precedente la data della richiesta. Essa può essere fruita anche frazionatamente per un periodo massimo di 12 mesi. A differenza del sistema previgente, non si cumula con le assenze per malattia previste dagli artt. 23 e 24 del contratto.

artt. 29 (sanzioni e procedure disciplinari) e 30 (codice disciplinare)
I procedimenti disciplinari formalmente iniziati, con la contestazione, prima della data di stipulazione del CCNL o relativi ad infrazioni commesse nel periodo di vacatio del c.d. codice disciplinare (cfr. art. 30, comma 11, CCNL), sono portati a termine con le procedure vigenti alla data del loro inizio (cfr. art. 52, commi 1 e 3). Sebbene il CCNL non lo preveda espressamente, tali disposizioni si applicano anche alle infrazioni commesse prima della data di sottoscrizione del contratto per le quali non sia stato iniziato formalmente un procedimento disciplinare. In tale ultima ipotesi deve infatti valere, a maggior ragione, il principio stabilito nella norma transitoria (art. 52, comma 3). In tutti i casi indicati sono però applicabili le sanzioni previste dal nuovo contratto, se più favorevoli al lavoratore ( art. 52, comma 2).
Ciascuna azienda o ente deve individuare, in base al proprio ordinamento la struttura organizzativa competente per le sanzioni disciplinari. Il CCNL non ha fornito indicazioni ulteriori trattandosi di materia rimessa alla potestà organizzativa di ogni azienda o ente. La struttura così individuata provvede a tutti gli adempimenti previsti dall'art. 29 e adotta l'atto conclusivo del procedimento ( la sanzione).
Circa le modalità di costituzione del Collegio Arbitrale di cui all'art. 59 del d.lgs 29/1993, valgono considerazioni analoghe: trattasi, anche in questo caso, di materia rimessa alla potestà organizzativa di ogni azienda o ente. Poiché l'attività che il Collegio è chiamato a svolgere è tipicamente di gestione, deve tuttavia escludersi, in linea di principio, la possibilità di designare come rappresentanti dell' azienda o ente in seno a tale Collegio i titolari degli organi politici (individuali o collegiali) dell'azienda od ente medesimi.
Per quanto riguarda, infine, le spese relative al Collegio Arbitrale, si presume che normalmente esse riguarderanno il solo Presidente, per il cui onorario potrà trovare applicazione l'art. 814 del c.p.c.
Nel caso in cui anche il rappresentante dell'azienda o ente sia un esterno, le spese per la sua partecipazione al Collegio saranno a carico della parte rappresentata.
L'art. 30, comma 7, del CCNL, nella parte in cui prevede il licenziamento senza preavviso non ha reintrodotto la c.d. destituzione di diritto, già censurata dalla Corte Costituzionale, in quanto il licenziamento non è mai automatico, richiedendosi in ogni caso l'apertura di un procedimento disciplinare nel corso del quale l'azienda o ente è libera di valutare i fatti in modo del tutto autonomo.

artt. 33 e 34 (mobilità)
L'art. 33 fissa le regole per pervenire alla mobilità per accordi di cui all'art. 35 comma 8 del d.lgs. 29/1993. Tale mobilità avviene per prevenire gli esuberi o per facilitare la ricollocazione dei dipendenti risultati eccedenti dopo la ristrutturazione delle Aziende od Enti. Tale forma di mobilità non


ha disapplicato la disciplina dettata dal D.P.R. 384/1990 relativamente alle altre tipologie di mobilità, ma si aggiunge ad esse, come del resto appare evidente anche dall'art. 34 del C.C.N.L. che richiama esplicitamente l'art. 12 del D.P.R. 384/1990, considerandolo "disciplina vigente".

artt. 37 (cause di cessazione del rapporto di lavoro) e 38 (obblighi delle parti)
Tra i casi di risoluzione del rapporto di lavoro, oltre a quelli elencati all'art. 37, comma 1, rientrano anche quelli conseguenti alla mancata riassunzione del servizio al termine delle assenze previste dagli artt. 26, comma 1, (servizio militare) e 27, comma 4, (aspettativa).
Inoltre, agli eredi del dipendente deceduto prima dell'entrata in vigore del contratto spettano gli emolumenti arretrati - compresi quelli derivanti dagli scaglionamenti con decorrenza 1° gennaio 1995 (ex art. 41) - ma non spetta l'indennità sostitutiva del preavviso prevista dall'art. 38, c. 3, perché tale disposizione entra in vigore dal 2 settembre 1995.

art. 39 (termini di preavviso)
Il periodo di preavviso, già iniziato, non è interrotto dalla malattia, mentre il comma 6 esclude espressamente la fruizione delle ferie durate il predetto periodo.
Pertanto, con esclusione del caso in cui la mancata fruizione delle ferie sia dovuta a comprovate esigenze di servizio - fattispecie disciplinata dall'art. 19, comma 15 - , la mancata fruizione delle ferie da parte del dipendente, che abbia presentato la domanda di recesso dal rapporto di lavoro comporta la perdita del diritto.
Inoltre, il termine di preavviso è da considerarsi anzianità di servizio solo se lavorato, con esclusione pertanto delle ipotesi in cui vi sia stato il decesso del dipendente.

art. 49 (livello retributivo VIII bis)
Il C.C.N.L. conferma il livello retributivo VIII bis, indicando nel comma 1 lettera a) e b) i requisiti previsti per il passaggio.
L'innovazione consiste nel fatto che per i soggetti che abbiano maturato le condizioni al 1.12.1995 o le matureranno successivamente, l'inquadramento è conseguente al superamento di un giudizio di idoneità, secondo le procedure indicate dal comma 2 dell'articolo in esame.
Si coglie l'occasione per rammentare che, analogamente al precedente accordo di lavoro, il passaggio al livello retributivo VIII bis assorbe le indennità professionali previste dall'art. 45 comma 2 punto h) per l'operatore dirigente ed il collaboratore coordinatore, salvo quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'art. 49.


art. 56 (disapplicazioni)
La normativa pregressa che non sia stata abrogata dalle nuove disposizioni contrattuali o che non sia con esse in contrasto continua ad esplicare i suoi effetti, ai sensi dell'art. 55, come ad esempio, a titolo puramente indicativo, l'istituto del diritto allo studio o della mensa, disciplinati tuttora dalle disposizioni previgenti.
Parimenti, le indennità da corrispondere sono solo quelle previste dal contratto per le quali non è consentito effettuare alcuna estensione analogica a personale diverso da quello esplicitamente individuato dal contratto. Pertanto, si esclude la possibilità di estendere l'indennità per particolari condizioni di lavoro a categorie non individuate dall'art. 44 del CCNL.



TABELLA "A"


Assenze per malattia nel rapporto a tempo determinato

1. Periodo di conservazione del posto
Coincide con la durata del contratto, ma non può in nessun caso essere superiore a quello stabilito per il personale a tempo indeterminato dall'art. 23, commi 1 e 2 . Il rapporto di lavoro, inoltre, cessa comunque allo scadere del termine fissato nel contratto.
Un dipendente assunto a tempo determinato per 6 mesi, ad esempio, avrà diritto, al massimo, alla conservazione del posto per 6 mesi. Se però egli si ammala dopo quattro mesi dall'inizio del rapporto avrà diritto alla conservazione del posto solo per i restanti due mesi.

2. TRATTAMENTO economico delle assenze

2.1. Determinazione del periodo massimo retribuibile e relativo trattamento -Regola generale.

Si deve verificare, in base alla previsione dell'art. 5 della L.638/1983, richiamato nel testo dell'art. 17 del CCNL, qual è il periodo lavorato nei dodici mesi precedenti l'insorgenza della malattia. Tale periodo è quello massimo retribuibile.
Se il dipendente si ammala il 15 dicembre 1996, ad esempio, bisogna verificare per quanti giorni ha lavorato dal 15 dicembre 1995 fino al 14 dicembre 1996. Vanno dunque computati anche i periodi di lavoro relativi al rapporto in corso. Tale operazione va ripetuta in occasione di ogni nuovo evento morboso. Il periodo massimo retribuibile varia quindi nel corso del rapporto.
Ai fini della quantificazione del trattamento economico da corrispondere nell'ambito del periodo massimo retribuibile bisogna rispettare la proporzione valida per il personale con rapporto a tempo indeterminato in virtù della quale: 9 mesi su 18 ( e cioè la metà del periodo massimo retribuibile ) sono retribuiti per intero, 3 mesi su 18 ( e cioè un sesto ) sono retribuiti al 90 % e 6 mesi su 18 ( e cioè due sesti ) al 50 %

Si consideri il seguente esempio: dipendente che nei dodici mesi precedenti la nuova malattia ha lavorato per sei mesi e si assenti per 120 giorni;
- il periodo massimo retribuibile sarà di 6 mesi; di questi sei mesi (180 gg.), 90 giorni (la metà) potranno essere retribuiti al 100%; 30 giorni (un sesto) al 90 %; 60 giorni (due sesti) al 50%
L'assenza di 120 giorni del dipendente sarà dunque retribuita al 100% per i primi 90 giorni, mentre i restanti 30 giorni saranno retribuiti al 90 %;
Se l'assenza fosse stata di 190 giorni (10 giorni in più del massimo retribuibile) sarebbe stata retribuita nel modo seguente:
- 90 gg. al 100%;
- 30 gg. al 90%;
- 60 gg. al 50%;
- 10 gg. senza retribuzione. Quando l'assenza supera il periodo massimo retribuibile essa non può, infatti, essere retribuita.


Si ricordi inoltre che nessun trattamento economico di malattia può essere corrisposto dopo la scadenza del contratto a termine.
N. B. Negli esempi fatti si è ipotizzato, per comodità espositiva, che il dipendente effettui un'unica assenza di lunga durata, ma naturalmente, per stabilire quale sia, nell'ambito del periodo massimo retribuibile, il trattamento economico spettante per l'ultimo episodio morboso, si dovranno sommare all'ultima assenza anche tutte quelle precedentemente intervenute (in costanza di rapporto).

2.2. Periodo massimo retribuibile inferiore a 4 mesi ma superiore a un mese.

Nel caso che il dipendente abbia lavorato, nei dodici mesi precedenti l'ultimo episodio morboso, per un periodo inferiore a quattro mesi ma superiore a un mese (v. punto successivo), la proporzione sopra illustrata deve essere corretta, perché il CCNL prevede che, nell'ambito del periodo massimo retribuibile, due mesi sono retribuiti al 100% (si noti che la metà di 4 mesi è esattamente 60 gg.).
Chi ha lavorato solo tre mesi, ad esempio, avrà diritto ad un periodo massimo retribuibile di 90 giorni di cui 60 gg.da retribuire al 100%, 10 gg. da retribuire al 90% e 20 giorni da retribuire al 50%.
In quest'ultimo caso, infatti, se si applicasse la proporzione illustrata nel punto 4.2.1 avremmo:
- 45 gg. (la metà del massimo) da retribuire al 100%
- 15 gg. (un sesto) da retribuire al 90 %;
- 30 gg. (due sesti) da retribuire al 50 %
Invece, poiché è stato incrementato di 1/3 il periodo retribuibile al 100 % per passare dai "normali" 45 giorni, risultanti dall'applicazione della solita proporzione, ai 60 previsti dalla norma, occorre ridurre proporzionalmente di un terzo i periodi retribuibili al 90 e al 50 %.
Quindi:
60 gg. (45 gg. + 1/3) al 100%;
10 gg. (15 gg. - 1/3) al 90 %;
20 gg. (30 gg. - 1/3) al 50%.
In un caso del genere, se il lavoratore si assenta per 20 gg. sarà retribuito al 100% per tutta la durata dell'assenza; se si assenta per 70 gg. sarà retribuito al 100% per i primi 60 gg e al 90 % per i successivi 10 gg; se si assenta per 120 giorni sarà retribuito al 100% per i primi 60 gg., al 90% per i successivi 10 e al 50% per ulteriori 20 gg., mentre per gli altri 30 giorni non sarà retribuito.


2.3. Periodo massimo retribuibile garantito.

Nel caso che il dipendente, nei dodici mesi precedenti la malattia, abbia lavorato per un periodo inferiore al mese, ha diritto comunque ad un periodo massimo retribuibile di almeno trenta giorni, perché così prevede espressamente l'art. 5 della L. 638 del 1983. Nell'ambito di tale periodo le assenze sono sempre retribuite per intero.In un caso del genere, se il dipendente si ammala per 40 gg., poiché ha diritto alla retribuzione solo per 30 gg., i primi 30 gg. di assenza sono pagati al 100%, gli ulteriori 10 gg. sono senza retribuzione.