24 maggio 2002 - Prot. 5192
AGLI ASSESSORATI ALLA SANITA'
DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME
LORO SEDI
OGGETTO:
Chiarimenti sulle clausole del CCNL stipulato
il 20 settembre 2001, integrativo del CCNL del personale del comparto
sanità del 7 aprile 1999.
La novità delle materie
disciplinate dal CCNL del 20 settembre 2001, integrativo del CCNL del
personale del comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999 ha indotto
numerose aziende ed enti a formulare quesiti scritti e telefonici in
ordine ad alcune specifiche clausole dei relativi istituti. Si rende,
pertanto, opportuno, ad avviso di questa Agenzia, fornire chiarimenti
anche in ordine a tale contratto allo scopo di favorire l'omogeneità di
applicazione dei relativi istituti, ai sensi di quanto previsto dall'art.
46 comma 1 del dlgs. 165/2001.
Considerata la rilevanza
degli argomenti trattati, si prega di dare al presente documento, la
massima diffusione tra le aziende e gli enti del comparto di propria
competenza territoriale, rammentando, come sempre, che la gestione dei
contratti collettivi rientra, in ogni caso, nella specifica attività,
competenza, autonomia e responsabilità delle aziende.
Si rammenta che le
precedenti note di chiarimenti prot.
n. 4960 del 30 giugno
1999, prot. n. 1152
del 8 febbraio 2000 e prot.
n. 9545 del 25 giugno
2001 e prot. n. 3175
del 20 marzo 2002 sono rinvenibili sul sito web di questa Agenzia.
CHIARIMENTI SUL CCNL INTEGRATIVO DEL
20 SETTEMBRE 2001
PARTE I
CCNL INTEGRATIVO 20 SETTEMBRE 2001
1) Art. 12 - Aspettativa
L'aspettativa
prevista dall'art.
12, comma 8 lettera a) per un periodo massimo di sei mesi per i
dipendenti assunti a tempo indeterminato a seguito di vincita di pubblico
concorso per la durata del periodo di prova, può essere prorogata in caso
di interruzione per malattia, gravidanza, etc.?
L'aspettativa può
essere consentita anche nei casi di assunzione con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato presso organismi della Comunità Europea?
L'art.
12, comma 8, lett.
a)
prevede la concessione di un periodo massimo di sei mesi di aspettativa
per il periodo di prova, senza prevedere i casi in cui questo sia sospeso
per effetto delle sopravvenute, eccezionali situazioni di assenza dal
servizio dovuta a malattia, gravidanza o altri eventi impeditivi della
regolare prestazione del servizio. Premettendo che nell'attuale quadro
privatistico, l'amministrazione dove il dipendente è in prova potrebbe
confermarlo al termine del semestre anche in presenza di un periodo di
sospensione del servizio, limitatamente ai segnalati eventi particolari,
questa Agenzia non trova elementi impeditivi ad una proroga
dell'aspettativa previo accordo delle amministrazioni interessate e,
comunque, nel rispetto del periodo massimo previsto dal comma 1
dell'articolo in esame.
Quanto al secondo quesito, pur non essendo
l'assunzione con rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso organismi
della Comunità europea elencata fra le situazioni che danno luogo alla
conservazione del posto, si ritiene che la clausola sia ugualmente
applicabile ove risulti che l'assunzione è avvenuta in prova, per tutta la
durata di essa e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi come
sopra specificato.
La concessione
dell'aspettativa prevista dall'art.
12, comma 8 lettera b) per le assunzioni con contratto a termine, è
discrezionale od obbligatoria, data la contraddizione esistente tra detto
comma ed il comma 15 dell''art. 17 del CCNL 1 settembre 1995 (integrato
dall'art. 41 del CCNL 7 aprile 1999) e rinnovellato dall'art.
31 del CCNL integrativo in esame, in cui si afferma che l'aspettativa
"può essere concessa"?
L'art.
31 del CCNL integrativo del personale del Comparto del 20 settembre
2001 oggetto del presente chiarimento, rinnovella l'art.
17 del CCNL 1 settembre 1995, come si evince dal virgolettato,
riunificando le clausole del rapporto di lavoro a tempo determinato
regolate dallo stesso art. 17 e dall'art.
41, comma 5, del CCNL del 7 aprile 1999. Trattasi di sistemazione in
un unico testo della disciplina originaria, frammentata tra i due
contratti, senza modifiche all'istituto nella sua originaria regolazione.
Come giustamente osservato, tuttavia,
l'articolo 12, comma 8, lettera b)
del succitato CCNL integrativo, tutelando ampiamente il diritto del
dipendente a tempo indeterminato alla concessione dell'aspettativa nei
casi in cui allo stesso sia conferito un incarico a tempo determinato
(presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre
amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea)
modifica la dizione usata per la concessione dell'aspettativa contemplata
dal comma 15 del rinnovellato art. 17 nel senso prospettato dal quesito.
Pertanto, ad avviso di questa Agenzia, nella contraddizione esistente tra
le due clausole, si deve ritenere prevalente la formula contenuta
nell'art. 12, comma 8, lett. b) perchè questo disciplina ex novo ed in
generale il sistema delle aspettative. D'altra parte la mancanza di
discrezionalità che deriva dall'applicazione dell'art. 12, comma 8 lett.
b) è compensata dalla possibilità dell'azienda di ricorrere, per la
copertura del posto, ad un'altra assunzione a termine.
2) Art. 17 : Congedi dei genitori.
I primi trenta giorni
di congedo parentale interamente retribuiti, relativi all'astensione
facoltativa di cui all'art. 17,
comma 2, lett. c), se non fruiti nel primo anno, possono essere
utilizzati entro gli otto anni di vita del bambino, conservando il diritto
alla retribuzione al 100%?
In merito al quesito si osserva che la
disciplina contrattuale di maggior favore si muove pur sempre nella
cornice legale dell'art.
34 del D. Lgs. 151/2001 e, quindi, non modifica le condizioni generali
ivi previste per l'erogazione del trattamento economico. Di conseguenza,
nel caso proposto all'esame, questo è corrisposto per intero per i primi
trenta giorni se il congedo è fruito prima del compimento del terzo anno
di vita del bambino. Se, invece, essi sono richiesti per la prima volta
dopo il triennio, il trattamento economico è corrisposto per intero solo
in presenza dei requisiti richiesti dalla norma di legge per l'erogazione
dell'indennità pari al 30% della retribuzione (cioè se il reddito del
genitore che richiede il congedo sia inferiore al minimo previsto dal
decreto legislativo medesimo).
In caso di parto gemellare la disciplina
prevista dall'art. 17, comma 2,
lett. c), ossia la totale remunerazione dei primi trenta giorni di
congedo parentale per astensione facoltativa, spetta una sola volta o per
ogni figlio gemello?
Il d. Lgs. 151/2001, pur prevedendo che il
congedo parentale in oggetto compete per ogni bambino, non ha
espressamente disciplinato il caso di parti plurimi, al contrario di
quanto previsto per i riposi giornalieri della madre.
Per ciò che attiene il beneficio di maggior
favore previsto dalla norma contrattuale in esame (cioè il mantenimento
del 100% della retribuzione per i primi trenta giorni), esso ha dunque
mantenuto la precedente correlazione con "l'evento parto" per cui, anche
in presenza di parti plurimi, compete una sola volta, cumulativamente per
entrambi i genitori.
Tuttavia, per completezza di informazione, si
informa che questa Agenzia ha inoltrato al Dipartimento della Funzione
pubblica una richiesta di parere sull'argomento della moltiplicazione del
periodo di ex astensione facoltativa in relazione al numero di figli
gemelli il cui esito sarà tempestivamente portato a conoscenza di tutte le
aziende non appena perverrà. In ogni caso, a prescindere
dall'interpretazione finale della disposizione di legge non sembra
possibile che il trattamento economico dei primi trenta giorni di congedo
retribuibili per intero per disposizione contrattuale, sia suscettibile –
allo stato - di moltiplicazione in quanto non sorretto da una idonea
previsione dei relativi costi.
E' possibile cumulare nello stesso anno
solare i benefici di cui all'art. 17, comma 2, lett. c) e quelli previsti
dalla lett. d) del medesimo comma 2, ossia, rispettivamente, la
remunerazione intera per i primi trenta giorni di congedo parentale per
astensione facoltativa e per i primi trenta giorni di assenza per malattia
del bambino di età inferiore a tre anni?
Si tratta di due distinti istituti che, nella
loro riformulazione, incidono sullo stesso arco temporale; pertanto viene
meno il divieto di cumulo preesistente. Di conseguenza è possibile che un
genitore fruisca nello stesso anno di sessanta giorni di assenza
retribuita, di cui trenta per congedo parentale per astensione facoltativa
e trenta per malattia del figlio.
In caso di part-time verticale, come
vanno conteggiati i primi 30 giorni di congedo parentale con diritto
all'intera retribuzione?
L'art.
25, comma 11, del CCNL del 7 aprile 1999, come sostituito dall'art.
35, comma 1 del CCNL integrativo del 20 settembre 2001, prevede che
"il permesso per matrimonio, l'astensione facoltativa, i permessi per
maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi
coincidenti con quelli lavorativi,…". In caso di part - time verticale, il
periodo massimo concedibile non viene riproporzionato ed i permessi sono
computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo
pieno. Elemento comune a tutti gli istituti sopra citati è, quindi, la
modalità con cui essi vengono conteggiati facendo riferimento ai giorni di
calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto.
Nel caso in questione, l'art. 17,
comma 2, lett. e) prevede che "i
periodi di assenza di cui alle lettere c) e d), nel caso di fruizione
continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano
all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione
anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza
non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della
lavoratrice". Pertanto i primi
trenta giorni interamente retribuiti di congedo parentale per astensione
facoltativa, o di permesso per malattia del figlio, si considerano tenendo
conto di tutti i giorni di calendario ricadenti all'interno del periodo
richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà
calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l'ultimo
giorno lavorativo precedente all'effettivo rientro in servizio. Per
esempio: se un dipendente che lavora nei giorni di martedì e giovedì
chiede 10 giorni di astensione facoltativa a partire dal martedì, tali
giornate verranno conteggiate come segue:
MA 15
|
ME 16
|
GI 17
|
VE 18
|
SA 19
|
DO 20
|
LU 21
|
MA 22
|
ME 23
|
GI 24
|
VE 25
|
SA 26
|
DO 27
|
LU 28
|
MA
29
|
1
|
2
|
3
|
4
|
5
|
6
|
7
|
8
|
9
|
10
|
-
|
-
|
-
|
-
|
rientro in servizio
|
Il personale dipendente che fruisce di
n. 2 ore di riduzione oraria per allattamento, può prestare lavoro
straordinario?
Si ritiene che tale eventualità sia
strettamente correlata all'articolazione oraria scelta dalla lavoratrice.
In particolare, laddove quest'ultima chieda di usufruire della riduzione
oraria prevista dall'art. 39 del d. lgs. 151/2001 all'inizio o durante il
proprio orario di lavoro giornaliero, nulla vieta che essa possa prestare
lavoro straordinario alla fine del proprio turno. Al contrario, qualora la
riduzione oraria sia applicata alla fine dell'orario di lavoro, sebbene in
merito i contratti e il d. lgs. 151/2001 non contengano alcuna espressa
previsione, appare poco conforme allo spirito della norma richiedere alla
dipendente il rientro in servizio per prestare lavoro straordinario fatta
salva la disponibilità della stessa.
Nei casi previsti dall'art. 17, comma 2,
lett. c) e d), compete la 13° mensilità?
In merito si osserva che la disciplina
generale prevista dall'art.
34, comma 5, del d. lgs. 151/2001, la quale dispone che "i
periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio,
esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o
alla gratifica natalizia", è stata
solo parzialmente derogata dal contratto. Infatti quest'ultimo prevede che
i primi trenta giorni di congedo parentale, "computati
complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo
frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell'anzianità di
servizio" e sono interamente
retribuiti. Resta, quindi, confermata la disciplina della non erogabilità
della 13° mensilità prevista dal citato art. 34 del decreto.
Per quanto riguarda i congedi per la malattia
del figlio, la norma di carattere generale cui far riferimento è quella
prevista dall'art.
48, comma 1, del d. lgs. 151/2001, di contenuto identico all'art.
34, comma 4, citato nel precedente quesito. Anch'essa è stata
parzialmente derogata dal CCNL; di conseguenza nei trenta giorni di
permesso retribuito di cui all'art.
17, comma 2, lett. d), maturano le ferie ma non la tredicesima
mensilità.
Come si determina la retribuzione del
personale con contratto di lavoro a tempo determinato collocato in congedo
per maternità contestualmente o dopo pochi giorni dall'assunzione in
servizio?
Al personale a tempo determinato collocato in
congedo per maternità compete lo stesso trattamento economico del
personale a tempo indeterminato e, pertanto il calcolo va effettuato con
le stesse modalità previste dall'art.
17, comma 2, lett. a) del CCNL integrativo del 20 settembre 2001.
Ciò si desume dall'art.
31 del contratto citato, il quale esplicita le deroghe agli istituti
del rapporto di lavoro applicate al personale con contratto a termine, tra
le quali non è compreso il trattamento economico in caso di congedo per
maternità. (vedi anche quesito n. 5).
3) Art. 19 - Mobilità volontaria tra
aziende ed enti del comparto e con altre amministrazioni di comparti
diversi.
Poiché l'art.
19, comma 8, ha disapplicato l'art. 15 del D.P.R. 384/1990, che
regolava la mobilità per compensazione, le domande congiunte pervenute
prima della data di entrata in vigore del CCNL integrativo o comunque in
corso di perfezionamento a tale data, possono ancora essere concluse
favorevolmente?
Pur confermando che l'art.
19 del CCNL integrativo ha disapplicato, dalla data della sua entrata
in vigore (ovvero dal 21 settembre 2001), le norme che regolamentavano la
mobilità per compensazione, l'ampia liberalizzazione dell'istituto,
affrancato da tutte le procedure che ne ostacolavano l'agevole
applicabilità, non impedisce la conclusione delle procedure di mobilità,
anche di compensazione già avviate, tanto più che in tale ultimo caso
l'azienda, concedendo, nell'ambito della sua piena autonomia, il doppio
nulla osta, riesce a sostituire contemporaneamente il dipendente
trasferito.
4) Art. 22 - Diritto allo studio
Nella concessione dei permessi
retribuiti per motivi di studio si devono tenere in considerazione le
precedenti circolari di chiarimenti emanate dal Dipartimento della
Funzione Pubblica in detta materia?
Il diritto allo studio è stato disciplinato
dall'art. 22 in una linea di
continuità logica con l'art. 20 del D.P.R. 384/1990, ora disapplicato.
Nulla osta, pertanto, che le precedenti circolari interpretative citate
nel quesito ed emanate in vigenza del D.P.R. 395/1988 e del citato art. 20
possano continuare ad essere un punto di riferimento nell'applicazione
dell'istituto in esame nelle parti in cui esso non sia stato innovato
rispetto alla precedente disciplina.
5) Art. 31. Assunzioni a
tempo determinato
Dopo l'entrata in
vigore del d.lgs. 368 del 2001 sulIe assunzioni a tempo determinato è
tuttora in vigore l'art. 31 del CCNL
integrativo del 20 settembre 2001? Per quali parti?
Il
dlgs. 368 del 2001, entrato
in vigore il 24 ottobre 2001, ha abrogato la precedente disciplina della
legge n. 230 del 1962 e successive modificazioni, posta alla base dell'art.
31 del CCNL integrativo del 20 settembre, che riproduce la disciplina
delle assunzioni a tempo determinato precedentemente suddivisa tra il CCNL
del 1 settembre 1995 ed il CCNL del 7 aprile 1999.
Alla luce del nuovo decreto, la disciplina
pattizia è stata sostituita dal 24 ottobre 2001 dalla nuova
regolamentazione legislativa in tutti i suoi aspetti (salvo le successive
precisazioni) ed, in particolare, con riguardo alle ragioni del ricorso ai
contratti a tempo determinato, al regime della durata, delle proroghe,
della successione dei contratti stessi e del sistema sanzionatorio.
L'unica parte della preesistente disciplina
negoziale rimasta in vigore per un periodo di tempo limitato e cioè sino
al 31 dicembre 2001 (data di scadenza dei contratti nazionali) ha
riguardato le causali che tipizzavano le ragioni del ricorso ai contratti
a tempo determinato (cfr. art.
17 comma 1 dei CCNL dell'1 settembre 1995, rinnovellato dall'art. 1
del CCNL integrativo in esame). La cessazione di tali causali si è
prodotta dalla data citata per espressa previsione del decreto legislativo
anche se, come noto, il CCNL continua a produrre – per tutte le altre
disposizioni - i propri effetti sino al rinnovo. In tal senso si è
espresso anche il Dipartimento della Funzione pubblica con il parere del
22 gennaio 2002, n. prot. 35.
Per consentire una omogenea applicazione di
questa importante forma di flessibilità del rapporto di lavoro, pur in
mancanza di specifiche norme di raccordo con la disciplina negoziale
vigente, questa Agenzia ritiene di poter affermare che - per effetto del
dlgs 368 del 2001 – delle disposizioni sulle assunzioni a tempo
determinato di cui all'art. 31 rimangono in vigore solo le parti riferite:
- al
comma 2 relativo all'accesso. Infatti le modalità di assunzione a
tempo determinato continuano ad essere regolate, in via generale, dalle
procedure selettive di cui all'art. 9 della Legge n. 207/1985
- al
comma 4, relativamente all'automatica risoluzione del rapporto senza
diritto al preavviso alla scadenza del termine stabilito nel contratto
individuale ed all'impossibilità di trasformare il rapporto di lavoro a
tempo determinato in quello a tempo indeterminato, materia tuttora
regolata dall'art.
36, comma 2 del dlgs. 165 del 2001 non disapplicato dal decreto in
esame. La clausola dell'anticipata risoluzione del contratto continua ad
avere efficacia solo nelle ipotesi di assunzioni sostitutive a termine;
- al
comma 5, relativo alle flessibilità del rapporto di lavoro;
- al
comma 6, relativo al trattamento economico e normativo previsto per il
personale a tempo determinato ;
- al
comma 7, lett. a), sulla nullità del contratto;
- al
comma 14, limitatamente alla parte relativa ai documenti da presentare
per l'assunzione;
- al
comma 15, sul diritto alla conservazione del posto, peraltro
riconfermato, con modifiche dall'art.
12, comma 8, lettera b) del CCNL in esame (cfr. anche risposta al
terzo quesito del punto 1).
Per tutto il resto si applica, come già detto,
quanto previsto dal citato dlgs n. 368 del 2001.
6) Art. 35 - Trattamento economico –
normativo del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.
Nel caso di rapporto di lavoro a tempo
parziale misto (orizzontale e verticale), come si quantificano le ferie e
le altre assenze dal servizio previste dal contratto di lavoro e dalla
legge?
L'indennità di coordinamento di cui all'art. 10 del CCNL 20 settembre
2001, relativo al II biennio economico, va riproporzionata in caso di part
– time? Si può salvaguardare la parte fissa come previsto nell'art. 4,
comma 7 dei CCNL integrativi delle aree dirigenziali stipulati il 20
febbraio 2001 sull'impegno ridotto? Si può applicare il comma 8 dell'art.
35?
Con riguardo al primo quesito le ferie e le
altre assenze si quantificano proporzionalmente ai periodi di lavoro part
- time e secondo le regole stabilite per ciascuno di essi, tenendo conto
del trattamento economico spettante nelle giornate di part – time
orizzontale all'interno del sistema misto. In ogni caso dall'applicazione
del sistema misto non può derivare al dipendente un beneficio maggiore
rispetto a quello previsto per ciascuna tipologia di part – time, ove
questa fosse singolarmente applicata.
Quanto al secondo quesito l'art. 35 non fa
eccezioni per l'indennità di coordinamento che, pertanto, in caso di part
– time va riproporzionata. Si specifica a tal fine che, nell'applicazione
delle clausole negoziali, non è dato ricorso al principio analogico poichè
i contratti sono autonomi tra di loro e la diversità delle clausole non
sempre discende da una mera incoerenza della disciplina di situazioni
apparentemente identiche.
Infatti nel caso prospettato l'inconferenza
della citazione dell'art. 4, comma 7 dei CCNL del 20 febbraio 2001
sull'impegno ridotto dei dirigenti si deduce da una circostanza – che
dovrebbe essere ben nota – circa la diversa origine della parte fissa
della retribuzione di posizione dei dirigenti (costituita dalla
retribuzione proveniente dal precedente DPR 384/1990 e, pertanto,
irriducibile perchè sottoposta alla tutela permanente della disposizione
transitoria dell'art. 72 del dlgs 29/1993 versione originaria) rispetto a
quella dell'indennità di coordinamento di completa derivazione
contrattuale essendo costituita dalle risorse rese disponibili per la
stipulazione del CCNL del II biennio economico 2000 – 2001 e, quindi, non
soggette alla medesima salvaguardia.
Chiarita la ragione oggettiva della diversità
delle clausole, dal contratto della dirigenza si evince chiaramente che la
riduzione dell'impegno orario incide sulla prestazione e, quindi, sulla
funzione esercitata. In questo caso per le ragioni suindicate il
riproporzionamento della retribuzione di posizione, in via eccezionale e,
quindi con una regola non esportabile in altro contratto, agisce solo
sulla parte variabile, come è noto, finanziata con i CCNL vigenti nel
tempo.
Quanto all'applicazione del comma 8 dell'art.
35, essendo l'individuazione degli istituti non collegati alla durata
della prestazione rimessa alla contrattazione integrativa, non può essere
fornito alcun suggerimento circa una valutazione, che rimane nella sfera
strettamente discrezionale dell'azienda, circa il rapporto esistente tra
regime orario e prestazione dei dipendenti. Si può solo sottolineare che
gli istituti di cui è cenno nella clausola contrattuale sembrano essere
più legati al risultato ed alla produttività che non all'esercizio della
funzione.
7) Art. 47, comma 2.
Qual'è l'esatta base di calcolo per la
determinazione dell'equo indennizzo?
Questa Agenzia ha riscontrato una
contraddizione tra le norme citate nel comma 2 dell'art. 47 e le
indicazioni per la base di calcolo di cui alle lettere a) e b) dello
stesso comma. Tale contraddizione è stata risolta mediante un ipotesi di
contratto di interpretazione autentica il cui testo, attualmente in corso
di stipulazione, è già disponibile sul sito internet di questa Agenzia.
8) Art. 51 – Procedure di conciliazione ed
arbitrato
Quale è l'organo attualmente competente
all'impugnativa da parte del dipendente delle sanzioni disciplinari?
Il percorso procedurale del ricorso al Collegio Arbitrale è quello
indicato al comma 7 dell'art. 55 del D.Lgs n. 165/01 (ex comma 7, art. 59
del D.Lgs 29/93) o quello indicato nel CCNQ del 23.01.01 previsto per le
procedure di conciliazione e arbitrato?
Ai sensi dell'art. 56 del dlgs. 165 del 2001
le sanzioni disciplinari
possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di
conciliazione di cui all'art. 66 dello stesso decreto. Ove la
conciliazione non riesca il dipendente può adire il collegio arbitrale di
cui all'art. 55, comma 8 del dlgs 165 ovvero il giudice ordinario. Il
sistema di impugnazione dinanzi al citato collegio arbitrale di disciplina
dell'azienda è ammesso per la vigenza del CCNQ sulla conciliazione ed
arbitrato stipulato il 23 gennaio 2001, aIla cui procedura si debbono
comunque adeguare i soggetti la cui competenza viene ancora salvaguardata
.
Il dipendente può, invece, adire direttamente
il percorso conciliativo previsto dal CCNQ del 23 gennaio 2001. Anche in
questo caso, ove la conciliazione non riesca può rivolgersi al giudice
ordinario ovvero proseguire il giudizio dinanzi all'arbitro.
Nel caso in cui il dipendente, dopo la
conciliazione, scelga il collegio arbitrale di cui all'art. 55 del dlgs
165, non può più presentare la controversia al giudizio dell'arbitro
(commi 7 e segg. dell'art. 4 di cui al CCNQ del 23 gennaio 2001).
Per tutte le vertenze diverse da quelle
aventi per oggetto le sanzioni disciplinari
il dipendente può decidere per la procedura conciliativa prevista
dall'art. 66 o dal CCNQ del 23 gennaio 2001, la quale, come noto, deve
essere esperita obbligatoriamente. Ove tale fase si concluda con esito
negativo, il dipendente può scegliere se proseguire la controversia
dinanzi al giudice ordinario o dinanzi all'arbitro di cui al citato CCNQ
del 2001, anche se nella fase conciliativa ha scelto la procedure di cui
all'art. 66 citato.
9) Art. 52, comma 1 lettera a).
Disapplicazioni
L'art. 27 del DPR 270/87 relativo alle
convenzioni per prestazioni di consulenza è decaduto per effetto dell'art.
52, comma 1, lettera a) del CCNL integrativo? Tali prestazioni possono
continuare ad essere prestate nonostante l'art. 27 non sia stato
trasformato?
L'art. 53 del DPR 761/1979 è stato
disapplicato?
La disapplicazione dell'istituto previsto
dall'art. 27 citato, che non ne consente l'ultrattività, è stata possibile
in quanto le previsioni di tale disposizione sono state sostituite da
quelle contenute nell'art. 43 della legge 449 del 1997, recepite dall'art.
4, comma 2 punto II lettera a) del CCNL del 7 aprile 1999. L'art. 43
permette l'incremento dei fondi di produttività dei dipendenti con il
ricorso ad una pluralità di soluzioni, tra le quali, al comma 3, è
prevista anche la possibilità per l'azienda di stipulare convenzioni per
consulenze e servizi aggiuntivi, a titolo oneroso, con soggetti pubblici o
privati, attività da svolgere con il ricorso al proprio personale. La
completa attuazione della disposizione legislativa è stata rimessa alla
contrattazione collettiva integrativa che ne deve regolare le modalità di
funzionamento anche attraverso appositi atti regolamentari.
Quanto al secondo quesito, si fa osservare che
il DPR. 761/1979 è stato disapplicato solo in relazione agli istituti del
rapporto di lavoro che sono contrattualizzati. Le disposizioni in tema di
età pensionabile non rientrano tra quelle disponibili per la
contrattazione, come risulta dall'art. 37 del CCNL 1 settembre 1995, comma
1 lett. a) che rinvia all' ordinamento vigente nell'ambito del quale
rimane anche l'art. 53 ove non modificato o abrogato da successive leggi
di settore (cfr. ad es. dlgs 503/1992 , legge 335 del 1995 etc).
10) Allegato 1 del CCNL integrativo
Con la dizione "diploma di istruzione
secondaria di secondo grado" riferita ai requisiti indicati nelle
declaratorie dell'allegato 1 del CCNL integrativo del CCNL del 07.04.1999
che cosa si deve intendere?
Cosa si intende per "due anni di scolarità dopo il diploma di istruzione
secondaria di I grado"?
Poiché l'art. 195 del D. Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, "Testo Unico delle
disposizioni legislative in materia di istruzione", rinvia alla
contrattazione collettiva per il riconoscimento dei diplomi di qualifica
professionale ai fini dell'ammissione ai concorsi, è ipotizzabile
affermare che tale operazione debba essere di competenza della
contrattazione collettiva al momento della definizione delle declaratorie?
La risposta al primo quesito va rinvenuta
nell'ambito delle vigenti disposizioni non essendo la disposizione
contrattuale innovativa.
Con riguardo al secondo quesito, si osserva
che il requisito è analogo a quello che veniva richiesto per l'ammissione
al corso di formazione per infermiere professionale prima che divenisse
obbligatorio il diploma di scuola secondaria di II grado.
Quanto alla terza domanda si osserva che il
contratto nazionale, nel descrivere le declaratorie dei vari profili ed i
requisiti per le selezioni interne ed esterne si è limitato ad indicare i
titoli di studio tradizionali e non ha provveduto al riconoscimento dei
diplomi di qualifica professionale per tutte le categorie. Solo con
riferimento ai profili appartenenti alla categoria B (di entrambi i
livelli economici) vengono richiamati "specifici titoli e abilitazioni
professionali o attestati di qualifica " la cui individuazione e
caratteristica è rimessa alle aziende in relazione ai mestieri e
professionalità richieste. Altro riferimento si rinviene nella descrizione
dei requisiti dell'assistente tecnico programmatore. Si ritiene, pertanto,
che ove la fonte negoziale non si sia espressa esplicitamente ciò
significhi che non ha voluto o potuto esercitare la facoltà accordatale.
Pertanto, qualora il quesito sia stato posto per dimostrare che il diploma
di qualifica possa essere equiparato al diploma di scuola media superiore
ai fini della progressione interna nel sistema classificatorio, questa
Agenzia conferma di non poter procedere in via interpretativa ed
unilaterale e, come nel quesito precedente, non può che rinviare a quanto
previsto dalle vigenti disposizioni.
PARTE II
CCNL del 20 settembre 2001, II biennio
economico
11) Art. 9 comma 6
I dipendenti che appartenevano ai
profili sanitari destinatari dell'art. 9 , transitati ad altro profilo
anche di livello inferiore ai sensi dell'art. 16 del DPR. 384/1990 per
inidoneità permanente allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo
di originaria appartenenza, possono beneficiare, a domanda, del comma 6?
L' attuale appartenenza ad un diverso profilo
e ad altro ruolo anche in posizione economica inferiore di un dipendente
già appartenente ai profili sanitari, a seguito della ricollocazione
disposta ai sensi dell'art. 16 del DPR. 384 del 1990 (in vigore sino al
CCNL integrativo del 20 settembre 2001), a parere di questa Agenzia, rende
impossibile l'applicazione dell'art. 9 comma 6.
Si rammenta tuttavia che l'art. 5, comma 3 del
CCNL integrativo stipulato il 20 settembre 2001, contemporaneamente al II
biennio economico 2000-2001, consente che alle selezioni interne di cui
all'art. 16 del CCNL 7 aprile 1999, esclusivamente per il personale
infermieristico ivi citato possano partecipare anche dipendenti inseriti
nelle categorie A o B, provvisti del diploma, tra i quali anche quelli che
sono stati oggetto di ricollocazione. In tal caso, ove ricorrano tali
condizioni, pare tuttavia indispensabile che l'ammissione alle selezioni
interne sia preceduta dalla dimostrazione, attraverso la certificazione
medico – legale, dell'avvenuto pieno recupero dell'idoneità psico – fisica
anche per evitare comportamenti poco corretti oltre che dannosi per la
salute ed integrità fisica del dipendente.
12) art. 10 comma 7:
A quali situazioni si riferisce
l'applicazione del comma 7? E' possibile applicarlo nel caso in cui il
personale già di categoria C fosse stato incaricato di svolgere mansioni
superiori?
Il comma 7 è una fattispecie eccezionale che
trova applicazione in quelle situazioni organizzative (ad es. IPAB, RSA
etc) in cui, in mancanza nella dotazione organica del profilo di categoria
D iniziale, la funzione di coordinamento, solitamente affidata a questo
profilo, sia stata riconosciuta
formalmente in capo ad un
dipendente di categoria C alla data del 31 agosto 2001.
Solo in tale circostanza eccezionale,
la cui verifica è rimessa, peraltro, alla valutazione aziendale in base
alla propria situazione organizzativa, la disposizione contrattuale
consente di estendere il beneficio dell'art. 10 comma 1 sin dalla prima
applicazione del contratto anche a personale che altrimenti avrebbe
ottenuto esclusivamente il nuovo inquadramento nella categoria D iniziale.
Non rientra, pertanto, in tale previsione il
personale di categoria C del ruolo sanitario che alla data sopracitata
risulti incaricato di espletare le funzioni immediatamente superiori su
posti vacanti in categoria D, nei confronti del quale, con l'inquadramento
nella categoria stessa, viene solo confermata la posizione conferita
temporalmente con le mansioni superiori. A tali dipendenti, peraltro,
viene attribuito il medesimo trattamento giuridico del personale vincitore
di concorso nella categoria C o D dal 1 settembre in poi – senza cumulare
più benefici. Ciò non impedisce all'azienda, successivamente al 1
settembre 2001, di conferire, anche in tempi rapidi, a tale personale le
posizioni di coordinamento, ai sensi dell'art. 5, comma 2 del CCNL
integrativo del 20 settembre 2001, secondo criteri generali definiti con
le procedure della concertazione, dal momento che alla relativa selezione
possono partecipare anche i dipendenti neo – inquadrati in possesso dei
requisiti richiesti.
L' interpretazione dell'eccezionalità del
comma 7 è suffragata dalla lettura del sistema di finanziamento delle
clausole contrattuali riportato nell'art. 8, commi 2 e 3 (che riguardano
l'inquadramento di tutto il personale della categoria C del ruolo
sanitario ivi compreso quello espletante mansioni superiori) nonché nel
comma 4 dell'articolo stesso, riferito all'indennità di coordinamento,
spettante al personale già inquadrato nella categoria D (iniziale o super)
cui si collega l'eccezionale ipotesi prevista dall'art. 10, comma 7.
PARTE III
VARIE:
13) Art. 44, comma 13.
Trattamento di trasferta.
Nel comma in oggetto si è rinvenuto un errore
materiale poichè l'articolo del CCNL integrativo del 20 settembre 2001 cui
si deve fare riferimento è il
52, comma 2
ultimo periodo e non il 50.
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