Decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"
Decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517 Decreto Legge 30 maggio 1994, n. 325 Decreto Legge
27 agosto 1994, n. 512 Legge 23 dicembre 1994, n. 724
Legge 28 dicembre
1995, n. 549 Decreto Legge 18 novembre 1996, n.583
Decreto legislativo 15
dicembre 1997, n. 446 Legge 30 novembre 1998, n. 419
Decreto legislativo
19 giugno 1999, n. 229
Decreto
Legislativo 2 marzo 2000, n. 49
Decreto
Legislativo 7 giugno 2000, n. 168
Decreto
Legislativo 28 luglio 2000, n. 254
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87
della Costituzione; Visto l'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 1 dicembre 1992; Acquisito il parere delle commissioni
permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23
dicembre 1992; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e
del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro;
E M A N A
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I ORDINAMENTO
Articolo 1 Tutela del diritto alla salute, programmazione
sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza.
1. La tutela della salute come diritto
fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività è garantita, nel
rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il
Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività
assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività
svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale, nell'ambito dei
conferimenti previsti dal decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni
conservate allo Stato dal medesimo decreto. 2. Il Servizio
sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i
principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e
uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei
principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità
nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro
appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché dell'economicità
nell'impiego delle risorse. 3. L'individuazione dei livelli
essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale,
per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata
contestualmente all'individuazione delle risorse finanziarie destinate al
Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie
definite per l'intero sistema di finanza pubblica nel Documento di
programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei
livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale
a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le
modalità previste dalla legislazione vigente. 4. Le regioni,
singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte
per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle
esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da
assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano
vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o negli atti
che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della
sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione annuale sullo stato di
attuazione del piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla
spesa prevista per l'anno successivo. 5. Il Governo, su
proposta del Ministro della sanità, sentite le commissioni parlamentari
competenti per la materia, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data
di trasmissione dell'atto, nonché le confederazioni sindacali maggiormente
rappresentative, le quali rendono il parere entro venti giorni, predispone il
Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni
entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente, nel
rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo, ove si discosti dal parere
delle commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il piano è adottato ai
sensi dell'articolo
1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la
Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie
di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta
individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono, per il
1998-2000: a) l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di
lavoro; b) l'assistenza distrettuale; c) l'assistenza ospedaliera.
7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di
assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche
condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo
beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte
delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico
del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le
prestazioni sanitarie che: a) non rispondono a necessità assistenziali
tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui
al comma 2; b) non soddisfano il principio dell'efficacia e
dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle
evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui
condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate; c) in
presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze,
non soddisfano il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero
non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di
organizzazione ed erogazione dell'assistenza. 8. Le prestazioni
innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze
scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie
accreditate dal Servizio sanitario nazionale esclusivamente nell'ambito di
appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal Ministero della Sanità.
9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è
adottato dal Governo entro il 30 novembre dell'ultimo anno di vigenza del Piano
precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del
triennio con la procedura di cui al comma 5. 10. Il Piano
sanitario nazionale indica: a) le aree prioritarie di intervento, anche ai
fini di una progressiva riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali
nei confronti della salute; b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria
da assicurare per il triennio di validità del Piano; c) la quota capitaria
di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione
per livelli di assistenza; d) gli indirizzi finalizzati a orientare il
Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità
dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse
sovraregionale; e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante
l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi
socio-assistenziali degli enti locali; f) le finalità generali e i settori
principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo
programma di ricerca; g) le esigenze relative alla formazione di base e gli
indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno
e alla valorizzazione delle risorse umane; h) le linee guida e i relativi
percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna
struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e
valutarione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione
dei livelli essenziali di assistenza; i) i criteri e gli indicatori per la
verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli
previsti. 11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario
nazionale sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non
regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e con gli altri Ministri competenti per materia,
d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta
annualmente dal Ministro della sanità: a) illustra le condizioni di salute
della popolazione presente sul territorio nazionale; b) descrive le risorse
impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale; c) espone i
risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario
nazionale; d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in
riferimento all'attuazione dei piani sanitari regionali; e) fornisce
indicazioni per l'elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione
degli interventi 13. Il Piano sanitario regionale rappresenta il
piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento
dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale
anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni,
entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario
nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di
partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis,
nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel
campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli
operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal
Servizio sanitario nazionale. 14. Le regioni e le province
autonome trasmettono al Ministro della sanità i relativi schemi o progetti di
piani sanitari allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene
alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il
Ministro della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di
trasmissione dell'atto, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell'Agenzia per i
servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee guida
comuni in funzione dell'applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e
della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in ordine
al loro recepimento. 16. La mancanza del Piano sanitario
regionale non comporta l'inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario
nazionale. 17. Trascorso un anno dall'entrata in vigore del
Piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario
regionale, alla regione non è consentito l'accreditamento di nuove strutture. Il
Ministro della sanità, sentita la regione interessata, fissa un termine non
inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia
per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti
necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario nazionale, anche
mediante la nomina di commissari ad acta. 18. Le istituzioni e
gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e
quelle equiparate di cui all'articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri
costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale
dei servizi alla persona. Esclusivamente ai fini del presente decreto sono da
considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel
settore dell'assistenza sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a
quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo
10, comma 1, lettere d), e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto
dall'articolo 10, comma 7, del medesimo decreto. L'attribuzione della predetta
qualifica non comporta il godimento dei benefici fiscali previsti in favore
delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale dal decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460.
Articolo 2 Competenze regionali.
1. Spettano alle regioni e alle province
autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni
legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
2. Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei
principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela
della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle
aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei
confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione
al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni
sanitarie. 2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la
Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria
regionale, assicurandone il raccordo o l'inserimento nell'organismo
rappresentativo delle autonomie locali, ove istituito. Fanno, comunque, parte
della Conferenza: il sindaco del comune nel caso in cui l'ambito territoriale
dell'Azienda unità sanitaria locale coincida con quella del comune; il
presidente della Conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di
circoscrizione nei casi in cui l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale
sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune;
rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie
locali. 2-ter. Il progetto del Piano sanitario regionale è
sottoposto alla Conferenza di cui al comma 2-bis, ed è approvato previo esame
delle osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza. La Conferenza
partecipa, altresì, nelle forme e con le modalità stabilite dalla legge
regionale, alla verifica della realizzazione del Piano attuativo locale, da
parte delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 4, e dei piani attuativi
metropolitani. 2-quater. Le regioni, nell'ambito della loro
autonomia, definiscono i criteri e le modalità anche operative per il
coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui
all'articolo
17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché
l'eventuale costituzione di appositi organismi. 2-quinquies. La
legge regionale disciplina il rapporto tra programmazione regionale e
programmazione attuativa locale, definendo in particolare le procedure di
proposta, adozione e approvazione del Piano attuativo locale e le modalità della
partecipazione ad esse degli enti locali interessati. Nelle aree metropolitane
il piano attuativo metropolitano è elaborato dall'organismo di cui al comma
2-quater, ove costituito. 2-sexies. La regione disciplina
altresì: a) l'articolazione del territorio regionale in unità sanitarie
locali, le quali assicurano attraverso servizi direttamente gestiti l'assistenza
sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza distrettuale
e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dal presente decreto per
quanto attiene alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale e
alle altre strutture pubbliche e private accreditate; b) i principi e
criteri per l'adozione dell'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis;
c) la definizione dei criteri per l'articolazione delle unità sanitarie
locali in distretti, da parte dell'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis,
tenendo conto delle peculiarità delle zone montane e a bassa densità di
popolazione; d) il finanziamento delle unità sanitarie locali, sulla base di
una quota capitaria corretta in relazione alle caratteristiche della popolazione
residente con criteri coerenti con quelli indicati all'articolo 1, comma
34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; e) le modalità
di vigilanza e di controllo, da parte della regione medesima, sulle unità
sanitarie locali, nonché di valutazione dei risultati delle stesse, prevedendo
in quest'ultimo caso forme e modalità di partecipazione della Conferenza dei
sindaci; f) l'organizzazione e il funzionamento delle attività di cui
all'articolo 19-bis, comma 3, in raccordo e cooperazione con la Commissione
nazionale di cui al medesimo articolo; g) fermo restando il generale divieto
di indebitamento, la possibilità per le unità sanitarie locali di: 1)
anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo
dell'ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti
nel bilancio preventivo annuale; 2) contrazione di mutui e accensione di
altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il
finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino a
un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale e interessi, non
superiore al quindici per cento delle entrate proprie correnti, ad esclusione
della quota di fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla
regione; h) le modalità con cui le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere assicurano le prestazioni e i servizi contemplati dai livelli
aggiuntivi di assistenza finanziati dai comuni ai sensi dell'articolo
2 comma 1, lettera l), della legge 30 novembre 1998, n. 419.
2-septies. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del
decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, le regioni
istituiscono l'elenco delle istituzioni e degli organismi a scopo non lucrativo
di cui all'articolo 1, comma 18. 2-octies. Salvo quanto
diversamente disposto, quando la regione non adotta i provvedimenti previsti dai
commi 2-bis e 2-quinquies , il Ministro della sanità, sentite la regione
interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, fissa un congruo
termine per provvedere; decorso tale termine, il Ministro della sanità, sentito
il parere della medesima Agenzia e previa consultazione della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei Ministri l'intervento sostitutivo,
anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. L'intervento adottato dal
Governo non preclude l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si è
provveduto in via sostitutiva ed è efficace sino a quando i competenti organi
regionali abbiano provveduto.
Articolo 3 Organizzazione delle unità sanitarie locali.
1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie
locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1,
avvalendosi anche delle aziende di cui all'articolo 4. 1-bis.
In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie
locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e
autonomia imprenditoriale; la
loro organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di
diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsi dalle disposizioni
regionali. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate
di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione
analitica. 1-ter. Le aziende di cui ai commi 1 e 1-bis
informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità
e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l'equilibrio di
costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono
mediante atti di diritto privato. I contratti di fornitura di beni e servizi, il
cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in
materia, sono appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di diritto
privato indicate nell'atto aziendale di cui al comma 1-bis.
1-quater. Sono organi dell'azienda il direttore generale e il collegio
sindacale. Il direttore generale adotta l'atto aziendale di cui al comma 1-bis;
è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle
strutture operative dell'azienda. Il direttore generale è coadiuvato,
nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal
direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e
il coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione
sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione di cui
all'articolo 17 per le attività ivi indicate. 1-quinquies. Il
direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore
generale. Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la
responsabilità, alla direzione dell'azienda, assumono diretta responsabilità
delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione
di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione
generale. 2. abrogato 3. L'unità sanitaria
locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su
delega dei singoli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi
compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione.
L'unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l'effettiva
acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie. 4.
abrogato 5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994,
nell'ambito della propria competenza le modalità organizzative e di
funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro: a)
abrogato b) abrogato c) abrogato d) abrogato e) abrogato f)
abrogato g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli
uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere
nonché i criteri per l'attuazione della mobilità del personale risultato in
esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al
Decreto
Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni. 6. Tutti i poteri di gestione,
nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale, sono riservati al
direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche
attraverso l'istituzione dell'apposito servizio di controllo interno di cui
all'articolo
20, del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni
comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica
gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon
andamento dell'azione amministrativa. I provvedimenti di nomina dei direttori
generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono
adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all'articolo
1 del D.L. 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla
legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative.
L'autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle
funzioni del direttore generale. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i
criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità,
del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti
assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore
amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell'ufficio o
nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative
funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su
delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più
anziano per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si
procede alla sostituzione. 7. Il direttore sanitario è un
medico che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia
svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione
tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o
grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini
organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore
generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore
amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non abbia
compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque
anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o
strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il
direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell'unità sanitaria
locale. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del
coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l'ufficio di
direzione . 8. abrogato 9. Il direttore
generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli
provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che
le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della
data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di
scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno
effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi
alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale
non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in
parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia
esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la
data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato
candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque
anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte,
nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di
direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle
assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale,
di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità
montana, di membro del Parlamento, nonché con l'esistenza di rapporti anche in
regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le
funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono
attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai
direttori amministrativi ed ai direttori sanitari. La carica di direttore
generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro
dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l'unità
sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni. 10.
Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o
direttori sanitari delle unità sanitarie locali: a) coloro che hanno
riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un
anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi
per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso
dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo
quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 166 del codice penale; b)
coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è
previsto l'arresto obbligatorio in flagranza; c) coloro che sono stati
sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione,
salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall'art. 15
della L. 3 agosto 1988, n. 327, e dall'art. 14,
L. 19 marzo 1990, n. 55; d) coloro che sono sottoposti a
misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata. 11. Il
consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell'unità sanitaria locale con
funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore
sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori
sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera
medica se nell'unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero -
nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico
sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico
veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore
generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo
organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei
sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere
è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla
legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché
a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del
consiglio. 12. Il direttore generale dell'unità sanitaria
locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima
seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all'atto della
prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio
risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad
acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di
mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione
dell'intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla
ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la regione provvede a
costituirlo in via straordinaria con un funzionario della regione e due
designati dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie
funzioni all'atto dell'insediamento del collegio ordinario. L'indennità annua
lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari
al 10 per cento degli emolumenti del direttore generale dell'unità sanitaria
locale. Al presidente del collegio compete una maggiorazione pari al 20 per
cento dell'indennità fissata per gli altri componenti. 13.
Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del
comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della
popolazione, provvede alla definizione, nell'ambito della programmazione
regionale, delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica
dell'attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di
esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l'andamento
generale dell'attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici
trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla
regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide
con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla
conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento
territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di
cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio
delle funzioni dettate con normativa regionale.
Articolo 3-bis (Direttore generale, direttore amministrativo e
direttore sanitario) 1. I provvedimenti di
nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui al
comma 3. 2. La nomina del direttore generale deve essere
effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza
dell'ufficio. Scaduto tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies.
3. Gli aspiranti devono essere in possesso dei seguenti
requisiti: a) diploma di laurea; b) esperienza almeno quinquennale di
direzione tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o
private, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta
responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta nei dieci
anni precedenti la pubblicazione dell'avviso. 4. I direttori
generali nominati devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il
certificato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e
di organizzazione e gestione sanitaria. I predetti corsi sono organizzati ed
attivati dalle regioni, anche in ambito interregionale ed in collaborazione con
le università o altri soggetti pubblici o privati accreditati ai sensi
dell'articolo 16-ter, operanti nel campo della formazione manageriale, con
periodicità almeno biennale. I contenuti, la metodologia delle attività
didattiche, la durata dei corsi, non inferiore a centoventi ore programmate in
un periodo non superiore a sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della
certificazione, sono stabiliti, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore
del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, con decreto del
Ministro della sanità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
I direttori generali in carica alla data di entrata in vigore del presente
decreto producono il certificato di cui al presente comma entro diciotto mesi da
tale data. 5. Le regioni determinano preventivamente, in via
generale, i criteri di valutazione dell'attività dei direttori generali, avendo
riguardo al raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della
programmazione regionale, con particolare riferimento alla efficienza, efficacia
e funzionalità dei servizi sanitari. All'atto della nomina di ciascun direttore
generale, esse definiscono ed assegnano, aggiornandoli periodicamente, gli
obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle
relative risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori
stessi. 6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun
direttore generale, la regione verifica i risultati aziendali conseguiti e il
raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 5 e, sentito il parere del
sindaco o della conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero,
per le aziende ospedaliere, della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis,
procede o meno alla conferma entro i tre mesi successivi alla scadenza del
termine. La disposizione si applica in ogni altro procedimento di valutazione
dell'operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal comma 7.
7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una
situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio
di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, la regione risolve il
contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua
sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della Conferenza di
cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni
dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può
avere comunque corso. Si prescinde dal parere nei casi di particolare gravità e
urgenza. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14,
ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma
2-bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano
attuativo locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore
generale, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto.
Quando i procedimenti di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente
comma riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza
di cui all'articolo 2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco del comune
capoluogo della provincia in cui è situata l'azienda. 8. Il
rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del
direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato,
di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile,
stipulato in osservanza delle norme del titolo
terzo del libro quinto del codice civile. La regione
disciplina le cause di risoluzione del rapporto con il direttore amministrativo
e il direttore sanitario. Il trattamento economico del direttore generale, del
direttore sanitario e del direttore amministrativo è definito, in sede di
revisione del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio 1995, n. 502,
anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione
collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica e
amministrativa. 9. La regione può stabilire che il conferimento
dell'incarico di direttore amministrativo sia subordinato, in analogia a quanto
previsto per il direttore sanitario dall'articolo
1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.
484, alla frequenza del corso di formazione programmato per
il conferimento dell'incarico di direttore generale o del corso di formazione
manageriale di cui all'articolo
7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.
484 o di altro corso di formazione manageriale appositamente
programmato. 10. La carica di direttore generale è
incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o
autonomo. 11. La nomina a direttore generale, amministrativo e
sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa
senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L'aspettativa è concessa
entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini
del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di
appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali
ed assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul
trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei
massimali di cui all'articolo
3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e
a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto
all'unità sanitaria locale o all'azienda ospedaliera interessata, la quale
procede al recupero della quota a carico dell'interessato. 12.
Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di cui al comma 11,
siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive
ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico
corrisposto nei limiti dei massimali previsti dall'articolo
3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, è
versata dall'unità sanitaria locale o dall'azienda ospedaliera di appartenenza,
con recupero della quota a carico dell'interessato. 13. In sede
di revisione del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio 1995, n. 502
si applica il comma 5 del presente articolo. 14. Il rapporto di
lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale è regolato dal decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si applica l'articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni. 15. In sede di prima applicazione, le regioni
possono disporre la proroga dei contratti con i direttori generali in carica
all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto per un periodo massimo di
dodici mesi.
Articolo 3-ter Collegio sindacale 1. Il
collegio sindacale: a) verifica l'amministrazione dell'azienda sotto il
profilo economico; b) vigila sull'osservanza della legge; c) accerta la
regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze
dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di
cassa; d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta
di quest'ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando
immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità; trasmette
periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una propria relazione
sull'andamento dell'attività dell'unità sanitaria locale o dell'azienda
ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del comune
capoluogo della provincia dove è situata l'azienda stessa. 2. I
componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di ispezione e
controllo, anche individualmente. 3. Il collegio sindacale dura
in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla
regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza
dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato
dall'organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale
sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito
presso il Ministero di grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del Ministero
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato
per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei
collegi sindacali. 4. I riferimenti contenuti nella normativa vigente al
collegio dei revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere si intendono applicabili al collegio sindacale di cui al presente
articolo.
Articolo 3-quater Il distretto
1. La legge regionale disciplina l'articolazione in distretti dell'unità
sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di cui
all'articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall'atto aziendale di cui
all'articolo 3, comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno
sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle
caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della
popolazione residente, disponga diversamente. 2. Il distretto
assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e
socio-sanitarie di cui al successivo articolo 3-quinquies, nonché il
coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi
aziendali, inclusi i presidi ospedalieri, inserendole organicamente nel
Programma delle attività territoriali. Al distretto sono attribuite risorse
definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento.
Nell'ambito delle risorse assegnate, il distretto è dotato di autonomia
tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata
all'interno del bilancio della unità sanitaria locale. 3. Il
Programma delle attività territoriali, basato sul principio della
intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture
operative: a) prevede la localizzazione dei servizi a gestione diretta di
cui all'articolo 3-quinquies; b) determina le risorse per l'integrazione
socio-sanitaria di cui all'articolo 3-septies e le quote rispettivamente a
carico dell'unità sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei
presidi per il territorio di competenza; c) è proposto, sulla base delle
risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto, dal
direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale, d'intesa,
limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto
conto delle priorità stabilite a livello regionale. 4. Il
Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui funzionamento
sono disciplinati dalla regione, concorre alla verifica del raggiungimento dei
risultati di salute definiti dal Programma delle attività territoriali. Nei
comuni la cui ampiezza territoriale coincide con quella dell'unità sanitaria
locale o la supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal
Comitato dei presidenti di circoscrizione.
Articolo 3-quinquies Funzioni e risorse del distretto
1. Le regioni disciplinano l'organizzazione del
distretto in modo da garantire: a) l'assistenza primaria, ivi compresa la
continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio
multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina
generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e
festiva e i presidi specialistici ambulatoriali; b) il coordinamento dei
medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture
operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale,
nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed
extraospedaliere accreditate; c) l'erogazione delle prestazioni sanitarie a
rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle
prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai comuni.
2. Il distretto garantisce: a) assistenza specialistica
ambulatoriale; b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle
tossicodipendenze; c) attività o servizi consultoriali per la tutela della
salute dell'infanzia, della donna e della famiglia; d) attività o servizi
rivolti a disabili ed anziani; e) attività o servizi di assistenza
domiciliare integrata; f) attività o servizi per le patologie da HIV e per
le patologie in fase terminale. Trovano inoltre collocazione funzionale nel
distretto le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale e
del dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla
persona.
Articolo 3-sexies Direttore di distretto
1. Il direttore del distretto realizza le
indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al
distretto, in modo da garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai
servizi, l'integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale. Il
direttore del distretto supporta la direzione generale nei rapporti con i
sindaci del distretto. 2. Il direttore di distretto si avvale
di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto da
rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi distrettuali.
Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina
generale, uno dei pediatri di libera scelta ed uno degli specialisti
ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto. 3.
L'incarico di direttore di distretto è attribuito dal direttore generale a un
dirigente dell'azienda, che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi
territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione, oppure a un
medico convenzionato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, da almeno dieci anni,
con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della
dirigenza sanitaria. 4. La legge regionale disciplina gli
oggetti di cui agli articoli 3-quater, comma 3 e 3-quinquies, commi 2 e 3,
nonché al comma 3 del presente articolo, nel rispetto dei principi fondamentali
desumibili dalle medesime disposizioni; ove la regione non disponga, si
applicano le predette disposizioni.
Articolo 3-septies Integrazione sociosanitaria
1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie
tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati,
bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni
sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo
periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.
2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a)
prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla
promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e
contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e
acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le
attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in
stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo
stato di salute. 3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui
all'articolo
2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419,
da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà
sociale, individua, sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al
presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma
2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per
quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto
sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria
di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli
uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario.
4. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione
sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità
della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree
materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da
droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase
terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.
5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione
sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli
essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla
vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai
progetti-obiettivo nazionali e regionali. 6. Le prestazioni
sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al
loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell'articolo
3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La
regione determina, sulla base dei criteri posti dall'atto di indirizzo e
coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a
rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali
di assistenza. 7. Con decreto interministeriale, di concerto
tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il
Ministro per la funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei
servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari.
8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall'articolo 3
quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e le modalità
mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono l'integrazione, su base
distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza,
individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei
processi assistenziali sociosanitari.
Articolo 3-octies Area delle professioni sociosanitarie
1. Con decreto del Ministro della sanità, di
concerto con il Ministro per la solidarietà sociale e con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il Consiglio
superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore del decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni è disciplinata
l'istituzione all'interno del Servizio sanitario nazionale, dell'area
sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria e sono individuate le relative
discipline della dirigenza sanitaria. 2. Con decreto del
Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale,
sentito il Ministro per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica e
acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, sono integrate le tabelle
dei servizi e delle specializzazioni equipollenti previste per l'accesso alla
dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, in relazione
all'istituzione dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro per la solidarietà sociale, sono individuati, sulla base di parametri e
criteri generali definiti dalla Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i profili
professionali dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria.
4. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti
nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare con corsi
di diploma universitario, sono individuate con regolamento del Ministro della
sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica e per la solidarietà sociale, ai sensi dell'articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; i
relativi ordinamenti didattici sono definiti dagli atenei, ai sensi dell'articolo
17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base
di criteri generali determinati con decreto del Ministro dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri Ministri
interessati, tenendo conto dell'esigenza di una formazione interdisciplinare,
adeguata alle competenze delineate nei profili professionali e attuata con la
collaborazione di più facoltà universitarie. 5. Le figure
professionali operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione
sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni, sono individuate con
regolamento del Ministro della sanità di concerto con il Ministro per la
solidarietà sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; con lo
stesso decreto sono definiti i relativi ordinamenti didattici.
Articolo 4 Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri.
1. Per specifiche esigenze assistenziali, di
ricerca scientifica, nonché di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel
rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 1 bis e seguenti, possono
essere costituiti o confermati in aziende, disciplinate dall'articolo 3, gli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, con le
particolarità procedurali e organizzative previste dalle disposizioni attuative
dell'articolo
11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59; le
aziende di cui all'articolo
6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, secondo le specifiche
disposizioni definite in sede di attuazione della delega ivi prevista; le
aziende ospedaliere di rilievo nazionale o interregionale, alle quali si
applicano, salvo che sia diversamente previsto, le disposizioni del presente
decreto relative alle unità sanitarie locali. Sino all'emanazione delle
disposizioni attuative sugli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, ad essi si applicano le disposizioni del presente decreto relative
alla dirigenza sanitaria, ai dipartimenti, alla direzione sanitaria e
amministrativa aziendale e al collegio di direzione. Le disposizioni del
presente decreto, salvo quanto in esso diversamente disposto, non si applicano
ai policlinici universitari e alle aziende ove insistono le facoltà di medicina
e chirurgia prima della data indicata dalle disposizioni attuative della delega
prevista dall'articolo
6 della legge 30 novembre 1998, n. 419; ove tale data non sia
prevista, dette disposizioni si applicano a partire dal 1 aprile 2000.
1-bis. Nell'ambito della riorganizzazione della rete dei
servizi conseguente al riordino del sistema delle aziende previsto dal presente
decreto, le regioni possono proporre la costituzione o la conferma in aziende
ospedaliere dei presidi ospedalieri in possesso di tutti i seguenti requisiti:
a) organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative presenti nella
struttura, disciplinata dall'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis, in
coerenza con l'articolo 17-bis; b) disponibilità di un sistema di
contabilità economico patrimoniale e di una contabilità per centri di costo;
c) presenza di almeno tre unità operative di alta specialità secondo le
specificazioni di cui al decreto del
Ministro della sanità 29 gennaio 1992, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 1992, e successive modificazioni; d)
dipartimento di emergenza di secondo livello, ai sensi dell'atto di indirizzo e
coordinamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992 e successive modificazioni, secondo
le specificazioni contenute nell'Atto di
intesa tra Stato e regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di
emergenza sanitaria pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996; e) ruolo di ospedale di riferimento in
programmi integrati di assistenza su base regionale e interregionale, così come
previsto dal Piano sanitario regionale ed in considerazione della mobilità
infraregionale e della frequenza dei trasferimenti da presidi ospedalieri
regionali di minore complessità; f) attività di ricovero in degenza
ordinaria, nel corso dell'ultimo triennio, per pazienti residenti in regioni
diverse, superiore di almeno il dieci per cento rispetto al valore medio
regionale, salvo che per le aziende ubicate in Sicilia e in Sardegna; g)
indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in ricovero
ordinario, nel corso dell'ultimo triennio, superiore ad almeno il venti per
cento del valore medio regionale; h) disponibilità di un proprio patrimonio
immobiliare adeguato e sufficiente per consentire lo svolgimento delle attività
istituzionali di tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.
1-ter I requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 bis
non si applicano agli ospedali specializzati di cui al decreto
ministeriale 31 gennaio 1995, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 127 del 2 giugno 1995. In ogni caso, non si procede alla
costituzione o alla conferma in azienda ospedaliera qualora questa costituisca
il solo presidio ospedaliero pubblico presente nella azienda unità sanitaria
locale. 1-quater. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, trasmettono al Ministro della sanità
le proprie indicazioni ai fini della individuazione degli ospedali di rilievo
nazionale o interregionale da costituire in azienda ospedaliera avuto riguardo a
quanto previsto dal comma 1-bis e 1 ter. Entro novanta giorni dall'entrata in
vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, il Ministro
della sanità, attenendosi alle indicazioni pervenute dalle regioni previa
verifica dei requisiti e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni,
formula le proprie proposte al Consiglio dei ministri, il quale individua gli
ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data
della deliberazione del Consiglio dei ministri, le regioni costituiscono in
azienda, ai sensi del comma 1, i predetti ospedali.
1-quinquies. Nel predisporre il Piano sanitario regionale, e comunque dopo tre
anni dall'entrata in vigore del presente decreto, la regione procede a
verificare la permanenza dei requisiti di cui al comma 1-bis e a valutare
l'equilibrio economico delle aziende ospedaliere costituite nel suo ambito
territoriale. In caso di grave disavanzo nel triennio considerato, oppure di
perdita dei requisiti di cui al comma 1-bis, la costituzione in azienda viene
revocata, secondo le procedure previste per la costituzione medesima, e la
regione individua l'unità sanitaria locale subentrante nei relativi rapporti
attivi e passivi. 1-sexies I presidi attualmente costituiti in
aziende ospedaliere, con esclusione dei presidi di cui al comma 6, per i quali
viene richiesta la conferma e che non soddisfano i requisiti di cui al comma
1-bis, possono essere confermati per un periodo massimo di tre anni dall'entrata
in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla
base di un progetto di adeguamento presentato dalla regione, con la procedura di
cui al comma 1-quater. Alla scadenza del termine previsto nel provvedimento di
conferma, ove permanga la carenza dei requisiti, le regioni e il ministero della
sanità attivano la procedura di cui all'ultimo periodo del comma 1-quinquies;
ove i requisiti sussistano, si procede ai sensi del comma 1-quater.
1-septies. Le regioni definiscono le modalità dell'integrazione
dell'attività assistenziale delle aziende di cui al comma 1 nella programmazione
regionale e le forme della collaborazione con le unità sanitarie locali in
rapporto alle esigenze assistenziali dell'ambito territoriale in cui operano,
anche ai sensi dell'articolo 3-septies. 1-octies. Ai progetti
elaborati dalle regioni e finanziati ai sensi dell'articolo
1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
e successive modificazioni, hanno titolo a partecipare anche gli enti e gli
istituti di cui al comma 12. 2. Possono essere individuati come
ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione quelli che dispongono
di tutte le seguenti caratteristiche: a) Il Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità e
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, provvede, sulla base dell'evoluzione scientifica e tecnologica, ad
aggiornare periodicamente l'elenco delle attività di alta specialità e dei
requisiti necessari per l'esercizio delle attività medesime; b) abrogata
3. Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione
i policlinici universitari, che devono essere inseriti nel sistema di emergenza
sanitaria di cui al D.P.R. 27
marzo 1992. 4. abrogato
5. I policlinici universitari sono aziende dell'università
dotate di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile. Lo
statuto dell'università determina, su proposta della facoltà di medicina, le
modalità organizzative e quelle gestionali, nel rispetto dei fini istituzionali,
in analogia ai principi del presente decreto fissati per l'azienda ospedaliera.
La gestione dei policlinici universitari è informata al principio dell'autonomia
economico finanziaria e dei preventivi e consuntivi per centri di costo, basati
sulle prestazioni effettuate. 6. I presidi ospedalieri in cui
insiste la prevalenza del corso formativo del triennio clinico della facoltà di
medicina, costituiti in aziende ospedaliere, si dotano del modello gestionale
secondo quanto previsto dal presente decreto per le aziende ospedaliere; il
direttore generale è nominato d'intesa con il rettore dell'università. La
gestione dell'azienda deve essere informata anche all'esigenza di garantire le
funzioni istituzionali delle strutture universitarie che vi operano.
L'università e l'azienda stabiliscono i casi per i quali è necessaria
l'acquisizione del parere della facoltà di medicina per le decisioni che si
riflettono sulle strutture universitarie. Nella composizione del consiglio dei
sanitari deve essere assicurata la presenza delle componenti universitarie in
rapporto alla consistenza numerica delle stesse. 7. abrogato
7 bis abrogato 7 ter abrogato
8. Le aziende ospedaliere, incluse quelle di cui al comma 5, devono chiudere il
proprio bilancio in pareggio. L'eventuale avanzo di amministrazione è utilizzato
per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per
eventuali forme di incentivazione al personale da definire in sede di
contrattazione. Il verificarsi di ingiustificati disavanzi di gestione o la
perdita delle caratteristiche strutturali e di attività prescritte, fatta salva
l'autonomia dell'università, comportano rispettivamente il commissariamento da
parte della regione e la revoca dell'autonomia aziendale. 9.
Gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la
natura di presidi dell'unità sanitaria locale. Nelle unità sanitarie locali
nelle quali sono presenti più ospedali, questi possono essere accorpati ai fini
funzionali. Nei presidi ospedalieri dell'unità sanitaria locale è previsto un
dirigente medico in possesso dell'idoneità di cui all'art. 17, come responsabile
delle funzioni igienico-organizzative, ed un dirigente amministrativo per
l'esercizio delle funzioni di coordinamento amministrativo. Il dirigente medico
ed il dirigente amministrativo concorrono, secondo le rispettive competenze, al
conseguimento degli obiettivi fissati dal direttore generale. A tutti i presidi
di cui al presente comma è attribuita autonomia economico-finanziaria con
contabilità separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale, con
l'introduzione delle disposizioni previste per le aziende ospedaliere, in quanto
applicabili. 10. Fermo restando quanto previsto dall'art. 3,
comma 5, lettera g) in materia di personale in esubero, le regioni provvedono
alla riorganizzazione di tutti i presidi ospedalieri sulla base delle
disposizioni di cui all'art. 4,
comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, correlando gli
standard ivi previsti con gli indici di degenza media, l'intervallo di turn-over
e la rotazione degli assistiti, ed organizzando gli stessi presidi in
dipartimenti. All'interno dei presidi ospedalieri e delle aziende di cui al
presente articolo sono riservati spazi adeguati, da reperire entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993,
n. 517, per l'esercizio della libera professione intramuraria ed una quota non
inferiore al 5% e non superiore al 10% dei posti-letto per la istituzione di
camere a pagamento. I direttori generali delle nuove unità sanitarie locali e
delle aziende ospedaliere e, fino al loro insediamento, gli amministratori
straordinari pro-tempore, nonché le autorità responsabili delle aziende di cui
al comma 5, sono direttamente responsabili dell'attuazione di dette
disposizioni. In caso di inosservanza la regione adotta i conseguenti
provvedimenti sostitutivi. In caso di documentata impossibilità di assicurare
gli spazi necessari alla libera professione all'interno delle proprie strutture,
gli spazi stessi sono reperiti, previa autorizzazione della regione, anche
mediante appositi contratti tra le unità sanitarie locali e case di cura o altre
strutture sanitarie, pubbliche o private. Per l'attività libero-professionale
presso le suddette strutture sanitarie i medici sono tenuti ad utilizzare i
modulari delle strutture sanitarie pubbliche da cui dipendono. I contratti sono
limitati al tempo strettamente necessario per l'approntamento degli spazi per la
libera professione all'interno delle strutture pubbliche e comunque non possono
avere durata superiore ad un anno e non possono essere rinnovati. Il ricovero in
camere a pagamento comporta l'esborso da parte del ricoverato di una retta
giornaliera stabilita in relazione al livello di qualità alberghiera delle
stesse, nonché, se trattasi di ricovero richiesto in regime
libero-professionale, di una somma forfettaria comprensiva di tutti gli
interventi medici e chirurgici, delle prestazioni di diagnostica strumentale e
di laboratorio strettamente connesse ai singoli interventi, differenziata in
relazione al tipo di interventi stessi. In ciascuna regione, a decorrere dalla
data di entrata in vigore della disciplina di riorganizzazione ospedaliera di
cui al presente articolo, e comunque entro un triennio dall'entrata in vigore
del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, cessano di avere efficacia le
disposizioni di cui alla legge 12
febbraio 1968, n. 132, e al D.P.R. 27
marzo 1969, n. 128, nonché le disposizioni del D.P.R. 27
marzo 1969, n. 129. 11. I posti letto
da riservare, ai sensi del comma 10 per la istituzione di camere a pagamento
nonché quelli ascritti agli spazi riservati all'esercizio della libera
professione intramuraria, non concorrono ai fini dello standard dei posti letto
per mille abitanti previsto dall'articolo
4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
11-bis. Al fine di consentire in condizione di compatibilità e
di coerenza con le esigenze e le finalità assistenziali delle unità sanitarie
locali e delle aziende ospedaliere, l'esercizio delle attività libero
professionali in regime ambulatoriale all'interno delle strutture e dei servizi,
le disposizioni di cui all'art.
35, comma 2, lettera d), del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761,
si applicano anche al restante personale della dirigenza del ruolo sanitario di
cui all'art. 15 del presente decreto. Per le prestazioni di consulenza e per la
ripartizione dei proventi derivanti dalle predette attività si applicano le
vigenti disposizioni contrattuali. 12. Nulla è innovato alla
vigente disciplina per quanto concerne l'ospedale Galliera di Genova, l'Ordine
Mauriziano e gli istituti ed enti che esercitano l'assistenza ospedaliera di cui
agli articoli
40, 41 e 43, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n.
833, fermo restando che l'apporto dell'attività dei
suddetti presidi ospedalieri al Servizio sanitario nazionale è regolamentato con
le modalità previste dal presente articolo. Entro un anno dalla data di entrata
in vigore del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, i requisiti tecnico-organizzativi
ed i regolamenti sulla dotazione organica e sull'organizzazione dei predetti
presìdi sono adeguati, per la parte compatibile, ai principi del presente
decreto e a quelli di cui all'art. 4,
comma 7, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, e sono approvati
con decreto del Ministro della sanità. 13. I rapporti tra
l'ospedale Bambino Gesù, appartenente alla Santa Sede, le strutture del Sovrano
Militare Ordine di Malta ed il Servizio sanitario nazionale, relativamente
all'attività assistenziale, sono disciplinati da appositi accordi da stipularsi
rispettivamente tra la Santa Sede, il Sovrano Militare Ordine di Malta ed il
Governo italiano.
Articolo 5 Patrimonio e contabilità.
1. Nel rispetto della normativa regionale
vigente, il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere
è costituito da tutti i beni mobili ed immobili ad esse appartenenti, ivi
compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti
pubblici, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i
beni comunque acquisiti nell'esercizio della propria attività o a seguito di
atti di liberalità. 2. Le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere hanno disponibilità del patrimonio secondo il regime della proprietà
privata, ferme restando le disposizioni di cui
all'articolo 830, secondo comma, del codice civile. Gli atti
di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono assoggettati a previa
autorizzazione della regione. I beni mobili e immobili che le unità sanitarie
locali, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico utilizzano per il perseguimento dei loro fini istituzionali
costituiscono patrimonio indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina
dell'articolo
828, secondo comma, del codice civile.
3. Le leggi ed i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono
titolo per la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e
tasse. 4. Gli atti di donazione a favore delle unità sanitarie
locali e delle aziende ospedaliere che abbiano ad oggetto beni immobili con
specifica destinazione a finalità rientranti nell'ambito del servizio sanitario
nazionale, sono esenti dal pagamento delle imposte di donazione, ipotecarie e
catastali. 5. Qualora non vi abbiano già provveduto, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni
emanano norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai principi di cui al
codice civile, così come integrato e modificato con d.lgs.
9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo: a) la tenuta del
libro delle deliberazioni del direttore generale; b) l'adozione del bilancio
economico pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico
annuale relativo all'esercizio successivo; c) la destinazione dell'eventuale
avanzo e le modalità di copertura degli eventuali disavanzi di esercizio; d)
la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità che
consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati; e)
l'obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rendere
pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei costi, dei
rendimenti e dei risultati per centri di costo e responsabilità. f) il piano
di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso eventuali
dismissioni e conferimenti. 6. Per conferire struttura uniforme
alle voci dei bilanci pluriennali ed annuali e dei conti consuntivi annuali,
nonché omogeneità ai valori inseriti in tali voci e per consentire all'Agenzia
per i servizi sanitari regionali rilevazioni comparative dei costi, dei
rendimenti e dei risultati, è predisposto apposito schema, con decreto
interministeriale emanato di concerto fra i Ministri del tesoro e della sanità,
previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome. 7. Le unità sanitarie locali e
le aziende ospedaliere sono tenute agli adempimenti di cui all'articolo
30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e all'articolo
64 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. La
disciplina contabile di cui al presente articolo decorre dal 1 gennaio 1995 e la
contabilità finanziaria è soppressa.
Articolo 5-bis Ristrutturazione edilizia e ammodernamento
tecnologico 1. Nell'ambito dei programmi
regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo
20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, il Ministero della
sanità può stipulare, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica e d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
e nei limiti delle disponibilità finanziarie, iscritte nel bilancio dello Stato,
accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati
aventi ad oggetto la relativa copertura finanziaria nell'arco pluriennale degli
interventi, l'accelerazione delle procedure e la realizzazione di opere, con
particolare riguardo alla qualificazione e messa a norma delle strutture
sanitarie. 2. Gli accordi di programma previsti dal comma 1
disciplinano altresì le funzioni di monitoraggio e di vigilanza demandate al
Ministero della sanità, i rapporti finanziari fra i soggetti partecipanti
all'accordo, le modalità di erogazione dei finanziamenti statali, le modalità di
partecipazione finanziaria delle regioni e degli altri soggetti pubblici
interessati, nonché gli eventuali apporti degli enti pubblici preposti
all'attuazione. 3. In caso di mancata attivazione del programma
oggetto dell'accordo entro i termini previsti dal medesimo programma, la
copertura finanziaria assicurata dal Ministero della sanità viene riprogrammata
e riassegnata, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome, in favore di altre regioni o enti pubblici
interessati al programma di investimenti, tenuto conto della capacità di spesa e
di immediato utilizzo delle risorse da parte dei medesimi.
Articolo 6 Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed
Università. 1. Le regioni, nell'ambito della
programmazione regionale, stipulano specifici protocolli d'intesa con le
università per regolamentare l'apporto alle attività assistenziali del servizio
sanitario delle facoltà di medicina, nel rispetto delle loro finalità
istituzionali didattiche e scientifiche. Le università concordano con le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei protocolli
d'intesa di cui al presente comma, ogni eventuale utilizzazione di strutture
assistenziali private, purché accreditate e qualora non siano disponibili
strutture nell'azienda di riferimento e, in via subordinata, in altre strutture
pubbliche. Le università contribuiscono, per quanto di competenza,
all'elaborazione dei piani sanitari regionali. La programmazione sanitaria, ai
fini dell'individuazione della dislocazione delle strutture sanitarie, deve
tener conto della presenza programmata delle strutture universitarie. Le
università e le regioni possono, d'intesa, costituire policlinici universitari,
mediante scorporo e trasferimento da singoli stabilimenti ospedalieri di
strutture universitarie od ospedaliere, accorpandole in stabilimenti omogenei
tenendo conto delle esigenze della programmazione regionale. I rapporti in
attuazione delle predette intese sono regolati, ove necessario, con appositi
accordi tra le università, le aziende ospedaliere e le unità sanitarie locali
interessate. 2. Per soddisfare le specifiche esigenze del
Servizio sanitario nazionale, connesse alla formazione degli specializzandi e
all'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, le
università e le regioni stipulano specifici protocolli di intesa per
disciplinare le modalità della reciproca collaborazione. I rapporti in
attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le
università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, gli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico e gli istituiti zooprofilattici
sperimentali. Ferma restando la disciplina di cui al
decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, sulla formazione
specialistica, nelle scuole di specializzazione attivate presso le predette
strutture sanitarie in possesso dei requisiti di idoneità di cui
all'art. 7 del citato decreto legislativo n. 257/1991, la
titolarità dei corsi di insegnamento previsti dall'ordinamento didattico
universitario è affidata ai dirigenti delle strutture presso le quali si svolge
la formazione stessa, in conformità ai protocolli d'intesa di cui al comma 1. Ai
fini della programmazione del numero degli specialisti da formare, si applicano
le disposizioni di cui all'art. 2
del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, tenendo anche
conto delle esigenze conseguenti alle disposizioni sull'accesso alla dirigenza
di cui all'art. 15 del presente decreto. Il diploma di specializzazione
conseguito presso le predette scuole è rilasciato a firma del direttore della
scuola e del rettore dell'università competente. Sulla base delle esigenze di
formazione e di prestazioni rilevate dalla programmazione regionale, analoghe
modalità per l'istituzione dei corsi di specializzazione possono essere previste
per i presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali, le cui strutture siano
in possesso dei requisiti di idoneità previsti dall'art. 7
del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257. 3.
A norma dell'art.
1, lettera o), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la
formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della
riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del
Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate. I requisiti di
idoneità e l'accreditamento delle strutture sono disciplinati con decreto del
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica d'intesa con
il Ministro della sanità. Il Ministro della sanità individua con proprio decreto
le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo
ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'art. 9
della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di
concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le regioni e le
università attivano appositi protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi
di cui all'art. 2
della legge 19 novembre 1990, n. 341. La titolarità dei corsi
di insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata di
norma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle strutture presso le quali
si svolge la formazione stessa, in possesso dei requisiti previsti. I rapporti
in attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le
università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, le istituzioni
pubbliche e private accreditate e gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico. I diplomi conseguiti sono rilasciati a firma del responsabile del
corso e del rettore dell'università competente. L'esame finale, che consiste in
una prova scritta ed in una prova pratica, abilita all'esercizio professionale.
Nelle commissioni di esame è assicurata la presenza di rappresentanti dei
collegi professionali, ove costituiti. I corsi di studio relativi alle figure
professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti dal
precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del citato art. 9
della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro
due anni a decorrere dal 1 gennaio 1994, garantendo, comunque, il completamento
degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto termine al primo
anno di corso. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è
in ogni caso richiesto il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore
di secondo grado di durata quinquennale. Alle scuole ed ai corsi disciplinati
dal precedente ordinamento e per il predetto periodo temporale possono accedere
gli aspiranti che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria
superiore per i posti che non dovessero essere coperti dai soggetti in possesso
del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado. 4.
In caso di mancata stipula dei protocolli di intesa di cui al presente articolo,
entro centoventi giorni dalla costituzione delle nuove unità sanitarie locali e
delle aziende ospedaliere, previa diffida, gli accordi sono approvati dal
Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri della sanità e
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. 5.
Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato
medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992,
dell'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, svolge anche le funzioni
assistenziali. In tal senso è modificato il contenuto delle attribuzioni dei
profili del collaboratore e del funzionario tecnico socio-sanitario in possesso
del diploma di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria. È fatto
divieto alle università di assumere nei profili indicati i laureati in medicina
e chirurgia ed in odontoiatria.
Articolo 6-bis Protocolli d'intesa tra le regioni, le
università e le strutture del Servizio sanitario nazionale
1. Con decreto del Ministro della sanità, di
concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono elaborate ogni tre
anni linee guida per la stipulazione di protocolli d'intesa tra le regioni, le
università e le strutture del Servizio sanitario nazionale, determinando i
parametri al fine di individuare le strutture universitarie per lo svolgimento
delle attività assistenziali e le strutture per la formazione specialistica e i
diplomi universitari. 2. Fino all'emanazione del decreto di cui
al comma 1 si applicano le linee
guida di cui al decreto dei Ministri della sanità e
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 31 luglio
1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto
1997. 3. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 le
strutture sono individuate, per quanto concerne la formazione specialistica, in
conformità al decreto
del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 17
dicembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del
21 gennaio 1997 e, per quanto concerne i diplomi universitari, in conformità
al
decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica 24 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997.
Articolo 6-ter Fabbisogno di personale sanitario
1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il
Ministro della sanità, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione
nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e
Collegi professionali interessati, determina con uno o più decreti il fabbisogno
per il Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in ordine ai
medici chirurghi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici,
psicologi, nonché al personale sanitario infermieristico, tecnico e della
riabilitazione ai soli fini della programmazione da parte del Ministero
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi
di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di
diploma universitario. Con la stessa procedura è determinato, altresì, il
fabbisogno degli ottici, degli odontotecnici e del restante personale sanitario
e socio-sanitario che opera nei servizi e nelle strutture del Servizio sanitario
nazionale. 2. A tali fini i decreti di cui al comma 1 tengono
conto di: a) obiettivi e livelli essenziali di assistenza indicati dal Piano
sanitario nazionale e da quelli regionali; b) modelli organizzativi dei
servizi; c) offerta di lavoro; d) domanda di lavoro, considerando il
personale in corso di formazione e il personale già formato, non ancora immesso
nell'attività lavorativa. 3. Gli enti pubblici e privati e gli
ordini e collegi professionali sono tenuti a fornire al Ministero della sanità i
dati e gli elementi di valutazione necessari per la determinazione dei
fabbisogni riferiti alle diverse categorie professionali; in caso di
inadempimento entro il termine prescritto il Ministero provvede all'acquisizione
dei dati attraverso commissari ad acta ponendo a carico degli enti inadempienti
gli oneri a tal fine sostenuti.
Articolo 7 Dipartimenti di prevenzione.
1. abrogato 2. Le attività di
indirizzo e coordinamento necessarie per assicurare la uniforme attuazione delle
normative comunitarie e degli organismi internazionali sono assicurate dal
Ministero della sanità che si avvale, per gli aspetti di competenza,
dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e
la sicurezza del lavoro, degli istituti zooprofilattici sperimentali,
dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dell'Agenzia nazionale per la
protezione dell'ambiente e degli istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA.
3. I dipartimenti di prevenzione, tramite la regione,
acquisiscono dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro e dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro ogni informazione utile ai fini della conoscenza dei rischi per la tutela
della salute e per la sicurezza degli ambienti di lavoro. L'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro garantisce la trasmissione
delle anzidette informazioni anche attraverso strumenti telematici.
Articolo 7-bis Il dipartimento di prevenzione
1. Le regioni disciplinano l'istituzione e
l'organizzazione del dipartimento della prevenzione secondo i principi contenuti
nelle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7-ter e 7-quater. Il
dipartimento di prevenzione è struttura operativa dell'unità sanitaria locale
che garantisce la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di
promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità,
miglioramento della qualità della vita. 2. A tal fine il
dipartimento di prevenzione promuove azioni volte a individuare e rimuovere le
cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante
iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria
locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di
diverse discipline. Partecipa alla formulazione del programma di attività della
unità sanitaria locale, formulando proposte d'intervento nelle materie di
competenza e indicazioni in ordine alla loro copertura finanziaria.
Articolo 7-ter Funzioni del dipartimento di prevenzione
1. In base alla definizione dei livelli
essenziali di assistenza, il dipartimento di prevenzione garantisce le seguenti
funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica anche a supporto
dell'autorità sanitaria locale: a) profilassi delle malattie infettive e
parassitarie; b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli
ambienti di vita anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti
ambientali; c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi
infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro; d) sanità
pubblica veterinaria, che comprende sorveglianza epidemiologica delle
popolazioni animali e profilassi delle malattie infettive e parassitarie;
farmacovigilanza veterinaria; igiene delle produzioni zootecniche; tutela
igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale; e) tutela
igienico-sanitaria degli alimenti; f) sorveglianza e prevenzione
nutrizionale. 2. Il dipartimento di prevenzione contribuisce
inoltre alle attività di promozione della salute prevenzione delle malattie
cronico-degenerative in collaborazione con gli altri servizi e dipartimenti
aziendali.
Articolo 7-quater Organizzazione del dipartimento di
prevenzione 1. Il dipartimento di prevenzione
opera nell'ambito del Piano attuativo locale, ha autonomia organizzativa e
contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità. Il direttore
del dipartimento è scelto dal direttore generale tra i dirigenti con almeno
cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del
perseguimento degli obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della
gestione, in relazione alle risorse assegnate. 2. Le regioni
disciplinano l'articolazione delle aree dipartimentali di sanità pubblica, della
tutela della salute negli ambienti di lavoro e della sanità pubblica
veterinaria, prevedendo strutture organizzative specificamente dedicate a:
a) igiene e sanità pubblica; b) igiene degli alimenti e della
nutrizione; c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro; d)
sanità animale; e) igiene della produzione, trasformazione,
commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale
e loro derivati; f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.
3. Le strutture organizzative si distinguono in servizi o in
unità operative, in rapporto all'omogeneità della disciplina di riferimento ed
alle funzioni attribuite, nonché alle caratteristiche e alle dimensioni del
bacino di utenza. 4. I servizi veterinari operano quale centro
di responsabilità, dotati di autonomia tecnico-funzionale ed organizzativa
nell'ambito della struttura dipartimentale, e rispondono del perseguimento degli
obiettivi del servizio, nonché della gestione delle risorse economiche
attribuite. 5. Nella regolamentazione del dipartimento di
prevenzione, le regioni possono prevedere, secondo le articolazioni
organizzative adottate, la disciplina delle funzioni di medicina legale e
necroscopica.
Articolo 7-quinquies Coordinamento con le Agenzie regionali
per l'ambiente 1. Il Ministro della sanità ed il
Ministro dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stipulano,
nell'ambito delle rispettive competenze, un accordo quadro per il coordinamento
e la integrazione degli interventi per la tutela della salute e dell'ambiente
che individua i settori di azione congiunta ed i relativi programmi operativi.
2. Le regioni individuano le modalità e i livelli di
integrazione fra politiche sanitarie e politiche ambientali, prevedendo la
stipulazione di accordi di programma e convenzioni tra le unità sanitarie locali
e le aziende ospedaliere e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente
per la tutela della popolazione dal rischio ambientale, con particolare riguardo
alle attività di sorveglianza epidemiologica e di comunicazione del rischio.
Tali accordi devono comunque garantire l'erogazione delle prestazioni richieste
dalle unità sanitarie locali per lo svolgimento di funzioni e di compiti
istituzionali senza oneri aggiuntivi per il Servizio sanitario nazionale.
3. Le regioni e le unità sanitarie locali, per le attività di
laboratorio già svolte dai presidi multizonali di prevenzione come compito di
istituto, in base a norme vigenti, nei confronti delle unità sanitarie locali,
si avvalgono delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
Articolo 7-sexies Istituti zooprofilattici sperimentali e
Uffici veterinari del Ministero della sanità 1.
I servizi veterinari si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione
tecnico-scientifica degli Istituti zooprofilattici sperimentali. La
programmazione regionale individua le modalità di raccordo funzionale tra i
servizi veterinari delle unità sanitarie locali e gli Istituti zooprofilattici
sperimentali per il coordinamento delle attività di sanità pubblica veterinaria,
nonché le modalità integrative rispetto all'attività dei Posti di ispezione
frontaliera veterinaria e degli Uffici veterinari di confine, porto ed aeroporto
e quelli per gli adempimenti degli obblighi comunitari.
Articolo 7-septies Funzioni di profilassi internazionale
1. Nell'ambito di quanto previsto dal decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 relativamente alle funzioni
di profilassi internazionale, le attribuzioni di igiene pubblica, ambientale e
del lavoro di cui al decreto
ministeriale 22 febbraio 1984 pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 77 del 17 marzo 1984 e al decreto
ministeriale 2 maggio 1985 pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 142 del 118 giugno 1985 ad esclusione delle suddette funzioni di
profilassi internazionali su merci, persone e flussi migratori svolte dagli
Uffici di sanità marittima e aerea del Ministero della sanità, sono svolte dai
dipartimenti di prevenzione delle unità sanitarie locali territorialmente
competenti.
Articolo 7-octies Coordinamento delle attività di prevenzione
nei luoghi di lavoro 1. Con atto di indirizzo e
coordinamento, emanato ai sensi dell'articolo
8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti,
sulla base dei principi e criteri di cui agli articolo 7-bis e 7-ter, gli
indirizzi per un programma di azione nazionale per la prevenzione degli
infortuni e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, con particolare
attenzione al coordinamento fra le competenze ispettive delle unità sanitarie
locali, cui spetta la vigilanza sull'ambiente di lavoro, e quelle degli
ispettorati del lavoro e dell'INAIL, nonché delle altre strutture di vigilanza,
fermo restando quanto previsto in materia dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e in particolare gli articoli 25 e 27. 2.
Il dipartimento di prevenzione assicura, nella programmazione della propria
attività destinata alla tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di
lavoro, il raccordo con gli organismi paritetici previsti dall'articolo
20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, o,
qualora non ancora costituiti, con le parti sociali.
TITOLO II PRESTAZIONI
Articolo 8 Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle
prestazioni assistenziali. 1. Il rapporto tra il
Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di
libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale
conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo
4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le
organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo
nazionale. Detti accordi devono tenere conto dei seguenti principi: a)
prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata dall'assistito, nel
rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha validità annuale ed è
tacitamente rinnovata; b) regolamentare la possibilità di revoca della
scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonché la ricusazione della
scelta da parte del medico, qualora ricorrano eccezionali ed accertati motivi di
incompatibilità; c) disciplinare gli ambiti e le modalità di esercizio della
libera professione prevedendo che: il tempo complessivamente dedicato alle
attività in libera professione non rechi pregiudizio al corretto e puntuale
svolgimento degli obblighi del medico, nello studio medico e al domicilio del
paziente; le prestazioni offerte in attività libero-professionale siano definite
nell'ambito della convenzione, anche al fine di escludere la coincidenza tra
queste e le prestazioni incentivanti di cui alla lettera d); il medico sia
tenuto a comunicare all'azienda unità sanitaria locale l'avvio dell'attività in
libera professione, indicandone sede ed orario di svolgimento, al fine di
consentire gli opportuni controlli; sia prevista una preferenza nell'accesso a
tutte le attività incentivate previste dagli accordi integrativi in favore dei
medici che non esercitano attività libero-professionale strutturata nei
confronti dei propri assistiti. Fino alla stipula della nuova convenzione sono
fatti salvi i rapporti professionali in atto con le aziende termali. In ogni
caso, il non dovuto pagamento, anche parziale, di prestazioni da parte
dell'assistito o l'esercizio di attività libero professionale al di fuori delle
modalità e dei limiti previsti dalla convenzione comportano l'immediata
cessazione del rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale;
d) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una
quota fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua lista, corrisposta su base
annuale in rapporto alle funzioni definite in convenzione; una quota variabile
in considerazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di
attività e del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla
lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi per le
prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e regionali, in
quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui alla lettera f); e)
garantire l'attività assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti
i giorni della settimana attraverso il coordinamento operativo e l'integrazione
professionale, nel rispetto degli obblighi individuali derivanti dalle
specifiche convenzioni, fra l'attività dei medici di medicina generale, dei
pediatri di libera scelta, della guardia medica e della medicina dei servizi,
attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo professionale e la
organizzazione distrettuale del servizio; f) prevedere le modalità
attraverso le quali le unità sanitarie locali, sulla base della programmazione
regionale e nell'ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi,
concordano i programmi di attività e definiscono i conseguenti livelli di spesa
programmati dei medici singoli od associati, in coerenza con gli obiettivi ed i
programmi di attività del distretto; g) disciplinare le modalità di
partecipazione dei medici alla definizione degli obiettivi e dei programmi di
attività del distretto e alla verifica del loro raggiungimento; h)
disciplinare l'accesso alle funzioni di medico di medicina generale del Servizio
sanitario nazionale secondo parametri definiti nell'ambito degli accordi
regionali, in modo che l'accesso medesimo sia consentito ai medici forniti
dell'attestato di cui all'articolo
2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256, o titolo
equipollente ai sensi dell'articolo
6 del predetto decreto, prevedendo altresì che la graduatoria
annuale evidenzi i medici forniti dell'attestato, al fine di riservare loro una
percentuale predeterminata di posti in sede di copertura delle zone carenti;
i) regolare la partecipazione di tali medici a società, anche cooperative,
al fine di prevenire l'emergere di conflitti di interesse con le funzioni
attribuite agli stessi medici dai rapporti convenzionali in atto; l)
prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i medici già
titolari di convenzione operanti in forma associata, secondo modalità e in
funzione di specifici obiettivi definiti in ambito convenzionale; m)
prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere sospesa, qualora
nell'ambito della integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di
libera scelta nella organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali
attribuiscano a tali medici l'incarico di direttore di distretto o altri
incarichi temporanei ritenuti inconciliabili con il mantenimento della
convenzione. 1-bis. Le aziende unità sanitarie locali e le
aziende ospedaliere, in deroga a quanto previsto dal comma 1, utilizzano, ad
esaurimento, nell'ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i medici
addetti alla stessa data alle attività di guardia medica e di medicina dei
servizi. Per costoro valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell'art.
48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Entro un anno dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni possono individuare
aree di attività della emergenza territoriale e della medicina dei servizi, che,
al fine del miglioramento dei servizi, richiedono l'instaurarsi di un rapporto
d'impiego. A questi fini, i medici in servizio alla data di entrata in vigore
del presente decreto addetti a tali attività, i quali al 31 dicembre 1998
risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni,
o comunque al compimento del quinto anno di incarico a tempo indeterminato, sono
inquadrati a domanda nel ruolo sanitario, nei limiti dei posti delle dotazioni
organiche definite ed approvate nel rispetto dei principi di cui all'articolo
6 del decreto legislativo 3 febbraio 1992, n. 29 e previo
giudizio di idoneità secondo le procedure di cui al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 1997, n.
502. Nelle more del passaggio alla dipendenza, le
regioni possono prevedere adeguate forme di integrazione dei medici
convenzionati addetti alla emergenza sanitaria territoriale con l'attività dei
servizi del sistema di emergenza-urgenza secondo criteri di flessibilità
operativa, incluse forme di mobilità interaziendale. 1-ter.
Sono fatti salvi i provvedimenti in corso, attuativi dell'art. 8, comma 1, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517. 2. Il rapporto con le
farmacie pubbliche e private è disciplinato da convenzioni di durata triennale
conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell'art.
4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con
le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo
nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti principi: a) le
farmacie pubbliche e private erogano l'assistenza farmaceutica per conto delle
unità sanitarie locali del territorio regionale dispensando, su presentazione
della ricetta del medico, specialità medicinali, preparati galenici, prodotti
dietetici, presidi medico-chirurgici e altri prodotti sanitari erogabili dal
Servizio sanitario nazionale nei limiti previsti dai livelli di assistenza;
b) per il servizio di cui alla lettera a) l'unità sanitaria locale
corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto della
eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta dall'assistito. Ai fini
della liquidazione la farmacia è tenuta alla presentazione della ricetta
corredata del bollino o di altra documentazione comprovante l'avvenuta consegna
all'assistito. Per il pagamento del dovuto oltre il termine fissato dagli
accordi regionali di cui alla successiva lettera c) non possono essere
riconosciuti interessi superiore a quelli legali; c) demandare ad accordi di
livello regionale la disciplina delle modalità di presentazione delle ricette e
i tempi dei pagamenti dei corrispettivi nonché l'individuazione di modalità
differenziate di erogazione delle prestazioni finalizzate al miglioramento
dell'assistenza definendo le relative condizioni economiche anche in deroga a
quanto previsto alla precedente lettera b), e le modalità di collaborazione
delle farmacie in programmi particolari nell'ambito delle attività di emergenza,
di farmacovigilanza, di informazione e di educazione sanitaria.
3. Gli Ordini ed i Collegi professionali sono tenuti a valutare sotto il profilo
deontologico i comportamenti degli iscritti agli Albi ed ai Collegi
professionali che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali. I
ricorsi avverso le sanzioni comminate dagli Ordini o dai Collegi sono decisi
dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.
4. Ferma restando la competenza delle regioni in materia di
autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private, a norma dell'art.
43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto di
indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio
superiore di sanità, sono definiti i requisiti strutturali, tecnologici e
organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte
delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla
permanenza dei requisiti stessi. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato
entro il 31 dicembre 1993 nel rispetto dei seguenti criteri e principi
direttivi: a) garantire il perseguimento degli obiettivi fondamentali di
prevenzione, cura e riabilitazione definiti dal Piano sanitario nazionale;
b) garantire il perseguimento degli obiettivi che ciascuna delle
fondamentali funzioni assistenziali del Servizio sanitario nazionale deve
conseguire, giusta quanto disposto dal
decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1992,
concernente la "Definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria" ovvero
dal Piano sanitario nazionale, ai sensi del precedente art. 1, comma 4, lettera
b); c) assicurare l'adeguamento delle strutture e delle attrezzature al
progresso scientifico e tecnologico; d) assicurare l'applicazione delle
disposizioni comunitarie in materia; e) garantire l'osservanza delle norme
nazionali in materia di: protezione antisismica, protezione antincendio,
protezione acustica, sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza
antinfortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle radiazioni
ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche, smaltimento dei
rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas,
materiali esplodenti, anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza agli
operatori e agli utenti del servizio; f) prevedere l'articolazione delle
strutture sanitarie in classi differenziate in relazione alla tipologia delle
prestazioni erogabili; g) prevedere l'obbligo di controllo della qualità
delle prestazioni erogate; h) definire i termini per l'adeguamento delle
strutture e dei presidi già autorizzati e per l'aggiornamento dei requisiti
minimi, al fine di garantire un adeguato livello di qualità delle prestazioni
compatibilmente con le risorse a disposizione. 5. abrogato
6. abrogato 7. abrogato 8. Le
unità sanitarie locali, in deroga a quanto previsto dai precedenti commi 5 e 7,
utilizzano il personale sanitario in servizio alla data di entrata in vigore
del decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dei decreti del Presidente della
Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, 13 marzo 1992, n. 261, 13 marzo 1992, n.
262, e 18 giugno 1988, n. 255. Esclusivamente per il suddetto
personale valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dell'art.
4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412. Entro
il triennio indicato al comma 7 le regioni possono inoltre individuare aree di
attività specialistica che, ai fini del miglioramento del servizio richiedano
l'instaurarsi di un rapporto d'impiego. A questi fini i medici specialistici
ambulatoriali di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n.
316, che alla data del 31 dicembre 1992 svolgevano
esclusivamente attività ambulatoriale da almeno cinque anni con incarico orario
non inferiore a ventinove ore settimanali e che alla medesima data non avevano
altro tipo di rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale o con
altre istituzioni pubbliche o private, sono inquadrati, a domanda, previo
giudizio di idoneità, nel primo livello dirigenziale del ruolo medico in
soprannumero. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dell'art.
17, L. 23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con i Ministri
del tesoro e della funzione pubblica sono determinati i tempi, le procedure e le
modalità per lo svolgimento dei giudizi di idoneità. In sede di revisione
dei rapporti convenzionali in atto, l'accordo collettivo nazionale disciplina
l'adeguamento dei rapporti medesimi alle esigenze di flessibilità operativa,
incluse la riorganizzazione degli orari e le forme di mobilità interaziendale,
nonché i criteri di integrazione dello specialista ambulatoriale nella
assistenza distrettuale. Resta fermo quanto previsto dall'articolo
34 della legge 27 dicembre 1997,
n.449.. 8
bis. “8-bis. I medici che frequentano il secondo anno
del corso biennale di formazione specifica in medicina generale possono
presentare, nei termini stabiliti, domanda per l'inclusione nella graduatoria
regionale dei medici aspiranti alla assegnazione degli incarichi di medicina
generale, autocertificando la frequenza al corso, qualora il corso non sia
concluso e il relativo attestato non sia stato rilasciato entro il 31 dicembre
dell'anno stesso, a causa del ritardo degli adempimenti regionali. L'attestato
di superamento del corso biennale è prodotto dall'interessato, durante il
periodo di validità della graduatoria regionale, unicamente alla domanda di
assegnazione del zone carenti. Il
mancato conseguimento dell'attestato comporta la cancellazione dalla graduatoria
regionale”. 9. abrogato
Articolo 8-bis Autorizzazione, accreditamento e accordi
contrattuali 1. Le regioni assicurano i livelli
essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei
presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende
ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell'articolo
8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo
8-quinquies. 2. I cittadini esercitano la libera scelta del
luogo di cura e dei professionisti nell'ambito dei soggetti accreditati con cui
siano stati definiti appositi accordi contrattuali. L'accesso ai servizi è
subordinato all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul
modulario del Servizio sanitario nazionale. 3. La realizzazione
di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di
attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di
attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate,
rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter,
dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla
stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. La
presente disposizione vale anche per le strutture e le attività
sociosanitarie.
Articolo. 8-ter Autorizzazioni alla realizzazione di
strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie
1. La realizzazione di strutture e l'esercizio
di attività sanitarie e sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione. Tali
autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all'adattamento
di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all'ampliamento o
alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già
autorizzate, con riferimento alle seguenti tipologie: a) strutture che
erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o
diurno per acuti; b) strutture che erogano prestazioni di assistenza
specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di
diagnostica strumentale e di laboratorio; c) strutture sanitarie e
sociosanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo
continuativo o diurno. 2. L'autorizzazione all'esercizio di
attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e
di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di
chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di
particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del
paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture
esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di
soggetti terzi. 3. Per la realizzazione di strutture sanitarie
e sociosanitarie il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze
in materia di autorizzazioni e concessioni di cui
all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive
modificazioni ed integrazioni, la verifica di compatibilità del progetto da
parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno
complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in
ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e
valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture.
4. L'esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da
parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti
minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo
e coordinamento ai sensi dell'articolo
8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base dei principi e
criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del presente decreto. In
sede di modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si
individuano gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie di
cui al comma 2, nonché i relativi requisiti minimi. 5. Entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, le regioni
determinano: a) le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale
rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della
autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria, prevedendo
la possibilità del riesame dell'istanza, in caso di esito negativo o di
prescrizioni contestate dal soggetto richiedente; b) gli ambiti territoriali
in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo
idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente
interessati.
Art. 8-quater Accreditamento istituzionale
1. L'accreditamento istituzionale è rilasciato
dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private ed ai
professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza
ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli
indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attività
svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la
verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale,
la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie
individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali ed
uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali e le
esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'articolo 9. La regione
provvede al rilascio dell'accreditamento ai professionisti, nonché a tutte le
strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo
periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui
all'articolo 1, comma 18, e alle strutture private lucrative.
2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e
gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle
prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo
8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per
l'accreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei
programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti
dall'articolo 8-quinquies. 3. Con atto di indirizzo e
coordinamento emanato, ai sensi dell'articolo
8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta giorni
dall'entrata in vigore del decreto
legislativo 19
giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sentiti l'Agenzia per i
servizi sanitari regionali, il Consiglio superiore di sanità, e, limitatamente
all'accreditamento dei professionisti, la Federazione Nazionale dell'Ordine dei
medici chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali uniformi
per: a) la definizione dei requisiti ulteriori per l'esercizio delle
attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle
strutture sanitarie e dei professionisti, nonché la verifica periodica di tali
attività; b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno
e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione
dei limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in
eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un'efficace
competizione tra le strutture accreditate; c) le procedure ed i termini per
l'accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la
possibilità di un riesame dell'istanza, in caso di esito negativo e di
prescrizioni contestate dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica
dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica
negativa; 4. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel
rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) garantire
l'eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai requisiti ulteriori
richiesti per il rilascio dell'accreditamento e per la sua verifica periodica;
b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla
vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in
tutte le strutture; c) assicurare che tutte le strutture accreditate
garantiscano dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità,
qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili
ed alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei servizi; d) garantire
che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di
organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e
alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato; e)
prevedere la partecipazione della struttura a programmi di accreditamento
professionale tra pari; f) prevedere la partecipazione degli operatori a
programmi di valutazione sistematica e continuativa dell'appropriatezza delle
prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e
interaziendali; g) prevedere l'accettazione del sistema di controlli esterni
sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito dalla
regione ai sensi dell'articolo 8-octies; h) prevedere forme di
partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla verifica
dell'attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all'accessibilità
dei servizi offerti, nonché l'adozione e l'utilizzazione sistematica della carta
dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la diffusione degli
esiti dei programmi di valutazione di cui alle lettere e) ed f); i)
disciplinare l'esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi
all'assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti
accreditati in applicazione dei medesimi criteri o di criteri comunque
equivalenti a quelli adottati per i servizi interni alla struttura, secondo
quanto previsto dal medesimo atto di indirizzo e coordinamento; l) indicare
i requisiti specifici per l'accreditamento di funzioni di particolare rilevanza,
in relazione alla complessità organizzativa e funzionale della struttura, alla
competenza e alla esperienza del personale richieste, alle dotazioni
tecnologiche necessarie o in relazione all'attuazione degli obiettivi prioritari
definiti dalla programmazione nazionale; m) definire criteri per la
selezione degli indicatori relativi all'attività svolta ed ai suoi risultati
finali dalle strutture e dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze
scientifiche disponibili; n) definire i termini per l'adozione dei
provvedimenti attuativi regionali e per l'adeguamento organizzativo delle
strutture già autorizzate; o) indicare i requisiti per l'accreditamento
istituzionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza
professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell'ambito del
programma di formazione continua di cui all'articolo 16-ter; p) individuare
l'organizzazione dipartimentale minima e le unità operative e le altre strutture
complesse delle aziende di cui agli articoli 3 e 4, in base alla consistenza
delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, al grado di autonomia
finanziaria e alla complessità dell'organizzazione interna; q) prevedere
l'estensione delle norme di cui al presente comma alle attività e alle strutture
sociosanitarie, ove compatibili. 5. Entro sessanta giorni dalla
entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le
regioni definiscono, in conformità ai criteri generali uniformi ivi previsti, i
requisiti per l'accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica,
prevedendo, per quanto riguarda l'accreditamento dei professionisti, adeguate
forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali interessati.
6. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore dell'atto di
indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di
accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell'articolo
6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle
altre già operanti. 7. Nel caso di richiesta di accreditamento
da parte di nuove strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture
preesistenti, l'accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il
tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei
suoi risultati. L'eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica
dell'accreditamento temporaneamente concesso. 8. In presenza di
una capacità produttiva superiore al fabbisogno determinato secondo le modalità
di cui al comma 3, lettera b), le regioni e le unità sanitarie locali attraverso
gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a
carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non
superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale. In
caso di superamento di tale limite, ed in assenza di uno specifico e adeguato
intervento integrativo ai sensi dell'articolo 13, si procede, con le modalità di
cui
all'articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n.
448, alla revoca dell'accreditamento della capacità
produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento
apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture private non
lucrative e dalle strutture private lucrative.
Articolo 8-quinquies Accordi contrattuali
1. Le regioni, entro sessanta giorni
dall'entrata in vigore del decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, definiscono
l'ambito di applicazione degli accordi contrattuali ed individuano i soggetti
interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti: a)
individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di quelle
attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi
contrattuali e nella verifica del loro rispetto; b) indirizzi per la
formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con
l'indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare,
secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità
indicate dal Piano sanitario nazionale; c) determinazione del piano delle
attività relative alle alte specialità ed alla rete dei servizi di emergenza;
d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove
queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo
concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo
stesso da parte di ciascuna struttura. 2. In attuazione di
quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche
attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono
accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con
quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le
loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano: a)
gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il
volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale
della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per
tipologia e per modalità di assistenza; c) i requisiti del servizio da
rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica ed
organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale; d) il
corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente
risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione
extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, da verificare a consuntivo
sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte
secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d); e) il debito
informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi
pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno
della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle
prestazioni rese, secondo quanto previsto dall'articolo 8-octies.
Articolo 8-sexies Remunerazione
1. Le strutture che erogano assistenza
ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono
finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi
contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni
assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei
servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globale
delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono
remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza,
mentre le attività di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffe
predefinite per prestazione. 2. Le regioni definiscono le
funzioni assistenziali nell'ambito delle attività che rispondono alle seguenti
caratteristiche generali: a) programmi a forte integrazione fra
assistenza ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare
riferimento alla assistenza per patologie croniche di lunga durata o
recidivanti; b) programmi di assistenza ad elevato grado di
personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla
persona; c) attività svolte nell'ambito della partecipazione a
programmi di prevenzione; d) programmi di assistenza a malattie
rare; e) attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il
sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il
funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo e
coordinamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 76 del 21 marzo 1992; f) programmi sperimentali
di assistenza; g) programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e
di tessuto, ivi compresi il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto
degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento e
l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli accertamenti
preventivi sui donatori. 3. I criteri generali per la
definizione delle funzioni assistenziali e per la determinazione della loro
remunerazione massima sono stabiliti con apposito decreto del Ministro della
sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, sulla base di standard organizzativi e di costi unitari predefiniti
dei fattori produttivi, tenendo conto, quando appropriato, del volume
dell'attività svolta. 4. La remunerazione delle attività
assistenziali diverse da quelle di cui al comma 2 è determinata in base a
tariffe predefinite, limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per
acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fatta eccezione per le
attività rientranti nelle funzioni di cui al comma 3. 5.
Il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali,
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo
120, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112, con apposito decreto individua i sistemi di
classificazione che definiscono l'unità di prestazione o di servizio da
remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture
accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di
costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture
accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza,
appropriatezza e qualità della assistenza. Lo stesso decreto stabilisce i
criteri generali in base ai quali le regioni, adottano il proprio sistema
tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro
caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di
accreditamento delle strutture stesse. 6. Con la procedura di
cui al comma 5, sono effettuati periodicamente la revisione del sistema di
classificazione delle prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe,
tenendo conto della definizione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza
e delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e
organizzativa, nonché dell'andamento del costo dei principali fattori
produttivi. 7. Il Ministro della sanità, con proprio
decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, disciplina le modalità di
erogazione e di remunerazione dell'assistenza protesica, compresa nei livelli
essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, anche prevedendo il ricorso
all'assistenza in forma indiretta. 8. Il Ministro della
sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per i
servizi sanitari regionali, con apposito decreto, definisce i criteri generali
per la compensazione dell'assistenza prestata a cittadini in regioni diverse da
quelle di residenza. Nell'ambito di tali criteri, le regioni possono stabilire
specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire
il pieno utilizzo delle strutture e l'autosufficienza di ciascuna regione,
nonché l'impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza
interregionale e nazionale.
Articolo. 8-septies Prestazioni erogate in forma
indiretta 1. I rimborsi relativi alle
prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle regioni e dalle
province autonome in misura non superiore al cinquanta per cento delle
corrispondenti tariffe regionali determinate ai sensi dell'articolo 8-sexies.
Entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del
decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni , è abolita
l'assistenza in forma indiretta per le prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale e in regime di degenza. Resta ferma la normativa vigente in
materia di assistenza sanitaria all'estero.
Articolo
8-octies Controlli 1. La
regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio
e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte
di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità della assistenza e sulla
appropriatezza delle prestazioni rese. 2. Per quanto
riguarda le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, la definizione
degli accordi entro i termini stabiliti dalla regione e il rispetto dei
programmi di attività previsti per ciascuna struttura rappresenta elemento di
verifica per la conferma degli incarichi al direttore generale, ai direttori di
dipartimento e del contratto previsto per i dirigenti responsabili di struttura
complessa, nonché per la corresponsione degli incentivi di risultato al
personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende
interessate. 3. Con atto di indirizzo e coordinamento,
emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sentita
l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all'articolo
8-quinquies, i principi in base ai quali la regione assicura la funzione di
controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità della assistenza prestata
dalle strutture interessate. Le regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e
coordinamento di cui al precedente comma, entro sessanta giorni
determinano: a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo
esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le
relative penalizzazioni; b) il debito informativo delle strutture
accreditate interessate agli accordi e le modalità per la verifica della
adeguatezza del loro sistema informativo; c) l'organizzazione per la
verifica del comportamento delle singole strutture; d) i programmi per
promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori addetti alla gestione
della documentazione clinica e alle attività di controllo.
4. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 individua altresì i
criteri per la verifica di: a) validità della documentazione
amministrativa attestante l'avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua
rispondenza alle attività effettivamente svolte; b) necessità clinica e
appropriatezza delle prestazioni e dei ricoveri effettuati, con particolare
riguardo ai ricoveri di pazienti indirizzati o trasferiti ad altre
strutture; c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione
della assistenza; d) risultati finali della assistenza, incluso il
gradimento degli utilizzatori dei servizi.
Articolo 9 Fondi integrativi del Servizio sanitario
nazionale 1. Al fine di favorire
l'erogazione di forme di assistenza sanitaria integrative rispetto a quelle
assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente
integrate, possono essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare
l'erogazione di trattamenti e prestazioni eccedenti i livelli uniformi ed
essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, definiti dal Piano sanitario
nazionale e dai relativi provvedimenti attuativi. 2. La
denominazione dei fondi di cui al presente articolo deve contenere l'indicazione
"fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale". Tale denominazione non può
essere utilizzata con riferimento a fondi istituiti per finalità
diverse. 3. Tutti i soggetti pubblici e privati che
istituiscono fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad
adottare politiche di non selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi
integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti: a)
contratti e accordi collettivi, anche aziendali; b) accordi tra
lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o
da associazioni di rilievo almeno provinciale; c) regolamenti di
regioni, enti territoriali ed enti locali; d) deliberazioni assunte,
nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da organizzazioni non lucrative
di cui all'articolo 1, comma 18 operanti nei settori dell'assistenza
socio-sanitaria o dell'assistenza sanitaria; e) deliberazioni assunte,
nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da società di mutuo soccorso
riconosciute; f) atti assunti da altri soggetti pubblici e privati, a
condizione che contengano l'esplicita assunzione dell'obbligo di non adottare
strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di discriminazione nei
confronti di particolari gruppi di soggetti. 4. L'ambito
di applicazione dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è
rappresentato da: a) prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli
essenziali ed uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da
professionisti e da strutture accreditati; b) prestazioni erogate dal
Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di
assistenza, per la sola quota posta a carico dell'assistito, inclusi gli oneri
per l'accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione
intramuraria e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta
dell'assistito di cui all'articolo
1, comma 15, della legge 23 dicembre 1996, n.
662; c) prestazioni sociosanitarie erogate in
strutture accreditate residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare,
per la quota posta a carico dell'assistito. 5. Fra le
prestazioni di cui al comma 4, lettera a), sono comprese: a) le
prestazioni di medicina non convenzionale, ancorché erogate da strutture non
accreditate; b) le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a
carico del Servizio sanitario nazionale; c) l'assistenza odontoiatrica,
limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale e
comunque con l'esclusione dei programmi di tutela della salute odontoiatrica
nell'età evolutiva e dell'assistenza odontoiatrica e protesica a determinate
categorie di soggetti in condizioni di particolare
vulnerabilità. 6. Con decreto del Ministro della sanità,
previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, da adottare
entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della disciplina del trattamento
fiscale ai sensi del comma 10, sono individuate le prestazioni relative alle
lettere a), b) e c) del comma 5, nonché quelle ricomprese nella lettera c) del
comma 4, le quali, in via di prima applicazione, possono essere poste a carico
dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. 7.
I fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono autogestiti. Essi
possono essere affidati in gestione mediante convenzione, da stipulare con
istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sanitario o
sociosanitario da almeno cinque anni, secondo le modalità stabilite con decreto
del Ministro della sanità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto. Le regioni, le province autonome e gli enti
locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla gestione dei
fondi di cui al presente articolo. 8. Entro centoventi
giorni dall'entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi
del comma 10, è emanato, su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il
regolamento contenente le disposizioni relative all'ordinamento dei fondi
integrativi del Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento
disciplina: a) le modalità di costituzione e di
scioglimento; b) la composizione degli organi di amministrazione e di
controllo; c) le forme e le modalità di contribuzione; d) i
soggetti destinatari dell'assistenza; e) il trattamento e le garanzie
riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare; f) le
cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del Servizio
sanitario nazionale. 9. La vigilanza sull'attività dei
fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è disciplinata dall'articolo
122 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Presso il
Ministero della sanità, senza oneri a carico dello Stato, sono istituiti:
l'anagrafe dei fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, alla quale
debbono iscriversi sia i fondi vigilati dallo Stato che quelli sottoposti a
vigilanza regionale; l'osservatorio dei fondi integrativi del Servizio sanitario
nazionale, il cui funzionamento è disciplinato con il regolamento di cui al
comma 8. 10. Le disposizioni del presente articolo
acquistano efficacia al momento dell'entrata in vigore della disciplina del
trattamento fiscale dei fondi ivi previsti, ai sensi dell'articolo
10, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133.
Articolo 9-bis Sperimentazioni
gestionali. 1. La Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, autorizza programmi di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli
gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio
sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di
società miste a capitale pubblico e privato. 2. Il
programma di sperimentazione è proposto dalla regione interessata, motivando le
ragioni di convenienza economica del progetto gestionale, di miglioramento della
qualità dell'assistenza e di coerenza con le previsioni del Piano sanitario
regionale ed evidenziando altresì gli elementi di garanzia, con particolare
riguardo ai seguenti criteri: a) privilegiare nell'area del settore
privato il coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale
individuate dall'articolo
10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.
460; b) fissare limiti percentuali alla
partecipazione di organismi privati in misura non superiore al quarantanove per
cento; c) prevedere forme idonee di limitazione alla facoltà di
cessione della propria quota sociale nei confronti dei soggetti privati che
partecipano alle sperimentazioni; d) disciplinare le forme di
risoluzione del rapporto contrattuale con privati che partecipano alla
sperimentazione in caso di gravi inadempienze agli obblighi contrattuali o di
accertate esposizioni debitorie nei confronti di terzi; e) definire
partitamente i compiti, le funzioni e i rispettivi obblighi di tutti i soggetti
pubblici e privati che partecipano alla sperimentazione gestionale, avendo cura
di escludere in particolare il ricorso a forme contrattuali, di appalto o
subappalto, nei confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione,
per la fornitura di opere e servizi direttamente connesse all'assistenza alla
persona; f) individuare forme e modalità di pronta attuazione per la
risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento degli organi
societari in caso di mancato raggiungimento del risultato della avviata
sperimentazione. 3. La Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, verifica annualmente
i risultati conseguiti sia sul piano economico sia su quello della qualità dei
servizi, ivi comprese le forme di collaborazione in atto con soggetti privati
per la gestione di compiti diretti di tutela della salute. Al termine del primo
triennio di sperimentazione, sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e
le regioni adottano i provvedimenti conseguenti. 4. Al di
fuori dei programmi di sperimentazione di cui al presente articolo, è fatto
divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di
capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela
della salute.
Articolo 10 Controllo di
qualità. 1. Allo scopo di garantire la
qualità dell'assistenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato
in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità e della
quantità delle prestazioni, nonché del loro costo, al cui sviluppo devono
risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei
soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti il rapporto di lavoro del
personale dipendente, nonché i rapporti tra soggetti erogatori, pubblici e
privati, ed il Servizio sanitario nazionale . 2. Le
regioni, nell'esercizio dei poteri di vigilanza di cui all'art. 8, comma 4, e
avvalendosi dei propri servizi ispettivi, verificano il rispetto delle
disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture
erogatrici, con particolare riguardo alla introduzione ed utilizzazione di
sistemi di sorveglianza e di strumenti e metodologie per la verifica di qualità
dei servizi e delle prestazioni. Il Ministro della sanità interviene
nell'esercizio del potere di alta vigilanza. 3. Con
decreto del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e sentite la
Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri e degli altri
Ordini e Collegi competenti, sono stabiliti i contenuti e le modalità di
utilizzo degli indicatori di efficienza e di qualità. Il Ministro della sanità,
in sede di presentazione della Relazione sullo stato sanitario del Paese,
riferisce in merito alle verifiche dei risultati conseguiti, avvalendosi del
predetto sistema di indicatori. 4. Il Ministro della
sanità accerta lo stato di attuazione presso le regioni del sistema di controllo
delle prescrizioni mediche e delle commissioni professionali di verifica. La
rilevazione dei dati contenuti nelle prescrizioni mediche è attuata dalle
regioni e dalle province autonome con gli strumenti ritenuti più idonei. Il
Ministro della sanità acquisisce il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
in ordine alla eventuale attivazione dei poteri sostitutivi. Ove tale parere non
sia espresso entro trenta giorni, il Ministro provvede direttamente.
TITOLO III FINANZIAMENTO
Articolo 11 Versamento contributi
assistenziali. 1. I datori di lavoro
tenuti, in base alla normativa vigente alla data di entrata in vigore del
presente decreto, a versare all'I.N.P.S. i contributi per le prestazioni del
Servizio sanitario nazionale, provvedono, alle scadenze già previste, al
versamento con separata documentazione degli stessi distintamente dagli altri
contributi ed al netto dei soli importi spettanti a titolo di fiscalizzazione
del contributo per le predette prestazioni. 2. In sede di
prima applicazione, nei primi cinque mesi del 1993, i soggetti di cui al comma
precedente continuano a versare i contributi per le prestazioni del Servizio
sanitario nazionale con le modalità vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto. 3. I datori di lavoro agricoli versano
allo SCAU, con separata documentazione, i contributi per le prestazioni del
Servizio sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi alle scadenze
previste dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente
decreto. Lo SCAU riversa all'I.N.P.S. i predetti contributi entro quindici
giorni dalla riscossione. Per i lavoratori marittimi, fermo restando il disposto
dell'ultimo comma dell'articolo
1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con
modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, i rispettivi datori di
lavoro versano, con separata documentazione, alle scadenze previste per i
soggetti di cui al comma 1, i contributi per le prestazioni del Servizio
sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi, alle Casse marittime
che provvedono a riversarli all'I.N.P.S. entro quindici giorni dalla
riscossione. 4. Le amministrazioni statali, anche ad
ordinamento autonomo, provvedono a versare i contributi per le prestazioni del
Servizio sanitario nazionale entro il bimestre successivo a quello della loro
riscossione. 5. I contributi per le prestazioni del
Servizio sanitario nazionale dovuti sui redditi diversi da lavoro dipendente
sono versati con le modalità previste dal decreto di attuazione dell'articolo
14 della legge 30 dicembre 1991, n.
413. 6. I contributi per le prestazioni
del Servizio sanitario nazionale sui redditi da pensione e da rendita vitalizia
corrisposti da amministrazioni, enti, istituti, casse, gestioni o fondi di
previdenza, per effetto di legge, regolamento e contratto o accordo collettivo
di lavoro, sono versati, a cura dei predetti soggetti, entro la fine del
bimestre successivo a quello di erogazione delle rate di
pensione. 7. Nella documentazione relativa al versamento
dei contributi di cui ai commi 1 e 3, i datori di lavoro sono tenuti anche ad
indicare, distinti per regione in base al domicilio fiscale posseduto dal
lavoratore dipendente, al 1° gennaio di ciascun anno, il numero dei soggetti, le
basi imponibili contributive e l'ammontare dei contributi. In sede di prima
applicazione le predette indicazioni relative ai primi cinque mesi del 1993
possono essere fornite con la documentazione relativa al versamento dei
contributi effettuato nel mese di giugno 1993. 8. Per il
1993 i soggetti di cui al comma 6 provvedono agli adempimenti di cui al
precedente comma con riferimento al luogo di pagamento della
pensione. 9. I contributi per le prestazioni del Servizio
sanitario nazionale e le altre somme ad essi connesse, sono attribuiti alle
regioni in relazione al domicilio fiscale posseduto al 1 gennaio di ciascun anno
dall'iscritto al Servizio sanitario nazionale. 10. Le
amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti di cui al
comma 6, provvedono a versare i contributi per le prestazioni del Servizio
sanitario nazionale su appositi conti infruttiferi aperti presso la tesoreria
centrale dello Stato, intestati alle regioni. I contributi di cui al comma 5
sono fatti affluire sui predetti conti. I contributi di cui ai commi 1 e 3 sono
accreditati dall'I.N.P.S. ai predetti conti. In sede di prima applicazione il
versamento o l'accreditamento dei predetti contributi sui conti correnti
infruttiferi delle regioni è effettuato con riferimento agli interi primi cinque
mesi del 1993. In relazione al disposto di cui al comma 2, l'I.N.P.S. provvede,
entro il 30 agosto 1993, alla ripartizione fra le regioni dei contributi
riscossi nei primi cinque mesi del 1993. Ai predetti conti affluiscono altresì
le quote del Fondo sanitario nazionale. Con decreto del Ministro del tesoro sono
stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al presente
comma. 11. I soggetti di cui al precedente comma inviano
trimestralmente alle regioni interessate il rendiconto dei contributi sanitari
riscossi o trattenuti e versati sui c/c di tesoreria alle stesse intestati; in
sede di prima applicazione è inviato alle regioni il rendiconto del primo
semestre 1993; entro trenta giorni dalla data di approvazione dei propri bilanci
consuntivi, ovvero per le amministrazioni centrali dello Stato entro trenta
giorni dalla data di presentazione al Parlamento del rendiconto generale, i
soggetti di cui al precedente comma inviano alle regioni il rendiconto annuale
delle riscossioni o trattenute e dei versamenti corredato dalle informazioni
relative al numero dei soggetti e alle correlate basi imponibili
contributive. 12. Al fine del versamento dei contributi
per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale non si applicano il comma 2
dell'articolo 63 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440,
e l'articolo 17 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e l'articolo
2 del regio decreto 24 settembre 1940, n.
1954. 13. Le disposizioni di cui
ai precedenti commi si applicano a decorrere dal 1 gennaio
1993. 14. Per l'anno 1993 il Ministro del tesoro è
autorizzato a provvedere con propri decreti alla contestuale riduzione delle
somme iscritte sul capitolo 3342 dello stato di previsione dell'entrata e sul
capitolo 5941 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per
importi pari ai contributi accreditati alle regioni dai soggetti di cui al
precedente comma 9. 15. In deroga a quanto previsto dall'art.
5, comma 3, del decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8, le
anticipazioni mensili che possono essere corrisposte alle unità sanitarie locali
per i primi nove mesi dell'anno 1993 sono riferite ad un terzo della quota
relativa all'ultimo trimestre dell'anno 1992. 16. È
abrogato l'art. 5,
comma 3, del decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n.
8. 17. La partecipazione alla spesa sanitaria dei
cittadini italiani, compresi i familiari, i quali risiedono in Italia e sono, in
esecuzione di trattati bilaterali o multilaterali stipulati dall'Italia,
esentati da imposte dirette o contributi sociali di malattia sui salari,
emolumenti ed indennità percepiti per il servizio prestato in Italia presso
missioni diplomatiche o uffici consolari, sedi o rappresentanze di organismi o
di uffici internazionali, o Stati esteri, è regolata mediante convenzioni tra il
Ministero della sanità, il Ministero del tesoro, e gli organi competenti delle
predette missioni, sedi o rappresentanze e Stati.
Articolo 12 Fondo sanitario
nazionale. 1. Il Fondo sanitario nazionale
di parte corrente e in conto capitale è alimentato interamente da stanziamenti a
carico del bilancio dello Stato ed il suo importo è annualmente determinato
dalla legge finanziaria tenendo conto, limitatamente alla parte corrente,
dell'importo complessivo presunto dei contributi di malattia attribuiti
direttamente alle regioni. 2. Una quota pari all'1% del
Fondo sanitario nazionale complessivo di cui al comma precedente, prelevata
dalla quota iscritta nel bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del
bilancio per le parti di rispettiva competenza, è trasferita nei capitoli da
istituire nello stato di previsione del Ministero della sanità ed utilizzata per
il finanziamento di: a) attività di ricerca corrente e finalizzata
svolta da: 1) Istituto superiore di sanità per le tematiche di sua
competenza; 2) Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro per le tematiche di sua competenza; 3) istituti di ricovero e cura di
diritto pubblico e privato il cui carattere scientifico sia riconosciuto a norma
delle leggi vigenti; 4) istituti zooprofilattici sperimentali per le
problematiche relative all'igiene e sanità pubblica veterinaria; b)
iniziative previste da leggi nazionali o dal Piano sanitario nazionale
riguardanti programmi speciali di interesse e rilievo interregionale o nazionale
per ricerche o sperimentazioni attinenti gli aspetti gestionali, la valutazione
dei servizi, le tematiche della comunicazione e dei rapporti con i cittadini, le
tecnologie e biotecnologie sanitarie; c) rimborsi alle unità sanitarie
locali ed alle aziende ospedaliere, tramite le regioni, delle spese per
prestazioni sanitarie erogate a cittadini stranieri che si trasferiscono per
cure in Italia previa autorizzazione del Ministro della sanità d'intesa con il
Ministro degli affari esteri. A decorrere dal 1 gennaio 1995, la quota di cui al
presente comma è rideterminata ai sensi dell'art.
11, comma 3, lettera d), della L. 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni. 3. Il Fondo sanitario nazionale,
al netto della quota individuata ai sensi del comma precedente, è ripartito con
riferimento al triennio successivo entro il 15 ottobre di ciascun anno, in
coerenza con le previsioni del disegno di legge finanziaria per l'anno
successivo, dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome; la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene
determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, in relazione
ai livelli uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale,
determinati ai sensi dell'art. 1, con riferimento ai seguenti
elementi: a) popolazione residente; b) mobilità sanitaria per
tipologia di prestazioni, da compensare, in sede di riparto, sulla base di
contabilità analitiche per singolo caso fornite dalle unità sanitarie locali e
dalle aziende ospedaliere attraverso le regioni e le province
autonome; c) consistenza e stato di conservazione delle strutture
immobiliari, degli impianti tecnologici e delle dotazioni
strumentali. 4. Il Fondo sanitario nazionale in conto
capitale assicura quote di finanziamento destinate al riequilibrio a favore
delle regioni particolarmente svantaggiate sulla base di indicatori qualitativi
e quantitativi di assistenza sanitaria, con particolare riguardo alla capacità
di soddisfare la domanda mediante strutture pubbliche. 5.
Il Fondo sanitario nazionale di parte corrente assicura altresì, nel corso del
primo triennio di applicazione del presente decreto, quote di finanziamento
destinate alle regioni che presentano servizi e prestazioni eccedenti quelli da
garantire comunque a tutti i cittadini rapportati agli standard di
riferimento. 6. Le quote del Fondo sanitario nazionale di
parte corrente, assegnate alle regioni a statuto ordinario, confluiscono in sede
regionale nel Fondo comune di cui all'art.
8, L. 16 maggio 1970, n. 281, come parte indistinta, ma non
concorrono ai fini della determinazione del tetto massimo di indebitamento. Tali
quote sono utilizzate esclusivamente per finanziare attività sanitarie. Per le
regioni a statuto speciale e le province autonome le rispettive quote
confluiscono in un apposito capitolo di bilancio.
Articolo 12-bis Ricerca
sanitaria 1. La ricerca sanitaria risponde
al fabbisogno conoscitivo e operativo del Servizio sanitario nazionale e ai suoi
obiettivi di salute, individuato con un apposito programma di ricerca previsto
dal Piano sanitario nazionale. 2. Il Piano sanitario
nazionale definisce, con riferimento alle esigenze del Servizio sanitario
nazionale e tenendo conto degli obiettivi definiti nel Programma nazionale per
la ricerca di cui al decreto
legislativo 5 giugno 1998, n. 204, gli obiettivi e i settori
principali della ricerca del Servizio sanitario nazionale, alla cui coerente
realizzazione contribuisce la comunità scientifica
nazionale. 3. Il Ministero della Sanità, sentita la
Commissione nazionale per la ricerca sanitaria, di cui all'articolo
2, comma 7, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266,
elabora il programma di ricerca sanitaria e propone iniziative da inserire nella
programmazione della ricerca scientifica nazionale, di cui al
decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e nei programmi di
ricerca internazionali e comunitari. Il programma è adottato dal Ministro della
sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, ha validità triennale ed è
finanziato dalla quota di cui all'articolo 12, comma 2. 4.
Il programma di ricerca sanitaria: a) individua gli obiettivi
prioritari per il miglioramento dello stato di salute della
popolazione; b) favorisce la sperimentazione di modalità di
funzionamento, gestione e organizzazione dei servizi sanitari nonché di pratiche
cliniche e assistenziali e individua gli strumenti di verifica del loro impatto
sullo stato di salute della popolazione e degli utilizzatori dei
servizi; c) individua gli strumenti di valutazione dell'efficacia,
dell'appropriatezza e della congruità economica delle procedure e degli
interventi, anche in considerazione di analoghe sperimentazioni avviate da
agenzie internazionali e con particolare riferimento agli interventi e alle
procedure prive di una adeguata valutazione di efficacia; d) favorisce
la ricerca e la sperimentazione volte a migliorare la integrazione
multiprofessionale e la continuità assistenziale, con particolare riferimento
alle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria; e)
favorisce la ricerca e la sperimentazione volta a migliorare la comunicazione
con i cittadini e con gli utilizzatori dei servizi sanitari, a promuovere
l'informazione corretta e sistematica degli utenti e la loro partecipazione al
miglioramento dei servizi; f) favorisce la ricerca e la sperimentazione
degli interventi appropriati per la implementazione delle linee guida e dei
relativi percorsi diagnostico-terapeutici, per l'autovalutazione della attività
degli operatori, la verifica ed il monitoraggio e il monitoraggio dei risultati
conseguiti. 5. Il programma di ricerca sanitaria si
articola nelle attività di ricerca corrente e di ricerca finalizzata. La ricerca
corrente è attuata tramite i progetti istituzionali degli organismi di ricerca
di cui al comma seguente nell'ambito degli indirizzi del programma nazionale,
approvati dal Ministro della sanità. La ricerca finalizzata attua gli obiettivi
prioritari, biomedici e sanitari, del Piano sanitario nazionale. I progetti di
ricerca biomedica finalizzata sono approvati dal Ministro della sanità di
concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica, allo scopo di favorire il loro coordinamento.
6. Le attività di ricerca corrente e finalizzata sono svolte dalle regioni,
dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto superiore per la prevenzione e
la sicurezza sul lavoro, dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli
Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati nonché
dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti
possono concorrere, sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni, le
università, il Consiglio nazionale delle ricerche e gli altri enti di ricerca
pubblici e privati, nonché imprese pubbliche e private. 7.
Per l'attuazione del programma il Ministero della sanità, anche su iniziativa
degli organismi di ricerca nazionali, propone al Ministero per l'università e la
ricerca scientifica e tecnologica e agli altri ministeri interessati le aree di
ricerca biomedica e sanitaria di interesse comune, concordandone l'oggetto, le
modalità di finanziamento e i criteri di valutazione dei risultati delle
ricerche. 8. Il Ministero della sanità, nell'esercizio
della funzione di vigilanza sull'attuazione del programma nazionale, si avvale
della collaborazione tecnico-scientifica della Commissione nazionale per la
ricerca sanitaria di cui all'articolo
2, comma 7, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266,
degli organismi tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale e delle
regioni, sulla base di metodologie di accreditamento qualitativo, anche al fine
di garantire la qualità e la indipendenza del processo di valutazione e di
selezione dei progetti di ricerca. 9. Anche ai fini di cui
al comma 1 del presente articolo, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano disciplinano l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici
istituiti presso ciascuna azienda sanitaria ai sensi dei
decreti ministeriali 15 luglio 1997, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1997, n. 191, e 18
marzo 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 28 maggio
1998, n. 122, tenendo conto delle indicazioni e dei requisiti minimi di cui ai
predetti decreti e istituendo un registro dei Comitati etici operanti nei propri
ambiti territoriali. 10. Presso il Ministero della sanità
è istituito il Comitato etico nazionale per la ricerca e per le sperimentazioni
cliniche . Il Comitato: a) segnala, su richiesta della Commissione per
la ricerca sanitaria ovvero di altri organi o strutture del Ministero della
sanità o di altre pubbliche amministrazioni, le conseguenze sotto il profilo
etico dei progetti di ricerca biomedica e sanitaria; b) comunica a
organi o strutture del Ministero della sanità le priorità di interesse dei
progetti di ricerca biomedica e sanitaria; c) coordina le valutazioni
etico-scientifiche di sperimentazioni cliniche multicentriche di rilevante
interesse nazionale, relative a medicinali o a dispositivi medici, su specifica
richiesta del Ministro della sanità; d) esprime parere su ogni
questione tecnico-scientifica ed etica concernente la materia della ricerca di
cui al comma 1 e della sperimentazione clinica dei medicinali e dei dispositivi
medici che gli venga sottoposta dal Ministro della sanità.
11. Le regioni formulano proposte per le predisposizione del programma di
ricerca sanitaria di cui al presente articolo, possono assumere la
responsabilità della realizzazione di singoli progetti finalizzati, e assicurano
il monitoraggio sulla applicazione dei conseguenti risultati nell'ambito del
Servizio sanitario regionale.
Articolo 13 Autofinanziamento
regionale. 1. Le regioni fanno fronte con
risorse proprie agli effetti finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di
assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'articolo 1,
all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la
determinazione del parametro capitario di finanziamento di cui al medesimo
articolo 1, nonché agli eventuali disavanzi di gestione delle unità sanitarie
locali e delle aziende ospedaliere con conseguente esonero di interventi
finanziari da parte dello Stato. 2. Per provvedere agli
oneri di cui al comma precedente le regioni hanno facoltà, ad integrazione delle
misure già previste dall'articolo
29 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, di prevedere la
riduzione dei limiti massimi di spesa per gli esenti previsti dai livelli di
assistenza, l'aumento della quota fissa sulle singole prescrizioni farmaceutiche
e sulle ricette relative a prestazioni sanitarie, fatto salvo l'esonero totale
per i farmaci salva-vita, nonché variazioni in aumento dei contributi e dei
tributi regionali secondo le disposizioni di cui all'art. 1,
comma 1, lettera i) della legge 23 ottobre 1992, n.
421. 3. Le regioni, nell'ambito della
propria disciplina organizzativa dei servizi e della valutazione parametrica
dell'evoluzione della domanda delle specifiche prestazioni, possono prevedere
forme di partecipazione alla spesa per eventuali altre prestazioni da porre a
carico dei cittadini, con esclusione dei soggetti a qualsiasi titolo esenti, nel
rispetto dei principi del presente decreto.
TITOLO IV PARTECIPAZIONE E TUTELA DEI DIRITTI DEI
CITTADINI
Articolo 14 Diritti dei
cittadini. 1. Al fine di garantire il
costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze
dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità
definisce con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome i contenuti e le
modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni
sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell'assistenza,
al diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell'andamento
delle attività di prevenzione delle malattie. A tal fine il Ministro della
sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica e con il Ministro degli affari sociali, può avvalersi anche della
collaborazione delle università, del Consiglio nazionale delle ricerche, delle
organizzazioni rappresentative degli utenti e degli operatori del Servizio
sanitario nazionale nonché delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei
diritti. 2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di
indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di
attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la
definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le
regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro
organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di
volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere
informazioni sull'organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque
essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e verifica dei
risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali
materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di
partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato
nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla
programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello
regionale, aziendale e distrettuale. Le regioni determinano altresì le modalità
della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei
diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli
stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere. 3. Il Ministro della sanità, in sede di
presentazione della relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in
merito alla tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all'attuazione
degli indicatori di qualità. 4. Al fine di favorire
l'orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità
sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace
sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità
di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed
analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni
rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela
dei diritti. Il direttore generale dell'unità sanitaria locale ed il direttore
generale dell'azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l'anno, apposita
conferenza dei servizi quale strumento per verificare l'andamento dei servizi
anche in relazione all'attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo
comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle
prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene
convocata dalla regione. 5. Il direttore sanitario e il
dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le
misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità
dell'assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o
comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di
assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce o reclami
in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici
giorni, dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza dell'atto o
comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte
dell'interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o
di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore
generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva
o comunque provvede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La
presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né
preclude la proposizione di impugnative in via
giurisdizionale. 6. Al fine di favorire l'esercizio del
diritto di libera scelta del medico e del presidio di cura, il Ministero della
sanità cura la pubblicazione dell'elenco di tutte le istituzioni pubbliche e
private che erogano prestazioni di alta specialità, con l'indicazione delle
apparecchiature di alta tecnologia in dotazione nonché delle tariffe praticate
per le prestazioni più rilevanti. La prima pubblicazione è effettuata entro il
31 dicembre 1993. 7. È favorita la presenza e l'attività,
all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di
tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo
sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le
modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza
comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali
degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela
dei diritti concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle
strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti
tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio o di
assistenza gratuita all'interno delle strutture sono regolati sulla base di
quanto previsto dalla
legge n. 266/91 e dalle leggi regionali
attuative. 8. Le regioni, le unità sanitarie locali e le
aziende ospedaliere promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del
personale adibito al contatto con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei
diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la collaborazione
delle rappresentanze professionali e sindacali.
TITOLO V PERSONALE
Articolo 15 Disciplina della dirigenza medica e delle
professioni sanitarie 1. Fermo restando il
principio dell'invarianza della spesa, la dirigenza sanitaria è collocata in un
unico ruolo, distinto per profili professionali, ed in un unico livello,
articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali.
In sede di contrattazione collettiva nazionale sono previste, in conformità ai
principi e alle disposizioni del presente decreto, criteri generali per la
graduazione delle funzioni dirigenziali nonché per l'assegnazione, valutazione e
verifica degli incarichi dirigenziali e per l'attribuzione del relativo
trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite ed alle
connesse responsabilità del risultato. 2. La dirigenza
sanitaria è disciplinata dal decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive
modificazioni, salvo quanto previsto dal presente decreto.
3. L'attività dei dirigenti sanitari è caratterizzata, nello svolgimento delle
proprie mansioni e funzioni, dall'autonomia tecnico-professionale i cui ambiti
di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono
progressivamente ampliati. L'autonomia tecnico-professionale, con le connesse
responsabilità, si esercita nel rispetto della collaborazione
multiprofessionale, nell'ambito di indirizzi operativi e programmi di attività
promossi, valutati e verificati a livello dipartimentale ed aziendale,
finalizzati all'efficace utilizzo delle risorse e all'erogazione di prestazioni
appropriate e di qualità. Il dirigente, in relazione all'attività svolta, ai
programmi concordati da realizzare ed alle specifiche funzioni allo stesso
attribuite, è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario
superiore a quello contrattualmente definito. 4. All'atto della
prima assunzione, al dirigente sanitario sono affidati compiti professionali con
precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del
dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di
collaborazione e corresponsabilità nella gestione delle attività. A tali fini il
dirigente responsabile della struttura predispone e assegna al dirigente un
programma di attività finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati
ed al perfezionamento delle competenze tecnico professionali e gestionali
riferite alla struttura di appartenenza. In relazione alla natura e alle
caratteristiche dei programmi da realizzare, alle attitudini e capacità
professionali del singolo dirigente, accertate con le procedure valutative di
verifica di cui al comma 5, al dirigente, con cinque anni di attività con
valutazione positiva possono essere attribuite funzioni di natura professionale
anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettive, di
verifica e di controllo, nonché incarichi di direzione di strutture
semplici. 5. Il dirigente è sottoposto a verifica
triennale; quello con incarico di struttura, semplice o complessa, è sottoposto
a verifica anche al termine dell'incarico. Le verifiche concernono le attività
professionali svolte ed i risultati raggiunti e sono effettuate da un collegio
tecnico, nominato dal direttore generale e presieduto dal direttore del
dipartimento. L'esito positivo delle verifiche costituisce condizione per il
conferimento o la conferma degli incarichi di maggior rilievo, professionali o
gestionali. 6. Ai dirigenti con incarico di direzione di
struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche
competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della
struttura, da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del
dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale
operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il
corretto espletamento del servizio e per realizzare l'appropriatezza degli
interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative,
attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è responsabile dell'efficace
ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati della gestione sono
sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di
valutazione. 7. Alla dirigenza sanitaria si accede
mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto
del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.483. Gli
incarichi di direzione di struttura complessa sono attribuiti a coloro che siano
in possesso dei requisiti di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.484, e
secondo le modalità dallo stesso stabilite, salvo quanto previsto dall'articolo
15-ter, comma 2. Si applica quanto previsto dall'articolo
28, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
e successive modificazioni,, come sostituito dall'articolo 10 del decreto
legislativo 29 ottobre 1998, n. 387. 8. L'attestato di
formazione manageriale di cui all'articolo
5, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre
1997, n.484, come modificato dall'articolo 16-quinquies, deve
essere conseguito dai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa
entro un anno dall'inizio dell'incarico; il mancato superamento del primo corso,
attivato dalla Regione successivamente al conferimento dell'incarico, determina
la decadenza dall'incarico stesso. I dirigenti sanitari con incarico
quinquennale alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno
1999, n. 229, che modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni, sono tenuti a partecipare al primo corso di formazione
manageriale programmato dalla regione; i dirigenti già confermati nell'incarico
sono esonerati dal possesso dell'attestato di formazione
manageriale. 9. I contratti collettivi nazionali di lavoro
disciplinano le modalità di salvaguardia del trattamento economico fisso dei
dirigenti in godimento alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19
giugno 1999, n. 229, che modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502 e successive modificazioni.
Articolo. 15-bis Funzioni dei dirigenti responsabili di
struttura. 1. L'atto aziendale di cui
all'articolo 3, comma 1-bis, disciplina l'attribuzione al direttore
amministrativo, al direttore sanitario, nonché ai direttori di presidio, di
distretto, di dipartimento e ai dirigenti responsabili di struttura, dei
compiti, comprese, per i dirigenti di strutture complesse, le decisioni che
impegnano l'azienda verso l'esterno, per l'attuazione degli obiettivi definiti
nel piano programmatico e finanziario aziendale. 2. La
direzione delle strutture e degli uffici è affidata ai dirigenti secondo i
criteri e le modalità stabiliti nell'atto di cui al comma 1, nel rispetto, per
la dirigenza sanitaria, delle disposizioni di cui all'articolo 15-ter. Il
rapporto dei dirigenti è esclusivo, fatto salvo quanto previsto in via
transitoria per la dirigenza sanitaria dall'articolo
15-sexies. 3. Sono soppressi i rapporti di lavoro a tempo
definito per la dirigenza sanitaria. In conseguenza della maggiore disponibilità
di ore di servizio sono resi indisponibili in organico un numero di posti della
dirigenza per il corrispondente monte ore. I contratti collettivi nazionali di
lavoro disciplinano le modalità di regolarizzazione dei rapporti soppressi
.
Articolo 15-ter Incarichi di natura professionale e di
direzione di struttura 1. Gli incarichi di
cui all'articolo 15, comma 4 sono attribuiti, a tempo determinato, dal direttore
generale, secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva
nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tal fine disponibili e
nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell'atto
aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle valutazioni
triennali del collegio tecnico di cui all'articolo 15, comma 5. Gli incarichi
hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette , con facoltà di
rinnovo. Ai predetti incarichi si applica l'articolo
19, comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 1993 e
successive modificazioni. 2. L'attribuzione dell'incarico
di direzione di struttura complessa è effettuata dal direttore generale, previo
avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sulla
base di una rosa di candidati idonei selezionata da una apposita commissione.
Gli incarichi hanno durata da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo
stesso periodo o per periodo più breve. La commissione, nominata dal direttore
generale, è composta dal direttore sanitario, che la presiede, e da due
dirigenti dei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale, preposti ad
una struttura complessa della disciplina oggetto dell'incarico, di cui uno
individuato dal direttore generale ed uno dal Collegio di direzione. Fino alla
costituzione del collegio alla individuazione provvede il Consiglio dei
sanitari. 3. Gli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono
revocati, secondo le procedure previste dalle disposizioni vigenti e dai
contratti collettivi nazionali di lavoro, in caso di: inosservanza delle
direttive impartite dalla direzione generale o dalla direzione del dipartimento;
mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave e
reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro. Nei casi di
maggiore gravità, il direttore generale può recedere dal rapporto di lavoro,
secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi nazionali
di lavoro. 4. I dirigenti ai quali non sia stata affidata
la direzione di strutture svolgono funzioni di natura professionale, anche di
alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché funzioni
ispettive, di verifica e di controllo. 5. Il dirigente
preposto ad una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o
impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato
dal responsabile della struttura stessa; alle
predette mansioni superiori non si applica l'articolo 2103, comma primo, del
codice civile.
Articolo 15-quater Esclusività del rapporto di lavoro
dei dirigenti del ruolo sanitario 1. I
dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo
determinato, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo
contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonché quelli che,
alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano optato per
l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, sono assoggettati
al rapporto di lavoro esclusivo. 2. Salvo quanto previsto
al comma 1, i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998, che hanno
optato per l'esercizio dell'attività libero professionale extramuraria, passano,
a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo. 3. Entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno
1999, n. 229, tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono
tenuti a comunicare al direttore generale l'opzione in ordine al rapporto
esclusivo. In assenza di comunicazione si presume che il dipendente abbia optato
per il rapporto esclusivo. 4. Il dirigente sanitario con
rapporto di lavoro esclusivo non può chiedere il passaggio al rapporto di lavoro
non esclusivo. 5. I contratti collettivi di lavoro
stabiliscono il trattamento economico aggiuntivo da attribuire ai dirigenti
sanitari con rapporto di lavoro esclusivo ai sensi dell'articolo
1, comma 12, della legge 23 dicembre 1996, n.662, nei limiti
delle risorse destinate alla contrattazione collettiva.
Articolo. 15-quinquies Caratteristiche del rapporto di
lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari 1.
Il rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari comporta la totale
disponibilità nello svolgimento delle funzioni dirigenziali attribuite
dall'azienda, nell'ambito della posizione ricoperta e della competenza
professionale posseduta e della disciplina di appartenenza, con impegno orario
contrattualmente definito. 2. Il rapporto di lavoro
esclusivo comporta l'esercizio dell'attività professionale nelle seguenti
tipologie: a) il diritto all'esercizio di attività libero professionale
individuale, al di fuori dell'impegno di servizio, nell'ambito delle strutture
aziendali individuate dal direttore generale d'intesa con il collegio di
direzione; salvo quanto
disposto dal comma 11 dell'articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n.
448; b) la possibilità di partecipazione ai proventi
di attività a pagamento svolta in équipe, al di fuori dell'impegno di servizio,
all'interno delle strutture aziendali; c) la possibilità di
partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti
e svolta individualmente o in équipe, al di fuori dell'impegno di servizio, in
strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura
sanitaria non accreditata, previa convenzione dell'azienda con le predette
aziende e strutture; d) la possibilità di partecipazione ai proventi di
attività professionali, richieste a pagamento da terzi all'azienda, quando le
predette attività siano svolte al di fuori dell'impegno di servizio e consentano
la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall'azienda
stessa, sentite le équipe dei servizi interessati. Le modalità di svolgimento
delle attività di cui al presente comma e i criteri per l'attribuzione dei
relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che
presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in
conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di
lavoro. 3. Per assicurare un corretto ed equilibrato
rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero
professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle
liste di attesa, l'attività libero professionale non può comportare, per ciascun
dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti
istituzionali. La disciplina contrattuale nazionale definisce il corretto
equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel
rispetto dei seguenti principi: l'attività istituzionale è prevalente rispetto a
quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle
esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari
per i compiti istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di
attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente
assicurati i relativi volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con
le équipe; l'attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di
appositi organismi e sono individuate penalizzazioni, consistenti anche nella
sospensione del diritto all'attività stessa, in caso di violazione delle
disposizioni di cui al presente comma o di quelle
contrattuali. 4. Nello svolgimento dell'attività di cui al
comma 2 non è consentito l'uso del ricettario del Servizio sanitario
nazionale. 5. Gli incarichi di direzione di struttura,
semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura
ai fini del presente decreto, si intende l'articolazione organizzativa per la
quale è prevista, dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis,
responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o
finanziarie. 6. Ai fini del presente decreto, si
considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate
secondo i criteri di cui all'atto di indirizzo e coordinamento previsto
dall'articolo 8-quater, comma 3. Fino all'emanazione del predetto atto si
considerano strutture complesse tutte le strutture già riservate dalla pregressa
normativa ai dirigenti di secondo livello dirigenziale. 7.
I dirigenti sanitari appartenenti a posizioni funzionali apicali alla data del
31 dicembre 1998, che non abbiano optato per il rapporto quinquennale ai sensi
della pregressa normativa, conservano l'incarico di direzione di struttura
complessa alla quale sono preposti. Essi sono sottoposti a verifica entro il 31
dicembre 1999, conservando fino a tale data il trattamento tabellare già
previsto per il secondo livello dirigenziale. In caso di verifica positiva, il
dirigente è confermato nell'incarico, con rapporto esclusivo, per ulteriori
sette anni. In caso di verifica non positiva o di non accettazione dell'incarico
con rapporto esclusivo, al dirigente è conferito un incarico professionale non
comportante direzione di struttura in conformità con le previsioni del contratto
collettivo nazionale di lavoro; contestualmente viene reso indisponibile un
posto di organico di dirigente. 8. Il rapporto di lavoro
esclusivo costituisce titolo di preferenza per gli incarichi didattici e di
ricerca e per i comandi e i corsi di aggiornamento tecnico-scientifico e
professionale. 9. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche al personale di cui all'articolo
102 del decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1980,
n.382, con le specificazioni e gli adattamenti che saranno
previsti in relazione ai modelli gestionali e funzionali di cui all'articolo
6 della legge 30 novembre 1998, n.419, dalle disposizioni di
attuazione della delega stessa. 10. Resta fermo quanto
disposto dall'articolo
72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
Articolo 15-sexies Caratteristiche del rapporto di
lavoro dei dirigenti sanitari che svolgono attività libero-professionale
extramuraria. 1. Il rapporto di lavoro dei
dirigenti sanitari in servizio al 31 dicembre 1998 i quali, ai sensi dell'articolo
1, comma 10, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, abbiano
comunicato al direttore generale l'opzione per l'esercizio della libera
professione extramuraria e che non intendano revocare detta opzione, comporta la
totale disponibilità nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione
dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di
competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie delle attività e
delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare, nonché le
sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate.
Articolo 15-septies Contratti a tempo
determinato 1. I direttori generali possono
conferire incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di
interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con
rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del due per cento della dotazione
organica della dirigenza, a laureati di particolare e comprovata qualificazione
professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o
privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un
quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una
particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile
dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro e che non godano del trattamento
di quiescenza. I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non superiore
a cinque anni, con facoltà di rinnovo. 2. Le aziende unità
sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli previsti
dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al
cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, ad
esclusione della dirigenza medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica
ed amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale,
relativi a profili diversi da quello medico, ad esperti di provata competenza
che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma
di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il
conferimento dell'incarico. 3. Il trattamento economico è
determinato sulla base dei criteri stabiliti nei contratti collettivi della
dirigenza del Servizio sanitario nazionale. 4. Per il
periodo di durata del contratto di cui al comma 1 i dipendenti di pubbliche
amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni con riconoscimento
dell'anzianità di servizio. 5. Gli incarichi di cui al
presente articolo, conferiti sulla base di direttive regionali, comportano
l'obbligo per l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di
organico della dirigenza per i corrispondenti oneri finanziari.
Articolo 15-octies Contratti per l'attuazione di progetti
finalizzati 1. Per l'attuazione di progetti
finalizzati, non sostitutivi dell'attività ordinaria, le aziende unità
sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse
di cui all'articolo
1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal
fine disponibili, assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato
soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di
diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione
professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, ove
prevista.
Articolo 15-nonies Limite massimo di età per il
personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti
convenzionali 1. Il limite massimo di età
per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Servizio sanitario
nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al
compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva l'applicazione dell'articolo
16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503. E'
abrogata la legge 19
febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in
servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il
beneficio. 2. Il personale medico universitario di cui
all'articolo
102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.
382, cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività
assistenziali di cui all'articolo 6, comma 1, nonché dalla direzione delle
strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età di
sessantasette anni. Il personale già in servizio cessa dalle predette attività e
direzione al compimento dell'età di settanta anni se alla data del 31 dicembre
1999 avrà compiuto sessantasei anni e all'età di sessantotto anni se alla
predetta data avrà compiuto sessanta anni. I protocolli d'intesa tra le regioni
e le università e gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le
università e le aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 6, comma 1,
disciplinano le modalità e i limiti per l'utilizzazione del suddetto personale
universitario per specifiche attività assistenziali strettamente correlate
all'attività didattica e di ricerca. 3. Le disposizioni di
cui al precedente comma 1 si applicano anche nei confronti del personale a
rapporto convenzionale di cui all'articolo 8. In sede di rinnovo delle relative
convenzioni nazionali sono stabiliti tempi e modalità di
attuazione. 4. Restano confermati gli obblighi
contributivi dovuti per l'attività svolta, in qualsiasi forma, dai medici e
dagli altri professionisti accreditati ai sensi dell'articolo 8.
Articolo 15-decies Obbligo di
appropriatezza 1. I medici ospedalieri e
delle altre strutture di ricovero e cura del Servizio sanitario nazionale,
pubbliche o accreditate, quando prescrivono o consigliano medicinali o
accertamenti diagnostici a pazienti all'atto della dimissione o in occasione di
visite ambulatoriali, sono tenuti a specificare i farmaci e le prestazioni
erogabili con onere a carico del Servizio sanitario nazionale. Il predetto
obbligo si estende anche ai medici specialisti che abbiano comunque titolo per
prescrivere medicinali e accertamenti diagnostici a carico del Servizio
sanitario nazionale. 2. In ogni caso, si applicano anche
ai sanitari di cui al comma 1 il divieto di impiego del ricettario del Servizio
sanitario nazionale per la prescrizione di medicinali non rimborsabili dal
Servizio, nonché le disposizioni che vietano al medico di prescrivere, a carico
del Servizio medesimo, medicinali senza osservare le condizioni e le limitazioni
previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco e prevedono
conseguenze in caso di infrazione. 3. Le attività delle
aziende unità sanitarie locali previste dall'articolo
32, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono
svolte anche nei confronti dei sanitari di cui al comma 1.
Articolo 15-undecies Applicabilità al personale di altri
enti 1. Gli enti e istituti di cui
all'articolo 4, comma 12, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico di diritto privato adeguano i propri ordinamenti del personale alle
disposizioni del presente decreto. A seguito di tale adeguamento, al personale
dei predetti enti e istituti si applicano le disposizioni di cui all'articolo
25 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, anche per quanto
attiene ai trasferimenti da e verso le strutture pubbliche.
Articolo
16 Formazione. 1. La formazione
medica di cui all'articolo 6, comma 2, implica la partecipazione guidata o
diretta alla totalità delle attività mediche, ivi comprese la medicina
preventiva, le guardie, l'attività di pronto soccorso, l'attività ambulatoriale
e l'attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale
assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia
vincolata alle direttive ricevute dal medico responsabile della formazione. La
formazione comporta l'assunzione delle responsabilità connesse all'attività
svolta. Durante il periodo di formazione è obbligatoria la partecipazione attiva
a riunioni periodiche, seminari e corsi teorico-pratici nella
disciplina.
Articolo 16-bis Formazione
continua 1. Ai sensi del presente decreto,
la formazione continua comprende l'aggiornamento professionale e la formazione
permanente. L'aggiornamento professionale è l'attività successiva al corso di
diploma, laurea, specializzazione, formazione complementare, formazione
specifica in medicina generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita
professionale le conoscenze professionali. La formazione permanente comprende le
attività finalizzate a migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche
e manageriali ed i comportamenti degli operatori sanitari al progresso
scientifico e tecnologico con l'obiettivo di garantire efficacia,
appropriatezza, sicurezza ed efficienza alla assistenza prestata dal Servizio
sanitario nazionale. 2. La formazione continua consiste in
attività di qualificazione specifica per i diversi profili professionali,
attraverso la partecipazione a corsi, convegni, seminari, organizzati da
istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del presente decreto,
nonché soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad
attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo. La formazione continua di
cui al comma 1 del presente decreto è sviluppata sia secondo percorsi formativi
autogestiti sia, in misura prevalente, in programmi finalizzati agli obiettivi
prioritari del Piano sanitario nazionale e del Piano sanitario regionale nelle
forme e secondo le modalità indicate dalla Commissione di cui all'art.
16-ter.
Articolo 16-ter Commissione nazionale per la formazione
continua 1. Con decreto del Ministro della
sanità, da emanarsi entro novanta giorni dalla pubblicazione del decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è nominata una Commissione nazionale per la
formazione continua, da rinnovarsi ogni cinque anni. La commissione è presieduta
dal Ministro della sanità ed è composta da due vicepresidenti, di cui uno
nominato dal Ministro della sanità e l'altro rappresentato dal Presidente della
Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri,
nonché da dieci membri, di cui due designati dal Ministro della sanità, due dal
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, uno dal
Ministro per la funzione pubblica, uno dal Ministro per le pari opportunità, due
dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e due dalla Federazione nazionale degli
Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Con il medesimo decreto sono
disciplinate le modalità di consultazione delle categorie professionali
interessate in ordine alle materie di competenza della
Commissione. 2. La Commissione di cui al comma 1
definisce, con programmazione pluriennale, sentita la Conferenza per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nonché gli
Ordini ed i Collegi professionali interessati, gli obiettivi formativi di
interesse nazionale, con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione e
adozione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici. La
Commissione definisce i crediti formativi che devono essere complessivamente
maturati dagli operatori in un determinato arco di tempo, gli indirizzi per la
organizzazione dei programmi di formazione predisposti a livello regionale
nonché i criteri e gli strumenti per il riconoscimento e la valutazione delle
esperienze formative. La Commissione definisce altresì i requisiti per
l'accreditamento delle società scientifiche nonché dei soggetti pubblici e
privati che svolgono attività formative e procede alla verifica della
sussistenza dei requisiti stessi. 3. Le regioni,
prevedendo appropriate forme di partecipazione degli ordini e dei collegi
professionali, provvedono alla programmazione e alla organizzazione dei
programmi regionali per la formazione continua, concorrono alla individuazione
degli obiettivi formativi di interesse nazionale di cui al comma 2, elaborano
gli obiettivi formativi di specifico interesse regionale, accreditano i progetti
di formazione di rilievo regionale secondo i criteri di cui al comma 2. Le
regioni predispongono una relazione annuale sulle attività formative svolte,
trasmessa alla Commissione nazionale, anche al fine di garantire il monitoraggio
dello stato di attuazione dei programmi regionali di formazione
continua.
Articolo 16-quater Incentivazione della formazione
continua 1. La partecipazione alle attività
di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere
attività professionale, in qualità di dipendente o libero professionista, per
conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle unità sanitarie locali
e delle strutture sanitarie private. 2. I contratti
collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente e convenzionato
individuano specifici elementi di penalizzazione, anche di natura economica, per
il personale che nel triennio non ha conseguito il minimo di crediti formativi
stabilito dalla Commissione nazionale. 3. Per le strutture
sanitarie private l'adempimento, da parte del personale sanitario dipendente o
convenzionato che opera nella struttura, dell'obbligo di partecipazione alla
formazione continua e il conseguimento dei crediti nel triennio costituiscono
requisito essenziale per ottenere e mantenere l'accreditamento da parte del
Servizio sanitario nazionale.
Articolo 16-quinquies Formazione
manageriale 1. La formazione di cui al
presente articolo è requisito necessario per lo svolgimento degli incarichi
relativi alle funzioni di direzione sanitaria aziendale e per l'esercizio delle
funzioni dirigenziali di secondo livello per le categorie dei medici,
odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi. In
sede di prima applicazione, tale formazione si consegue, dopo l'assunzione
dell'incarico, con la frequenza e il superamento dei corsi di cui al comma
2. 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, previo accordo con il Ministero della sanità ai sensi dell'articolo
4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, organizzano
ed attivano, a livello regionale o interregionale, avvalendosi anche, ove
necessario, di soggetti pubblici e privati accreditati dalla Commissione di cui
all'articolo 16-ter, i corsi per la formazione di cui al comma 1, tenendo anche
conto delle discipline di appartenenza. Lo stesso accordo definisce i criteri in
base ai quali l'Istituto superiore di sanità attiva e organizza i corsi per i
direttori sanitari e i dirigenti responsabili di struttura complessa dell'area
di sanità pubblica che vengono attivati a livello nazionale. 3. Con
decreto del Ministro della sanità, su proposta della commissione di cui
all'articolo 16-ter, sono definiti i criteri per l'attivazione dei corsi di cui
al comma 2, con particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei
servizi sanitari, ai criteri di finanziamento e ai bilanci, alla gestione delle
risorse umane e all'organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualità dei
servizi e delle prestazioni, alla metodologia delle attività didattiche, alla
durata dei corsi stessi, nonché alle modalità con cui valutare i risultati
ottenuti dai partecipanti. 4. Gli oneri connessi ai corsi
sono a carico del personale interessato. 5. Le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano al personale dirigente del
ruolo sanitario delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di
cui all'articolo 4, degli istituti zooprofilattici sperimentali. Le disposizioni
si applicano, altresì, al personale degli enti e strutture pubbliche indicate
all'articolo
11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.
484, al quale sia stata estesa la disciplina sugli incarichi
dirigenziali di struttura complessa di cui al presente decreto.
Articolo 16-sexies Strutture del Servizio sanitario
nazionale per la formazione 1. Il Ministro
della sanità, su proposta della regione o provincia autonoma interessata,
individua i presidi ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in
possesso dei requisiti di idoneità stabiliti dalla Commissione di cui
all'articolo 16-ter, ai quali riconoscere funzioni di insegnamento ai fini della
formazione e dell'aggiornamento del personale sanitario.
2. La regione assegna, in via prevalente o esclusiva, a detti ospedali,
distretti e dipartimenti le attività formative di competenza regionale ed
attribuisce agli stessi la funzione di coordinamento delle attività delle
strutture del Servizio sanitario nazionale che collaborano con l'università al
fine della formazione degli specializzandi e del personale sanitario
infermieristico, tecnico e della riabilitazione.
Articolo 17 Collegio di
direzione 1. In ogni azienda è costituito
il Collegio di direzione, di cui il direttore generale si avvale per il governo
delle attività cliniche, la programmazione e valutazione delle attività
tecnico-sani-tarie e di quelle ad alta integrazione sanitaria. Il Collegio di
direzione concorre alla formulazio-ne dei programmi di formazione, delle
soluzioni organizzative per l'attuazione della attività libero- professionale
intramuraria e alla valutazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi
cli-nici. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione per la
elaborazione del programma di attività dell'azienda, nonché per l'organizzazione
e lo sviluppo dei servizi, anche in attuazio-ne del modello dipartimentale e per
l'utilizzo delle risorse umane. 2. La regione disciplina
l'attività e la composizione del Collegio di direzione, prevedendo la
partecipazione del direttore sanitario ed amministrativo, di direttori di
distretto, di dipartimento e di presidio.
Articolo
17-bis Dipartimenti 1.
L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di
tutte le attività delle Aziende sanitarie. 2. Il direttore
di dipartimento è nominato dal direttore generale fra i dirigenti con incarico
di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento; il direttore
di dipartimento rimane titolare della struttura complessa cui è preposto. La
preposizione ai dipartimenti strutturali, sia ospedalieri che territoriali e di
prevenzione, comporta l'attribuzione sia di responsabilità professionali in
materia clinico-organizzativa e della prevenzione sia di responsabilità di tipo
gestionale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione della
risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il
direttore di dipartimento predispone annualmente il piano delle attività e
dell'utilizzazione delle risorse disponibili, negoziato con la direzione
generale nell'ambito della programmazione aziendale. La programmazione delle
attività dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di monitoraggio e
di verifica sono assicurate con la partecipazione attiva degli altri dirigenti e
degli operatori assegnati al dipartimento. 3. La regione
disciplina la composizione e le funzioni del Comitato di dipartimento nonché le
modalità di partecipazione dello stesso alla individuazione dei direttori di
dipartimento.
TITOLO VI NORME FINALI E TRANSITORIE
Articolo18 Norme finali e
transitorie. 1. Il Governo, con atto
regolamentare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome, adegua la vigente disciplina concorsuale del
personale del Servizio sanitario nazionale alle norme contenute nel presente
decreto ed alle norme del D.Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni, in quanto applicabili, prevedendo: a) i requisiti
specifici, compresi i limiti di età, per l'ammissione; b) i titoli
valutabili ed i criteri di loro valutazione; c) le prove di
esame; d) la composizione delle commissioni esaminatrici; e)
le procedure concorsuali; f) le modalità di nomina dei
vincitori; g) le modalità ed i tempi di utilizzazione delle graduatorie
degli idonei. 2. Fino alla data di entrata in vigore del
decreto di cui al comma 1 e salvo quanto previsto
dal D.Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni, i concorsi continuano ad essere espletati secondo la normativa del
decreto del Presidente della Repubblica 20
dicembre 1979, n. 761, e successive modificazioni ed
integrazioni ivi compreso l'art. 9,
L. 20 maggio 1985, n. 207. 2-bis. In sede
di prima applicazione del presente decreto il primo livello dirigenziale è
articolato in due fasce economiche nelle quali è inquadrato
rispettivamente: a) il personale della posizione funzionale
corrispondente al decimo livello del ruolo sanitario; b) il personale
già ricompreso nella posizione funzionale corrispondente al nono livello del
ruolo medesimo il quale mantiene il trattamento economico in godimento. Il
personale di cui alla lettera b) in possesso dell'anzianità di cinque anni nella
posizione medesima è inquadrato, a domanda, previo giudizio di idoneità, nella
fascia economica superiore in relazione alla disponibilità di posti vacanti in
tale fascia. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi
dell'art.
17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con i
Ministri del tesoro e per la funzione pubblica, sono determinati i tempi, le
procedure e le modalità per lo svolgimento dei giudizi di idoneità. Il personale
inquadrato nella posizione funzionale corrispondente all'undicesimo livello del
ruolo sanitario è collocato nel secondo livello
dirigenziale. 3. A decorrere dal 1 gennaio 1994, i
concorsi per la posizione funzionale iniziale di ciascun profilo professionale
del personale laureato del ruolo sanitario di cui al
D.P.R. 20
dicembre 1979, n. 761, e successive modificazioni e
integrazioni, per i quali non siano iniziate le prove di esame, sono revocati; a
decorrere dalla stessa data non possono essere utilizzate le graduatorie
esistenti per la copertura dei posti vacanti, salvo che per il conferimento di
incarichi temporanei non rinnovabili della durata di otto mesi per esigenze di
carattere straordinario. In mancanza di graduatorie valide, si applica
l'articolo 9, comma 17 e seguenti della legge 20 maggio 1985, n.
207, cui non si possa in nessun caso far fronte
con il personale esistente all'interno dell'azienda
sanitaria. 4. Nelle pubbliche selezioni per titoli, di cui
all'art. 4
della legge 5 giugno 1990, n. 135, fermo restando il
punteggio massimo previsto per il curriculum formativo e professionale dalle
vigenti disposizioni in materia, è attribuito un punteggio ulteriore, di uguale
entità massima, per i titoli riguardanti le attività svolte nel settore delle
infezioni da HIV. I vincitori delle pubbliche selezioni sono assegnati
obbligatoriamente nelle unità di diagnosi e cura delle infezioni da HIV e sono
tenuti a permanere nella stessa sede di assegnazione per un periodo non
inferiore a cinque anni, con l'esclusione in tale periodo della possibilità di
comando o distacco presso altre sedi. Nell'ambito degli interventi previsti
dall'art.
1, comma 1, lettera c), della legge 5 giugno 1990, n. 135, le
università provvedono all'assunzione del personale medico ed infermieristico ivi
contemplato delle corrispondenti qualifiche dell'area tecnico-scientifica e
socio-sanitaria, anche sulla base di convenzioni stipulate con le regioni per
l'istituzione dei relativi posti . 5. Per quanto non
previsto dal presente decreto alle unità sanitarie locali e alle aziende
ospedaliere si applicano le disposizioni di cui al
decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni. 6. Il Ministro della
sanità, con proprio decreto, disciplina l'impiego nel Servizio sanitario
nazionale di sistemi personalizzati di attestazione del diritto all'esenzione
dalla partecipazione alla spesa, prevedendo a tal fine anche l'adozione di
strumenti automatici atti alla individuazione del soggetto ed alla gestione
dell'accesso alle prestazioni. 6-bis. I concorsi indetti
per la copertura di posti nelle posizioni funzionali corrispondenti al decimo
livello retributivo ai sensi dell'art. 18, comma 2, secondo periodo, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, abolito dal decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, sono revocati di diritto, salvo che non siano iniziate le prove di
esame alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n.
517. 7. Restano salve le norme previste dal D.P.R. 31
luglio 1980, n. 616, dal D.P.R. 31
luglio 1980, n. 618, e dal D.P.R. 31
luglio 1980, n. 620, con gli adattamenti derivanti dalle
disposizioni del presente decreto da effettuarsi con decreto del Ministro della
sanità di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. I rapporti con
il personale sanitario per l'assistenza al personale navigante sono disciplinati
con regolamento ministeriale in conformità, per la parte compatibile, alle
disposizioni di cui all'art. 8. A decorrere dal 1 gennaio 1995 le entrate e le
spese per l'assistenza sanitaria all'estero in base ai regolamenti della
Comunità europea e alle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale sono
imputate, tramite le regioni, ai bilanci delle unità sanitarie locali di
residenza degli assistiti. I relativi rapporti finanziari sono definiti in sede
di ripartizione del Fondo sanitario nazionale. 8. Con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
della sanità, vengono estese, nell'ambito della contrattazione, al personale
dipendente dal Ministero della sanità attualmente inquadrato nei profili
professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista,
biologo e psicologo le norme del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,
in quanto applicabili. 9. L'ufficio di cui all'art. 4,
comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, come
modificato dall'art. 74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è
trasferito al Ministero della sanità. 10. Il Governo
emana, entro centottanta giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517, un testo unico delle norme sul Servizio sanitario
nazionale, coordinando le disposizioni preesistenti con quelle del presente
decreto.
Articolo19 Competenze delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome. 1. Le disposizioni
del presente decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo
117 della Costituzione. 2. Per le
regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano le
disposizioni di cui all'art. 1, commi 1 e 4, all'art. 6, commi 1 e 2, agli
articoli 10, 11, 12 e 13, all'art. 14, comma 1, e agli articoli 15, 16, 17 e 18,
sono altresì norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica.
Articolo 19-bis Commissione nazionale per
l'accreditamento e la qualità dei servizi
sanitari 1. E' istituita, presso l'Agenzia
per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazionale per l'accreditamento
e la qualità dei servizi sanitari. Con regolamento adottato su proposta del
Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
disciplinate le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione,
composta da dieci esperti di riconosciuta competenza a livello nazionale in
materia di organizzazione e programmazione dei servizi, economia, edilizia e
sicurezza nel settore della sanità. 2. La Commissione, in
coerenza con gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale e avvalendosi
del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, svolge i
seguenti compiti: a) definisce i requisiti in base ai quali le regioni
individuano i soggetti abilitati alla verifica del possesso dei requisiti per
l'accreditamento delle strutture pubbliche e private di cui all'art. 8-quater,
comma 5; b) valuta l'attuazione del modello di accreditamento per le
strutture pubbliche e per le strutture private; c) esamina i risultati
delle attività di monitoraggio di cui al comma 3 e trasmette annualmente al
Ministro della sanità e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano una relazione
sull'attività svolta. 3. Le regioni individuano le
modalità e gli strumenti per la verifica della attuazione del modello di
accreditamento, trasmettendo annualmente alla Commissione nazionale i risultati
della attività di monitoraggio condotta sullo stato di attuazione delle
procedure di accreditamento.
Articolo19-ter Federalismo sanitario, patto di stabilità
e interventi a garanzia della coesione e dell'efficienza del Servizio sanitario
nazionale 1. Anche sulla base degli
indicatori e dei dati definiti ai sensi dell'articolo
28, comma 10, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il
Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali,
determina i valori di riferimento relativi alla utilizzazione dei servizi, ai
costi e alla qualità dell'assistenza anche in relazione alle indicazioni della
programmazione nazionale e con comparazioni a livello comunitario relativamente
ai livelli di assistenza sanitaria, alle articolazioni per aree di offerta e ai
parametri per la valutazione dell'efficienza, dell'economicità e della
funzionalità della gestione dei servizi sanitari, segnalando alle regioni gli
eventuali scostamenti osservati. 2. Le regioni, anche
avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali,
procedono ad una ricognizione delle cause di tali scostamenti ed elaborano
programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento
dei Servizi sanitari regionali, di durata non superiore al
triennio. 3. Il Ministro della sanità e la regione
interessata stipulano una convenzione redatta sulla base di uno schema tipo
approvato dal Ministro della sanità d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
avente ad oggetto le misure di sostegno al programma operativo di cui al comma
2, i cui eventuali oneri sono posti a carico della quota parte del Fondo
sanitario nazionale destinata al perseguimento degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo
1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n.
662. La convenzione: a) stabilisce le
modalità per l'erogazione dei finanziamenti per l'attuazione dei programmi
operativi secondo stati di avanzamento; b) definisce adeguate forme di
monitoraggio degli obiettivi intermedi per ogni stato di avanzamento e le
modalità della loro verifica da parte dell'Agenzia per i servizi sanitari
regionali; c) individua forme di penalizzazione e di graduale e
progressiva riduzione o dilazione dei finanziamenti per le regioni che non
rispettino gli impegni convenzionalmente assunti per il raggiungimento degli
obiettivi previsti nei programmi concordati; d) disciplina, nei casi di
inerzia regionale nell'adozione nell'attuazione dei programmi concordati, le
ipotesi e le forme di intervento del Consiglio dei ministri secondo le procedure
e le garanzie di cui all'articolo 2-octies.
Articolo 19-quater Organismi e
commissioni 1. Gli organismi e le
commissioni previsti nel presente decreto si avvalgono, per il loro
funzionamento, delle strutture e del personale delle amministrazioni presso cui
operano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 19-quinquies Relazione sugli
effetti finanziari 1. Il Ministro della
sanità riferisce annualmente alle Camere sull'andamento della spesa sanitaria,
con particolare riferimento agli effetti finanziari, in termini di maggiori
spese e di maggiori economie, delle misure disciplinate dal presente
decreto.
Aggiunta
Articolo 19-sexies Norme
transitorie 1. I collegi sindacali di cui
all'articolo 3-ter sono costituiti entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229. Sino alla loro
costituzione, le funzioni di cui all'articolo 3-ter sono svolte dai collegi dei
revisori in carica alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19
giugno 1999, n. 229. 2. Le procedure per il conferimento e
gli incarichi di secondo livello della dirigenza sanitaria con avvisi pubblici
già pubblicati nella Gazzetta Ufficiale alla data di entrata in vigore del
decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 sono portate a termine secondo le
norme vigenti. 3. Sono fatti salvi i concorsi per l'accesso al primo livello
della dirigenza sanitaria già banditi, nonché le graduatorie esistenti ed ancora
valide. |